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Gay & Bisex

K e Gianni


di Holling
21.10.2014    |    8.788    |    2 9.4
"Allora spinse, e allo stesso tempo afferrò Gianni sotto la pancia e lo tirò verso di sè..."
«Non dobbiamo contare, dobbiamo fare una volta ciascuno».
Estate degli 11 anni, vacanza presso una zia di K, madre di Gianni, suo coetaneo.
K aveva passato l’inverno a sperimentare con l’amico del cuore, Claudio. Poi qualcosa si era allentato quando Claudio aveva cominciato a parlare di usare la bocca: lo aveva visto fare nel bagno della scuola, da un ragazzo della sua età ad uno più grande. K non ne aveva voluto sapere.
Con Gianni tutto era successo semplicemente. La lotta come pretesto per sfregamenti, piccoli orgasmi veloci, poi toccamenti più espliciti, con la mano che dopo essere passata sopra, la volta dopo vi indugiava, e quella ancora successiva tirava giù la chiusura lampo e si infilava e nel buio scavallava l’elastico degli slip per afferrare, manipolare, saggiare, prendere e dare piacere.
Un giorno decisero: quando siamo soli in casa, proviamo a strofinarcelo sul buco, dietro. A turno. Sì ma comincio io. No, comincio io. E quanto dobbiamo stare sotto? Facciamo così, chi sta sotto conta fino a cinquanta, poi tocca all’altro.
Così fecero per un paio di volte. Con l’ansia di chi stava sopra, di non riuscire a fare in tempo, e la furbizia di chi stava sotto, che qualche volta passava da 30 a 41. L’altro protestava, ma così si interrompeva, e insomma nessuno dei due se la godeva davvero.
Allora, seduti uno accanto all’altro al tavolo per i compiti delle vacanze, con le mani che già avevano cercato a trovato senza poter mai entrare nella patta (la zia era in casa, non si poteva osare), K fece le sua proposta: facciamo una volta ciascuno.
Dapprima Gianni non capì: «Già lo stiamo facendo».
«No – spiegò K – chi sta sopra comanda, e ci sta quanto gli pare. E fa quello che vuole. E chi sta sotto accetta e fa tutto quello che gli viene chiesto. Soprattutto non protesta per il tempo. Poi la volta dopo chi stava sopra si mette sotto».
Gianni rifletté pochi secondi: «Va bene, comincio io a stare sopra».
A K venne in mente Claudio, che invece tendeva a stare sotto, gli piaceva di più. Per questo con lui tutto era filato via liscio, perché a K piaceva stare sopra. Gli piaceva condurre il gioco, decidere, e penetrare quando col suo piccolo arnese riusciva a farlo. Riusciva a penetrarlo sempre più spesso, a mano a mano che, negli ultimi sei mesi, il suo pisello aveva acquistato in dimensione. Eppure, ogni volta che con Claudio aveva finito, a K restava come una vaga insoddisfazione: che cosa si prova, a stare sotto? A farsi possedere?
Quindi K forse avrebbe voluto provare, sarebbe stato anche d’accordo a lasciare che Gianni stesse sopra, per la prima volta. Ma non così: Gianni non doveva fare il prepotente.
«Non stai sopra tu, si fa la conta» disse K.
Seduti al tavolo, contarono fino a tre e aprirono qualche dito. Con gran dispetto di Gianni, toccò a K.

* * *
Il giorno dopo, soli in casa per tutto il pomeriggio, Gianni stava in piedi, accanto al divano. Davanti a lui K lo guardava. Poi allungò le mani e gli slacciò la cintura. I pantaloni corti scesero alle caviglie, gli slip seguirono. Il pisello di Gianni era inerte. K lo guardò, meravigliato di come quella magica appendice di carne potesse essere tanto diversa tra le persone. Ricordò quello rugoso di Paolo con cui tutto era cominciato un pomeriggio in campagna, quello chiaro, lattecente di Claudio. Questo di Gianni gli sembrò di una certa consistenza, anche in posizione di riposo. Anche un po’ più lungo del suo, si disse, e non provò invidia. Allungò la mano e glielo prese, continuando a fissarlo. Cominciò a muovere la mano, e Gianni sembrò reagire.
