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Pamela tra me, il cameriere ed il cuoco


di IlGrandeBaboomba
14.06.2018    |    11.900    |    7 9.6
"Mi guardò negli occhi con una punta di orgoglio, “non l’ho mai misurato, ma all’incirca poco meno di venti centimetri” mi rispose; “andrà bene, ma impara..."
Solamente i nomi sono falsi, troppo particolari quelli veri per poterli citare qui, ma tutto il resto è accaduto una settimana fa. Non ci vedevamo da più di due mesi con questa coppia di amici (conosciuta sul sito lo scorso anno), e lui era oramai in astinenza avanzata dai trattamenti che solitamente riservo alla sua splendida mogliettina; in pratica erano due settimane che mi supplicava di fare “il bastardo con lei”, perché fondamentalmente lui impazzisce nel vederla usata da me, ma allo stesso tempo continuava a ripetermi in modo quasi ossessionante “non c’è giorno che lei non mi chiede se può mai essere che non sia più il tuo tipo di donna, che non sei più interessato a lei”, e questo perché lei godeva con il corpo tra le mie mani, ma al tempo stesso godeva con la mente al pensiero dell’eccitamento del marito.
“Va bene Ivan, domani sera alle 21 in quel posticino di cui ti parlavo l’altro giorno, e fai vestire Pamela da vera Troia, nel modo in cui sai che mi fa stare a cazzo duro tutta la sera, e falle mettere le mutandine questa volta”. Lui mi ringrazia, poi sa che non deve più farsi sentire sino alle 21 del giorno dopo; non c’è nient’altro da concordare, io deciderò cosa farle fare, lei si sottometterà alle mie voglie e lui saprà cosa è accaduto solamente al loro ritorno a casa, quando lei nell’intimità del loro tetto coniugale, forse seduti al divano davanti alla tv, o forse tra le lenzuola, gli racconterà nei minimi dettagli cosa è successo. Il problema è che io sono in un periodo bestiale con il lavoro e nelle 30 ore successive, quelle che ci separano dal nostro ennesimo incontro, non ho il tempo nemmeno di provare ad immaginare cosa inventarmi questa volta, considerato anche che insieme ne abbiamo già fatte veramente tante. E così volano le ore ma io, tra un tentativo e l’altro di sforzarmi di pensare a cosa poter organizzare di particolare, non riesco nemmeno a sentire qualche amico da coinvolgere nella serata. “Qualcosa mi verrà in mente mentre saremo a cena” pensavo mentre mi vestivo per raggiungerli, “e quando dopo aver cenato, saremo fuori dal locale la metterò in atto, magari mando un paio di messaggi ad amici fidati e faccio in modo che ci raggiungano quando avremo finito di cenare”; ero anche in ritardo, mi stavo ancora spruzzando due gocce del mio profumo preferito prima di infilare la mia camicia, e dovevo fare una quindicina di chilometri per essere da loro dieci minuti dopo. Non avevo nemmeno il tempo di “preallertare” un paio di amici, avrei perso tempo al telefono e avrei fatto aspettare troppo la mia amante di quella sera, con il marito impaziente di saperla tra le mie mani; maledetto lavoro, non mi lascia nemmeno il tempo di respirare, salto in macchina e volo in direzione Bari. Sono in ritardo di dieci minuti, ma quando ci incontriamo all’esterno del locale lui mi abbraccia come fossimo fratelli che non si vedono da mesi e lei mi bacia sulle labbra e mi regala il suo splendido sorriso un secondo dopo, quando tenendole una mano nella mia le sussurro “sei uno schianto, ho già l’uccello duro al pensiero di...”; lascio la frase incompiuta, lei non sa cosa le farò, non lo sa lui e questa volta ancora non lo so nemmeno io a dire il vero, ma tutti tre sappiamo perfettamente che lei si sentirà tanto Troia ed io sarò il solito Bastardo. Agli albori