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Lui & Lei

Insonnia molesta


di Aleternative
24.07.2014    |    23.505    |    2 9.5
"Giorgio è un nome di fantasia)..."
Erano ormai due settimane che non riuscivo a prendere sonno regolarmente. Avevo provato con una tisana rilassante, persino con la valeriana, ma non cambiava nulla. Una sorta di irrequietezza mista al desiderio di osservare la notte, ascoltare il silenzio e gustare la pace dei sensi, aveva preso il sopravvento. In effetti, più che una pace, era una strana sensazione, quasi di piacere. Come disarmata da un surreale ovattato in cui “sogno e desiderio” hanno contraffatto il reale, mi giravo e rigiravo nel letto, ma quella sensazione a metà non mi lasciava rilassare. La faccia sotto il cuscino, lo strusciamento contro le lenzuola. E quando questo aumentò mi dovetti fermare per l’eccitazione del mio corpo.
Iniziai a tastarmi le gambe, risalendo fino ai seni con fare leggero e poi palpeggiando con più decisione fino a strizzarmi letteralmente le mammelle con un gesto languido e profondo. A questo punto non vi era dubbio: ero completamente eccitata. Le punte dell’indice e del medio della mia mano destra – dopo essersi allungata sul ventre fino a sopraggiungere all’interno delle cosce - erano umide delle mie stesse mucose. Una sensazione tanto piacevole che mi separava completamente da pudore e vergogna.
Mi alzai e andai in bagno per sciacquarmi il viso e dietro al collo. La pelle umidiccia e appiccicosa richiedeva di restare nuda, carezzata da quella brezza impercettibile all’interno di un appartamento, ma che da comunque un senso di piacevole freschezza. Arrivai di fronte alla finestra della cucina sfruttando i riflessi di luce che venivano dall’esterno. Notai che qualcun altro non riusciva a dormire sul terrazzo al nostro fianco. Volevo vedere, volevo osservare chi come me - a alle tre di mattino - non prendeva sonno. Piano piano aprii la finestra per affacciarmi leggermente. La nostra finestra rimaneva completamente al buio nell’angolo, mentre il loro terrazzo – distante ma nemmeno così lontano – era illuminato da luci soffuse di candele. La mia attenzione fu catturata da una scena sorprendente: cuscini disseminati su un lettino molto largo e un ragazzo che se ne stava disteso come un pascià in un harem, nudo ed appagato con le gambe incrociate. All’improvviso comparve una donna, nuda anche lei. Cominciò a contorcersi di fronte al ragazzo, come un serpente racchiuso in un corpo di femmina che però non poteva più contenere e che presto sarebbe potuto esplodere. Strusciando sulle lenzuola in breve fu a ridosso del corpo nudo del maschio, continuando ad ondeggiare fino ad immergersi con il capo ed il busto fra le gambe del ragazzo. La testa iniziò ad andare su e giù ritmicamente. Sentii un fremito lungo tutto il corpo immaginando il piacere che stavano provando entrambi; mi s’irrigidivano le gambe come se fossi sul punto di prendere il volo. Notai che il ritmo si fece più calzante finché lui le afferrò la testa con tutte e due le mani, rallentando il ritmo, ma facendole sobbalzare il capo all’indietro, come se ne stappasse l’asta dalla bocca; ma immediatamente la inforcava di nuovo col cazzo eretto, dritto puntato alla bocca insaziabile fino a bucarle la gola. Ero fottuta, fradicia in mezzo alle gambe e in preda ad una crisi di astinenza da sesso selvaggio. Avrei voluto saltare fino a quel terrazzo per offrire il mio corpo ad entrambi, per farmi risucchiare il clitoride con estrema avidità così che avrei spruzzato i miei umori sui loro volti, sulle loro bocche assetate e impazienti. La donna salì in groppa al ragazzo e iniziò a cavalcarlo sempre con le movenze languide di un serpente. Non sapevo cosa e chi mi eccitasse di più, chi mi sarei presa per prima. Stavo impazzendo, impudica e non