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Tradimento programmato


di Membro VIP di Annunci69.it DueRagazziperDonna
12.11.2023    |    6.363    |    2 7.3
"Le spinte diventavano sempre più poderose e i versi di lei erano intervallati da colpi di tosse subito strozzati da una nuova spinta di cazzo..."
In ginocchio in un angolo della stanza attendevo.
Sebbene il mio sguardo andasse di tanto in tanto all’orologio sopra la parete di fronte, non sapevo l’ora in cui il tutto sarebbe avvenuto. Gli ordini mi obbligavano a rimanere lì, in obbediente attesa, mentre qualcun altro trascorreva del tempo vezzeggiando la mia ragazza. Si, proprio così.
E l’idea mi eccitava.
Aveva appena diciotto anni e la nostra era una storia che potrei azzardarmi a definire seria. Ci amavamo, ci capivamo l’un l’altro. Ma soprattutto…lei mi capiva. Capiva le mie fantasie e aveva deciso di soddisfarle, prestandosi ad un gioco che in quel momento si stava attuando, con la complicità di un mio amico che, di buon grado, aveva acconsentito a impersonare un ruolo particolare. Quello del mio padrone.
Non che da parte ci sua ci fosse una qualche componente bisessuale come nel mio caso e, del resto, la cosa risultava ancora più eccitante. L’umiliazione era totale.

Non avevo ancora toccata la mia ragazza, sebbene i miei appetiti fossero sempre potenti. Nessuno l’aveva toccata, era vergine. E quel tesoro io stavo per concederlo al mio padrone.
Arrivarono quando ormai la lancetta dell’orologio aveva superato di molte tacche la mezzanotte, spostando un giorno avanti la data in cui ella avrebbe perso la verginità. Sentii prima il rumore della porta al piano di sotto aprirsi, poi le loro voci concitate su per le scale: quei mormorii avevano tutta l’aria di essere complici e la cosa mi eccitò ulteriormente. Il battente della camera si apri e loro entrarono.
Non diedero segni di notarmi lì, nel mio angolo, così come era stato concordato. Solo lei, inesperta, lasciò per un attimo che il suo sguardo scivolasse su di me, incerto. Mi regalò un sorriso imbarazzato, poi tornò a concentrarsi su di Lui. Stavano tubando, sfottendosi vicendevolmente su qualcosa successo durante la cena fuori che gli avevo organizzato. Lui, indifferente alla mia presenza, la strinse e la baciò sulle labbra. Lei ricambiò, ma mi accorsi che era un po' frenata. Evidentemente quella situazione la inibiva un po'…rispetto a prima. Non mi sfuggì infatti la macchia livida di un succhiotto sul suo collo. La mia erezione ebbe uno spasimo: era già successo qualcosa. Strana la mente umana: vedere il suo corpo minuto, avvinto tra le braccia in un altro ragazzo, molto più alto di lei, mi faceva rabbrividire di piacere.
Stettero così per un po', pomiciando con passione crescente. La mano di lui scivolò sul tessuto dei corti pantaloncini che aveva indossato e palpò una natica, piena e rotonda. Le mormorò qualcosa all’orecchio e Lei annuì, quindi volteggiò fuori dalla stanza di corsa.

Lui sorrise verso di lei poi, con un’erezione ben evidente sotto i jeans, andò a sedersi.
Scalciò via le scarpe, si stravaccò sul divanetto vicino a letto, si sfilò entrambi i calzini e allungò le gambe: era il momento del pagamento pattuito per la verginità della mia ragazza. Discretamente scivolai fino al punto in cui i suoi piedi toccavano terra. Iniziai a pulirglieli con la lingua, inebriandomi di quell’odore di cui ero assuefatto. Quell’odore mi parlava di machismo, di virilità, di sottomissione. E io adoravo esserlo.
Passai la lingua sulle piante, tra le dita, consapevole di quanto poco importasse a Lui di quell’operazione: vi si sottoponeva solo perché in cambio avrebbe ricevuto qualcosa di molto più prezioso, che già pregustava. La sua indifferenza sottolineava l’umiliazione.
Quando lei rientrò mi allontanò con un calcio e scattò in piedi.
Era nuda e il suo corpo morbido e minuto parlava di tutta la bellezza di questo mondo. I capelli color oro erano disposti sulle spalle, le punte che solleticavano i bei seni, piccoli e rotondi, il ventre piatto si alzava e si abbassava tradendo la sua eccitazione. Mi guardò per un attimo, chino a terra a leccare i piedi della persona che a breve avrebbe preso quello che in teoria sarebbe spettato a me. Un lampo di incertezza negli occhi.
Poi lui la avvinse. Si spogliò mentre le divorava la faccia, gettando gli abiti a terra con foga, stringendo le mani nella carne delicata di Lei, in piedi, con urgenza. Poi la gettò sul letto e rimanemmo entrambi a fissarla.
Era uno spettacolo.

