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Lui & Lei

"Friends with benefits..."


di Experimenta71
04.09.2014    |    2.812    |    1 6.0
"Con Annie all'inizio avevo seguito il mio consueto copione..."
“Allora, ti stai annoiando?” Posi la domanda con tono dubitativo ad Annie. Sapevo benissimo che si stava annoiando. Il film l'avevo scelto con quello scopo specifico.
Da tempo la conoscevo ed eravamo diventati buoni amici. La trovavo una donna divertente, simpatica, intelligente. Un'ottima conversatrice. Ed apprezzava anche il cibo, particolare che secondo la mia esperienza era piuttosto indicativo.
In effetti fra le donne che ho conosciuto quelle a cui piaceva mangiare non disdegnavano affatto altri tipi di piaceri.
Anzi, li apprezzavano particolarmente.
Ed era proprio il tipo di donna che cercavo.

Con Annie all'inizio avevo seguito il mio consueto copione. Collaudato. Conoscenza tramite Internet, scambio di battute e breve panoramica sulle rispettive preferenze, proposta di vederci per un caffè in centro e due chiacchiere di persona.
A quel punto decidevo di volta in volta come comportarmi.
Il copione in quel momento prevedeva proprio di “recitare a soggetto” lasciandosi guidare dall'istinto e dalle sensazioni del momento.

Con lei tutto iniziò come al solito. Ovvero la mia finta ostentata valutazione, quasi volgare, da commerciante di schiavi, a partire dai capelli per soffermarmi sulle mani, tornare sugli occhi e le labbra, e scendere infine verso il seno. Con un tipo di occhiata scrutatrice che non aveva mancato di turbare talvolta l'osservata di turno, sino a quando almeno smettevo di osservare per sorridere amabilmente, porgere la mano e presentarmi come se nulla fosse.
Lei a differenza di altre, della maggior parte delle altre, se ne uscì con un “Cosa guardi?” che non suonava però per nulla offeso ma solo curioso. “Perlustro il territorio” le risposi e scoppiammo a ridere...

Ora stavo ripensando a quel primo incontro e sorridevo. Lei che si era intanto rilassata con la sua tisana in mano, allungata sulla poltrona ad ascoltare la musica Jazz che avevo provveduto a mettere nel lettore CD poco prima, mi guardò. Sorrise ed io smisi di farlo. Torno seria ed io ripresi a sorridere.
“Quanto sei scemo” mi disse
“Lo so benissimo”.
Poi posò la tazza sul tavolino ed inizio a scrutarmi. Insistentemente. La mia poltrona era accanto alla sua, di fronte al televisore spento. Sussurrai a bassa voce qualcosa e lei mi chiese cosa avessi detto. Negai di aver detto qualcosa e nel frattempo continuai a sorseggiare il thè che intanto aveva iniziato a raffreddarsi. Ora la tazza era tiepida e la posi vicino alla sua tazza semivuota.
“Seriamente Lewis, cosa stavi dicendo prima? Sai che mi dà fastidio quando qualcuno inizia a parlare e poi si interrompe...”
Se lo sapevo? Lo sapevo benissimo.
“Avvicinati”
Lo fece accostando la sua testa alla mia.
Osservai con la coda dell'occhio la lieve peluria bionda sul suo avambraccio.
“Avvicinati di più. Non ti mordo mica...forse...”
Obbedì (o fece finta di farlo) al punto che ora i nostri due visi erano quasi a diretto contatto.
La guardai negli occhi, poi sulle labbra.
Infine accostai la bocca all'orecchio e le sussurrai qualcosa.
“Si...e tu” mi rispose.
“Anch'io”
Iniziai a sfiorarle il polso risalendo con lentezza lungo il braccio.
Ebbe un brivido ed una breve cristallina risata sovrastò per un attimo il fluire lento del pezzo Jazz che andava a spegnersi, soffocando l'assolo del Sax Tenore.
“Perché non andiamo in camera” le chiesi “staremo più comodi”
Senza rispondermi si alzò, le lunghe gambe velate dalle calze (non sapevo se indossava un collant o delle autoreggenti e questo era uno dei particolari che di solito mi intrigava di più nel gioco della seduzione) e coperte da una gonna in pelle nera che evidenziava al meglio le sue forme.

Si incamminò lentamente, dondolando sui tacchi medio alti (non ne aveva bisogno, era alta a sufficienza, ma mi aveva detto una volta che le piaceva l'effetto che faceva sugli uomini. E... si, devo dire che aveva assolutamente ragione).
La stanza era in penombra. In realtà lo era tutta la casa. Avevo avuto l'accortezza di abbassare le serrande nel primo pomeriggio ed ora era quasi il tramonto. Io la seguivo a qualche passo osservando le sue gambe ed il suo culo. Sentivo un'erezione che trattenuta già da qualche minuto faticava a contenersi.
La avvertivo sotto la tela dei pantaloni scuri di cotone. Ed ancora più sotto, tendere il cotone degli slip neri.
Le avevo chiesto tempo prima cosa ne pensasse dell'eterna disputa tra slip e boxer ed avevo avuto una risposta interessante. Spiritosa (come del resto era lei) e sexy “Non mi interessa molto la forma quanto la sostanza...”

