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Ho dato il viagra al nonno! Mo! chi glielo ammoscia?


di ClaudioGusson
20.06.2013    |    67.411    |    3 8.6
"La seconda sera, dopo aver terminato le faccende del nonno, mi ero ritirata nel mio eremo a rilassarmi leggendo la rivista scientifica di quel mese..."
Silvia scrive: Costretta all'incesto.....

… il Nonno è parzialmente sufficiente. Qualche anno fa, una paralisi gli ha condizionato lievemente la funzione degli arti inferiori. Inoltre, una precoce senescenza, l’ha reso un po rimbambito, ma è buono, con atteggiamenti divertenti. Si muove con il bastone e nei bisogni fisiologici gli serve qualcuno che lo accompagni al bagno.

Per tale motivo abbiamo assunto una badante, che lo aiuta ad affrontare le difficoltà quotidiane, salvo la sera e i festivi quando papà è in casa o quando non è impegnato con il lavoro.

La storia che sto per raccontare rasenta l’assurdo.
Con alcuni aspetti anche divertenti.

Per coloro che non gradiscono interruzioni possono andare alla seguente pagina:
http://raccontieroticidiguzzon59.blogspot.it/2013/06/il-viagra.html


......Premetto che sono una studentessa universitaria laureanda in biologia. Per tenermi aggiornata sullo stato della ricerca scientifica, nel settore che mi riguarda, sono abbonata a una rivista mensile.

Proprio una di queste pubblicazioni è stata la causa, una settimana fa, di una serie di eventi inauditi, peraltro creati da me, che mi hanno portato a far sesso con mio nonno, sebbene prima di allora non ci avessi pensato neanche per l’anticamera del cervello.
Vi sembrerà incredibile; ma la scopata è stata la conseguenza di un esperimento scientifico, proprio così! Si era resa necessaria per togliermi da una situazione imbarazzante ed evitare di fare una figura di merda con i miei genitori.

Andiamo per ordine e sveliamo il mistero.

Un martedì mattina papà ricevette una telefonata da suo fratello che gli annunciava la morte della cognata.
Lo zio abitava in un'altra città, abbastanza lontana dalla nostra, perciò papà per partecipare ai funerali, è partito lo stesso giorno, programmando un soggiorno in quel posto per altri due giorni pieni.
Le brutte notizie non erano finite. La badante, la stessa mattina, ci informò che doveva rientrare immediatamente nel suo paese di origine, poiché il vecchio padre era andato a miglior vita.
Anche in questo caso si trattava di un’assenza lunga quattro giorni pieni.
Morale della favola restava a me il compito di assistere il vecchio canuto, per almeno tre giorni.
La preoccupazione iniziale diventò disperazione, quando pensai ai problemi pratici che dovevo affrontare.
Non c’era altra possibilità, quindi mi rimboccai le maniche e rassegnata accettai il mio infausto destino.
Per fortuna che il nonno Pino godeva ottima salute e, per certi aspetti, era anche autonomo nei movimenti in casa.
Le sue fisime, tuttavia, lo inducevano a rifare sempre lo stesso percorso, soggiorno, cucina, camera e via.
Era un vecchio tranquillo, e per molto tempo restava a guardare la televisione.
Inoltre non era un gran chiacchierone, così non dovevo ascoltare le sue farneticazioni.

C’era solo un problema: dovevo ricordarmi di andare a cercarlo per chiedere se dovesse soddisfare i bisogni, altrimenti vi lascio immaginare come sarebbe finita.

Bene!

Dopo questa chiara prospettiva di scena, diamo inizio al racconto.

La prima sera, prima di accompagnarlo in camera, lo portai al bagno. Mi fece capire che doveva solo pisciare. Meno male, pensai.

Entrammo nella toilette, il mio compito si riduceva a sostenerlo da un braccio, poiché non avendo il bastone, aveva difficoltà a tenersi in equilibrio, perché doveva tirarlo fuori e orinare.

Per evitare di dovermi sentire in imbarazzo, e per rispetto del suo pudore, guardavo altrove. Lo sentivo armeggiare sulla patta dei pantaloni e poi il rumore dell’urina che batteva sullo specchio d’acqua del cesso, mi faceva capire che stava pisciando.
Il tremolio del braccio mi segnalava che prima di metterselo dentro se lo stava scrollando per bene.
Alcune gocce di urina colpirono le mie gambe e le scarpe. Era il dazio che dovevo pagare per quel sacrificio, pazienza.

La fine del tremolio segnalava che aveva finito. Dopo che si era riappropriato del bastone, sostenendolo da un braccio mi avviai verso la porta. Mi venne d'istinto guardare giù e notai che il cazzo era ancora fuori.

“Nonno! Non puoi restare in queste condizioni! Mettilo dentro! Aspetta! Ti tengo da un braccio!
“Caterina.. brava… Caterina … brava…

Non capivo che cavolo volesse dire. Caterina era il nome della badante. Caterina brava! Brava a far cosa?

