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Gay & Bisex

L'autista della gita... II Parte


di Chimeloda
14.09.2014    |    18.987    |    9 9.5
"So che in quei momenti ho perso ogni contatto con la realtà, sentivo solo quel grosso arnese che mi sfondava il culo avanti e indietro non so quante volte, ..."
Quella notte non dormii sentivo ancora il sapore del seme dell’autista in bocca, sentivo le sue mani sulla testa che mi costringevano a berla tutta tenendomi il cazzo affondato fino in gola., ma soprattutto ripensavo alle sue ultime parole: domani ti inculo… Ero eccitato e impaurito, non sapevo assolutamente cosa fare, come avrei fatto a rimanere solo con lui? Avevo paura ma le sue parole mi riportavano alla realtà del mio desiderio, si volevo essere inculato, inutile negarlo avevo deciso mi sarei fatto inculare. La mattina partimmo alle nove da Montecatini per andare a Firenze. Io ero silenzioso, non avevo dormito o quasi tutta la notte pensando a quello che sarebbe potuto accadere e appena saliti sul pullman mentre tutti gli altri ragazzi cantavano o limonavano con le conquiste della sera precedente, io avevo lo sguardo perso nel vuoto guardavo in avanti e vedevo appena le spalle dell’uomo a cui la sera prima avevo ciucciato il cazzo, il mio primo cazzo. Mi addormentai. Arrivati a Firenze fui l’ultimo a scendere, appena passai l’autista si alzo dal suo sedile e mi tocco il culo, una lunga tastata, nonostante i jeans sentii le sue dita quasi dentro al solco. Nessuno vide, il professore era in cima al gruppo ad illustrare quello che avremmo fatto, i miei compagni intenti a farsi scherzi e quant’altro. Io sentendo quel tocco invadente mi girai verso l’uomo e mi leccai il labbro superiore con la lingua, lui mi fece l’occhiolino e non lo pronuncio ma il labiale era chiarissimo: stasera voglio il tuo culo troia…
Non sono mai stato un secchione, ma nemmeno uno di quei ragazzi a cui dell’arte non importa nulla, ma quella volta tutte le bellezze architettoniche di Firenze passarono a me inosservate. Seguivo il gruppo meccanicamente parlando il minimo indispensabile. Ai miei amici poco importava ci fossi o no ma il professore noto la mia stranezza e mi chiese cosa fosse successo, io dissi che non stavo bene avevo un gran mal di testa e non vedevo l’ora di tornare in albergo. Lui mi guardo stranamente, ebbi una gran paura avesse capito quello che era successo con l’autista, talmente paura che quando mi disse: “Marco eri strano già da ieri e quando sei andato a prendere lo zainetto ci hai messo una vita, non è che fumi erba, mi raccomando non fare cazzate che se qualcuno ti vede lo dirà ai tuoi e scoppia un casino, con me puoi stare tranquillo da giovane qualche canna l’ho fumata anch’io ma non andare mai oltre, mi raccomando.” Segui un gran “pippone” sulla pericolosità delle droghe e quant’altro. Per me fu un sollievo, a me ha sempre fatto schifo anche il semplice fumo della sigaretta farmi una canna non era mai stato lontanamente nei miei pensieri, ma meglio così che pensi mi sia fumato un po’ di erba e non che abbia fatto un pompino e che lo voglio prendere nel culo, si meglio così.
Tornati in albergo dopo cena avviene la cosa che avveniva sempre nelle gite scolastiche in quei tempi. Ai nostri tempi tutti i liceali in gita vogliono fare una cosa sola, quindi la proposta e la richiesta ai professori: portateci in discoteca. Già cosa c’è di meglio ogni ragazzo può provarci con quella dell’altra classe, gli accompagnatori sembra accettino a malincuore ma alla fine uno svago che ormai la routine familiare non consente più fa piacere anche a loro, chi di noi non ha il ricordo del professore bacchettone che alla gita si scatena in discoteca?
È la mia occasione. Io il modo di restare in albergo l’ho trovato, chiamo il mio professore e gli ricordo del mio mal di testa . Conviene anche lui che è meglio io resti in albergo a riposare, non dopo avermi fatto le solite raccomandazioni. L’autista fingendo indifferenza ha sentito, se non proprio tutto quanto basta per capire che io sarò lì da solo. Con fare furtivo si avvicina e mi da le chiavi della sua stanza, la 315, e riesce a sussurrami: entra lascia la porta aperta ed aspettami lì, io accompagno loro e torno.
Al solo pensiero ero eccitato salutai i miei compagni e salii in camera. Mi spogliai, mi feci la doccia. Con il sapone insistevo nel solco delle chiappe, mi insaponavo un dito e lo infilavo nel culo, sentivo il buco stretto e mi faceva paura pensare di essere penetrato o più volte pensato di non andare, ma poi muovevo il dito e sentivo che mi piaceva, il cazzo si ingrossava, ed io gemevo solo dentro la doccia.
