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il mio datore di lavoro


di lisagarl
29.07.2007    |    78.264    |    3 8.1
"Non ho messo più piede in quel ufficio i miei ancora oggi si domandano il perchè del mio licenziamento..."
Dopo la maturità sono andata a lavorare in diversi studi di amministrazione, ultima volta ero in uno studio di un’azienda edile, amici di famiglia, è da premettere che a me piace molto vestirmi con gonne un po’ al di sopra del ginocchio, magliette elasticizzate, stivali alti, ecc.ecc. . Era diverso tempo che il mio datore di lavoro spesso mi fissava dalla sua scrivania e notavo che portava la mano in mezzo alle gambe restando a fissarmi, non ci volle un mago per capire cosa facesse.
Quella mattina ero intenda vicino al classificatore in cerca di una pratica, tra il mio corpo e la scrivania cera poco spazio, il mio datore di lavoro doveva passare per andare in bagno, al ritorno si soffermò dietro di me chiedendomi se avessi bisogno di aiuto, in un attimo sentii qualcosa di duro, risposi che andava tutto ok e lui si allontanò dirigendosi nel bagno, la mia mente non ci mise molto a capire le sue intenzioni, trascorsi nemmeno 5 minuti eccolo che ritorna, io feci finta di nulla ma questa volta si soffermò un po’ di più, togliendomi tutti i dubbi, il suo arnese era in tiro, io diventai tutta rossa, lui si accorse del mio turbamento, immobile davanti a quel classificatore, imbarazzata e arrabbiata, pensando al rapporto che cera e che c’è ancora tra le nostre famiglie, lui ma vista nascere, anche se non ha mai perso mai l’occasione di darmi dei bacetti innocenti sulla fronte, in mio aiuto venne un cliente che bussando alla porta, dovetti andare ad aprire.
Giunti all’ora di pausa pranzo, mi offrì un passaggio come faceva spesso, in macchina mi chiese se mi andava di pranzare con lui al ristorante, pensai a casa sono sola, dovrei prepararmi il pranzo, quindi accettai, capii solo dopo che andavamo fuori città sul litorale, mi disse, ora ci facciamo una bella mangiata di pesce, risposi, scusami ma dove mi vuoi portare, non sono ben vestita, mi rispose, vestita come se ora vai da favola.
Entrati il cameriere ci fece accomodare, molto gentile mi offrì la sedia, ordinammo antipasto, bambolotti alla scogliera, spigola al forno con patatina, insalata tirami su, (alla faccia della dieta), caffé, pagò il conto e uscimmo, mi propose di fare due passi sulla spiaggia.
Passeggiando, spesso cercava di abbracciarmi, io mi divincolavo ma dopo accettai il suo abbraccio, con una mano mi teneva abbracciata a se e con l’altra la teneva in tasca, poco dopo mi accorsi che usava la mano nella tasca per toccarsi il pene, non so ancora spiegarmi il perché, ma quel gesto iniziava a piacermi, i miei capezzoli mi tradirono, lui si accorse, donnaiolo come è non passarono inosservati, nonostante fossero ingabbiati dentro il minuscolo reggiseno si notavano bene, con l a mano che stava sulla mia spalla, facendo finta di nulla mi palpava il seno, girai la testa verso di lui e in un baleno le nostre bocche vennero a contatto, un bacio che fino alla mattina non avrei minimamente sognato di darglielo, ma in quel momento mi andava di farlo, poco distante vi erano le cabine spogliatoio dello stabilimento balneare, ci avvicinammo ad una di questa e con nostra fortuna era aperta entrati tornammo a baciarci, la sua mano perlustravano tutto il mio corpo, la gonna ormai era tutta su, la sua mano la sentivo insinuarsi tra le mie gambe, ero un fiume in piena, purtroppo, un po’ per il posto dove eravamo, un po’ l’ora, infatti, dovevamo tornare in ufficio, mi disse ce il tempo di una sveltina, ci rimase molto male quando gli confessai che ero vergine, al massimo posso farti con la bocca, stavo pensando di svelare il mio segreto, cioè che ero vergine di fica ma non lo ero di culo, il posto non mi piaceva e poi in mancanza di servizi igienici non mi andava, mi sedetti sulla panca, lui aprì lo zip e venne fuori il suo cazzone, un cazzo di normali dimensioni, ma un po’ strano, era diritto, e quasi all’altezza del glande era ricurvo verso su, iniziai a leccarlo, alternando bacetti e succhiatine, quando lo tenevo in bocca la sua posizione strana mi toccava il palato, mi prese la testa tra le mani e agevolò il movimento avente e indietro, a volte mi soffocava, lo sentivo arrivare alla gola, con una mano tenevo il cazzo e con l’altra mi toccavo, lui incitava affinché mi sditalinassi mentre lo pompavo, era talmente preso dal pompino che gli stavo donando che non si accorse che mi ero infilate due dita nel culo, due dita nel culo al resto della mano mi sfregavo il clito, procurandomi un bel orgasmo, lui con una mano mi palpava il seno, dai sospiri capii che era prossimo alla goduta, tolse la mano da dietro la nuca credeva che io non volessi riceverlo in bocca, ma quando capii le mie intenzioni, mi scaricò in bocca una quantità infinita di sperma, dovetti togliermi il cazzo di bocca altrimenti soffocavo, ingoiai tutto, nel frattempo aumentai la mia masturbazione e venni anch’io, rimase di stucco nel vedermi venire, mi disse non ho malvisto una donna eruttare tanto liquido vaginale, con la mano sporca dei miei umori la portai alla sua bocca, lui si ritrasse un po’ ma dopo accetto il mio invito, iniziò a leccarmi tutte le dita, solo allora si rese conto che alcune di loro erano state ad esplorare il mio culetto.
Esausti ci avviammo verso l’auto facendo ritorno allo studio.
Purtroppo questa cosa fu l’inizio di molti turbamenti, pensavo, siamo amici di famiglia, sua moglie non se lo merita da me una cosa simile, un senso di colpa mi prese, iniziai a piangere, lui mi chiese diverse volte cos’avessi, alla fine confessai il tutto, dicendogli questo resterà solo un caso unico non succederà mai più, era la fine del nostro rapporto.
Anche perché ero troppo legata al mio amante non mi andava di tradirlo, anche se lui lavorando al nord non capitava spesso di incontrarci, questo a me non dava i l diritto di fargli le corna, ci rimase molto male quando gli dissi che quella rimaneva una situazione isolata non ne sarebbe stata una seconda.
Nello studio cercai di far finta che nulla fosse accaduto . ma, lui non perdeva tempo nel passarmi acconto di toccarmi, la sera chiuso l’ufficio mi recai a casa, la mattina telefonai con una scusa dissi che non mi sentivo bene e non andai a lavoro.
Non ho messo più piede in quel ufficio i miei ancora oggi si domandano il perchè del mio licenziamento.

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