Mi venne la pelle d'oca, perché valutando quello che aveva detto il nonno e visto che non dimostrava alcuna intenzione di rimettersi dentro il pene, arrivai alla conclusione che fosse Caterina a farlo.

Provai un senso di ribrezzo. Non potevo lasciarlo andare in giro con il cazzo che gli pendeva dal grembo. Così, rassegnata, con un pizzico di disgusto, mi piegai di fronte a lui e maneggiandogli il cazzo cercai di infilarlo dentro i pantaloni.

In quel momento mi venne da ridere, perché pesavo a cosa avrebbero detto i miei genitori, non appena sapranno quella novità.

Un'altra cosa mi faceva ridere. Qualsiasi uomo al posto del nonno, vedendo il proprio cazzo manipolato da una donna, si sarebbe eccitato con un’abbondante erezione. Lui no, invece, se ne stava pacifico, guardandomi con indifferenza.

Ho dovuto lottare parecchio per metterlo dentro. E, nonostante i tentativi di piegarlo e arrotolarlo per farlo entrare, non riuscivo a concludere nulla. Alla fine presi una decisione drastica, gli ho sbottonato i pantaloni calandoli fino alle ginocchia insieme alle mutande.
Mio dio, mi sentivo impacciata. Non solo dovevo toccargli il cazzo ma anche i coglioni che gli pendevano avvolti in un lungo scroto.
Per evitare che gli restassero fuori, con una mano soppesavo i testicoli e il cazzo, e con l’altra sistemavo le mutande.

Mi venne un senso di sconforto a pensare che quel maneggio osceno si sarebbe ripetuto per altri due giorni.

La seconda sera, dopo aver terminato le faccende del nonno, mi ero ritirata nel mio eremo a rilassarmi leggendo la rivista scientifica di quel mese. Trovai un capitolo interessante, che riguardava il viagra, era molto interessante!

Appresi che il viagra, all’inizio degli anni novanta, era stato sintetizzato in laboratorio per la cura dell’angina pectoris, una minaccia d’infarto leggera. Durante i test i ricercatori scoprirono che il farmaco non aveva avuto alcun effetto sulla patologia cardiaca, per contro, durante i test, avevano notato che aumentava la potenza sessuale dei campioni in esame.
Si era verificato che alcune persone anziane, dopo l’assunzione del farmaco, avevano riacquistato la funzione sessuale. Fu una scoperta formidabile che in pochi anni arricchì la società che aveva i diritti sulla vendita.

Mi venne naturale pensare a Nonno Pino.
Che fosse impotente non c’era alcun dubbio.
In quei due giorni gli lo avevo agitato con energia e se avesse avuto un briciolo di virilità, avrebbe avuto un minimo di erezione.
Pensai: Chissà che cosa sarebbe successo se avesse assunto il viagra?

Ero curiosa. Possibile che una piccola pillola azzurra potesse cambiare le sorti di un cazzo morto?
La scienza mi aveva sempre appassionato, tanto da acquisire una mentalità di ricercatrice. La studio di alcune molecole da utilizzare in medicine era un settore che interessava i miei impegni accademici, così, mi venne una idea folle: che cosa sarebbe successo se avessi sperimentare su mio nonno il farmaco e quali sarebbero stati gli effetti della pillola azzurra?

Così mi venne la curiosità di constatare personalmente per verificare se quel medicinale fosse stato in grado di risvegliare un pene morto da anni. Sinceramente ero un po’ scettica sull’esito positivo dell’esperimento.
Alla fine, comunque, la curiosità della scienziata prevalse e così decisi di sperimentare dal vivo l'uso di quella pillola.

Come procurala?
Andai da un farmacista. Gli spiegai che ero laureanda in Biologia e che stavo studiando le caratteristiche della pillola azzurra. Il tipo che stava dietro il baccano mi riferì che, oltre a quell’azzurra, c’era anche quella gialla, detta cialis viagra. Continuò a spiegarmi che il principio attivo della sostanza stimolava alcune cellule presenti nel corpo cavernoso. Gli chiesi se c’erano effetti collaterali dannosi e di che tipo. Solo in soggetti che avevano delle cardiopatie, per il resto finora nessuno si era mai lamentato. Gli chiesi i tempi di reazione. Disse che, alla presenza di uno stimolo sessuale, il principio attivo produceva subito i suoi effetti benevoli e duraturi, e qui, il tipo rideva in modo malizioso, immaginando chissà quali scenari erotici.

Comprai la confezione.

Giunta a casa, tolsi una pillola dalla confezione, la sminuzzai fino a ridurla in polvere. La versai nella tisana che il nonno aveva l’abitudine di bere dopo pranzo.

Erano le due del pomeriggio. Il nonno mi fece capire che doveva andare al bagno. Era tranquillo. Non si era lamentato, segno che la sostanza non aveva prodotto alcun effetto collaterale.