Lui le salì sopra, a cavalcioni, sedendosi sul suo bel petto. Sollevò le ginocchia e…le piazzò le natiche sulla faccia. Una mossa azzardata con una ragazza così inesperta.

Lei non si mosse. Non potevo vedere la sua espressione da quella posizione, ma sicuramente era sconcertata. Lui le si sedette sul viso e le mollò un piccolo schiaffo.
E lei leccò. Gli leccò il culo, e immaginai la sua piccola lingua morbida muoversi tra le natiche di lui, che faceva ondeggiare la vita avanti e indietro per darle il ritmo. Si lasciò scappare un gemito di piacere.
Poi la liberò.

Quindi le puntò la cappella sulle labbra. Quel cazzo era gigantesco rispetto alla sua figura minuta, solo allora me ne resi davvero conto. Dalla mia posizione privilegiata lo vidi svettare su quella faccia così piccola, proiettando la sua ombra sulle guance morbide come in un grottesco, sensuale quadro di profana bellezza. I testicoli le poggiava sul mento, a poca distanza dalle labbra color rubino ben serrate. Il visetto angelico di Lei assunse un'espressione incerta che venne ricambiata da un ghigno. Lui le fece scivolare una mano con studiata lentezza sulla mandibola, carezzando un lato della bocca con il pollice mentre l’altra mano si poggiava sulla sua fronte. Il pollice affondò tra le labbra. Lei inizialmente fece resistenza, ma poi accolse il dito nella bocca e lo succhiò come un cucciolo fa con il latte: timidamente ma tradendo un’ombra di desiderio. La mano sulla sua fronte fece pressione mentre il pollice spingeva nella direzione opposta. Lei fu costretta ad aprire la bocca. E il cazzo le penetrò per intero il cavo orale. A Lei sfuggì un grido che però venne subito soffocato, mentre il primo degli orifizi che avevo promesso al mio padrone veniva finalmente dissacrato.
Lui lo penetrò con foga che ritenni eccessiva. Mi ero aspettato che cercasse di abituarla, che la guidasse pian piano in quella prima volta e invece la stava assalendo come un animale fa con la preda. La cosa mi eccitò ulteriormente.
Lei aveva la gola piccola e bianca, e quegli affondi ne stavano mettendo a dura prova la resistenza. Le palle le stavano sbattendo violentemente sul mento, colpo dopo colpo, e rivoli di saliva colavano ai lati della bocca, assieme ad un mugolio soffocato che mi regalò un brivido. Le belle mani di lei stringevano i fianchi del suo aguzzino, probabilmente con l'intenzione di cercare un minimo controllo sul ritmo: speranza vana. Le spinte diventavano sempre più poderose e i versi di lei erano intervallati da colpi di tosse subito strozzati da una nuova spinta di cazzo. Immaginai la sua gola stringersi e contrarsi attorno alla cappella di Lui e mi ritrovai a desiderare profondamente che le venisse subito dentro. Ma l'atto era ben lungi dal concludersi.

Con violenza lui le afferrò le belle spalle e, senza uscirle dalla bocca, la sollevò senza sforzo e la sistemò sul bordo del materasso, con la testa che sporgeva al di fuori. Poi prese a scoparle selvaggiamente la gola.
Lei ormai aveva il volto rosso, lo sguardo perso nel vuoto e la saliva che schiumava attorno all’asta del cazzo. Non mugolava, uggiolava. Era uno spettacolo brutale. Feci il giro del letto per godermi la visione del corpo di Lei, disteso e fremente, con gli arti che si agitavano impotenti, e le natiche di lui che facevano su e giù, nascondendole il volto, premendo contro il suo seno. Da quella prospettiva vidi i testicoli battere e battere contro la faccia della mia ragazza. Rischiai di venire.
Poi i colpi diminuirono e Lui si ritrasse da lei, lasciandola per un momento dov’era, con la testa ciondolante, esausta, il volto luccicante di saliva e la bocca ancora oscenamente spalancata quasi a voler accogliere nuovamente quel membro. Anche quello grondava saliva, come una grossa spada svettante; un filo umidiccio che pendeva dalla cappella rossa. Lui lo raccolse e si segò un paio di colpi, traendone un suono liquido. Si asciugò la mano sul copriletto, guardò per un istante il corpo nudo della mia Ragazza e mi lanciò un’occhiata sadica. Avevo seguito il suo sguardo. E avevo capito.
La sua attenzione ora era tutta per il tesoro tra le gambe ben tornite di Lei, la cosa più preziosa che gli avrei concesso quella notte, al di fuori della mia dignità. La sua figa. Le cosce la incorniciavano meglio di quanto avrebbe fatta una cornice di pregio. Piccola, continuazione naturale e armonica del suo ventre piatto, aveva le labbra leggermente sporgenti e sembrava quasi palpitare seguendo il respiro di Lei. Faceva su e giù, seguendo il ritmo dei seni e della pancia durante l’espirazione e l’inspirazione, un’avances involontaria ma di estrema potenza. Era arrivato il momento. Stavo per concedere la verginità della mia metà al mio padrone.
Lui sollevò lei da sotto le braccia e la riportò sul letto, quindi si sistemò tra le sue gambe e le divaricò tenendola per le ginocchia.


