Racconti Erotici > Gay & Bisex > Memorie di campagna. Le prime esperienze di un ragazzino in cascina.
Gay & Bisex

Memorie di campagna. Le prime esperienze di un ragazzino in cascina.


di deepmen
26.01.2021    |    30.615    |    15 9.2
"In cascina stava il fratello di mio padre e i miei nonni che mi ospitavano nei mesi estivi quando non si andava a scuola..."
Ora ho 55 anni, sono sposato, ho due figli maschi e tre nipotini ma da ragazzo ho iniziato presto ad avere esperienze con altri ragazzi come me. Era normale anche le prime volte farlo con un adulto che ti spiegava come si fa a scopare con una donna. Usava così in campagna una volta: seghe di gruppo, pisciate di gruppo, pompini fra ragazzi erano una cosa normale, non ci facevamo tanti problemi. Poi magari trovavi una ragazza e le cose cambiavano.

La cascina era grande ed era abitata da molte famiglie con tanti figli della mia età, il padrone si faceva vedere poco, quando veniva palpava il culo alle ragazzine che trovava in cortile, qualche volta le portava a fare un giro in macchina e se le scopava ma nessuno diceva niente perché era il padrone.
Io abitavo in città con i miei, mio padre operaio mia madre casalinga. In cascina stava il fratello di mio padre e i miei nonni che mi ospitavano nei mesi estivi quando non si andava a scuola. Mia madre restava in città per far da mangiare e le pulizie a mio padre.
Dormivo con i miei due cugini al piano di sopra, una camera molto grande con due letti matrimoniali e altri due letti singoli, era una specie di dormitorio che veniva dato se serviva anche ai braccianti a giornata. Poi c’erano la camera dei nonni e quella degli zii. D’estate faceva un caldo boia in campagna e gli uomini giravano nudi al piano di sopra dove c’erano i letti e il bagno, una novità fatta da poco dal padrone per i suoi contadini. Le donne non salivano durante la siesta del pomeriggio quando gli uomini andavano a riposare stanchi e sudati dopo pranzo per risalire sul trattore quando il sole era calato un po’. Vergognarsi di farsi vedere nudo da un altro uomo ti faceva passare da femminuccia.
Mio cugino più grande, Gino, aveva la ragazza. Moro come tutti in famiglia, assomigliava molto allo zio, lavorava i campi come il padre e il nonno. Lui non si spogliava sempre durante la siesta del pomeriggio ma qualche volta teneva le mutande e gli spuntava fuori il cespuglio dei peli che aveva sopra il cazzo che erano nerissimi. Per il resto non era peloso tranne sotto le ascelle dove aveva dei peli folti e ricci come quelli del cazzo. Arrivava sudato dai campi, mangiava senza parlare e poi veniva su per la siesta. Prendeva sempre in giro suo fratellino minore, mio cugino Santo, lo prendeva anche a ceffoni se era di cattivo umore. Gli diceva sempre che lui non lavorava e non portava soldi a casa perché faceva ancora le superiori e che studiare non serviva a un cazzo, lui, Gino aveva finito di studiare con la terza media. Mio cugino Santo era più dolce, molto magro e chiaro di carnagione. Capelli biondi come la madre, un ciuffo di peli pubici chiari, lui si metteva a dormire sempre nudo per la siesta altrimenti Gino lo picchiava: “femminuccia ti vergogni con tuo fratello?” gli diceva e gli dava una sberla. Allora Santo si toglieva le mutande, aveva un cazzetto non molto grande ma due belle uova come palle. Come tutti in famiglia aveva molta pelle che gli copriva la cappella. Tutti in famiglia abbiamo un bel prepuzio, anche lo zio e il nonno.
Oggi i miei cugini sono sposati, Gino ha tre figli maschi che portano avanti la cascina, Santo ha due figli, un maschio e una femmina e fa il rappresentante di concimi. Con Santo capita che ci vediamo per farci qualche segone in compagnia.



Gli uomini di famiglia facevano la siesta nello stanzone dei braccianti a giornata, si dormiva sul primo letto che trovavi libero. In quello stanzone le donne non entravano all’ora della siesta, era una parte della cascina per gli uomini. Fuori c’era la canicola e mancava l’aria dal caldo. Silenzio assoluto in tutta la cascina, un sole che ti bruciava il cervello. C’erano dei letti vecchi e brande messi in fila uno diverso dall’altro, singoli e matrimoniali per far riposare i contadini nelle ore di caldo.
