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Desideri


di CarloMi
16.04.2023    |    9.126    |    3 9.7
"Mi chiesi se stavo per incontrare uno strap-on guidato da una ragazza cattiva..."
“Dai, sposta il telefono. Sai che mi provoca ansia vederlo a letto..”
Posò il cellulare sul comodino alla destra, guardandomi alle prese coi collant.
“Meglio se togli già tutto..” invitò alla praticità.
Era disteso a pancia in su, in evidente stato di eccitazione.
Il suo pene mi stava salutando, forse sentiva la mia mancanza. Gettai gli slip e gattonai verso di lui, ad accarezzarlo teneramente. Era già rigido.
Mi misi a cavalcioni sulle sue cosce, e guardandolo negli occhi scivolai fino al suo bacino. Mi piaceva guardarlo dall’alto, in un momento di finta mansuetudine: il suo petto, le spalle, i bicipiti, fermi ma in potenza.
Con le mani inchiodai i suoi polsi alla spalliera del letto, al solo fine di avventarmi sul suo collo, possente e ispido. Come una vampira gentile, leccavo la preda alla giugulare, in un antipasto di fremiti in attesa dei piatti principali.
Ad ogni sfioramento dei punti più sensibili, il suo pezzo di carne fletteva, in ribellione al mio pube che lo obbligava a ribellarsi solo verso il suo addome.
Alzai il mio corpo, e il suo membro si eresse come un obelisco sfiorando le labbra, petali ormai schiusi bagnati di rugiada.

Mi inarcai quanto basta per foderare la sua verga. Entrò senza colpo ferire, lentamente senza esitazioni quasi fino in fondo.
Mentre lo lasciavo scivolare tutto dentro, mi accorsi che lui non si stava godendo il momento come al solito, stranamente contratto.
“Che c’è?” Gli chiesi leccandogli le labbra, tra due grossi sospiri.
Sorrise simulando tranquillità.
“Niente amore mio”
“Allora rilassati” puntualizzai facendolo sprofondare dentro di me.
“Sei tu che devi rilassarti amore”
Sorrise, ora truce.
La sua mano sinistra accarezzò il mio collo, su cui sospinsi il viso come una gattona in vena di coccole. Mi accarezzò, e posò il pollice sulla mia bocca che mi affrettai ad aprire, succhiando per ammansirlo. La sua mano destra schiaffeggiò il mio sedere, facendo riecheggiare il suo suono pieno nella stanza. Mi piacevano le sue sculacciate, e lui ne è sempre stato avaro.
Con le dita scorse fino al solco intergluteo, e scese. E scese.
Pose il dito dove pene e vagina frizionavano, sorridevamo alla reazione dei nostri nervi.
E salì. Lì, dove il sole batte molto di rado. La falange del medio ritrovò la porta di un vecchio percorso. Lo riportò alla sua bocca per bagnarlo della sua saliva, e come una tradizione riprese quella via.

Come sempre, era questo il momento in cui cominciavo ad estraniarmi dal contesto, e puntuale lui cominciava a esprimere parole, mai chiare. Quella volta però ebbi il modo di ascoltarle tutte.
“Lo so cosa ti piace..”
“Sì...”
“So cosa ti piacerebbe..”
“Sì.. questo mmm..”
“Non solo”
“Non c’è niente di più bello di questo..”
Mi leccavo le labbra e palpavo il seno sinistro mentre mi prendevo un cazzo meraviglioso e un dito nel sedere. La mia vera estasi passava per questi momenti.
“Eh no” sorrise cattivo “ti ricordi cosa mi dissi questo inverno?”
“No.. quando” chiesi concentrata nella cavalcata.
“Quando ci siamo raccontati tutti i nostri desideri ..”
“No amore.. non ricordo..”
Certo che li conoscevo i miei desideri, ma non capivo a cosa si riferisse; stavo vivendo il presente.
“Forse perché ne parliamo sempre mentre stai godendo..”
“Mmm probabile” dissi mentre l’altra mano aveva raggiunto l’altra sul mio sedere.
Mi baciò sul collo, mostrando la forza dei suoi addominali, e sussurrò:
“Con quanti vorresti scopare?” Sfiorando la pelle col suo alito.
“Non ricordo”
“Vorresti avere un altro uomo al posto del mio dito”
“Può essere..”
“Voglio farti godere..”
“Hai comprato un dildo?” Cominciai ad estraniarmi parzialmente dal piacere per sciogliere le mie curiosità..
“No amore.. voglio farti godere davvero”
Con la mano sinistra tornò ad accarezzarmi il viso dal mento, mentre estrasse il dito da mio sedere per ricominciare quel viatico insieme all’anulare. Piacere e curiosità si rimestavano.
“Ma.. ah! lo stai facen .. ah! Facendo, non vedi? Da molto no .. ah! Non mi stuzzicavi .. mmm così”
“No. Ora godrai”
Mi strinse un po’ le dita alla mascella, rendendo la mia perdizione quasi definitiva.
“Ad una sola condizione” mi baciò con la lingua. “Non ti devi voltare”.
Sentii la porta della stanza aprirsi alle mie spalle.
Tentai di voltarmi tra panico e piacere, ma lui mi strinse forte la mascella.
“Non ti voltare, ti prego”
“Chi è” non ero sicura di cosa stesse per accadere, e per qualche secondo avrei voluto fermarmi. Ma il trasporto non aveva dato abbastanza spazio all’ansia.
“Ti fidi di me, vero?”
“Sì, ma..”
Le sue dita affondarono sempre di più nel mio posteriore, e il pene guaì dentro la mia vagina. Si bloccarono le parole, cadde saliva, scivolarono umori sulle sue palle. Sentivo il suo godimento aumentare e il mio corpo aveva già risposto.
Mi baciò ardentemente, afferrandomi il sedere con entrambi le mani.
“Vuoi farlo?”
Abbassò il busto e io con lui mi inarcai. Diedi spazio alle sue dita sul mio sedere. Le mani si incontrarono a metà strada, e i due medi presero la via del mio io interiore più sporco.
“Mi fido di te” ansimando di nuovo.

