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Gay & Bisex

Mai far incazzare il capo - Parte 1


di DDCadarn
03.09.2021    |    7.556    |    6 8.8
"Sono ormai le 21:00, il negozio è chiuso da circa un’ora ed anche l’ultimo magazziniere se n’è andato..."
AVVERTENZE: Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

Oggi imparerà gliela farò pagare! Quel bastardi imparerà una volta per tutte cosa vuol dire tradire chi ti sta aiutando.
E pensare che all’inizio non volevo nemmeno assumerlo. Era già stato licenziato perché sospettato di aver rubato in cassa e dal magazzino. Però non era stato mai dimostrato nulla, nessuna condanna a suo carico. E la madre mi aveva pregato tanto affinchè dessi l’ennesima possibilità a quel suo figlio scapestrato che tanto la faceva dannare. La povera donna aveva le lacrime agli oggi, e alla fine mi ero lasciato convincere.
E poi siamo onesti, Marco è proprio un bel vedere, e non mi dispiaceva averlo in giro per il negozio. E’ un bel ventiduenne, alto circa un metro e ottanta, spalle larghe e corpo snello. Gioca da quando era piccolo a pallavolo e lo sport gli ha regalato un bel corpo tonico e asciutto. In realtà ha proprio un bel fisico: quando durante un torneo estivo di beach volley mi capitò di vederlo giocare, il completo bianco della sua squadra, intriso di sudore, diventò semi-trasparente, lasciando intravedere due bei pettorali, un accenno di addominali e, soprattutto due belle chiappe sode. A volte mi è capitato di osservarlo anche negli spogliatoi, al cambio turno. Una leggera peluria scura gli ricopre tutto il corpo, diventando più densa sui pettorali, sull’addome poco sopra il pube e sulle gambe. Non ho potuto mai indugiare più di tanto ad osservarlo, dopotutto sono il capo e non volevo rischiare una denuncia per molestie sessuali. Il suo viso non è propriamente bello: ha una bellezza classica, nel senso che il naso importante e la fronte prominente gli dà quasi un aspetto da antico romano. Ha i capelli mossi, neri come la barba che lascia corta. A completare il tutto, due occhi verdi, tendenti al grigio che ti guardano sempre con quell’aria strafottente. Proprio una faccia da schiaffi.
Così alla fine, un po’ per la madre, un po’ per il suo aspetto, ho assunto Marco nel mio negozio di elettronica ed elettrodomestici. Nei primi sei mesi di prova si è mostrato un gran lavoratore, attento con i clienti e disponibile con i colleghi. Ma da quando ha ottenuto il suo contratto ha iniziato a mostrare la sua vera natura. Spesso è distratto, scompare per delle ore, e poi nell’ultimo mese mancavano 200 euro dalla cassa e sono scomparsi due microonde dal magazzino. Non volevo saltare a conclusioni affrettate, e quindi ho indagato per un paio di settimane. Marco è stato attento, ma un paio di giorni fa, a fine turno l’ho visto infilare di soppiatto due frullatori nel borsone in cui porta il cambio.
Stasera scatta la trappola, voglio coglierlo con le mani nel sacco per non lasciargli vie di fuga. Con la scusa di un impegno importante in serata, ho chiesto a lui di chiudere il negozio al posto mio. Così intorno alle 19.00 ho raccolto la mia roba, gli ho lasciato le chiavi facendogli le ultime raccomandazioni di rito, ed ho finto di andarmene.
E così ora sono qui, nascosto nel magazzino, in attesa che Marco faccia la sua mossa. Sono ormai le 21:00, il negozio è chiuso da circa un’ora ed anche l’ultimo magazziniere se n’è andato. Nel negozio ci siamo soltanto io e Marco. Sento il rumore della saracinesca del magazzino che si apre ed un’auto che entra. Il bastardo ha addirittura portato la macchina dentro per agire più comodamente. Lo sento scendere, e nascosto tra gli scatoloni dei frigoriferi lo vedo dirigersi verso la sezione in cui teniamo i piccoli elettrodomestici. Sicuramente sono i più facili da rubare e da rivendere, e poi sono in quantità maggiore, con molte rimanenze, quindi è più difficile che si noti la mancanza di qualche pezzo. Lo stronzo è anche furbo.