dei miei “giochi”, quando due anni fa qualche lui di coppia insisteva affinché io mi inventassi qualche situazione particolare da realizzare, ed io non riuscivo velocemente a focalizzare una qualche idea perversa, mi estraniavo dal contesto nel quale mi trovavo, quasi non riuscivo a capire cosa i miei due interlocutori mi stessero raccontando in quel momento, tanto ero concentrato alla ricerca di una invenzione perversa. Ma quei tempi erano ormai lontani ricordi, così come un tirocinante che dopo mesi di duro lavoro si è ormai talmente impossessato della propria materia da poter sorprendere i propri addestratori, così io non avevo più necessità di arrovellarmi alla ricerca di spunti trasgressivi, perché la mia mente oramai partoriva in piena autonomia pensieri perversi in quelle situazioni. E così, entrando nel locale, si presentò ad accoglierci un ragazzone di circa 30 anni, quasi un metro e novanta di altezza, barba perfetta, due braccia muscolose che lasciavano intravedere dei tatuaggi molto particolari e due occhi azzurri di ghiaccio. Il suo sorriso è inizialmente di circostanza, ma dopo i primi secondi, nel mentre ci indica la direzione per il tavolo che avevamo prenotato, tutto cambia all’improvviso; osservando questo terzetto composto da due uomini sulla quarantina in pantalone e camicia ed entrambi piuttosto in forma, e da uno schianto di donna sui 35 anni, che dall’alto dei suoi 188 cm comprensivi di un tacco 12, mostrava gran parte delle sue splendide gambe a stento coperte da una gonna davvero esageratamente corta, negli occhi del cameriere apparve chiara quale fosse il legame esistente tra noi tre. E se questa pensiero iniziò a materializzarsi nella mente del cameriere, nella mia testa si fece immediatamente spazio un altro pensiero, “questo tipo potrà tornarmi utile più tardi”. E così seguimmo il nostro nuovo amico, il quale per due volte con la coda dell’occhio si accertò che lo stessimo seguendo, e la seconda volta che portò il proprio collo a roteare di pochi gradi in modo da verificare che fossimo ancora dietro di lui, o forse per poter sbirciare ancora la camminata di Pamela, feci in modo da farmi “beccare” con un braccio intorno alla sua vita e con le mie lunghe dita della mano destra che finivano direttamente sul suo culo, in una palpatina che, ne ero certo, qualcuno alle nostre spalle si sarà certamente gustato. Adesso il cameriere aveva la certezza che Pamela, entrata nel locale sotto braccio del marito, era in realtà quella sera la donna di entrambi i suoi accompagnatori; “ma ancora non sai che potrebbe essere anche la tua donna stasera” pensai quando di scatto il ragazzone torno a guardare avanti temendo di essere stato beccato a sbirciare, “vediamo quanto sei sveglio e soprattutto pronto” continuai a pensare mentre ci accomodavamo al tavolo. Sapevo che dipendeva da me riuscire a coinvolgerlo in qualcosa, ma avrei dovuto capire rapidamente quanto lui fosse predisposto verso situazioni così, avrei dovuto in al massimo venti minuti essere certo di poter usare lui per rendere la nostra serata ancora più porca. Ci sedemmo ed iniziammo a guardare i nostri menù, mentre un altro ragazzo collega del “nostro” cameriere, ci portò su nostra richiesta dell’acqua naturale e delle bruschette con pomodorini freschissimi. I miei due amici non avevano minimamente intuito le mie intenzioni, ed abituati a non chiedere quale sarebbe stato il programma della serata, probabilmente si stavano chiedendo cosa sarebbe accaduto nel dopo cena. Lui in particolare, ne sono certo, a tutto stava pensando fuorché a quello che stava leggendo nel menù. Avevo fame, la mia giornata