Gli venne un’idea. Si tirò giù la chiusura lampo e si avvicinò. Non aveva messo gli slip, in previsione di quel pomeriggio da soli. Si avvicinò ancora, fino a toccare con l’inguine quello di Gianni. Poi gli prese il pisello semiduro e se lo infilò nella patta. Ebbe un’erezione improvvisa, decisa, come se il suo pisello cercasse quello di Gianni e da quello traesse forza. Avvertì che Gianni, prima sorpreso dalla manovra, adesso si muoveva strusciando il suo arnese su quello di K.
«Stai pensando di scoparmi?» sussurrò K, provocante, nell’orecchio di Gianni.
«Ti sto scopando – disse Gianni con voce strozzata – e così mi fai venire».
Ma K si tirò dolcemente indietro.
«La prossima volta. – disse – Ricordi che oggi tocca a me? La prossima volta farai tutto quello che vuoi e per tutto il tempo che vuoi. Oggi lo faccio io. Ti scopo io».
Fece mezzo passo indietro, e il pisello di Gianni apparve. K lo guardò: davvero era più grande del suo, molto più di quello di Claudio, era quasi quanto quello che Paolo gli aveva strofinato tra le chiappe, sul buco, facendogli abbracciare il tronco di un castagno.
K infilò la mano è tirò fuori il suo arnese dalla patta. Fece un rapido confronto: no, erano quasi uguali. Per la prima volta si vide una vena in rilevo sul dorso. Pulsava. Il pisello si muoveva da solo: su e giù, col battito del cuore e col sangue che spingeva dentro.
Vide la mano di Gianni che si protendeva verso di lui, lo stringeva, lo muoveva: «Vuoi che ti faccia venire così?».
«Così, no» rispose K. Aveva capito: Gianni voleva dargli un orgasmo, ma senza mettersi sotto. «Ti dico io, come voglio. Adesso voglio che mi sfili i pantaloni». Gianni eseguì.
«Adesso voglio che tu ti spogli completamente, e poi spogli me». Ci volle poco. Si guardarono. Gianni si avvicinò e aderì col suo corpo a quello di K. Ma K si tirò indietro, si prese un capezzolo con una mano e lo offrì: «Succhia!». E Gianni succhiò.
«Adesso ti vengo sopra» disse K. Prese Gianni per le spalle, lo fece stendere a pancia sotto sul divano, gli si mise a cavalcioni. Il suo pisello toccava con la punta la fenditura tra le chiappe.
«Fa’ presto» disse Gianni.
«Ci metto tutto il tempo che voglio. Oggi è così, tu stai sotto e io ti scopo. Ti scopo».
Mentre diceva così, si stese sulla schiena di Gianni, Si sistemò il pisello tra le chiappe e cercò di entrare. Gli sembrò di essere entrato un po’, la punta appena. Allora spinse, e allo stesso tempo afferrò Gianni sotto la pancia e lo tirò verso di sè. Entrò ancora.
Gianni sobbalzò, sorpreso. «Adesso ti faccio venire io» disse. E cominciò a muovere il bacino, in su e in giù, a destra e a sinistra, sempre tenendo fermo il suo buco sotto il pisello di K che premeva per entrare di più.
Durò poco. Qualche colpo e K venne. Gli piacque molto, soprattutto perché era stato Gianni coi suoi movimenti a provocargli l’orgasmo. Gianni subito di sfilò da sotto: «La prossima volta tocca a me» disse trionfante.

* * *
E la prossima volta arrivò, due giorni dopo.
K era curioso. Più volte aveva pensato a quello che Gianni avrebbe voluto da lui. E si chiedeva se, alla fine, l’amico avrebbe provato assieme alla soddisfazione di aver posseduto, quel pizzico di delusione che aveva provato lui: avrebbe voluto far durare la sua scopata chissà quanto, avrebbe voluto entrare fino in fondo nella pancia di Gianni, avrebbe voluto... chissà che cosa avrebbe voluto. E invece era finito tutto presto. Aveva goduto, certo, ma un po’ troppo velocemente, con un percorso un po’ troppo rettilineo. Muoviti e godi, sì, ma le fantasie?