Mi rivestii presi la chiave della camera 315 e furtivo Sali le scale e mi intrufolai come un ladro nella cameretta dell’autista. Una camera spoglia un letto, una specie di cassettiera che faceva anche da comodino, una sedia, una piccola scrivania e un armadietto. Io ero impaziente nell’attesa tornasse, non immaginavo quanto tempo ci mettesse, non sapevo quanto tempo avremmo avuto prima che lui dovesse tornare a prendere la scolaresca. Avevo un'unica certezza: mi avrebbe inculato e al solo pensiero impazzivo di paura e voglia. Nell’attesa frugai un po’ fra le sue cose, trovai un paio di mutande sporche, le annusai per rivivere gli odori della sera prima quando gli avevo ciucciato il cazzo sul pullman, ero eccitato e anche molto. Aspettai li una buona mezz’ora, pensai più volte di tornare in camera mia, ma ogni volta che la mano toccava la maniglia della porta tornavo indietro e mi sedevo sul letto. Quando finalmente vidi la maniglia muoversi, la porta aprirsi. L’uomo entro e rise: “lo sapevo saresti venuto deve proprio piacerti il cazzo. Spogliati vediamo come sei fatto.” Io mi tolsi la maglia, le scarpe, le calze. Mi fermai un attimo, lui perentorio: “continua che mi piaci”. Io mi tolsi i jeans rimasi in slip. Lui disse di fermarmi e di girare su me stesso, disse che non ero niente male che se volevo facevo ancora in tempo ad andarmene, ma se sarei rimasto sapevo cosa mi aspettava. Io annui, mi usci un: “si lo so e voglio rimanere”. L’uomo rise e disse: “allora via quegli slip”.
Non era la prima volta che ero nudo davanti ad altri uomini, ma era successo solo dopo gli allenamenti davanti i compagni di squadra al massimo c’era l’allenatore a dirci qualcosa. Ma questa situazione era totalmente diversa: ero nudo davanti ad un uomo di cui non conoscevo nemmeno il nome e al quale avevo già ciucciato il cazzo.
L’autista si avvicino lento mi infilò delle dita sul solco, me lo allargò un po’ con un dito si soffermandosi sul buco, accarezzandone i contorni. Io mugolo e spingo un po’ il sedere in fuori. Lui ride e mi dice di non avere fretta. “Mettiti in ginocchio vicino al letto e piegati in avanti poggiandoti sul letto, fammi vedere quanto lo desideri allargati le natiche con le mani scoprimi il buco”. Io ubbidisco e poggiato sul letto espongo il mio buco del culo. L’uomo dice parole di apprezzamento, si avvicina sputa un paio di volte sul buco e inizia a massaggiarmi con un dito. All’improvviso lo infila dentro, io mi muovo in avanti per quello che posso e lascio le mie chiappe. Lui deciso dice di rilassarmi, il suo dito è ancora fermo nel mio culo. Inizia piano a muoverlo, io mi rilasso. L’uomo se ne accorge e inizia ad andare un po’ su è giù con il dito. Mi piace mi rilasso sul letto e torno a slargarmi le natiche con le mani. Va avanti e dietro una decina di volte. Poi si fa strada anche con un secondo dito. Mi esce un piccolo lamento di dolore. “tranquillo sta andando benissimo adesso ti adatti anche a questo e ti piacerà sempre di più.” E così fu: sentivo le due dita nel mio culo che carezzavano le pareti, esploravano l’interno. Avevo il cazzo duro e sentivo delle sensazioni mai provate prima. Poi l’uomo cambiò modi si fece rude mi afferrò per i capelli con una mano mentre l’altra era ancora nel mio culo. Mi fa alzare, toglie le dita dal mio culo e me le caccia in bocca soffocando ogni mio tentativo verbale di rivolta. Brutalmente mi trascina vicino alla scrivania e mi piega a novanta gradi su di essa. “Allarga le gambe e tieniti le chiappe che adesso te lo caccio dentro”. Io obbedisco, lo sento poggiare la cappella sul mio buco, spingere. Il mio culo resiste ma l’uomo è infoiato ha perso ogni controllo e spinge senza pietà. Sento il buco cedere, mi fa male, ma lui non smette si ferma qualche secondo e poi torna a spingere. Chiudo gli occhi e sento il mio culo cedere accoglierne sempre di più. “Dai troia hai visto l’hai preso tutto” io con la mano vado a cercare l’asta e capisco che non è vero ne sarà dentro poco più che metà. Lui ride mi afferra le braccia distese lungo i miei fianchi e da un gran colpo tirandomi a se, provo un dolore lacerante, ma per un attimo solo. L’uomo si china su di me e sussurra: “adesso l’hai preso davvero tutto ora zitto e fammi svuotare le palle..” Inizia a pompare furiosamente, io perdo ogni controllo, mugolo, perdo ogni inibizione lo incito a darmelo sempre di più. Non so per quanto tempo mi ha tenuto lì sulla scrivania a darmi bordate di cazzo. So che in quei momenti ho perso ogni contatto con la realtà, sentivo solo quel grosso arnese che mi sfondava il culo avanti e indietro non so quante volte, e poi due tre colpi più lenti più a fondo e quei fiotti a riempirmi il culo. So che ho goduto come non avevo mai goduto fino ad allora, sborrai senza nemmeno sfiorarmi il cazzo. Lui esausto si chino sulla mia schiena: “hai visto che sei una troia l’ho capito subito ti piaceva il cazzo”. Be’ aveva decisamente ragione…
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