era stata davvero pesante e avevo bisogno di rifocillarmi, ma dovevo cercare di allungare un po’ la nostra permanenza li, perché dovevo avere il tempo di coinvolgere il nostro nuovo amico, ma non volevo nemmeno essere troppo diretto, dovevo prima creare l’atmosfera giusta e la situazione ideale perché accadesse… beh, quello che sarebbe accaduto la mia mente stava appunto iniziando a partorirlo. Feci in modo da variegare più possibile la scelta nel menù, questo avrebbe allungato la nostra permanenza li, ed avrebbe creato più occasioni per far avvicinare il cameriere; riuscì a portare i miei due amici a scegliere antipasti per tutti tre e poi un misto di primi e secondi, tutto a base di pesce. Quando elencammo le nostre scelte al nostro ancora inconscio amico di giochi, lui era quasi imbambolato quando rivolgeva lo sguardo verso Pamela, la stava mangiando con gli occhi, sbavava di fronte al suo seno prorompente che a stento non strabordava dalla sua scollatura, i suoi occhi erano sognanti ammirando le sue lunghissime gambe, con quella gonna che da seduta era venuta ancora più su; non so se era riuscito ad intravedere anche le sue mutandine rosse, io non le avevo viste, ma sapevo che era quello il loro colore, perché lei sapeva che io le volevo così. Lasciai che per questa volta si allontanasse dal nostro tavolo senza proferire parola, mi era bastato che studiasse per bene Pamela, al suo successivo avvicinamento avrei attaccato, ma senza dare alcun avvertimento ai miei due amici. E così fu, stavamo parlando di politica, delle elezioni, del nuovo governo appena formatosi, quando il nostro cameriere si avvicinò con la nostra bottiglia di vino ed iniziò il rituale della sua apertura; non so se Pamela avesse “notato” quello che avevo scelto come nostro amico di giochi, non so se avesse fatto qualche pensierino su di lui, so solamente che non lo guardava affatto, sapeva che qualunque piega dovesse prendere la serata, ero io a decidere quale questa dovesse essere. Lui ci chiese chi fosse l’assaggiatore, Ivan indicò me, mentre io distrattamente continuavo a parlare di uscita dall’Euro, di sbarchi di migranti e di tassazione del lavoro; lasciai che il cameriere mi versasse il vino nel bicchiere, lo sollevai e come un esperto sommelier iniziai a degustare. Ma dopo un solo secondo, con ancora il vino in bocca, approfittando di quel momento di silenzio e di attesa verso di me da parte degli altri tre, guardai la mia amante e sussurrai “ma quanto sei porca Pamela, con quel piedino mi stai facendo diventare il cazzo duro, adesso a causa tua non potrò alzarmi da qui per un po’”. Lei pur non avendo fatto assolutamente nulla, dopo un nanosecondo aveva già capito tutto e senza tradire la minima tensione, mi fece uno di quei sorrisi con i quali solitamente mi sta dicendo “sto solamente aspettando che tu mi distrugga”; Ivan era perplesso, probabilmente aveva creduto che il “piedino” ci fosse stato davvero, tanto che con la mano destra cercando di non farsi notare, in un gesto istintivo ed al tempo stesso goffo, spostò leggermente la tovaglia guardando sotto il tavolo in direzione della moglie. Ma la reazione che più mi interessava era ovviamente quella del mio nuovo amico; era interdetto, lo osservai per qualche secondo, ebbi la certezza di poter osare, e mantenendo un tono di voce sufficientemente basso in modo che nessuno intorno a noi potesse sentirmi, gli dissi “le piace provocarmi, fa sempre così quando sa che sto per scoparmela”. Era il punto di non ritorno, aspettavo uno sguardo, un sorriso, un gesto, da parte di Michele, proprio in quel momento richiamato con quel nome da un suo