Quel singolo comando mi fece scattare. Salii a cavalcioni del suo ventre e, dandole le spalle, misi le palme della mani sulle ginocchia, sostituendomi a Lui, che si acquattò tra le sue gambe, portando il volto all’altezza della fighetta. Mi lanciò uno sguardo che non dimenticherò mai. Poi avvicinò un dito e carezzò le labbra sporgenti. A quel contatto Lei provò a chiudere le gambe. Non me lo aspettavo e riuscii a trattenerla a stento.
Lui sollevò il volto e mi ripeté a mo’ di rimbrotto:
Rinsaldai la presa, resistendo alla pressione che Lei esercitava nel tentativo di chiudere le gambe. Era comprensibile: nessuno l’aveva ancora mai toccata là sotto. Il dito tornò a solleticarla. Passò su e giù lungo la fessura, dischiudendo appena la carne, regalandole sicuramente dei brividi associati a una sensazione mai provata prima. Poi ci affondò dentro, per tutta la lunghezza. Lei sussultò e si lasciò sfuggire un gridolino. Provò a chiudere le gambe ma stavolta la tenni saldamente, lasciando che Lui la sditalinasse a fondo, piantandole una, due dita dentro in rapida successione. Notai che erano bagnate. Nonostante si stesse dibattendo, lamentandosi come un animale ferito, si era eccitata. Le sue grida spinsero Lui ad andare più velocemente. La carne morbida dell’interno coscia tremolava sotto quelle percosse. Le dita divennero tre, le grida salirono, diventando presto gemiti di piacere.
Lui estrasse le dita, regalandole un attimo di pace. Le osservò e io feci lo stesso. Grondavano di umori. Ne sentii il profumo fin lì. Caldo, forte…

Il tono malevolo con cui aggiunse quell’unica parola era inequivocabile. Prese a mangiargliela, un pasto su cui io stesso avevo a lungo fantasticato. Dico mangiargliela, perché leccarla non sarebbe un termine appropriato. La sua bocca si aprì e iniziò a straziarle la fighetta con piccoli morsi, profonde leccate e baci schioccati sulla morbida carne esposta. Lei lanciò uno strillo, ma le sue gambe non lottavano più per chiudersi, anzi: erano ormai completamente spalancate. E io lì, dall’alto, osservavo qualcun altro divorare la fighetta vergine della mia fidanzata. Mi venne l’acquolina immaginandone il sapore.
Quando Lui si sollevò aveva il volto che brillava di umori.
Mi indicò un angolo della stanza, fuori dal letto.
Scattai via. Era il momento. Mi misi in ginocchio sul pavimento a debita distanza, muto osservatore di quell’atto. Avrei voluto dirgli di fare piano, di avere coscienza, di considerare che era la prima volta...ma sapevo che non sarebbe servito a niente. La schiacciò sotto di lui, spingendo il ventre contro il suo per impedirle di chiudere le gambe e serrandole le braccia in una morsa. La sua bocca azzannò il collo di Lei, che gemette in un verso osceno di paura e piacere. Vidi le natiche di lui sollevarsi e capii che aveva puntato il cazzo contro la fessura. Prima di affondare sollevò il busto e la guardò intensamente. Rimase a fissarla, sicuramente per non perdersi la sua espressione nel momento cruciale. Poi la penetrò.
Lo fece scivolare dentro piano e gli occhi di lei si sgranarono. Si fermò. C’era un ostacolo che andava rimosso. Io l’avrei fatto con cura, piano, ma le dimensioni di Lui e il suo proposito di brutalizzarla non prevedevano nulla di simile. Sogghignò divertito. Lei capii e la vidi scuotere la testa. Lui annui piano e spinse. Un urlo.