Lo zio e il nonno qualche volta dormivano nello stesso letto matrimoniale, come tutti gli uomini per la siesta d’estate si spogliavano completamente. In famiglia abbiamo tutti dei cazzi larghi, ben piantati con due palle gonfie, due belle uova. Il cazzo del nonno che russava era largo e tutto ricoperto di grosse vene scure con due belle palle che gli scivolano fra le cosce, quello dello zio aveva due coglioni da toro che sembravano scoppiare.
A volte c’era anche qualche bracciante che dormiva nudo in un letto, cambiavano spesso, arrivavano al mattino chiedevano se c’era bisogno di una mano nei campi e si fermavano fino a sera.
Ogni tanto nel sonno allo zio che era un uomo di quarant’ anni diventava duro come capita quando dormi allora il prepuzio si ritirava e sbucava la cappella che era piena e lucida, si vedeva bene la fessura più scura, si sentiva nell’aria l’odore pungente di cazzo. Capitava che nel sonno lo zio e il nonno si girassero nel letto allora i loro uccelli si sfioravano. Io allora mi facevo delle seghe veloci senza farmi vedere e per paura di essere scoperto, schizzavo nel palmo della mano per non sporcare le lenzuola, mi giravo sul fianco e leccavo tutta la sborra senza lasciare traccia.
Una volta un bracciante che non avevo mai visto si era accorto che mi masturbavo. Si era sdraiato in un letto di fianco al mio. Un tipo basso e peloso con la pelle bruciata dal sole che gli aveva lasciato il segno della canottiera sul petto. Come tanti contadini aveva una catena al collo con un gran crocifisso che affondava nel pelo. Era calvo con la pancetta, baffoni gialli di nicotina, due braccia muscolose e due manone nodose. Dopo tutta la mattina nei campi a lavorare puzzava di sudore acre, aveva appena finito di fumare una sigaretta Nazionale e il fumo riempiva lo stanzone. Avrà avuto cinquant’anni, parlava col nonno dei vecchi tempi quando prima eravamo a tavola. Aveva iniziato a fissarmi proprio mentre stavo venendo nella mano. Si era messo a pancia in su e mi aveva mostrato il suo uccello in tiro e scappellato. Un cazzo da toro, massiccio, molto peloso, le palle erano già risalite vicino all’asta per svuotarsi, la cappella era sporca di quella cremina bianca che hai se ti lavi poco. Io sono arrossito , ero nel panico dalla vergogna ma era troppo tardi e ho fatto un bello schizzo abbondante e cremoso come quelli che fai da ragazzino.
Allora lui mi ha preso la mano che grondava di sborra e mi ha detto sottovoce, in dialetto: “ Ostia, bravo per la tua età! Sembra panna, quando avrai la ragassa sarà contenta!”.
Ha raccolto un po’ della mia sborra con le sue ditone, ha guardato la densità e fatto di sì con la testa: “una bella sborata, sembra malta”.
Poi si è pulito le mani nel cuscino.
“ Io sono vecio ragazzino, ho già tre nipotini ma chiavo ancora mia moglie la domenica! Quando vado in città e ho i soldi faccio un giro a puttane. Adesso ti faccio vedere come sboro io!”.
Si è preso in mano il bastone e ha fatto su e giù, ogni tanto controllava se il nonno e lo zio dormivano.
“Questa sera finito il lavoro se vuoi ti faccio vedere come funziona il picio di un grande, intanto guarda casso! Meglio imparare alla tua età !”.
Mi ha preso la mano ancora umida della mia sborra e mi ha fatto sentire come era duro il suo bastone.
“ Dai fai tu che hai la mano bagnata, scivola bene come in una figa”.
Gli ho impugnato il cazzo, avevo molta paura che il nonno e lo zio si svegliassero. Andavo su e giù lungo il bastone, si scopriva la cappella rosa e lucida e poi si ricopriva di pelle, aveva il cazzo poco pulito. Sapeva di sudore e di piscio.
A un certo punto mi ha fermato: “ palpami i coglioni dai”, allora gli ho raccolto le uova nel palmo della mano, erano dure come il ferro, facevo fatica a tenere tutto lo scroto, un bel sacco grande, non sborrava da parecchio.
“Casso se eri una femmina ti chiedevo di prenderlo in bocca ma fra maschi non si fa. Dai guarda come è la mia sbora!”.
Ecco una bella colata densa lungo l’asta che si impastava nei peli sale e pepe.
Il bracciante ne ha presa un po’ in mano e me l’ha messa sotto il naso: “Vedi la sborra di un vecio? Con questa ho fatto quattro figli. Più concentrata della tua che sei un ragazzino, dai assaggiala così sai come dovrà essere quando sarai grande e avrai la morosa” e mi ha messo la mano in bocca.