collega qualche tavolo più in la; ma lui fece molto di più, girandosi un secondo verso chi lo aveva chiamato gli fece un segno di assenso, poi rivolgendo lo sguardo nuovamente verso di me, sorrise dicendo “beato te”. Si voltò e tornò verso la cucina. Perfetto pensai tra me, battuta pronta, nemmeno la minima emozione tradita e mi ha anche già dato del tu. Aggiudicato! Lui sarà dei nostri tra un po’. Adesso non resta che studiarmi il locale. Ivan subito provò a chiedermi cosa mi frullasse in testa, pur sapendo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta; ripresi a parlare di tasse, di circolazione di denaro da ridurre, di semplificazione ulteriore della nostra burocrazia ed intanto mi guardavo intorno, o meglio, guardavo in direzione della cucina. Pochi minuti dopo Michele tornò con i primi piattini di antipasto, ci spiegò nei minimi dettagli quello che avremmo di li a poco degustato, lanciò un paio di occhiate fugaci verso Pamela, degnò di qualche sguardo anche Ivan, ma era dalle mie labbra e dai miei sguardi che pendeva letteralmente, conscio che ero io a muovere i fili che avrebbero condotto i minuti successivi verso situazioni assai diverse da quelle che lui viveva solitamente in quel locale. Al momento non mi serviva altro da lui, per cui lasciai che terminasse la sua descrizione dei piatti e quando si allontanò, mi dedicai immediatamente al sauté di cozze accompagnato da bruschette davvero speciali. Ma dopo aver assaggiato i primi tre antipasti, decisi che era arrivato il momento di andare in perlustrazione; lasciai Ivan e Pamela al loro pesce e mi diressi verso il bagno. Avevo capito che sarei passato davanti la cucina prima di arrivare alla toilette, ed in effetti così fu; la fortuna volle che nell’istante in cui fui davanti la porta della cucina, questa si aprì e ne venne fuori proprio Michele. Tenni al volo la porta aperta, sbirciai all’interno e vidi il cuoco, mastodontico, forse quasi due metri, un vero armadio ed era da solo li dentro; Michele era fermo davanti a me, con due piatti in mano, “ti piace Pamela vero?!” gli chiesi, sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua risposta. “E te la scoperesti molto volentieri…” aggiunsi senza dargli il tempo di rispondere alla mia prima domanda, “…quali sono le dimensioni del tuo cazzo Michele?”. Mi guardò negli occhi con una punta di orgoglio, “non l’ho mai misurato, ma all’incirca poco meno di venti centimetri” mi rispose; “andrà bene, ma impara che conoscere le proprie dimensioni è importante, quindi nei prossimi giorni misuralo… e adesso tieniti pronto”. Poi lasciai andare la porta che si richiuse cigolando debolmente e mi diressi verso i bagni, lentamente in modo da studiare tutti gli ambienti, anche se in realtà sapevo di aver già deciso dove ci saremmo scopati Pamela. Dopo la mia visita alla toilette tornai al nostro tavolo, mentre i miei due amici erano ancora alle prese con gli antipasti, e Michele era intento a servire uno degli altri tre tavoli occupati. Quando terminò con loro lo feci avvicinare con la scusa di farci portare un’altra bottiglia d’acqua; “poca gente qui stasera, vero Michele?”, gli dissi guardandolo negli occhi, “il cuoco non sarà indaffaratissimo per fortuna”. A questa mia affermazione, non ci fu particolare attenzione da parte di Pamela e Ivan, ma Michele capì immediatamente cosa mi stava frullando per la testa, e mi confermò “si, i tavoli occupati sono solamente quattro, non abbiamo altre prenotazioni, e vista l’ora che si è fatta, credo non verrà nessun altro”. Mi guardò per pochissimi secondi e poi aggiunse, “in cucina c’è solo il cuoco, poi ci siamo io e l’altro