Riportò ad una mano quel lavoro che tanto mi faceva perdere ogni inibizione. E presto capii perché.
Sentii i passi che portarono quella figura ai piedi del letto.
La tentazione di voltarmi era troppo forte, ma la mano sul viso bloccò il mio istinto.
“Chi è”
“Voglio che tu non lo sappia”
“È un tuo amico?”
“Non lo saprai mai”.

Il nostro fottere stava probabilmente piacendo a quella persona. Sentii il suono della fibbia di una cintura, un pantalone accasciarsi al suolo, poi niente. Dedussi che era a torso nudo.
E se non fosse stato un maschio?
Si posò sul letto. Cominciai a tremare più di curiosità, non riuscivo a non resistere, ma chi mi scopava aveva anche la forza di non farmi torcere il collo. La coda dell’occhio non vedeva, nemmeno le ombre potevano proiettarmi sulla verità. Le sue ginocchia scivolarono tra le nostre gambe divaricate.
“Non ti volterai vero?”
“No..”
Le mani del mio lui andarono al sedere per afferrare le natiche, in segno di sacrificio. Qualcuno dietro me, guardava, e chissà cos’altro. Mi chiesi se stavo per incontrare uno strap-on guidato da una ragazza cattiva.
Una terza mano sì posò sull’osso sacro. Era calda, arroventata. Una mano destra. Cominciai a sentirmi osservata nei punti sensibili, come un forno a microonde, uno spremiagrumi sul bancone alla mercé di un cliente annoiato intento a guardare capienze e capacità. Ma in fondo non era un disagio. Non ero in grado di recepirlo.

Sentii un corpo avvicinarsi alle mie spalle, e istintivamente allungai il braccio dietro di me. Un odore maschile giunse alle mie narici. Non era donna, e la cosa mi piacque. Non ero sicura che fosse un odore nuovo per me.
La mia mano non attese. Sfiorai qualcosa che protendeva verso di me, un po’ tremante ma viva. Lo sfiorai. Riconobbi la cappella scoperta, una pelle tirata, dalla forma cilindrica non grossa. Con le dita andai a misurare la circonferenza di quel cazzo probabilmente sconosciuto. Era sottile in confronto al mio ragazzo, dritto come un fuso.
Cominciai a cedere al desiderio, davvero.
Lo sconosciuto posò entrambe le mani su di me, e potei sentirle tremanti. Avvertii che la mia curiosità si stava trasformando nel desiderio di far arrivare quel missile sulla luna. Lo afferrai, scorrendo un po’ sull’asta quel poco che potevo.
“Ti piace eh” sì compiacque il mio lui.
“Sì.. sì..” risposi a ritmo dei nostri corpi.
Con le gambe su cui cavalcavo cercò di favorire il passaggio di quel forestiero. Ci fermammo. Quel calore ignoto si stava avvicinando sempre di più, e ormai lo attendevo.