Io mi sono tirato indietro tutto rosso dalla vergogna, non volevo in bocca la sua roba ma lui mi ha sfregato le labbra con la sua sborra calda. Aveva un sapore dolce e aspro quando mi sono pulito le labbra nelle lenzuola, mi faceva schifo, mi vergognavo. Il bracciante rideva sotto i baffoni e mi guardava: “Dai non fare la fighetta, fai l’uomo casso!”.
Mi sono girato dall’altra parte, ho sentito il nonno che russava, il suo bastone moscio pendeva fra le lenzuola, il sacco di pelle dei coglioni era appoggiato alla coscia della gamba.
“Allora poi stasera ci vediamo che ti faccio vedere come si fa con una donna quando sei grande, ci vediamo dietro il fienile, dai. Devi imparare come vanno le cose, così se ti capita una ragassa sai cosa fare. Non vorrai diventare un finocchio neh, casso! Meglio se c’è un grande che ti spiega, a me tanti anni fa quando avevo la tua età ha spiegato tutto mio fratello più grande, io ero l’ultimo di otto, ero ancora un ragassino come te, lui aveva trent’anni e si era già sposato. Lui adesso sta in città, quando lo vedo mi schersa sempre e mi dice che mi ha spiegato tutto lui e che la mia donna deve dire grasie a lui se ha trovato un marito che sapeva come si fanno i figli, ah ah.”
Rideva piano per non farsi sentire dal nonno e dallo zio. Gli mancava qualche dente.

Verso sera, quando il sole non era più così alto gli uomini tornavano al lavoro nei campi, rimanevano in cascina solo i ragazzini e le donne che preparavano già per la cena. Io ho fatto merenda e tirato qualche calcio al pallone sull’aia.
Quando è calato il sole i braccianti si sono messi in fila da mio nonno per la paga poi si mangiava in cortile tutti insieme con i braccianti a giornata.
Giravano fiaschi di vino e fette di polenta col salame, gli uomini si rilassavano e scherzavano fra loro, alla fine erano tutti un po’ brilli. Le donne servivano in silenzio.
Io ogni tanto guardavo il bracciante e mi vergognavo di aver assaggiato la sua sborra. Adesso era lì che scherzava con gli altri uomini mezzi ubriachi. Giocavano alla morra, ridevano. Volavano battute sulle donne che arrossivano, mia nonna sgridava lo zio, c’erano lì le bambine e doveva vergognarsi, madonna santa. Il bracciante adesso era in canottiera e pantaloncini corti come quelli che si usano sul trattore. Calze spesse e scarpe grosse sporche di terra, la sigaretta che pendeva dalla bocca.
A un certo punto mio zio ha detto: “ Questo l’ è mio nipote Mario, il figlio di mia sorella, sta giù in città. I ragassi in città non capiscono niente, sempre dietro a studiare e poi con una donna non sanno come fare. Noi altri qui le ragasse le portiamo su nel fienile, casso!”.
Tutti gli uomini mi guardavano e ridevano.
“Dai porta da bere agli uomini del zio!”. Mi sono alzato e ho messo due fiaschi sul tavolo. Erano tutti mezzi ubriachi. Quando sono passato vicino al bracciante lui mi ha preso una coscia appena sotto il culo con la sua manona nodosa : “Bravo ragasso, sei un bravo ragassino tu!”.

Non volevo andare dietro al fienile ma avevo paura di passare da femminuccia di città. Sentivo i miei cugini che con gli altri ragazzini della cascina si facevano delle seghe in compagnia e sborravano tutti insieme nei campi senza problemi, i più piccoli qualche rara volta servivano quelli più grandicelli con la bocca, era tutto naturale, si faceva così in campagna. Poi magari la domenica ci si confessava col parroco. Rimaneva un tabù per tutti la penetrazione, quella era roba da froci. Sapevo che in una cascina vicina c’era un ragazzino che si faceva scopare nel culo ma tutti lo prendevano in giro anche se qualche volta i più grandicelli andavano a trovarlo.

Alla fine sono andato dietro al fienile quando tutti sono andati a letto. Il bracciante aveva bevuto molto, era tutto rosso e faceva fatica a stare in piedi.
“ Bravo il mio ragasso! Aspetta che prima piscio! Ci ho la vescica che scoppia!”.
Si è calato i pantaloncini e ha tirato fuori il cazzo molle, senza scappellarsi ha pisciato a gambe aperte di fronte a me. Ne ha fatta molta, per terra si è formata una bella pozzanghera, poi si è scrollato il cazzo e qualche goccia di piscio mi è schizzata in faccia e lui se è messo a ridere sotto i baffoni.
