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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 17 - dalle 00 alla 01


di Parrino
14.11.2022    |    633    |    1 9.2
"«Difficile, se non viene lasciato in pace»..."
Restiamo uniti a parlare per minuti che sembrano ore. Mi perdo nel profondo dei tuoi occhi e nel bagliore dei tuoi sorrisi, mi lascio cullare dal suono della tua voce e accarezzare dal tuo respiro leggero, mi inebrio del profumo della tua pelle e del calore del tuo corpo stretto al mio. Di tanto in tanto, posi le tue labbra sulle mie, per poi continuare a chiedere e raccontare di me, di te, di un noi finalmente reale anche se prossimo ad una fine imminente, calcolata, inevitabile, eppure dolorosa come una lama arroventata affondata nella carne viva.
Mentre ti carezzo il capo, la tua mano, curiosa e leggera, scorre sul mio viso, sulle mie spalle, sul mio torace. Impertinente, si sposta sotto l'accappatoio, prima allentandolo, poi aprendolo del tutto. Dall'addome, scendi ad impugnare il mio membro rilassato. Ci giochi, come anche con la delicata sacca sotto di esso. Con il palmo e le dita, ti occupi quasi distrattamente della mia intimità. Mi guardi con aria divertita quando, parlando, tentenno, o quando il tono della mia voce muta al variare dell'intensità del tuo massaggio.
«Qualcuno non vuol proprio saperne di dormire», dici ammiccante avvertendo la mia asta guadagnare dimensioni e consistenza tra le tue grinfie.
«Difficile, se non viene lasciato in pace».
«Vuoi che smetta?», chiedi mostrando un delizioso broncio da mordere.
«Non pensarci nemmeno».
«Per fortuna... mi piace troppo che sia sempre pronto...».
«Merito tuo, che sai come prenderlo, come prendermi».
«C'è anche chi fa cilecca... ma non mi sembra il tuo caso».
Mi sfugge una risata sincera a quelle parole. «Insomma», aggiungo.
Mimi un'espressione di stupore. «Ma dai? Hai toppato?», mi chiedi.
«Certo, e mica una sola volta! Ma ridevo perché mi è tornata in mente la prima».
«Racconta», dici dopo esserti unita alla mia risata, senza smettere di stuzzicare il mio membro ormai del tutto eretto.
Comincio in tono enfatico. «Uscivo con questa ragazza, Erika, te l'avrò nominata un migliaio di volte».
«Si», replichi alzando gli occhi al cielo e fingendo risentimento.
«Che stupida - ti apostrofo, prima di stampare il mio sorriso sulle tue labbra - immagina la scena: ci frequentavamo da poche settimane.
Una sera, io avevo casa libera per cui organizzammo una cena da me. Cena più veloce che a un fast-food, non è che volessimo perdere troppo tempo con gli alibi. Durante i preparativi e il pasto, baci, palpeggiamenti e tutto il resto. Subito dopo, dritti in camera. Mi spoglia in un lampo...».
«Non ci voglio credere. Anche in quel caso hai lasciato fare tutto a lei?».
«Te l'ho detto che ero un idiota».
«Si, ok, ma...».
«Totalmente rincoglionito», preciso interrompendoti.
Ridi alle mie parole.
«Insomma, mi sfila prima la maglia, poi tutto il resto. E con la bocca...».
«Capito», annuisci serafica.
«Insomma, fatto sta che il soldatino, nonostante un'esecuzione davvero magistrale dell'inno nazionale, non voleva saperne di mettersi sull'attenti».
«Oh. E poi?».
«E poi, niente, dopo qualche tentativo a vuoto abbiamo invertito le parti».
«Be', dai, sarà stata contenta lo stesso», mi dici tirando verso il basso la pelle della mia asta e disegnando piccoli cerchi sul glande.
«Oh, si, molto. Alla fine ne abbiamo riso, anche se quella sensazione di clamorosa figura di merda non mi si è staccata di dosso per un bel po'. Quella volta scoprii quanto l'ansia da prestazione possa giocare brutti scherzi. Ma c'è stata una cosa peggiore».
«Pure?».
«Eh, si. Perché, dopo averlo suonato io l'inno nazionale, e dopo esserci rivestiti, siam rimasti per un po' abbracciati sul letto».
«Bello».
«Mica tanto. Il signorino si è svegliato solo in quel momento!».
«Ah, quindi poi...».
«Macché, si era fatto tardi e casa stava per ripopolarsi. Così dovetti riaccompagnarla».
«E com'è finita?».
Ridi ancora di gusto quando sollevo la mano sinistra ruotandola a mezz'aria.
Dopo qualche istante torni seria, serrando la tua di mano più stretta attorno al mio membro teso. «Povero tesoro - dici guardandolo ed esasperando un tono affranto - dopo tanto parlar male di lui avrà bisogno di essere consolato». Smetti di parlare e prendi a strisciare sinuosa verso il basso, fino ad accovacciarti diligente tra le mie gambe. Porti il tuo viso quasi all'altezza del materasso, insinuandoti prima con le labbra e poi con la punta della lingua a cercare il mio perineo. Risali lenta, a baciare e succhiare con delicatezza i testicoli, senza mai smettere di stimolare l'asta turgida con un movimento cadenzato. Poi, la tua lingua prende possesso di essa, percorrendola più volte in tutta la sua lunghezza fino a ricoprirla della tua saliva. Imbocchi il glande, tormentandolo sempre con quella lingua snodata e curiosa, dopodiché te lo lasci scivolare fino in gola, tentando di gustare quanto più possibile della mia carne dura e venosa.
Da irresistibile tentatrice quale sei, giochi col mio corpo inerme. E i tuoi occhi fissi nei miei non fanno che scavare a fondo nella mia anima e nella mia mente, prendendone possesso, rendendomi tuo più di quanto non sia mai stato e più di quanto potrò mai essere per chiunque altra.
Tanto lasci sprofondare in te il mio membro, che quasi ti soffochi prima di estrarlo dalla tua bocca, riprendere fiato e tentare un nuovo assalto. Non ti riesce di imboccarlo per intero. Sai che è da sempre una delle mie fantasie irrealizzate, e vorresti soddisfarla. Il tuo impegno è reso evidente dal tuo divenire paonazza, dalla saliva che prende a colarti dal mento fino a imperlare i peli del mio pube e dalle lacrime che, involontarie, cominciano a rincorrersi lungo le tue guance. "Sei bellissima - penso tra me e me - un sogno a occhi aperti". E te lo dico dopo averti afferrata per i capelli, per fermare i tuoi movimenti quasi disperati. «Torna su, mia incantevole troia, voglio divorare quelle labbra di fuoco fino a consumarle», sussurro. Al contempo emozionata e divertita, con un balzo quasi felino torni a stringerti a me, faccia a faccia, a far sì che i nostri respiri si fondano in tutt'uno appena prima delle nostre bocche e delle nostre lingue.
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