Come di consueto lo accompagnai fino alla toilette, appoggiò il bastone e si tirò fuori il cazzo, con gesti abitudinari. La mia presenza non lo disturbava per nulla. Stavolta ero curiosa di vedere se la pillola avesse fatto effetto. Quindi, scrutai il suo pisello. Nulla, il suo cazzo era completamente moscio. Finito di orinare toccava a me rimetterlo dentro, alla solita maniera.
Non avevo notato alcun risultato.
Forse il nonno era troppo vecchio e la sua impotenza era diventata permanente.

Non mi arresi. Andai a prendere un'altra pillola e dopo averla polverizzata, gliela feci assumere con un bicchiere d’acqua.

Nel tardo pomeriggio sentì il nonno lamentarsi e mi chiamò per il solito bisognino fisiologico.

Davanti al cesso lo vidi in difficoltà a tirarlo fuori.

Nonno! Aspetta ci penso io!

Gli aprì i pantaloni, facendoli scendere insieme alle mutande fino alle caviglie.

Visto che c’ero, tanto valeva continuare il lavoro sporco.
Ho tenuto fermo il cazzo e l’ho puntato contro lo specchio d’acqua del cesso. Man mano che pisciava assistevo a qualcosa di miracoloso.

“Eureka! Funziona!

Gridai il mio entusiasmo, come una vera scienziata. Il cazzo del nonno stava aumentando di volume. Aveva finito di pisciare, ma lui stava fermo. Lo sentivo lamentarsi. Stava gemendo.
Allora continuai a tenerlo in mano. Per rendere costante il risveglio di quel pezzo di antiquariato gli praticai una lieve sega.

Man mano che muovevo il polso, il cazzo diventava sempre più grosso e pulsante. In pochi minuti mi ritrovai sotto il naso un’erezione di tutto rispetto.

Nello stesso istante suona il cellulare.

“Ciao pà! Cosa?

Erano i miei genitori, e mi stavano annunciando che sarebbero arrivati da lì a poco.
Guardai il cazzo del nonno. Cristo! E adesso? Lo sentivo lamentarsi. Si calmava solo, quando lo masturbavo.

“E’ meglio andare nella stanza da letto!

Lo feci stendere sul suo letto, con i calzoni abbassati fino alle caviglie. Mi sedetti al suo fianco e ripresi a fargli la sega.
Dovevo abbattere quel palo duro, che faceva soffrire il vecchio. Mi sentivo in colpa perché notavo che pativa gli disagi della rigidezza. Ero molto imbarazzata perché pensavo a come avrebbero reagito i miei, se lo avessero trovato in quella condizione. Il tempo incalzava e dovevo fare in fretta.

La pelle tirata del cazzo scendeva su e giu sempre più velocemente. Col passare del tempo dovetti ammettere che mi piaceva cingere quel cazzo duro e vivo. Mi aveva colpito la resistenza del vecchio. Pensai al mio ragazzo che, quando lo infilava dentro la fica, dopo appena due colpi veniva subito. Mi faceva pensare a spidigonzales. Mio nonno invece era di una altra tempra, si stava dimostrando coriaceo.

Alla fine ero stanca. Le braccia mi facevano male.
Mentre il nonno aveva un’espressione gaudente, sembrava che dovesse sborrare da un momento all’altro e invece niente. Che cavolo potevo fare? Il suo grosso palo spuntava dal grembo duro e palpitante. Forse avevo esagerato con la dose di viagra.
Cosa altro potevo fare per ammosciarlo?

Avevo preso una confezione di cibo congelato, raffreddavo le mani e poi glielo stringevo.
Nulla. Quel cazzone continuava a tenersi su duro e provocante.

Pensai al mio ragazzo, lui non era molto dotato e sborrava subito appena mi chiavava. Mi venne un’idea pazzesca. Forse quel modo era l’unico che potesse funzionare. Inoltre non mi sembrava che fosse un sacrificio così faticoso, anzi!
Il tempo passava e dovevo trovare una soluzione.

Ma si, tanto non lo verrà a sapere nessuno.

Mi tolsi le mutande, e iniziai a frizionare la figa per bagnarla un pochettino.
Con una mano continuavo a stimolare il cazzo del nonno e con l’altra la vagina.
I sensi mi stavano tradendo perché cominciai a provare un’attrazione morbosa per quel grosso palo. Mi attirava come una mosca, e così decisi che forse avrei potuto anche lavorarlo di bocca.
Ormai arrivati a quel punto, tanto valeva fare un lavoretto completo.

Attaccai così a pompare. Dovetti ammettere che mi piaceva. Lo leccavo e lo succhiavo nella speranza di farlo sborrare. Era tutto inutile, alla fine anche la bocca mi faceva male, soprattutto le mandibole perché costrette a spalancarsi al massimo per accogliere quel grosso obelisco.

Cazzo! il tempo passava veloce e non potevo aspettare ancora.
Ma chi se ne frega! Saltai su mio nonno. Come una amazzone. e....

continua... "Mmmmm nonno mmmm Perdonami! Nonno! Ma dovevo farlo mmmmm certamente non ti dispiacerà mmmmm e neanche a me ee mmmm....

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Così va la vita.

Guzzon59 ([email protected])
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