«Spogliati» disse Gianni. K si tolse la camicia, si sfilò i sandali, si tirò giù pantaloni e con un breve gesto del piede li allontanò, sul pavimento.
«Anche quelli» aggiunse Gianni accennando agli slip, che stavolta K si era messo.
Gli slip scesero, ma prima K fece un gesto, come a mostrare a Gianni che lì dentro c’era un’erezione. Sfilando gli slip, prima il pisello di K venne tirato in basso, poi quando l’elastico scese oltre l’inguine e lo scavalcò, scattò verso l’alto. K si tirò su, orgoglioso. Era nudo, ed eretto. Gianni guardava, e per un attimo si bagnò le labbra con la lingua.
«Adesso spogliami» disse. K cominciò. E quando finì i due ragazzi stettero in piedi, di fronte, ciascuno guardava il pisello dell’altro. K pensò: non so se è più grosso del mio, però è più lungo. Sentì una vampa nella testa quando capì che, allora, poteva entrargli meglio. Meglio, più a fondo di quanto era entrato lui dentro Gianni due giorni prima. Molto più a fondo di quando scopava Claudio.
Gianni si avvicinò. «Leccami dentro l’orecchio – disse – mi piace da morire». K eseguì, e per farlo i due corpi si sfiorarono. Poi Gianni fece un mezzo passo avanti, e aderirono completamente. I piselli si toccarono, e i corpi si mossero piano. K sentì un mugolìo, e non sapeva dire se era il suo o quello dell’amico.
Poi Gianni fece scendere la mani lungo la schiena di K, e gli afferrò le chiappe. Le aprì, e gli cercò il buco con un dito. K si irrigidì: ci siamo, pensò. Desiderava e temeva. Ma Gianni si staccò si chinò per raccogliere i suoi pantaloni: «Guarda». Da una tasca tirò fuori una confezione di crema per il corpo, un emolliente grasso, che stava sempre in bagno.
Aprì il tappo, fece uscire un po’ crema sul dito, e glielo passò su buco. «Aspetta, te ne metto ancora». E K si sentì di nuovo quel fresco, e quel dito che lo cercava, lo esplorava, lo premeva. «Adesso te ne metto un po’ dentro», e il dito entrò. Il buco non oppose nessuna resistenza, si lasciò scivolare dentro quell’indice che lo voleva.
Ecco, pensò K, sta per accadere, quell’incompletezza che ho sempre avuto dopo essere entrato dentro Claudio sta per colmarsi. Io sto per essere scopato. Mi stanno per penetrare. E io lo voglio.
* * *

«Sul divano. Girati e stenditi» disse Gianni. K si girò e si distese. Gianni gli montò su. K capì, da un armeggiare dietro di lui, che l’amico si stava mettendo la crema sul pisello. Gianni si distese sulla schiena di K, gli mise alla meglio il pisello in mezzo alle chiappe, e prese ad agitarsi.
K sentiva tutto il peso dell’amico steso su di lui, e gli piaceva. Ma non era contento, quella sensazione l’aveva provata tante volte con Claudio, che poi non era riuscito ad andare avanti perché ce lo aveva troppo corto. Invece stavolta K voleva essere penetrato, non voleva solo dare un piccolo orgasmo all’amico. «Aspetta» disse. E portò una mano dietro di sé, tra la sua schiena e la pancia di Gianni. La spinse, perché si facesse strada. La fece scendere in mezzo ai corpi, fino ad afferrare il pisello dell’altro. Lo mise dritto, puntandoselo sul buco.
«Lo senti il buco? Mi senti? Che cosa provi?».
«Sento che il tuo culo è fresco, ma lì in mezzo sei bollente» disse Gianni.
«E non hai voglia di entrarmi dentro?» chiese K.
Senza aspettare risposta, K si sistemò in modo da essere puntato al meglio, poi tolse la mano. «Allora spingi – mormorò – spingi forte. Adesso!».
Gianni affondò. K sentì nettamente che grazie alla crema la punta del pisello dell’amico gli apriva il buco. Sta entrando!, pensò. La testa gli confondeva e gli sembrava andare a fuoco. Allora è così, allora è questo che si prova. Con una breve sorpresa, si rese conto di non sentire nessun dolore. Forse per la crema.