Ero assorto in quel ricordo, tanto da non essermi quasi accorto che si era girata poco oltre la soglia del letto ed ora mi stava di fronte, immobile. Allungai la mano per accendere l'interruttore di una delle piccole lampade da lettura che si trovavano sui comodini a fianco del letto e per farlo mi abbassai.
Mi bloccò il braccio.
“No, non accendere...riusciamo ancora a vederci”
Avevo il viso all'altezza del suo ombelico. La guardai dal basso verso l'alto. Quindi avvicinai l'altro braccio (quello libero) alla sua camicetta di lino bianco ed iniziai a sbottonarla partendo dal basso. Un bottone, due, tre.
Arrivati all'ombelico mi fermai, avvicinai il viso e con la lingua iniziai a leccare. Prima all'esterno in lunghi interrotti movimenti circolari, poi direttamente all'interno dell'ombelico con trasporto ancora maggiore.
Avvertivo un sospiro intermittente, franto, sospeso giungere dall'alto ma non potevo vederla. Avevo la testa coperta dalla camicetta. Ne sentivo il fresco serico contatto sui capelli.
Mi piaceva però immaginarla con le labbra dischiuse e la testa lievemente reclinata all'indietro. Il collo candido (era l'inizio dell'estate e non aveva ancora avuto modo di abbronzarsi).
Sulla lingua avvertivo la sua pelle morbida, calda, leggermente sudata e mi bastava.
Dopo alcuni istanti lei lasciò il braccio che ancora aveva tenuto stretto. Lo fece strisciando le sue unghie sulla carne, non in profondità, solo in un felino movimento di possesso. Epidermico. Sentii le sue mani sulla testa che mi accarezzavano e mi chiedevano con delicatezza di alzare lo sguardo.
Lo feci. Sorrideva come avevo immaginato.
Mi alzai ed iniziammo a baciarci. Prima lentamente, con le labbra che lentamente si esploravano. Poi con le lingue ed i denti, confusi, palpitanti, ebbri. Le nostre mani erano ovunque ormai. Io avevo iniziato dal collo per scendere verso il seno ed i fianchi. Ed avevo finito col palparle il culo (come del resto avevo sempre voluto fare dal primo momento in cui l'avevo vista) e lei faceva lo stesso con me. Mi fermai un attimo allontanandola di qualche centimetro dal mio viso.
“Credi che...non staremo sbagliando?” le chiesi
Era una domanda stupida, retorica. Non che dubitassi di quello che stavamo facendo. Ma volevo sentirglielo dire. E sentirglielo dire a suo modo. Ed il suo modo fu semplice. Mi prese una mano e la fece scorrere lungo la camicetta semiaperta, fino all' orlo della gonna. Poi ancora più giù tra il collant (ora sapevo che non erano autoreggenti e sentii quella consapevolezza gonfiarmi ancora di più il cazzo) e la carne sino alla fica. Era bagnata, completamente. Fradicia.
“La senti?” mi disse sussurrandomi all'orecchio “non stiamo sbagliando, e come hai detto tu prima... se stiamo attenti nessuno si farà del male”.
Esatto. Come avevo detto io prima. “Friends with benefits”.
Ricordavo benissimo mentre la spingevo delicatamente sul letto e ne osservavo gli occhi bistrati e le labbra rosse, i denti bianchissimi che ne sporgevano, i capezzoli che si intravedevano turgidi sotto la camicetta (non avevo mancato di leccarglieli poco prima da sopra il tessuto, en passant, quasi di sfuggita) ormai quasi del tutto aperta.
Mentre lei si toglieva la gonna di pelle buttandola per terra (ne intravidi il movimento ellittico e discendente nella stanza ormai semibuia) e mi diceva voltandosi “Se mi vuoi prendimi....”
Mi avvicinai iniziando a togliermi i pantaloni ma mi disse di tenerli. Lei avrebbe tenuto i collant (le mutandine non le aveva).
L'accontentai. L'avrei riempita ugualmente. Mi avvicinai il più lentamente possibile. Sentivo il cazzo pulsare. Sentivo il sangue fluire in tutto il corpo, dalle palle gonfie alla cappella umida (“il cazzo...mi piace il tuo cazzo” aveva sussurrato lei poco prima al mio orecchio mentre le baciavo il collo) ai polsi sino alle tempie.
E sapevo che lei provava le stesse sensazioni.
Aderii alla sua fica e quindi iniziai,delicatamente dapprima, a spingere. Poco alla volta, assaporando ogni centimetro della sua carne. Sino in fondo. E ritorno. E di nuovo, un po' più forte ora, un po' più intenso. E di nuovo. E ancora...
La sentivo bagnarsi sempre di più, aderire, muoversi in sincronia come se i nostri corpi si conoscessero da sempre e fossero da sempre destinati a quel momento.
Ed il tempo sembrò dilatarsi in una dimensione che non saremmo riusciti a definire. E ci bastava. E ci sarebbe bastato per un tempo infinito, solo noi ed i nostri corpi in una tiepida sera di Maggio.
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