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Il papà di Marco - parte seconda


di Ale_gentleman
16.05.2023    |    18.262    |    30 9.8
"A poco a poco, rientrammo in noi stessi..."
Lo vidi dalla finestra del bagno: dopo aver parcheggiato in fretta, percorse il vialetto che portava all’ingresso, quasi saltellando. Con la sua stessa frenesia, mi precipitai in salotto, proprio mentre spalancava la porta. Ci guardammo un attimo, sospesi, avvolti nel desiderio.
Poi, come a un segnale convenuto, ci precipitammo l’uno sull’altro. Avvinghiati, ci baciavamo come se ci stessimo rubando l’anima. Mi sbatté sul muro vicino alla cucina.
Per giorni ero tornato ogni pomeriggio a casa di Marco, speranzoso. Attendevo fino alle 18, poco prima che rincasasse la madre, e quand’ero sicuro che non sarebbe più venuto nessuno a darmi piacere, mi infilavo due o tre dita nell’ano e mi masturbavo furiosamente, venendo con schizzi acrobatici, che poi ripulivo con cura. Avevo dovuto attendere quasi una settimana, per sentire di nuovo le mani di suo padre che mi frugavano, impazienti.
Le mie, gliele mettevo tra i capelli: adoravo spettinarlo. E poi perdermi sul suo collo, annusarlo, leccarglielo, con quella barba rasata che sapeva di maschio.
Avevamo già entrambi i sessi duri, che strusciavano l’uno sull’altro. Mentre continuava a spingermi su per la parete, alzai le gambe, stringendole sui suoi glutei, per fargli sentire che ero suo, che ero la sua troia.
Non rimase insensibile a quella mossa: mi gettò sul divano, mi strappò giù i pantaloncini e iniziò a succhiarmi il cazzo, già bagnato. Io lo presi per il bacino e lo attirai a me. Mi schiacciai il suo pube sulla faccia, in modo che la sua erezione si strusciasse sul mio naso, sulla mia bocca. Poi, abbassai la zip. Il suo sesso sbatté sulla mia guancia, durissimo. Iniziammo un 69 sfrenato, selvaggio, affamato. Non riuscivamo a saziarci. Poi, di colpo, sentii le ondate dell’orgasmo arrivare, incontrollabili. Non volevo che il piacere, agognato per sei lunghi giorni, finisse così, nel giro di cinque minuti. Allora, lo bloccai.
Capì. Si staccò, e iniziò a leccarmi l’ombelico, i fianchi, e poi giù sulle palle, mentre con un dito mi titillava il buchetto, e il suo cazzo continuava a stantuffarmi la bocca. Poi, passò a leccarmi la zona tra lo scroto e l’ano. E io iniziai a mugolare di piacere.
Ma, quasi subito, si staccò. Si rialzò, mi prese la testa tra le mani e mi guardò.
«Ho capito, sai, che sei un porco», mi sussurrò, con un tono complice, pervaso dalla voglia. «Per questo, ho pensato di provare un gioco nuovo. Ti va?»
Avrebbe anche potuto chiedermi di lavare il pavimento, tanto lo desideravo. Eppure, sentii una traccia di dispiacere. Era una delle mie prime esperienze. Anche se volevo mostrarmi emancipato, una parte di me sperava in una storia romantica. Che saremmo stati insieme, insomma. Invece, mi aveva inquadrato come quella troia che in fondo ero. E mi trattava di conseguenza.
“Coglione”, pensai, “è il papà del tuo migliore amico… Fattelo e divertiti!”
Annuii, ansimando.

Mi prese per mano, mi portò in bagno. Mentre continuava a baciarmi, mi tolse la maglietta. Poi si spogliò. «Entra in doccia», intimò.
Obbedii. Una bella doccia non mi dispiaceva, visto il caldo. Stavo per aprire l’acqua, ma mi fermò.
Sorrise, sornione. Non capivo. «Fammi la pipì addosso.»
Lo guardai, interdetto, a bocca aperta.
«Coraggio, pisciami addosso. Ti piacerà.»
Si inginocchiò davanti a me. Mi morsi le labbra. Era una cosa a cui non avevo mai pensato. Eppure, all’idea, qualcosa in me si era mosso, e il cazzo mi si era indurito ancora di più.
Lui mi guardava da sotto, con la bocca semiaperta, in attesa. Mi cingeva i glutei, stando a pochi centimetri dal mio sesso. Mi sforzai, ma l’erezione era d’intralcio. Con quella durezza, non sarei riuscito a fare pipì. Provai una o due volte, ma nulla. Aspettammo un paio di minuti, in modo che l’erezione scemasse.
Appena ci riprovavo, però, l’eccitazione tornava, e con essa l’erezione. Lui rideva, mi diceva di stare tranquillo: «È normale.»
Al quarto tentativo, ci riuscii. Un fiotto giallo, misto di pipì e liquido prespermatico, zampillò prima sul suo petto, poi sul collo. Con una mano, lui se lo cospargeva sui peli del petto e sull’inguine, mentre con l’altra si masturbava. Emetteva dei gemiti di godimento, che mi caricavano e mi esaltavano. Ero tornato in erezione piena, e dovemmo attendere un altro momento. Nel frattempo, mi disse: «Voglio che il prossimo getto lo orienti più in alto...» e indicò la bocca, «qui.»
Annuii.
Aprimmo l’acqua, per stimolarmi. Sentii arrivare di nuovo lo stimolo, e puntai il sesso verso il suo viso. Lui aprì di più la bocca. Aveva uno sguardo perverso, vizioso. Gli zampillai tra le labbra, eccitatissimo. Lui bevve, ebbro di piacere. Ma non ingoiò: trattenendo il liquido in bocca, si alzò e mi baciò. Sotto il getto d’acqua, mi restituì parte di quello che gli avevo donato, in una confusione liquida che mi mandò fuori di testa. Il sapore era strano, acido, ma il gesto mi fece sentire fuso in lui. Mi eccitò tanto.
Ci baciammo a lungo, sotto la doccia. Pensavo che quello strano gioco fosse finito lì. Mi sbagliavo.
Si staccò di nuovo: «Ora tocca a te.»
Lo guardai in silenzio ma, prima che realizzassi cosa voleva dire, rise: «Ho bevuto due litri d’acqua oggi pomeriggio. Apposta per te.»