Gianni cominciò a muoversi, e K cercò di mettersi all’unisuono per favorire una penetrazione più a fondo. Non mi basta la testa del pisello, ne voglio di più.
Poi gli vene un’idea. «Aspetta» disse, e cercò di liberarsi.
Gianni lo schiacciava, non voleva che si muovesse: «Non ho finito – protestava – abbiamo detto che oggi stai sotto di me finché voglio».
«Voglio solo mettermi meglio – lo rassicurò K – in modo che entri più dentro». E riprese a muoversi per sottrarsi alla pressione.
Gianni, incerto su quello che stava accadendo, liberò in parte K del suo peso, permettendogli di girarsi. Adesso K stava sempre sotto, Gianni sempre sopra, ma si trovavano pancia contro pancia. K aprì le gambe, sistemandosi Gianni in mezzo.
«Vedrai che così ti faccio entrare meglio» disse. Spinse le gambe in alto, mise le mani nell’incavo posteriore delle ginocchia, e si tirò la cosce verso il petto. «Adesso tirati un po’ su – invitò – fammi mettere le gambe sulle tue spalle».
Allora Gianni capì. Sistemò le gambe di K come K gli aveva detto. In quella posizione si avvicinò per entrargli dentro di nuovo. Le gambe di K vennero spinte ancor più verso il petto, il culo puntava verso l’altro, e si dilatava. Andava verso il pisello di Gianni che si avvicinava, rigido e predatore.
«Ma ti piace così tanto?» chiese Gianni.
«Mettimelo dentro più che puoi» fu la risposta.
K si sentì afferrare le spalle. Allora con le mani cercò di allargarsi le chiappe. E il pisello di Gianni mugolando lo cercò.
Lo trovò. Spinse.
K sentì il pisello entrare, poi ai colpi successivi entrare sempre di più. La crema funzionava benissimo, e inoltre K era così dilatato dal desiderio che non avvertì alcun male. Ancora, ancora, pensava. Ancora: e si muoveva per assecondare l’entrata. Con una mano andò dietro il suo culo, verso il pisello di Gianni. Ne toccò la radice, aderente al suo buco, e capì che gli era entrato tutto dentro. Senza fiato per l’emozione, afferrò le chiappe di Gianni e lo tirò, poi lo rilasciò di nuovo per tirarselo ancora dentro. Gianni prese ad andare avanti e indietro, e ogni volta dava colpi più forti, sbattendo sul culo di K. Che si sentiva squassare.
Poi capì che il movimento di Gianni che gli dava maggior piacere era quando gli sfilava appena il pisello, prima della nuova spinta in avanti.
K si toccò davanti. Non aveva più erezione, quella posizione di completa soggezione lo aveva smosciato. Eppure ebbe la netta, nettissima sensazione che stava per venire. «Prova a sfilarmelo piano» disse. Gianni si tirò indietro, pronto ad affondare di nuovo. «No – gli mormorò K – devi sfilarlo piano, pianissimo. Poi rientri dentro e riprovi».
«Ma così mi fai venire» disse Gianni.
«Allora verremo insieme».
Gianni spinse in avanti, forte. Entrò prepotente. Poi cominciò a sfilarsi. K lo tratteneva perchè il movimento fosse lento, lentissimo, il più lento possibile. Un brivido irresistibile gli trasmise un tremore per tutto il corpo.
Gianni serrò gli occhi, socchiuse la bocca e ansimò. Mi sta venendo dentro, pensò K con un senso di esaltazione. Adesso anch’io sono stato penetrato. Sono stato posseduto. Sentì che il suo pisello sobbalzava. Gianni usciva pianissimo. Poi spinse bruscamente con un gemito, e riprese subito quel movimento di uscita.
K sentì nettamente il fluido che gli invadeva la pancia. In un turbine di piacere inenarrabile, capì che anche dal suo pisello stava uscendo qualcosa. Che qualcosa usciva e usciva, con brevi spruzzi irrefrenabili. E ad ogni spruzzo sentiva quel piacere ultraterreno. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Sì!» disse, trionfante.
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