cameriere, ma lui è gestito direttamente da me”. Lo guardai soddisfatto, - bravo Michele – pensai – sei davvero sveglio, ed hai capito perfettamente quali siano le mie intenzioni -; ma tenni per me i miei pensieri, perché i miei due amici dovevano restare all’oscuro di tutto sino all’ultimo momento, e quindi mi limitai ad aggiungere “bene, allora ci porti quest’altra bottiglia d’acqua naturale, grazie”. Quando il nostro cameriere si allontanò, terminammo gli antipasti, tra una chiacchiera sul calcio, ed una sulla politica; intanto io, approfittando della costante attenzione che Michele prestava verso di me, con gli occhi gli davo disposizioni su quello che avrebbe dovuto far fare al suo collega, in modo da tenerlo impegnato sugli altri tre tavoli. Terminato l’ultimo degli antipasti, Michele si avvicinò per raccogliere i piatti rimasti ed io ne approfittai per raccomandargli di aspettare circa 20 minuti prima di portare i primi che avevamo ordinato; mentre facevo la mia richiesta a Michele, presi il mio cellulare e mandai un messaggio whatsapp a Pamela, “vai in bagno adesso, e porta con te il cellulare” le scrissi. Si allontanarono insieme, Michele diretto verso la cucina e Pamela dietro di lui per andare pochi metri più avanti, nella toilette. Un minuto dopo dissi ad Ivan che andavo a raccomandarmi con il cameriere di non esagerare con il pepe sui miei spaghetti; mi alzai e mentre mi dirigevo verso la cucina, preparai un altro messaggio per Pamela, “esci dal bagno, prima porta alla tua destra, è la cucina, entra…”. Cliccai invio nello stesso istante in cui entravo io in cucina, dove c’erano il cuoco che ignaro di tutto continuava a preparare i suoi piatti e Michele che fingeva di sistemare un mucchio di tovaglioli, in attesa che io arrivassi. Il cuoco mi guarda distrattamente, continua le sue operazioni ma si vede che cerca di capire cosa ci faccio li, io ho solamente il tempo di dire a Michele “sta arrivando”, che Pamela è già li che spalanca la porta ed entra. “Ecco la nostra Troia” esordisco io, “Pamela ti presento Michele e…”, e a quel punto Michele interviene in mio aiuto “Flavio, lui è il nostro bravissimo cuoco”. Flavio si pulisce le mani con uno strofinaccio e porge la sua enorme mano verso Pamela, la quale ne sono certo, sta già gocciolando quando ricambia il saluto; Pamela è eccitata, ma al tempo stesso è nervosa, non si aspettava questa cosa così all’improvviso, non nella cucina di un locale, ma farà quello che io le ordinerò di fare. Le passo un braccio intorno ad un fianco, la mia mano le palpa per bene il culo, poi le sollevo leggermente la gonna; la bacio sulle labbra, lei ricambia, la guardo negli occhi “tre cazzi per te stasera mia bellissima Troia”, e la bacio ancora. Lei risponde ficcando la sua lingua nella mia bocca, la succhio, poi la lascio libera “adesso fai vedere ai nostri due nuovi amici quanto sei puttana”; lei non aspetta altro, mi guarda mi sorride, “la tua puttana è pronta a tutto per te, ma i tuoi amici sono un po’ timidi o sbaglio?!”. In effetti Michele e Flavio sono quasi imbambolati, sono quasi costretto ad alzare il tono di voce per far capire loro che devono avvicinarsi; finalmente sono accanto a noi, “inginocchiati Pamela, hai tre uccelli da succhiare, datti da fare” ordino alla mia amica e lei non se lo lascia ripetere una seconda volta. Io sono il primo a tirare fuori la mazza ed ovviamente il primo beneficiario dei sui servizi di esperta pompinara; i miei 20 cm vengono ingoiati più volte da Pamela, che oramai a furia di succhiarmelo, ha capito come fare a non soffocare quando decido di farle sentire la cappella in gola. Le scopo la