Mormorò Lui, e tornò a morderle il bel collo bianco. >
Entrò. Due soli colpi. Due potenti botte e la mia ragazza perse la verginità strillando come una cagna.
fece lui. E prese a scoparla.
La scopò con foga animale, godendosi quel fiore appena sbocciato, sventrandola con colpi inclementi. Feci il giro del letto, e mi godetti l’immagine del suo cazzo che le affondava dentro. Era enorme rispetto a quella fessura così piccola e stretta e immediatamente capii i gemiti di lui e gli strilli di lei. Doveva esserle arrivato fino al ventre. Lei continuava a dimenarsi e lui la teneva ferma sempre più forte, schiacciandola contro il materasso. I suoi capelli color oro erano sparsi sul cuscino come un’aureola e il suo volto era arrossato e madido di sudore; i bei seni schiacciati contro il petto di Lui, i fianchi scossi dalle percosse dell’atto. Era meravigliosa.
Quello ‘strazio’ durò sufficientemente a lungo affinché il dolore iniziale dovuto alla penetrazione si trasformasse in piacere. Me ne resi conto dalla leggere inflessione che modificò le sue urla e i suoi lamenti in versi di piacere soffocato e dalle posa rilassata del collo. Era abbandonata, completamente alla mercé dell’uomo che le stava fottendo anche l’anima.
Di tanto in tanto gli sfuggiva qualche parola soffiata tra un grugnito e l’altro. Le ricordava quanto fosse puttana, le dava della troia, le domandava retoricamente se quel cazzo le stesse piacendo. Lei rispondeva strillando più forte, gli occhi ricolmi delle lacrime che le rigavano le guance.

Sembrò durare un’eternità. Poi, di colpo, le sfilò il cazzo dalla figa e, brutalmente, la girò afferrando per i fianchi e disponendola a pancia in giù sul letto. Le sollevò il busto. Voleva scoparla a quattro zampe.

Mi apprestai a obbedire e mi sistemai di fianco a lei, tenendola per le spalle. Lui sputò sulla propria mano e la fece passare sul suo basso ventre, lubrificandole ulteriormente il sesso già grondante. Quindi puntò il cazzo e ricominciò a fotterla. Lei urlo disperata, godendo con la saliva che le colava dalla bocca trepidante. Mi sforzai di tenerla giù, sebbene anche Lui le avesse imposto una mano sulla nuca per soffocare le sue urla nel cuscino. Ormai il rumore liquido che proveniva da là dietro lasciava intendere l’eccitazione di entrambi: lei non si sarebbe più tirata indietro. Che senso aveva farmela tenere? Forse una semplice umiliazione. O no?
sfilò il cazzo e lo osservò per un istante. Era gonfio, pulsante. Stupendo.
Lo fece salire e, dalla sua fighetta, lo puntò tra le natiche rotonde di Lei.
Io e la mia ragazza lo urlammo insieme. Quello era troppo. Troppo per la prima volta.
Un ceffone mi colpì in pieno volto, girandomi la faccia dall’altra parte. Lui mi lanciò un’occhiata mortifera.
Provai ad obbiettare ma qualcosa mi chiuse la bocca. Un odore penetrante mi riempì le narici. Mi aveva spinto uno dei suoi calzini nella bocca.
Mi sottomisi.

Stavolta dovetti sudare parecchio per tenerla ferma, perché l’idea di farsi deflorare anche dietro non rientrava nei piani. Supplicò con parole sconnesse, ma io la tenni saldamente. Non potevo fare diversamente.
Lui nel frattempo lavorava la sua rosellina con divertimento, sputandoci sopra, allargandola con le dita, lubrificandola con gli umori che colavano dalla fighetta appena rotta. Quando vidi che la cappella ci spingeva contro credetti impossibile l’operazione. Era troppo grosso e lei sicuramente stava stringendo.
sibilò infatti lui, spingendole il cazzo dentro.
Spinse. Lei singhiozzava. Un grido lacerante e il cazzo le sparì nel culo.

Me la inculò sotto gli occhi, sventrandola anche da quell’ingresso, strappandole alte grida. Dopo un po' Lui mi spinse da parte e la schiacciò sotto di lui, sollevando di alcuni centimetri la vita prima di ogni affondo nel culo ormai aperto. Continuava ad insultarla, ridendo e aumentava il ritmo.
Lei gridava, gridava.
E poi…la girò, veloce, improvviso.
Fu lui a gridare. Il suo cazzo esplose, fiotti di caldo sperma schizzarono contro la sua fighetta e colarono oscenamente lungo l’interno coscia. Lei urlò di rimando, apparentemente senza motivo. Sentii una mano afferrarmi brutalmente i capelli e spingermi verso il basso.

Affondai il volto nella figa sverginata della mia fidanzata, leccando via dello sperma non mio, impiastrandomi il volto degli umori di entrambi.
Venni senza toccarmi.
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