Sentii il suono tipico di un unguento estratto da una bottiglietta. Probabilmente un lubrificante. Potevo immaginare quella sagoma ungersi lungo le forme affusolate. Un fresco improvviso colò sul mio ano, evidentemente della stessa sostanza. Un brivido scorse lungo la schiena. Mi sentivo tra mani esperte, eppure sembrava tremare anche chi stava per prendermi alle spalle.
Avevo bisogno ormai di sentirlo, e l’attesa cominciava a pesarmi.
“Ti amo”.
Guardai la mia anima gemella con lo sguardo di chi non vuole amore.
“Ti amo anch’io”
Nello stesso istante, quel corpo estraneo entrò in me, dalla porta secondaria. Il suo non bussare mi fece inarcare di sorpresa, come un felino che reagisce al pericolo. In pochi istanti mi calmai. Un nuovo cazzo scivolava dentro di me. Ogni centimetro guadagnato senza un bisbiglio provocava un piacere crescente.
“Ahhh”
Solo la mia voce echeggiava in quegli momenti. In quella camera e in quella casa, in quell’universo due entità: io e il piacere. Due spade feroci si contendevano lo spazio dentro di me, urtandosi con forza ma separati da un setto di nervi impazziti.

Sentii la fine della corsa di quel treno quando il suo pube posò sui miei glutei. Oltre non si poteva andare. Lì emise il suo primo sospiro a denti stretti il muto sodomizzatore.
“Sono vostra ..” capitolai.
Il bacino dello sconosciuto cominciò a muoversi, ritmicamente indietro e in avanti, sino a battere il poco attrito rimasto tra la mia e la sua pelle, là dove qualcuno pensa non dovrebbero incontrarsi. Dentro e fuori, ritornava l’ariete virile ma rispettoso, dandomi il tempo di far scoccare i miei movimenti, tanto bastavano per ridare spazio all’altra verga. Il mio bacino trovò la posizione perfetta, pochi centimetri più in alto.
Le palle del mio lui furono le prime a sbattere sul mio perineo, talmente sollecitato e delirante che ne sentii prima il suono meraviglioso, e poi la percezione tattile.
Ai miei gemiti si accodavano i rumori che emetteva quella zona del mio corpo.
Io lo strumento, loro a percuotermi, in una gara a chi mi faceva gemere di più. Ero lì a disposizione per un comune utilizzo, quasi immobile, e loro mi adoperavano.
Mi sentivo sovrana, ma forse ero metà di un suddito in quel momento. Non mi importava, dovevano solo farlo.
“Sì.. sì..”
Un ammasso di corpi si fondevano in una macchina da guerra, dove io ero il motore, e loro i pistoni che spingevano, scanditi da un ritmo perfetto per incendiarmi l’anima.
Come poteva essere tutto così perfetto, come poteva esserci questo sincronismo? Era meglio non chiederselo, e non lo chiesi mai. Non me ne importava..
Respiravano a bocca aperta in segno di profondo abbandono al piacere, tra i miei vocalizzi indemoniati.
Persi tutti i grugniti dello sconosciuto penetratore, mi maledicevo per non prestare orecchio a quei suoni, ai suoi gemiti, per trovare un volto che avessi incontrato almeno una volta, ma non mi era possibile. Potevo solo godere.
L’estraneo cominciò a tradire il proprio piacere, lo sentivo vicino all’apice.
“Sì di più.. sì”.
Spinsi il mio culo verso il suo bacino in segno di resa. Estrasse l’arma dal mio ano di colpo, lasciandomi vuota a metà.
Gemette.
Il suo calore denso, schizzando poco per volta, si appese alla mia pelle come gesto di gratitudine a quella parte di me che tanto gli aveva dato quella notte. Gocce della mia saliva caddero sul petto di chi potevo guardare negli occhi.
La cappella si posò un’ultima volta tra le mie chiappe, come un bacio sulla guancia, nel momento in cui chi ancora non mi aveva abbandonato riprese feroce la sua corsa, ormai in dirittura d’arrivo.
Accarezzai il suo viso e pensai al suo amore, conscia che il meglio era ormai passato.
Venne con forza. Chiusi gli occhi assaporando gli ultimi momenti di qualcosa che ormai è fuggito.

Dopo qualche convenevole sentimentale, mi abbandonai su quelle lenzuola, a pancia in giù, piegando le gambe ma tenendole aperte, come per far raffreddare il mio corpo esausto. Guardai quella porta, rimasta socchiusa dopo l’uscita di scena della comparsa.
Chi era?
Ritornerà?
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