curante che di la c’era la mia famiglia che dormiva. Presi un cucchiaio di plastica, quelli lunghi per spadellare; non ci pensai troppi secondi, me lo infilai su per la figa fradicia facendolo roteare. Ancora meno secondi e dovetti soffocare un urlo ribaltando la testa e gli occhi all’indietro per il piacere invasivo che in parte era schizzato in giro e in parte stava già colando lungo le gambe, caldo e lento su quella pelle sempre più umida e appiccicosa. Mi sentivo molle, arrendevole e in quel momento mi sarei lasciata fare di tutto. Ma non potendo fare né la super eroina per saltare fino al terrazzo, né tantomeno svegliare mio marito, optai per un’auto-masturbazione estrema, per sentirne la carnalità, la corporeità, fino a raggiungere quegli amplessi che fanno splendere la mia voluttà. Sempre sfruttando i riflessi di luce fioca, estrassi un mattarello: cazzo! ‘stanotte mi voglio “fistare” come dico io. Che godimento nel sentirmi lacerare le labbra vaginali dal pomello sferico, più grosso del cilindro: lo sentivo entrare e pretendevo che il nerboruto legnoso mi sfondasse la fregna. Lo facevo roteare dentro di me, poi lo estraevo per la lunghezza del cilindro lasciandone solo il pomello avvinghiato dalla vulva e di nuovo me lo schiaffavo dentro con ancora più foga. Così per cinque o sei volte fino a stapparlo fuori dal buco inzuppato, squirtando ovunque, con gridolini soffocati ma assolutamente indecenti, come una cagna in calore inarcata su se stessa, con la lingua che roteava sulle labbra in preda al piacere più intenso. Una porca lussuriosa, ecco come mi sentivo. Immaginavo che la donna arrivasse anche da me, con un fallo di lattice scuro legato in vita (strap-on) e mentre io continuavo con il fisting estremo, lei iniziava a penetrarmi analmente, da dietro, cercando di assecondare i miei contraccolpi. Sentivo la sua lingua sul mio corpo pervadere ogni millimetro di piacere, mi risucchiava ogni forma di resistenza facendomi afflosciare fra le sue mani morbide che s’insinuavano ovunque, fra la mia pelle, fra le mie gambe, spalmandomi ovunque i miei umori freschi e densi.
Ci vollero diversi minuti prima di potermi rialzare. Tornai in bagno, ma decisi di non lavarmi. Ripresi fiato e mi infilai nel letto. Desideravo solo un altro amplesso, di quelli conturbanti, di quelli arrivati dopo lo stupro che desideravo da parte di mio marito, trovandosi una troia ancora infoiata al suo fianco. Ero tanto agitata che lui, Giorgio, non ci mise molto a svegliarsi. Mi chiese se non stavo bene ma ben presto capì da solo cosa mi sentivo, o meglio, cosa volevo sentire. Giorgio è alto 192 cm e pesa 88 kg, un fisico possente e tonico. Quando anni fa lo aveva fatto per la prima volta mi ero quasi spaventata, ma poi, col tempo, iniziai ad apprezzare quell’atto fino ad inquadrarlo mentalmente come uno stupro (il che mi faceva letteralmente sballare di piacere). Così mi concedevo totalmente sotto di lui, offrendogli la mia cavità anale, totalmente sottomessa dal suo peso, accogliendo i suoi colpi lunghi, decisi e pressanti fino a farmi mancare il fiato. Stringevo i denti per il dolore iniziale, quando il suo glande rigonfio si faceva strada prepotentemente per sfondarmi lo sfintere. Dopo di che … è tutto piacere remissivo. Chiudo gli occhi, immagino i seni appuntiti della mia vicina di casa, la sua bocca disegnata e innocente che s’appoggia al mio sesso schiuso, usato brutalmente; me lo mordicchia, me lo succhia, me lo risucchia ed io esplodo per l’illusorio peccaminoso, con le braccia incrociate dietro la schiena, inculata da un uomo possente che sempre più assume i sapori e i versi di un animale.
(Questa fu un'esperienza reale della mia amica S. che mi ha chiesto di tradurre in un racconto. Giorgio è un nome di fantasia).
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