bocca per un paio di minuti, mentre il cameriere ed il cuoco sono a cazzo di fuori, entrambi un po’ mosci, ma con due facce rosse dalla eccitazione; si vede subito che sono due pivelli nel gioco, forse è la prima volta che si trovano in una situazione del genere e allora decido di far divertire anche loro. Sfilo via il mio uccello dalla bocca di Pamela, e con una mano sulla sua testa, la indirizzo verso l’uccello di Michele; Pamela inizia il suo secondo pompino, impegnandosi da subito a far indurire un cazzo che all’apparenza promette bene. Mentre continuo a tenere una mano sulla testa della nostra amica costringendola ad aumentare il ritmo della pompa, con l’altra mano mi diverto a sbatterle in faccia e sulle guance i miei 20 cm; poi guardo l’armadio Flavio, il cuoco, che tra i due nuovi amici è certamente quello meno pronto ad una situazione del genere. “Tra un po’ tocca a te Flavio, e mi raccomando, chi sborra prima paga la cena agli altri”; ce la ridiamo in tre, mentre Pamela dal basso mi guarda e con la bocca semipiena mi ricorda che “sei il solito bastardo”. “Lo so cara, e tu sei la mia Puttana preferita, quella a cui farei fare la maiala tutti i giorni”; lei con l’uccello duro di Michele in bocca mi sorride, poi riprende la sua pompa mentre con una mano sta già segando il cazzo di Flavio, in modo da tenerlo pronto per la sua pompa successiva. Approfitto della dedizione dimostrata da Pamela verso i due nuovi cazzi appena conosciuti, per prendere il cellulare ed impostare la fotocamera; “fammi vedere come lecchi la cappella di Michele pompinara, così poi faccio divertire anche il cornuto”, e lei prontamente si gira verso di me e sorridendomi, usa l’uccello del cameriere come fosse un gustoso gelato. La sua lingua scorre lungo tutta la mazza, arriva sulle palle, le succhia un po’, poi riprende la pompa, ed io scatto foto; Michele se la gode, poggiato al tavolo sul quale sino a qualche minuto prima Flavio preparava i suoi piatti. “Perché non provi anche il cazzo del cuoco cara, merita anche lui di provare quanto sei brava con quelle labbra e quella lingua, non vedi che gli sta scoppiando il cazzo per la voglia che gli hai messo addosso!”. La mia amante è sempre pronta ad ubbidirmi, e così lasciato l’arnese di Michele che le resta comunque in una mano, passa a dedicarsi al mastodontico Flavio; lei, sempre in ginocchio sui suoi tacchi altissimi, si strofina il terzo cazzo di questa sera sul viso, lo bacia, lo lecca, lo ingoia. Inizia una pompa furiosa, la sua testa fa avanti e dietro ad una velocità crescente, e più sente crescere l’uccello in bocca e più la velocità della sua testa aumenta. Lo tira fuori all’improvviso, si ferma, lo guarda, anzi, lo ammira; ammira soddisfatta il risultato della sua pompa, mentre succhiava si rendeva conto di avere a disposizione un cazzo dalle dimensioni importanti, ma adesso che lo ammirava duro dal basso era esterrefatta. Era enorme, non era lungo, non lo era per nulla, ma era grosso, grossissimo, sembrava più grosso che lungo; Pamela continuava a guardarlo quasi inebetita, non si rese conto probabilmente del momento in cui lasciò la presa su Michele per passare la propria mano libera dentro le sue mutandine. Aveva la fica in fiamme, certamente gocciolava e la sua mano tra le cosce serviva a placare quel desiderio crescente che sentiva ormai come brividi lungo tutto il corpo. Non le diedi il tempo di usare la mano se non per pochissimi secondi, quelli necessari per passare il cellulare in modalità video e dopo aver fatto partire la registrazione, per posizionarlo su un ripiano di fianco a noi. Avrei ripreso tutto, come facciamo sempre