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Mister, posso parlarti?


di ScrittoreAcerbo
16.05.2024    |    17.287    |    15 9.7
"Mentre parlava aveva preso a segarmelo con colpi forti e costanti..."
Ennesima partita di un uggioso febbraio. Io e la squadra di periferia che alleno abbiamo appena finito di giocare. Mentre rientro negli spogliatoi cerco di consolare Leonardo, un bambino di 9 anni, che piange dopo aver sbagliato una giocata e aver causato il gol della sconfitta.
“Dai Leo, non fa niente, può capitare”.
Leo non risponde, fila sotto la doccia e non parla fino all’uscita dagli spogliatoi.

“Ciao, mister grazie”.
La mamma di Leo lo prende e prova, senza fortuna, a consolarlo.
Mi dispiace vederlo così. Tra me, i bimbi e i genitori si è instaurato un ottimo rapporto e il vederlo piangere mi strugge il cuore.

Faccio uscire tutti i bambini e vado a smontare il campo. Come sempre la fortuna è dalla mia parte e, mentre inizio a spostare la prima porta, inizia a scatenarsi un temporale misto a grandine.
Lascio stare le porte e corro a ripararmi negli spogliatoi.
Mentre entro dentro sento una voce femminile che mi chiama.
“Mister, posso ripararmi anch’io”.
Nella concitazione della tempesta scorgo e riconosco la chioma rossa della mamma di Leo.

Arrivò negli spogliatoio dell’arbitro e la feci entrare.
“Grazie mister, scusami ma ero rimasta per chiederti delle cose sugli allenamenti e non volevo disturbarti mentre smontavi il campo”.
“Stia tranquilla, ci mancherebbe. Ma Leo?”.
“Va a casa di Riccardo. È stata l’unica cosa che lo ha calmato dopo aver sbagliato quel passaggio”.
“Ah capisco. Beh dai, quando crescerà, capirà che nel calcio si può anche sbagliare”.

Annuì sorridendomi.
“Vuole togliersi il giubbotto? Sarà zuppo e non le conviene stare bagnata tutto questo tempo”.
Lei accettò l’invito e mi porse il suo vestito.

Dovetti ammetterlo, la mamma di Leo sapeva essere semplice e bella allo stesso tempo.
Non si truccava molto. Vestiva con una felpa e dei jeans semplici. I capelli, bagnati, incorniciavano un viso aggraziato con gli cocchi azzurri e le labbra sottili.
Non metteva mai in risalto il suo fisico ma che, come avrei scoperto più tardi, era paragonabile a quello della Ferragni.

“Mi scusi ma purtroppo qui non c’è molto spazio”.
Effettivamente era vero. Lo spogliatoio dell’arbitro era composto da due panchine in legno e al centro un lettino per i massaggi. C’era anche una piccola tenda che separava la doccia dal resto della stanza.

“Ma non c’è nulla di cui scusarsi. Adesso aspettiamo che finisca il temporale e poi si potrà uscire”.
In quel momento un suono partì dal suo telefono e segnalò l’arrivo di un messaggio.
Lo lesse e rispose con un vocale: “tranquilla Lorena (la mamma di Riccardo), sono al campo con il mister, appena finisce il temporale vado via”.
Altro squillo, che questa volta si rivelò essere del marito, e altra risposta:”amore tranquillo, ho accostato in una stradina. Appena finisce riparto”.
Rimasi interdetto, come mai mentire al marito?

“Mister, è un problema se mi asciugo i capelli?”.
“No, no, il phone è lì faccia pure”.
Si alzò e prese ad asciugarsi i capelli dandomi le spalle. I miei occhi si spostarono sulle rotondità di quel magnifico culo. Che bella visione.

La mia mente fu riportata alla realtà dal suono di una notifica del telefono che ci avvisava dell’arrivo di un altro messaggio. A causa del rumore del phone, Laura (nome della mamma di Leonardo) non la sentì.
Istintivamente il mio sguardo andò sul suo cellulare.