Me l’avesse anticipato, gli avrei detto senza dubbio di no. Ma lì, dopo quel bacio dorato, fremevo, ero aperto a nuove prospettive. Allora, mi inginocchiai. Lui mi sorrise.
«Dove la vuoi?»
Sorrisi. Aprii la bocca. Per tutta risposta, il suo cazzo ebbe un fremito. Non dovetti attendere: nonostante fosse durissimo, partì subito un fiotto lunghissimo, interminabile. Mi inondò la bocca, con forza, per colare lungo tutto il mio corpo. Era calda, piacevole e, al contrario della mia, era quasi trasparente e non aveva quel sapore acido. Forse perché aveva bevuto molto. Presi a masturbarmi, in preda a quel piacere nuovo, insospettato.
Poi lo imitai: chiusi la bocca, trattenendo un po’ di pipì, mi alzai e lo baciai con passione, mentre il liquido cadeva tra le nostre lingue e i nostri cazzi si sfidavano in una battaglia ardua.
Ci staccammo e ci guardammo, impazziti di passione.
«Non abbiamo finito.»
Mi girò con forza, mi spinse sul vetro, si inginocchiò. Dilatò i miei glutei e vi affondò la lingua. Subito iniziai a gemere di godimento. Lavorò il mio buco a lungo, con perizia, a momenti infilando un poco la lingua, a momenti indugiando attorno all’orifizio. Sentivo che il mio ano pulsava di desiderio.
«Scopami…», mi sentii dire.
Ligio al mio imperativo, si alzò. Subito, percepii la punta della sua cappella poggiarsi sul mio ano, e il mio cazzo fremette. Penetrò lento. Sentii il fastidio della volta precedente, ma non ci feci caso. Non vedevo l’ora che arrivasse l’estasi.
Eppure, si fermò. Senza deciderlo, impaziente, iniziai a muovermi avanti e indietro, lungo la sua asta. Ma mi fermò. «Aspetta un attimo, che arriva la sorpresa.»
Non feci in tempo a chiedermi cosa potesse essere, che una nuova, strana sensazione mi inondò.

Mi stava pisciando dentro. Il calore che mi riempiva e che sprigionava dal mio ventre si tramutava in ondate di piacere. Gememmo entrambi, all’unisono.
E poi, mentre mi stava ancora riempiendo, iniziò ad andare avanti e indietro, scopandomi a fondo, lento. Appena il fiotto terminò, uscì, per dare il tempo al liquido dorato di colare fuori da me, lungo le mie gambe. Sentivo il mio ano che palpitava, ancora desideroso. Allora, rientrò. E iniziò a scoparmi duro, con vigore, sbattendo le palle sui miei glutei. In qualche minuto, si era fatto sempre più affannato, veloce, quasi violento. Godevo molto, mentre sentivo quei colpi secchi riempirmi e allo stesso tempo riecheggiare nel bagno come schiaffi. Tanto che, anche se non mi stavo toccando, il mio pene era duro e sbatteva contro il vetro della doccia.
All’improvviso, senza controllo, sentì un languore nuovo, in basso, tra l’ano e il sesso. All’inizio sembrava doloroso, ma in breve cresceva, mutava, e diventava piacere. Enorme, travolgente, soverchiante piacere. La stanza girava, l’acqua era una cascata, non avevo più il controllo di me. E non capivo più nulla: mi avvinghiai ai suoi glutei per fare in modo che mi sbattesse più veloce, più a fondo. Il suo cazzo divenne ancora più duro. In pochi secondi sentii le ondate di goduria che conoscevo e venni, senza toccarmi, con tanti fiotti sul vetro, rapide pennellate di un orgasmo che era un’opera d’arte.
Quando vide la mia esplosione, lui uscì, mi buttò in ginocchio e, segandosi, in preda a delle contrazioni voluttuose, iniziò a schizzare furibondo, sul mio viso, sui miei capelli, sul mio corpo. Io, con la lingua, avvolto negli ultimi strascichi di un godimento che non conoscevo, tentavo di intercettare qualche fiotto. Una volta placato anche il suo irruento orgasmo, si inginocchiò anche lui e, ancora eccitati come bestie, ci baciammo un’altra volta.
A poco a poco, rientrammo in noi stessi. La stanza si fermava, la cascata tornava uno scroscio d’acqua. L’eros si andava quietando, per ritrovare quella tenerezza che avevo cercato all’inizio. Terminammo la nostra doccia speciale così: lavando via l’un l’altro le gocce della nostra passione.
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