“ Madonna che mangiata! Guarda che pancia!” e ha tirato su la canottiera per farmi vedere il ventre peloso teso come una botticella. Non era grasso, aveva la tipica pancetta del bevitore. Le gambe e le braccia erano muscolose, abituate alla fatica dei campi.
“ Dai fai vedere il tuo picio ragassino. Vediamo se va bene per chiavare una donna. Prima di sopra l’ho visto poco, la sbora andava bene per la tua età ma il picio non l’ho visto. “
Ho tirato fuori il cazzo dalla cerniera senza cavarmi i pantaloni. Lui si è avvicinato e l’ha preso in mano. Avevo già un buon arnese per la mia età, con due coglioni già ben formati che mi pendevano fra le cosce. Ero completamente glabro, solo un bel ciuffo di peli chiari sopra il cazzetto molle dall’agitazione.
“ Vediamo un po’. Vediamo il tuo picio ragasso. Devo vedere quando viene duro, dai femminuccia fai vedere come è da duro!”.
Mi vergognavo molto e il cazzo era ancora moscio, allora il bracciante con poca pazienza mi ha agguantato l’asta e ha iniziato a masturbarmi .
“ Dai fai vedere, hai mica vergogna vero?.Ti faccio vedere il mio, diventa duro subito! Casso! Dai tira fuori le palle ragassino! Sei un ometto ormai!” .
Il bracciante aveva il cazzo in tiro, dalla cappella scendeva ancora qualche goccia di piscio. La pelle del prepuzio si era ritirata e la cappella pulsava.
“Ah ecco che si vede qualcosa adesso, casso quanta pelle hai sulla cappella! Aspetta che tiro fuori la cappella per vedere. Sì hai un bel picio ragassino, va bene anche la cappella. La tua morosa sarà contenta quando sarai grande. Devi crescere ancora un po’ ma alla tua età va bene così. Anche le palle sono buone, belle sode, grandi. Ci sta dentro tanta sbora che è quella che serve per ingravidare le donne. I coglioni sono la cosa più importante! Sensa dei bei coglioni il casso non serve a niente! Adesso guarda bene come sarai da grande, guarda il mio di casso.”
Faceva fatica a stare in piedi, l’alito puzzava di vino. Il bracciante si è calato i pantaloncini alle ginocchia e si è messo a gambe aperte per non perdere l’equilibrio. Si è preso il cazzo in mano, era un buon bastone venoso coperto di peli grigi, la pelle era molto più scura del resto del corpo. Il sacco delle palle era enorme e completamente peloso, pendeva fra le cosce, dietro il cespuglio dei peli grigi vedevi i coglioni grandi davvero come uova.
“ Dai ragassino, tasta le balle del vecio, vedrai che diventano così anche le tue quando sei grande!.
Gli ho preso in mano lo scroto e ho iniziato a palpare, con le dita sentivo bene le due palle che andavano su e giù, erano dure come due biglie.
“ Dai, dai palpa bene che mi diventa ancora più duro!”.
Mentre gli maneggiavo i coglioni il cazzo gli era diventato durissimo e la cappella si era scoperta completamente. Dalla fessura usciva qualche goccia trasparente, non era più piscio ma il liquido che ti esce quando sei molto eccitato.
“ Ragassino, lo so che rimane un segreto: dai succhiami le balle. Non ti dico di ciucciarmi il casso, solo le balle. Tanto non lo dico a nessuno, vedrai. Quando te lo farà la morosa così sai come si fa, casso!”.
Io non volevo e mi sono tirato indietro rosso di vergogna.
“ Dai fighetta di città, fra maschi si fanno queste cose! Casso certo che è meglio una ragassa ma si fa così solo prima di avere la morosa o con un grande che ti insegna come si fanno certe cose quando sei ancora un picio! Tutti i ragassi qui in cascina mi hanno ciucciato i coglioni! Dai coraggio femminuccia!”
Non volevo passare per femminuccia così mi sono inginocchiato e ho iniziato a leccargli le palle. Andavo su e giù per lo scroto con la lingua, molti peli mi finivano in gola, mi mettevo in bocca una alla volta le palle che la riempivano tutta. L’odore molto forte del sudore e del piscio mi toglieva il respiro.
“ Ohh bravo ragasso…ciuccia bene. Casso che voglia di figa che ho. “
A un certo punto il bracciante si è preso il cazzo in mano e in un colpo me l’ha buttato in bocca. Il bastone mi è scivolato in gola, sentivo le vene che pulsavano sulle labbra, la cappella gonfia che sbatteva sul palato. Si è messo a scoparmi in bocca, spingeva fino in fondo: “ Non lo dico a nessuno, è un segreto, casso ciucciami il casso femminuccia, ahh una bocca l’è una bocca va bene anche quella di un ragasso, uguale a una femmina. Bravo così!”.