nei nostri incontri bollenti, ci divertiamo un mondo a riguardarli insieme. Poi la presi per i fianchi, la feci sollevare, con una mano le tenni bassa la testa; doveva continuare la sua pompa a quel cazzo enorme, piegata in avanti per prendere un altro cazzo enorme, il mio, in quel culo che adoravo. Spinsi la sua testa verso la cappella di Flavio, le sollevai la gonna e le tirai giù le mutandine, lasciandogliele all’altezza delle ginocchia; impazzivo quando la mettevo in quella posizione, con quelle gambe lunghissime era uno schianto. Tenni i pantaloni, limitandomi ad abbassarli più possibile, estrassi un preservativo dalla tasca, lo infilai e con due dita inumidite di saliva iniziai una lentissima penetrazione del suo ano; non più di 15 secondi, poi puntai la mia cappella su quel buco che non aspettava che me, la appoggiai, e poi in un solo colpo secco la penetrai facendole sentire nel culo anche le palle. Sapeva cosa stavo per farle, lo immaginava, non era la prima volta che subiva questo trattamento, ma non trattenne comunque un urlo soffocato dall’enorme uccello che le riempiva la bocca. “Sei davvero un bastardo” mi disse liberandosi la bocca dal cazzo di Flavio, ma le spinsi di nuovo la testa verso il cuoco, ingoiò di nuovo la sua mazza ed io inizia a stantuffarla sempre più velocemente, rompendole il culo come già avevo fatto tante volte. Michele si segava intanto e si godeva la scena che probabilmente aveva visto solamente in qualche film porno. Tenevo Pamela per la coda che le avevo fatto con i capelli, la costringevo ad ingoiare l’uccello di Flavio ad ogni colpo che le davo infilandole il cazzo in quel culo di burro; “fatti un giro intorno a noi con il mio cellulare Michele, Pamela deve ricordarsi di come si è fatta sbattere anche nella cucina del vostro ristorante”. Michele prontamente mi assecondò e riprese da più angolazioni me e Flavio che usavamo Pamela come fosse il nostro giochino. Lei era eccitata, mugolava per il piaceva, succhiava avidamente il cuoco ed ogni tanto rivolgeva lo sguardo verso di me, un po’ per farmi ammirare il suo sguardo da porca ed un po’ per dimostrarmi la sua riconoscenza per le situazioni che riuscivo a farle vivere. Decisi di farle fare la cagna, doveva sentirsi ancora più porca; ordinai a Michele di lasciare il cellulare per terra, in modo che continuasse a riprendere in basso. Feci sdraiare loro a terra, uno accanto all’altro ed io intanto mi liberai di scarpe e pantalone. Sfilai completamente le mutandine di Pamela, poi le ordinai di spompinare i due cazzi in alternanza, facendo la pecora per terra; ripresi il cellulare e mentre filmavo mi godetti la scena. La mia zoccola succhiava avidamente, per terra, nella cucina di un ristorante, i cazzi di un cuoco e di un cameriere. Ma volevo scoparla ancora e sapevo che la sua fica stava gocciolando, sapevo che non potevo lasciarla senza darle il mio cazzo anche li; allora rimisi il cellulare a terra, di modo che riprendesse dal basso la scena. Mi posizionai dietro di lei, senza inginocchiarmi a terra, ma semplicemente posizionandomi su di lei; le lasciai scivolare l’uccello nella fica, era un lago, iniziò a mugolare ed io a scoparla come meritava. Le schiaffeggiavo le chiappe, le spingevo alternativamente la testa sui due cazzi, poi la schiaffeggiavo ancora sulle natiche. Mi sollevai per qualche secondo sfilandole il cazzo dalla fica, poi mi riabbassai su di lei, ma questa volta per farmi nuovamente il suo culo; i miei 20 cm scomparvero nel suo sfintere, le avrei davvero spinto anche le palle dentro, lei era impazzita, provava ad ingoiare i due cazzi contemporaneamente, ed io intanto giocavo con i suoi buchi. Le passavo il cazzo dal culo alla fica e viceversa, senza tregua, prima uno, poi l’altra, sempre più in profondità. Sentivo i nostri due nuovi amici godere sempre più, si guardavano ed i loro occhi sembrava che si dicessero “ma cosa ci è andato a succedere oggi, ma questa puttana chi sarà mai?!”