“Da sola con il mister?? Spero per te che questo temporale duri in eterno ahahah” seguito dalla faccina tipica delle frasi a doppio senso.
Leggendolo, la mia patta prese a gonfiarsi sotto ai pantaloni della tuta. Un forte calore si impossessò di me e mi fece togliere la felpa, lasciandomi in maglietta e pantaloni.

Laura finì con il phon. Andò verso il suo telefono e lo prese e si andò a sedere sull’altra panchina.
Vide il messaggio e fece un sorrisetto sornione.
“Eh magari”.
Rimasi interdetto. Era sicura che io non avessi letto e aveva risposto così.
“Scusa mister, stavo scherzando con la mamma di Riccardo sul fatto che se questa pioggia fosse arrivata prima avremmo avuto il pomeriggio libero”.

Feci finta di nulla e stetti al gioco.
“Mister, ma anche la maglia è bagnata?”.
“Si, quel dannato giubbotto della società non serve proprio a nulla”.
“Beh ma a sto punto toglila, tanto è bianca e quello che c’è da vedere già lo sto vedendo”.
Non so se fosse un’ottima attrice o se lo stesse dicendo davvero con innata ingenuità, però quelle parole mi fecero pensare che non ci fosse ambiguità in quella richiesta.

Decisi di cogliere l’invito e rimasi a petto nudo, mettendo in mostra i miei addominali.
“Mister, sei davvero in forma complimenti”.
“Grazie Laura, quei pochi allenamenti che riesco a fare stanno dando i loro frutti”.

I suoi occhi si posarono su di me aumentando il tasso di elettricità nell’aria.
Il suo sguardo, sempre più attratto dal mio addome scolpito, lasciava trasparire tutta la sua indecisione. Probabilmente sarebbe scappata se non fosse stato per la grandine.

Capii che se non avessi fatto la prima mossa, me ne sarei pentito per tutta la vita.
Con la scusa dell’ asciugatura dei capelli, mi alzai e resi palese la mia erezione. Andai a sistemarmi davanti al phon e rimasi con il viso rivolto verso di lei.

Riuscii ad ottenere l’effetto sperato. Laura era lì, davanti a me, con la bocca aperta e il viso arrossato. Il suo sguardo non si staccava dal mio membro che, sentite le attenzioni di quella splendida donna, crebbe ancora fino ad arrivare alla massima grandezza.

“Laura hai caldo? Ti vedo arrossata”.
Non ebbe le forze di rispondere. Annuì solo con la testa.
“Allora aspetta che vado ad aprire la porta, così passa un po’ d’aria”.

Mi avvicinai a lei. Il mio intento era semplicemente quello di passarle davanti in modo da mostrarle meglio il mio turgore ma fui fermato.
La mano di Laura si posò sul mio fianco e mi fece girare di fronte a lei.

I nostri sguardi si incrociarono. La sua faccia angelica faceva trasparire tutto il turbinio di emozioni che giravano nella sua testa.
Mi fece avvicinare.
Le sue mani andarono sui miei pantaloni e iniziarono a tastarne la patta.

“Mister..”
Prese i miei pantaloni e li abbassò.
“…non voglio..”.
Abbassò anche le mutande.
“…tradire…”.
Lo prese in mano.
“…mio marito”.
Lo mise in bocca.

Iniziò un focoso pompino. La sua chioma rosso fuoco faceva avanti e indietro sulla mia asta e la sua mano segava la parte che rimaneva fuori dalla bocca.
Iniziai a gemere. Ci stava mettendo tutto l’impegno di cui era capace e me lo fece capire.