Gli lascio il tempo di caricare i primi pacchi in macchina, poi quando lo vedo dirigersi nuovamente verso gli scaffali, esco dal mio nascondiglio e lo blocco.
" E così alla fine ti sei mostrato per il bastardo irriconoscente che sei in realtà" gli dico, strattonandolo con una mano ed obbligandolo a girarsi verso di me. Lo vedo sbiancare, per la prima volta la strafottenza nei suoi occhi si è trasformata in paura. Farfuglia qualcosa: " Lorenzo! Tu, qui? che ci fai? Ecco… io... Stavo solo sistemando...".
" Si, sistemando un cazzo, non credo proprio che quei frullatori e quei rasoi vadano “sistemati” nella tua macchina" gli dico, guardandolo fisso negli occhi.
Esistono due modi di reagire a un pericolo, o si fugge o si attacca, e Marco non è di certo un tipo che fugge. In un istante nei suoi occhi vedo la paura trasformarsi in odio e poi in sfida. " Levati dal cazzo Lorenzo, mi prendo queste cose come ricompensa per il mio lavoro e poi non mi vedrai più in questa merda di negozio. Mi ero già rotto il cazzo di stare a sentire te e quei deficienti dei tuoi dipendenti che non fanno altro che leccarti il culo", mi dice senza staccare i suoi occhi da i miei.
"Se non volevi lavorare per me, nessuno ti costringeva. Se ti ho assunto l’ho fatto soltanto per tua madre" gli rispondo, cercando di non perdere troppo il controllo.
"Si, per mia madre un cazzo. Credi che non mi sia accorto di come mi guardi di sottecchi nello spogliatoio, di come ti giri a guardarmi il culo ogni volta che ci incrociamo nei corridoi, o del bozzo nei tuoi pantaloni quella sera al torneo? Che c’è, il grande Lorenzo, il proprietario del mondo è un frocio? Che c’è vuoi vuoi sta bella mazza?" e si stringe violentemente il cazzo con la mano sinistra, mentre con la destra mi mostra il dito medio. " Ah Lorè, fa na cosa buona per tutti e due, levate dal cazzo e fa finta di non aver visto niente, prima che ti riempio di botte e ti lascio steso lì per terra" conclude Marco e fa per andarsene.
Non volevo arrivare a questo punto ma ormai ha consumato ogni mia briciola di pazienza. "Provaci!". Gli dico soltanto questo e poi gli do uno spintone così forte da farlo cadere in terra.
Evidentemente non se lo aspettava, perché non avuto la prontezza di fermare la caduta con le mani, e quindi è sbattuto con il viso sulla pavimentazione in cemento del magazzino. Quando si volta verso di me un rivolo di sangue gli esce dal naso. Una volta in piedi se lo pulisce con la manica della felpa. Se possibile la furia nei suoi occhi è addirittura aumentata, sento che sta per colpire.
Ed infatti Marco si muove rapidamente, e in un lampo mi colpisce prima allo stomaco con un sinistro e poi tenta di colpirmi il viso col destro. Nonostante il dolore del primo colpo mi abbia fatto quasi piegare in due, non so come riesco ad evitare il secondo che mi prende solo di striscio. Mi fanno male le costole, ma so che se gli lasciassi il tempo di agire, ben presto mi ritroverei a terra privo di sensi e completamente alla sua mercè. Non posso rischiare tanto.