. Avevo capito che per loro era già troppo, non avrebbero retto ancora a lungo, decisi allora di dare a Pamela il premio che meritava. Mi sollevai e chiesi ai due amici di fare la stessa cosa; sistemai il cellulare nuovamente sul ripiano accanto a noi e guardai Pamela; era ancora in ginocchio per terra, aspettava i miei ordini ed io non esitai, “mettiti in ginocchio troia, voglio che ritorni a tavola dopo aver bevuto un litro di sborra e con le labbra ancora sporche bacerai il tuo Ivan”. Lei mi sorrise, si sollevò rapidamente, sembrava sculettare come un cagnolino felice per il premio che aspetta dal proprio padrone. Si sistemò a favore di videocamera, mi guardava con quella faccia da porca che conoscevo oramai troppo bene, in quel momento esistevo solamente io, anche se i cazzi che stavano per esploderle in viso erano tre. “Devi tenere la lingua da fuori, sei la mia cagnetta in calore, bocca ben aperta e lingua in attesa”; guardai Flavio e Michele, “e voi cercate di essere precisi, non sprecate il vostro sperma, deve finire tutto in bocca alla nostra troia”. Erano eccitati ma al tempo stesso sbalorditi, i loro cazzi erano duri, i loro visi rossi, le loro gambe tremolanti; ci mettemmo tutti intorno a Pamela, cazzi nelle mani e gambe divaricate. Iniziammo a segarci, ma sapevamo che ci sarebbe voluto davvero poco; lei era stata brava a portare la nostra eccitazione a picchi altissimi, e come prevedevo dopo pochissimi secondi Flavio lasciò partire un primo schizzo che terminò la sua corsa tra i capelli di Pamela. Il resto del suo sperma centrò la zoccola in viso, lei mantenne la lingua fuori dalla bocca, muovendola intorno alle sue labbra cercando di catturare qualche goccia di quel nettare. Guardai Pamela, “chi sarà il prossimo?”; poi voltandomi verso Michele “noi due dobbiamo essere più precisi di Flavio, mi raccomando”. Ed in effetti meno di un minuto dopo fu proprio il cameriere a svuotare le sue palle, e lo fece centrando Pamela nel naso e poi in bocca; fu davvero preciso, perché la nostra pompinara fu colta da un colpo di tosse, causato certamente da uno schizzo che le era finito probabilmente direttamente in gola. O forse la causa era stato lo schizzo che le era finito nella narice? Ma lei fu bravissima a ricomporsi immediatamente, le mancava la dose del suo padrone, ed era quella alla quale più ambiva. Tirò fuori ancor di più la lingua; le colava una goccia di sperma mista a saliva, ma ne voleva ancora, e questa l’avrebbe ingoiata. Stavo per schizzare, ed avvicinai la mia cappella alla sua bocca; la guardavo negli occhi, lei ricambiava e aspettava. Partì il primo fiotto, non le sfiorò ne la lingua, ne il palato, finì direttamente in fondo alla sua gola; non fece una piega, la sua lingua era ancora li fuori, aspettava con ansia il resto. Che arrivò un secondo dopo, il secondo schizzo, poi il terzo, sui suoi denti, sulle sue labbra; io ero attraversato da fremiti, lei con la sua faccia da porca era felice. Si stava già ripulendo le labbra, con la lingua, non voleva perdere nemmeno una goccia della mia crema, ma sapeva anche che doveva tornare al tavolo con i segni di quel che aveva fatto. Si sollevò, si infilò le mutandine, tirò giù la gonna e ci lasciò li. Il marito l’aspettava, ansioso da sapere…IGB
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