In quel momento suonò il telefono.
Detti per scontato che non avrebbe risposto ma ciò che accadde andò oltre ogni mia immaginazione.
“Pronto, amore? Si, ho visto che ha smesso di grandinare, ora parto e vado a fare due commissioni per lavoro”.
Mentre parlava aveva preso a segarmelo con colpi forti e costanti. Nel mentre, la sua faccia aveva l’espressione si una donna santa e devota al marito. Avrei potuto credere a quella farsa se non fosse stato per quella mano che la tradiva.

“Si, a dopo. Ti amo”.
Che troia. Stava dicendo ti amo al marito mentre teneva il cazzo di un altro in mano e mi guardava con sguardo complice.

“Scusa mister avviso solo Lorena così mi copre con mio marito”.
Nel mentre, si alzò e si mise a pecora posando il petto sul lettino dei massaggi.
Il suo culo sodo era proprio lì, di fronte a me.
Le sbottonai i jeans e calai tutto giù fino alle sue caviglie.

Mi immersi con la faccia dentro quell’inferno di godimento. Presi a leccare quel miele che sgorgava dalle sue gambe e le mie dita andarono a cercare il suo clitoride.

“Ciao Lore, si scusami, oh sì così, se taglio corto”.
La sua mano si posò sulla mia nuca e mi indirizzò sul punto dove voleva essere leccata.
“Eh sì, come avrai capito mi sto divertendo, mi copri con mio marito? Grazie, si, si di più”.

Una sua occhiata mi fece capire che voleva ben altro e non soltanto una leccata.
Mi staccai e puntai il cazzo all’apertura della sua vagina.
Entrai tutto in un solo colpo.

“Cazzo si, si, come hai sentito mi sto divertendo molto. Quindi mi copri tu? Ottimo, ah Lore un’ultima cosa”.
Presi a possederla forte. La sua figa si contraeva al ritmo dei miei colpi e la stretta sul mio cazzo si fece sempre più salda.
“Avevi ragione, è molto dotato”.
Detto ciò, mi lanciò un’occhiata e io iniziai a scoparla sempre più forte.

Staccò la chiamata e si aggrappò al lettino.
“Cazzo mister sei fantastico. A saperlo prima avrei portato Leo molto prima, o cazzo si, si, siiiiii”.
Sentii una stretta intorno al mio pene e un urlo disumano provenire da quella donna. Il suo orgasmo fu tanto fulmineo quanto stancante.

Si accasciò sul pavimento. La faccia paonazza, e i capelli sparsi sul suo volto, facevano da cornice ad uno sguardo pieno di lussuria e di goduria.
Io rimasi lì, in piedi davanti a lei. Le mostrai il mio pene, ancora eretto, e glielo misi davanti alla bocca.

Lei lo prese in mano e mi guardò intensamente negli occhi.
“Mister, sei un porco”.
“Lo so, ma anche tu non scherzi”.
Si mise a ridere e la sua concentrazione tornò sul mio membro.
Prese a segarlo con forza, senza staccare i suoi occhi dai miei.

Il suo sguardo, la situazione in cui ci eravamo trovati, la sua voglia che che non era scemata neanche davanti alla chiamata del marito, tutti questi elementi segnarono la resa di ogni mia resistenza.
Quando sentì le pulsazioni del mio pene, Laura si mise la cappella in bocca e accolse dentro di sé tutti i fiotti di sperma densi che partirono dalla punta del mio membro.

L’orgasmo mi tagliò le gambe e mi dovetti sedere sulla panca.
Laura, dato il raggiungimento del suo obiettivo, si risistemò e scappò fuori dallo spogliatoio, senza dirmi una parola.
Non la rividi più fino all’allenamento successivo.

Mentre prendeva Leo, con un cenno dello sguardo, mi fece capire che nessuno aveva capito nulla e che tutto era tornato alla normalità.
Rasserenato tornai a smontare il campo.
Fu allora che vidi, di fianco al campo, Lorena, la mamma di Riccardo.
“Ciao mister, vorrei parlarti di Riccardo, possiamo andare nello spogliatoio dell’arbitro?”.

Continua…





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