Benché sia poco più alto di Marco, sono comunque molto più grosso di lui. Gli anni di palestra hanno avuto su di me discreti risultati ed anche la genetica mi è stata favorevole, permettendomi di acquisire una notevole massa muscolare. Così mi butto di peso su di Marco, atterrandolo. Rimango su di lui, ma il mio avversario si divincola, cercando di colpirmi con calci e pugni. Tenta più volte di colpirmi i coglioni con una ginocchiata, ma per fortuna con il poco spazio di manovra i suoi tentativi sono inutili, e anzi sembrano quasi accarezzarmi il cazzo. Sarà l’adrenalina, sarà lo strusciarmi su questo bel manzo, ma il mio cazzo sta diventando sempre più duro. Nella mia stretta sento contrarsi tutti i muscoli di Marco, i pettorali sodi e tondeggianti, gli addominali prominenti, i deltoidi, i dorsali e i lombari che gli attraversano la schiena, sembra quasi di stringere una di quelle statue greche o romane, con i muscoli perfettamente delineati. In un qualche modo devo bloccare Marco prima che ci facciamo veramente male. Lo afferro sopra la spalla e tra le gambe, e facendo forza con le gambe lo ribalto di pancia a terra. Gli salgo sopra bloccandogli le gambe con le mie e poi gli afferro le braccia piegandogliele dietro la schiena. Ora mi trovo esattamente sopra di lui con il mio cazzo ormai duro come il marmo che spinge tra le sue chiappe, e le mie braccia che tengono le sue per i polsi, ferme dietro la schiena.
"Lasciami andare bastardo" mi ringhia contro a denti stretti. "Non ci penso proprio. Ti lascerò andare quando ammetterai che sei una merda insignificante e irriconoscente" gli rispondo con un che di sadismo nella mia voce.
Marco cerca di divincolarsi, ma sono più forte di lui e in posizione di vantaggio. I suoi tentativi non fanno altro che far strusciare il suo culo contro la mia erezione.
"Brutto frocio, ti piace vero? Che c’è vuoi incularmi qui, in mezzo al magazzino? È questo che hai sempre voluto?" Mi urla Marco, ma nella sua voce ora c’è meno convinzione, ed anche nei suoi movimenti c’è meno forza. Sembra quasi che la sua situazione stia piacendo anche a lui.
"Dai grande uomo, fa vedere cosa sai fare" continua Marco, ed ora nella sua voce sembra quasi che ci sia … desiderio? Possibile che proprio Marco, che si sbatte una ragazza diversa ogni sera, stia godendo nell’essere sottomesso? Devo indagare e tenendogli le braccia bloccate con una sola mano gli infilo l’altra tra le gambe. Guarda un po’ che sorpresa, il cazzo di Marco è in tiro, e sembra quasi voglia strappare quei jeans che a stento lo trattengono. Ho deciso, non sarò contento fino a quando questo stronzetto non si sarà sottomesso a me. Farò di lui la mia troia, pronto a soddisfare le mie voglie.
Gli afferro il cazzo turgido e gli dico "sembra proprio che non piaccia soltanto a me! Ammetti che sei una troia! La mia troia! Di che sei il mio schiavo e che il tuo scopo nella vita è servirmi e venerarmi".
"Fottiti stronzo!" mi risponde Marco cercando di liberarsi con sempre meno convinzione. Alla fine si calma, ormai sottomesso.
"mi perdoni" gli sento dire con un filo di voce. "Non ho capito!" gli dico per umiliarlo fino in fondo. "Mi perdono!" ripete Marco alzando la voce. "Mi perdoni, COSA?" lo rimbecco, affinché la sottomissione sia completa. "Mi perdoni, SIGNORE" mi risponde Marco ormai sopraffatto. "che altro?" gli chiedo. "Mi perdoni signore. Sono la sua troia, il suo schiavo pronto a soddisfare tutti i suoi desideri".
Ecco, la sottomissione è completa. (Continua…)
NOTA: Il presente racconto è un work in progress. Se volete che prosegua scrivetelo nei commenti. Potete anche contattarmi alla mail: [email protected]
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