A un certo punto il cazzo del bracciante stava per scoppiare, non volevo ingoiare tutto, gli ho stretto fra le dita la base del cazzo perché non venisse e mi sono sfilato. L’ho bloccato in tempo ma il bracciante era arrabbiato.
“ Porco diavolo che casso hai fatto! Birbante! Rispetto per un vecio che ti sta insegnando madonna santa! Adesso ti faccio vedere io!”.
Il bracciante mi ha abbassato i pantaloncini e mi ha infilato uno dei suoi ditoni nel culo, era nodoso e largo, mi faceva male. Si è sputato nella mano, un getto potente e con un colpo mi ha messo alla pecorina. Avevo un bel culetto da ragazzo, due chiappe sode e un buchetto orlato di rosa che avrebbero eccitato qualsiasi etero. Ho sentito che mi stava allargando con due dita, ero vergine.
“ Birbante! Adesso ti sborro nel culo. Casso è bello morbido come quello della mia donna quando mi sono sposato. Bello scopare nel culo, quando sarai grande vedrai che tante ragasse non vogliono e si vergognano. Dovrai convincerla la morosa! Tranquillo che se no ti fa male eh!”.
In due colpi avevo il cazzo del bracciante fino in fondo. Avrei urlato dal dolore ma avevo paura di essere scoperto. Piangevo dal male, le lacrime mi rigavano la faccia. Mi sentivo riempito dal cazzo che andava su e giù. Mi bruciava tutto. Sentivo il suo sudore, la sua pancia che sbatteva sul mio culo, le palle pelose che andavano a sbattere vicino al buchetto rosa. Non è durato molto: poco dopo ho sentito che mi riempivo di sborra calda.
“ Bravo ragasso, che bella chiavata mi sono fatto! Come una figa. Bravo! Impara! Tranquillo è un nostro segreto, capito picio? Non si dice a nessuno! Vedrai quando sarai grande che insegnerai anche tu ai ragazzini. ”
Mi ha sfilato il cazzo dal culetto, era sporco di sborra e di sangue. Mi faceva molto male. Mi sono pulito con le foglie di un albero. Lui si è infilato subito i pantaloni.
“ Grazie ragasso, lo so che fa male nel culo a noi maschi. Dai fatti una sega! Povero ragasso! Aspetta! “.
Io stavo già andando via a gambe larghe dal male, zoppicavo, quando lui mi ha preso per i pantaloncini e me li ha abbassati. Avevo il pisello moscio e impastato di sangue e sborra.
“ Dai che te ti faccio una sega io che sei stato bravo! Vediamo quanta roba c’hai ancora nelle balle. Casso da grande vedrai che diventi un cavallo da monta ah ah”.
Mi ha preso il cazzo che era ancora molle nella sua manona, aveva il palmo della mano ruvida e mi stringeva troppo l’asta. Prima mi ha pulito con le dita dalla sua sborra e dal mio sangue poi ha iniziato segarmi veloce. Non mi è venuto duro subito ma dopo poco mi sono ripreso, da ragazzino mi masturbavo anche cinque volte al giorno.
“ Dai, dai che sbori...!”. Dopo poco gli sono venuto in mano, tre buoni getti cremosi.
Il bracciante mi fa: “casso che roba ma quanta ne fai ragassino? Bravo!”
Si è pulito subito la mano sfregandola nell’erba. “ Sembra colla, adesso appiccico tutto! Ah ah. Ricordati che abbiamo un segreto noi due eh!”, poi mi ha dato una pacca sul culo: “fa ancora male eh? Ti ho slargato bene! Ah ah. Dai non esagerare!”.
Io ero ancora con gli occhi lucidi di lacrime e le gambe aperte. Avevo il culo che mi faceva molto male.
“ Dai adesso corri, vattene che devo tornare a casa. Quante storie voi ragassi di città. Che mangiata prima, adesso me ne vado a letto. Ho fretta.” In un secondo se ne era già andato via, sentivo che partiva con la bici.
Io sono rimasto dietro il fienile per un po’, avevo paura che il nonno e gli zii si accorgessero che camminavo a gambe aperte. Poi piano piano sono arrivato a letto e quella notte ho dormito a pancia in giù.






Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.2
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Memorie di campagna. Le prime esperienze di un ragazzino in cascina.:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni