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Diario Bambinona Dicembre 2003


di HeleneHoullier
17.09.2023    |    375    |    5 9.6
"Era semplicemente incredibile, ed assurdo..."
Quinto episodio

Anche Charlène della scuola di canto, nel suo passato le aveva prese. E nel suo caso, s’era trattato anche di diverse volte.
Saliva così a tre, il numero delle ragazze ree confesse, e quindi marchiate con il segno indelebile delle botte.
Su questo rifletteva Hélène, mentre l’insegnante impartiva loro precise istruzioni riguardo l’intonazione.
A loro si aggiungeva Floreanne, la quale però essendo una semplice cameriera, poteva essere punita corporalmente senza che nessuno dovesse provarne alcuna pena.
Alla fine delle prove del sabato, anche le ragazze del coro si scambiarono i loro regali, con le festività del Natale oramai davvero alle porte, in un’atmosfera bellissima. Le luminarie riempivano il centro di Liegi, come sempre succede nel periodo di dicembre; ed Hélène con la sorellina Bianca, andavano salutando le compagne, offrendo piccoli doni e sorridendo in modo meccanico, senza tanto entusiasmo. Dopo che Hélène le aveva prese, le due avevano infatti smesso di litigare, ma rimaneva tra di loro un profondo clima di freddezza e di disprezzo; buona parte della colpa era sicuramente anche del signor Eric, il quale aveva sempre trattato le due con una certa disparità, dal momento che Bianca era la sua figlia naturale, mentre Hélène non lo era.
La famigliola quell’anno non si trasferì a Namur, dal momento che il signor Eric sarebbe dovuto ripartire per la Francia tra Natale e Capodanno; decisero così di trattenersi in città, e le feste trascorsero in maniera noiosa e leggermente triste.
Tuttavia, una grossa sorpresa era in arrivo, e fu annunciata da Nicole alla stessa Hélène, con una telefonata durante il giorno di Santo Stefano: per la prima volta da quando le ragazze della scuola si frequentavano, veniva finalmente organizzata una festa di Capodanno; e la cosa più straordinaria, era il fatto che quella festa si sarebbe tenuta in casa di Pascal, dal momento che quegli viveva da solo.
Dopo meno di nove mesi di fidanzamento, Pascal iniziava ad annoiarsi della sua Jeanne: una ragazzina minuta con tutte le sue cose al loro posto, una gattina bionda con la frangetta e con gli occhi azzurri. Pascal aveva un debole irresistibile per la carne molle, per le parti rigonfie, e quindi avvertiva un insano desiderio per le altre; non lo avrebbe mai rivelato a nessuno, ma era stata proprio l’inopinata vista del culone di Hélène a renderlo così curioso ed inquieto.
Non se ne era reso conto fin da subito, al punto che continuava ad ignorarla e a disprezzarla come sempre; e certamente Hélène non era affatto carina nel viso e nei lineamenti, ma c’era qualcosa di molto strano in lei che lo attraeva: era probabilmente il modo in cui quella era stata zittita e disciplinata durante la sua festa di compleanno; le sue grida e i suoi movimenti, la reazione scomposta ed il pianto. Jeanne non si sarebbe mai lasciata umiliare in quel modo, si sarebbe certamente sottratta ad un simile imbarazzo, egli pensava; mentre Hélène da parte sua invece vi era semplicemente caduta senza nessuna resistenza, come una tenera bambina ingenua e indifesa; sembrava fatta apposta per venire afferrata, minacciata, trattenuta e punita in quel modo.
Furono invitate Sonia, Nicole, Hélène e Claudia, mentre Edina si trovava in vacanza con la famiglia. Un collega di Pascal, di nome Laurent, le avrebbe riaccompagnate a casa tutte quante dopo la festa, secondo i piani.
Hélène dovette convincere dapprima sua madre, ed infine sottostare alla prova più difficile, lo sguardo serio e tremendamente esplicito del signor Eric: le tre di notte era l’orario massimo consentito; fu quella la prima volta, di una lunghissima serie di episodi simili, in cui Hélène sarebbe stata catechizzata dal signor Eric in modo chiaro, con non troppo velate e sottintese minacce. “Mi raccomando… ricorda bene quello che è successo se disobbedisci”.
E nello scegliere le mutandine, la ragazzotta si rese conto che in realtà ci stava pensando per davvero: cosa sarebbe accaduto, se fosse rincasata sciaguratamente dopo l’orario consentito? Si ritrovò per la prima volta, inopinatamente, a fantasticare di cose tristi, inconfessabili e vergognose.
Forse il signor Eric avrebbe deciso di aumentare la dose; forse, consapevole che le botte della volta precedente non le erano bastate, avrebbe deciso di fare ricorso a qualcosa di ancora più doloroso. Improvvisamente Hélène si rese conto di quanti oggetti vi erano in casa, che egli avrebbe potuto usare: sicuramente vi era il battipanni, ed Hélène ricordava di averlo visto adoperare con la cameriera alcune volte, quando lei era bambina; poi vi era anche un vecchio scacciamosche, che rispetto al battipanni era più piccolo ma assai più flessibile. Probabilmente anche in cucina si trovavano oggetti che il signor Eric avrebbe potuto utilizzare, quali ad esempio un mattarello o una paletta. Nel bagno c’erano poi le spazzole, ma in fondo sarebbe bastato prendere le ciabatte che in quel frangente lei aveva ai piedi, per farle davvero molto male. Aveva in quel momento dimenticato la cintura dei pantaloni del signor Eric, e fu un bene dal momento che probabilmente era la più dolorosa tra tutte le possibili soluzioni.
Si vergognò di sé stessa e dei suoi pensieri, e scelse un paio di mutandine bianche, morbide e discrete, forse per riflesso condizionato; avvertiva infatti ancora, le gambe che le tremavano. Mise su un normale reggiseno nero, noncurante dell’abbinamento, ed indossò un paio di calze nuove, sottili e trasparenti. L’abitino da sera era anch’esso nero e presentava un dettaglio molto particolare: aveva la sola manica sinistra, lasciandole così completamente libero il braccio destro.
Mise le scarpette col tacco ed una catenina d’oro, dopodiché si recò in bagno per completare il tutto con una leggera mano di trucco. La signora Dominique la seguiva con lo sguardo, in un misto di curiosità e di apprensione.
Nel frattempo, anche Nicole si andava preparando in casa sua; lei che era l’autentico maschiaccio del gruppo, per la prima volta decise di indossare una minigonna. Aveva i capelli corti e rossicci, con vivaci occhi verdi; non era affatto carina, anche se il suo volto possedeva un taglio artistico davvero inusuale, avrebbe potuto essere una cantante.
Sonia invece si sarebbe presentata con un bellissimo abito celeste, lungo ed elegante; era accompagnata da un amico che nessuno conosceva, di nome André, che proveniva da Breslavia e studiava all’università di Liegi; i due si erano conosciuti in una biblioteca: non era molto bello, anche se a Sonia piaceva il fatto che fosse molto alto e ben dotato.
Claudia aveva i capelli castani come Sonia, ma di recente se li era tinti di biondo. Era l’unica che aveva indossato i pantaloni, un completo piuttosto aderente in grigio gessato che doveva causarle anche parecchie sofferenze, dal momento che sembrava davvero tutta impacchettata per bene. Si era pettinata con alcuni boccoli ed il suo viso pallido aveva le stesse sembianze degli angioletti in alcuni antichi affreschi, leggermente giocosi ed innocenti.
Si riunirono tutti quanti davanti alla scuola, ed André che era l’unico maschio del gruppo, le scortò lungo la via ed alla fermata del tram; parlava il francese piuttosto bene nonostante provenisse da un paese lontano, e si dimostrò anche abbastanza simpatico con le altre ragazze.
Il gruppetto raggiunse l’appartamento di Pascal a Le Carré; suonarono al citofono, e venne loro incontro Jeanne, vestita in un meraviglioso abitino nero cortissimo e con le spalline sottilissime: sembrava quasi una morbida sottoveste.
Li accolse in modo vivace ed euforico, pareva avesse già bevuto qualche bicchiere di vino, e subito presentò loro i due amici di Pascal; uno era Laurent, il quale possedeva un’automobile e avrebbe dovuto accompagnare tre delle cinque ragazze a casa dopo mezzanotte. L’altro era il più adulto e si chiamava Jean-Luc; si sarebbe trattenuto non troppo a lungo, dal momento che doveva recarsi in un locale.
Jeanne si comportava con disinvoltura, con lo stesso piglio di una vera padrona di casa: aprì il frigorifero ed estrasse alcuni vassoi di capricci dolci e salati; stappò due bottiglie di vino bianco e distribuì alle ragazze i loro bicchieri di plastica. Pascal, Laurent e Jean-Luc avevano già versato il loro vino in lunghi calici, ma dovettero ripiegare anch’essi sui bicchierini, per non andare a mostrare una forma di disparità.
Alcuni tra di loro presero a mangiare, ed Hélène come al solito si distinse per buon appetito ed ingordigia, andando a consumare un paio di tortine salate seguite da altrettante croque al formaggio; decise di non toccare il vino, dal momento che aveva moltissima paura di lasciarsi andare. Era infatti la prima volta in assoluto in cui le era permesso di rincasare da sola dopo la mezzanotte, e non voleva commettere alcun errore né cadere in alcuna trappola.
Non tutte le ragazze la pensavano alla stessa maniera riguardo al vino, e ben presto si comprese che Jeanne aveva davvero esagerato: non erano nemmeno arrivate le nove di sera, e la biondina già sembrava oltremodo allegra; giocava con la mano di Pascal in maniera assai equivoca, ed una volta Hélène vide addirittura quella mano, indiscreta, insinuarsi in mezzo alle gambe di lei.
Sonia ed André conversavano amabilmente, anche se non si sarebbe detto che tra loro vi fosse alcun tipo di relazione; lui era assai abituato a bere, e continuava a versare vino nel bicchiere della sua amica, senza nemmeno rendersi conto che la situazione andava lentamente peggiorando.
Quando arrivarono le dieci e mezza, Hélène realizzò chiaramente, d’essere rimasta l’unica ragazza propriamente sobria tra tutte loro; Jeanne si era messa a danzare nei pressi del divano, con Pascal seduto più in là che non la smetteva di ridere. Nicole e Claudia parlavano con Laurent di pettegolezzi e di notizie improbabili riguardo alcuni personaggi famosi della televisione: quest’ultimo pareva rivelare una strana attitudine, con gusti e preferenze non esattamente degni di una persona di sesso maschile.
Anche Sonia aveva iniziato a barcollare, e si concesse un ballo lento con André davanti agli sguardi divertiti di tutte le amiche. Quell’appartamento stava diventando sempre più simile ad una casa di piacere del secolo trascorso, pensava Hélène, benché non ne avesse mai vista una.
Fu a quel punto che Pascal, dopo aver messo su un vivacissimo disco di musica spagnola, prese stranamente ad osservarla; lo faceva in maniera impercettibile, apparentemente curiosa e leggermente divertita. La ragazzotta se ne accorse un po’ per caso, ed avvertì nuovamente un improvviso scatto nel ventre: non si sarebbe mai aspettata di venire nemmeno considerata, da lui; Jeanne, nel frattempo, continuava a danzare in modo sempre più goffo e ridicolo: aveva il vestitino lievemente scomposto ed una spallina che l’era scesa da un lato, rivelando a tutti quanti il fatto di non indossare alcun reggiseno.
Hélène non riusciva a capire che cosa le stesse accadendo, e mentre Pascal la guardava, un lungo brivido caldo la assaliva da cima a fondo; lo vide sorriderle in modo discreto, era la prima volta che accadeva, mentre faceva cenno di volerle servire del vino; la ragazzotta accettò senza pensare, le sue vane resistenze erano già cadute del tutto: sorrise in maniera un tantino innaturale, ma tanto bastò a far sì che quegli le si avvicinasse. Jeanne continuava intanto a ballare senza accorgersi di nulla, con espressione soave e divertita.
Pascal prese la parola, ed Hélène fu subito travolta dall’imbarazzo: “Non volevo dirtelo, ma mi dispiace molto per te, per quello che hai avuto … da tuo padre…”.
Fu un attimo interminabile per lei, che si era sforzata per molto tempo di mettere da parte l’imbarazzo e l’umiliazione di quella sera. Pascal aggiunse: “Non mi era mai successo di vedere nulla di simile, ti ha fatto davvero male credo…”, e mise su un’espressione apparentemente costernata del volto.
Hélène avrebbe voluto sprofondare, non riusciva davvero a dire nulla in quel momento, per sottrarsi a quella situazione così difficile ed inaspettata. “Spero solo che adesso sia passato tutto quanto…”, aggiunse, rivelando di possedere un pessimo sarcasmo; era infatti ovvio che a distanza di quasi tre mesi, non potesse esserle rimasta alcuna traccia visibile.
Hélène prese tutto il coraggio di cui disponeva, sorseggiò il suo vino per provare ad apparire disinvolta, ma non riusciva proprio a dissimulare il proprio travaglio e l’enorme disagio. Raccolse con fatica le parole, e disse: “Ti ringrazio, davvero”.
In quel momento Laurent stappò una bottiglia di champagne; erano le undici e un quarto ed era giunto il momento di iniziare a brindare. Hélène ne approfittò per alzarsi e rifugiarsi in bagno, dove poté rinchiudersi e rimirarsi per bene dentro lo specchio: il vestitino le stava a pennello, anche se sul braccio nudo aveva la pelle d’oca, e la vita sembrava improvvisamente scoppiarle. Si liberò e si sedette sulla tazza per fare la pipì, ancora tremava tutta quanta: e non capiva affatto, se fosse tutto e solo del semplice sudore, quello che poteva avvertire bene tra le gambe. La pelle rigonfia dei fianchi le usciva di fuori dappertutto sotto al vestito, come se volesse respirare, chiusa impacchettata dentro la stretta delle calze trasparenti.
Quando ritornò nella sala, dallo schermo della grande televisione accesa, si iniziavano a contare gli ultimi minuti prima della mezzanotte: ne mancavano solo venti. Furono versati altri bicchieri di champagne in un clima di grande baccano e goliardia, mentre la musica andava avanti.
Era confusa, non riusciva più a capire se quello che provava, fosse fastidio, disagio, o più semplicemente vergogna: ma certamente avrebbe fatto di tutto, pur di non trovarsi nuovamente invischiata in una situazione simile. Giunse la mezzanotte come una liberazione, a breve sarebbe potuta ritornare finalmente a casa. Pascal le sorrise nuovamente durante il brindisi, ma subito si distolse in un bacio appassionato e profondo nei confronti di Jeanne; le si era aggrappata tutta addosso, stravolta dal vino e dalle danze.
Nicole e Claudia inscenarono un ballo, riuscivano a malapena a stare in piedi, mentre tutti intorno a loro ridevano; dopo cinque minuti Pascal si alzò per cambiare il disco, mentre Jeanne provava invano a scegliere qualcosa di diverso, rovistando nella nutrita collezione di lui; fino al punto di rovesciarne un mucchio, di vecchi dischi, per terra.
In quell’istante il telefono di Hélène squillò: era sua madre, e probabilmente voleva sincerarsi che ella stesse bene e che tutto stesse andando secondo i piani; il grande baccano le avrebbe sicuramente impedito di parlare, oltre che poter suscitare non poca preoccupazione dall’altro lato del telefono. Ma il monolocale era piccolo ed apparentemente non vi era alcun luogo in cui potersi appartare; Hélène realizzò subito che l’unica possibilità era quella di chiudersi in bagno, e tenendo sempre nella mano il telefono mentre quello squillava, si avvicinò e fece per aprirne la porta.
Ma non sapeva affatto cosa l’attendeva; e quello che avrebbe veduto lì dentro, non lo avrebbe nemmeno lontanamente immaginato: Jeanne era seduta sulle ginocchia di Pascal, che a sua volta se ne stava tutto comodo sopra il coperchio chiuso della tazza; coi jeans completamente scesi in terra.
I due stranamente non dissero nulla né reagirono affatto nel vederla entrare lì nel bagno, sembravano completamente travolti dalla follia e dalla passione più irrefrenabile: la biondina aveva il lato posteriore del vestito alzato per bene, con la pelle nuda in bella mostra, mentre le mani del suo ragazzo la trattenevano salda per i fianchi; stava già rimbalzando sulle ginocchia di lui in maniera soffice, con la bocca socchiusa ed una strana espressione del viso.
Hélène arretrò istintivamente, era spaventata, ma subito udì la voce di Pascal dietro le spalle di Jeanne, tranquillizzarla: “No, non devi andartene …basta che non rispondi a quel coso”. Con terrore Hélène vide anche le minuscole mutandine nere, di morbido pizzo, che cingevano le caviglie dell’amica: era di fatto impossibilitata a muoversi, trattenuta dal suo ragazzo e paralizzata dallo slippino lungo le gambe.
Hélène mise una mano sugli occhi per non guardare, mentre sentiva la schiena ribollirle e la pelle tremarle per l’emozione e per la paura: era la prima volta in vita sua, che le capitava di assistere ad una scena di sesso; la sua amica esclamò balbettando: “…gi … girati, tu non puoi guardare…”.
E prese ad ansimare dolcemente, mentre le mani di Pascal continuavano a trascinarla in su e in giù, con maggiore forza e voluttà; Hélène per fortuna non aveva potuto intravedere nulla delle loro parti intime, dal momento che il vestito di Jeanne ricopriva completamente l’addome di lei; ma era del tutto evidente, come il suo ragazzo la stesse in quel momento già penetrando per bene, in maniera forte e decisa.
Hélène era in uno stato di grande ansia e di confusione, ma obbedì e si voltò, appoggiando ambedue i gomiti alla porta, con il telefono sempre stretto nel palmo della mano destra: aveva squillato una seconda volta, ma lei non se ne era resa nemmeno conto; non fece nulla, mentre udiva la sua amica ansimare penosamente, come se stesse montando lentamente in lei un’inesorabile sofferenza. Ebbe uno scatto dentro alla pancia più lungo ed intenso dei precedenti, e prese a vibrare tutta quanta, con i gomiti sempre appoggiati alla porta.
Pascal decise di aumentare il ritmo, e Jeanne corrispose con un tenero gridolino, quasi volesse dare conto di avere compreso la sua intenzione; Hélène lo udì ed iniziò a temere il peggio per sé stessa. Fu lì che Jeanne fece quello che lei non si sarebbe mai aspettata: allungò entrambe le mani fino ad appoggiarle in modo giocoso e perverso sul retro della gonna di lei; gliele affondò nel tessuto morbido di lanetta, avvertendo il segno netto delle mutandine, e la pelle rigonfia del sedere al loro interno: Hélène trasalì e spalancò gli occhi.
Ma non era che l’inizio, e subito dopo ella udì la voce roca di Pascal, che ansimando sussurrava: “Tirala su … forza…”.
Le mani di Jeanne erano incerte, ma si mossero lentamente ai due lati, ed iniziarono a trascinarle su il vestito, un poco alla volta; Hélène avrebbe voluto girarsi, divincolarsi e ribellarsi, ma qualcuno avrebbe potuto udirli dal di fuori, sarebbe stata una vergogna terribile. Lasciò allora che quelle mani facessero il loro dovere, e le sollevassero la gonna per intero, fino all’altezza dei fianchi: scoprendole nuovamente il didietro, fasciato dentro alle strettissime calze trasparenti.
Jeanne mosse furtivamente la mano destra infilandosela tra le cosce, mentre con la sinistra teneva su il vestito della sua amica, per non farlo rovesciare: i due, seduti sulla tazza, si ritrovarono così dinanzi a quella forma ovale così larga e sproporzionata, impacchettata sotto il nylon trasparente che apparentemente la soffocava; si intravedeva di sotto il triangolo casto della mutandina bianca, largo in cima e completamente stretto in fondo, dove si infilava nel mezzo.
Quella visione così penosa, a quanto pare causò una reazione incredibile nell’organo sessuale di Pascal; si irrigidì in modo del tutto inaspettato, divenendo in pochi istanti un qualcosa di mostruosamente rigonfio e duro, al punto da strozzarsi all’interno della vagina schiusa della sua ragazza.
Jeanne lo sentì per bene, e prese così ad ansimare sempre più forte, mentre lui la tratteneva e la sospingeva come una bambola di gomma, avanti ed indietro; Hélène taceva ed ascoltava, stava quasi scoppiando per il sudore e per il caldo.
La biondina spalancò la bocca e si inarcò ancora più in avanti, costringendo così il suo ragazzo a sollevarsi leggermente sulle ginocchia, per trattenerla infilzata con sé. Durò ancora pochi istanti, un paio di colpi ancora, e poi finalmente si udì Jeanne miagolare ed ululare come una bambina, travolta dall’impeto violento dell’orgasmo. Era stata vinta, e lasciò ricadere la gonna di Hélène al suo posto.
Questa non si rese nemmeno conto che Jeanne si era voltata e adesso completava l’opera con la bocca, e fu un gran bene che la ragazzotta non comprendesse né vedesse nulla di quanto accadeva, sarebbe stato davvero troppo per lei.
Udì solamente il rumore dei pantaloni e della cintura di Pascal mentre questi si risistemava le mutande; ed infine l’acqua del lavandino scorrere, mentre si andava ripulendo il pene sgonfio. Solamente a quel punto Hélène prese coraggio e si rivolse verso di loro, tutta quanta trafelata, trovandoli entrambi perfettamente rivestiti e finalmente appagati.
Jeanne le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia, ordinandole di uscire subito di lì e di non dire nulla.


Sesto episodio

Il corteggiamento di Maxime le aveva riempito il cuore di speranza per un paio di mesi; ma era oramai evidente, soprattutto dopo il prolungato silenzio di Edina e di suo fratello durante il periodo festivo, come tale corteggiamento fosse stato solamente un gioco inutile. Tuttavia, Hélène ci pensava spesso, e nemmeno poteva immaginarlo che la sua cameriera, nel frattempo, fosse stata dapprima sverginata da lui, e che lo avesse poi anche chiamato altre due volte.
Nessuno sapeva se lo avessero fatto di nuovo, ma sia Edina che Hélène avevano sicuramente notato alcuni cambi d’atteggiamento da parte di Maxime, ma anche della sciagurata ed imprudente cameriera; in particolare questa aveva preso a curarsi nell’aspetto, aggiungendo un minimo di eleganza alla sua irresistibile carica di femminilità.
La mattina del martedì Hélène rivide Jeanne per la prima volta dopo la serata di Capodanno: le amiche si incontrarono tutte quante sul presto, con la sola eccezione di Nicole, che quel giorno compiva i suoi quindici anni. Sonia aveva comperato un bellissimo regalo per conto di tutte loro, un apparecchio per ascoltare i dischi con le cuffie. Glielo avrebbero consegnato subito dopo le lezioni.
Le ragazze diedero a Sonia la loro parte, ed in quel frangente gli occhi di Hélène incrociarono quelli della biondina: ella le sorrise in modo sornione, sembrava tutt’altro che imbarazzata, mentre per conto suo Hélène era sempre più turbata e confusa; si domandava come mai Jeanne e Pascal avessero voluto giocare con lei in quella maniera, e si rese conto, che nulla sarebbe più tornato come prima.
All’uscita della scuola, mentre avveniva la consegna del regalo e tutti quanti si congratulavano con Nicole, Hélène rivide anche Pascal, mentre parcheggiava la sua moto a non poca distanza da loro.
Quest’ultimo avrebbe continuato ad ignorarla del tutto, per molte settimane. Come risultato di quegli accadimenti, Hélène era adesso nuovamente triste e sola: era stata dapprima derisa da tutti per essere stata punita durante la sua festa di compleanno, successivamente era stata presa in giro da Maxime, il quale aveva finto di corteggiarla; ed infine era stata oggetto di uno stupido gioco da parte della sua coppia di amici.
Eppure, lei Pascal continuava a desiderarlo; lo aveva veduto mentre faceva sesso con Jeanne, ed era stato completamente diverso da come se lo sarebbe immaginato: in quell’atto, Pascal le era apparso tutt’altro che gentile verso la sua ragazza, sembrava piuttosto un tipo perverso e sadico. La sua voce era stata roca e profonda, ben differente rispetto al frangente in cui le aveva rivolto la parola durante la festa.
E poi Hélène aveva intuito, quale fosse la forza che egli possedeva; doveva essere stato un amplesso molto doloroso per Jeanne a giudicare dal modo in cui quella mugolava.
Passarono alcune settimane, ma l’atteggiamento della biondina rimase lo stesso di quel loro primo incontro; le sorrideva sempre in modo divertito, sembrava apparentemente volerla deridere tutto il tempo. Qualcosa bolliva in pentola, ed Hélène avrebbe dovuto immaginarlo.
La mattina del sabato di San Valentino, proprio mentre tutte quante le ragazze si arrovellavano in un inutile piagnisteo, per il fatto di non avere nessuno con cui festeggiare, il telefono di Hélène squillò; ed era proprio il numero di Jeanne. Quest’ultima appariva del tutto priva di qualsiasi timidezza, e benché non avesse mai chiamato Hélène al telefono per moltissimi mesi, la salutò come se si trattasse della cosa più naturale del mondo.
La ragazzotta ristette, ma provò comunque a corrispondere in maniera gentile e educata, dicendo: “Ciao Jeanne, non immaginavo di sentirti, come stai?”; e quella replicò con tono leggermente sbrigativo: “Sto benissimo, grazie, e ho voglia di chiederti un favore”. Hélène non sapeva a cosa andasse incontro, né immaginava che tale richiesta fosse in qualche maniera legata alla festa di San Valentino. Domandò allora: “Quale tipo di favore?”.
Era semplicemente incredibile, ed assurdo. Pascal aveva chiesto a Jeanne, di portare Hélène con lei quel pomeriggio.
Domandò almeno tre volte di seguito, quale fosse la ragione: ma era un dialogo insensato, dal momento che era tutto tremendamente assurdo ed altrettanto evidente. I due volevano continuare a giocare con lei, ed Hélène sulle prime disse cortesemente di no, non ne comprendeva affatto il motivo. Ma Jeanne insisteva, e di fronte al continuo diniego della sua compagna, decise di adoperare argomenti ancora più persuasivi: “Io lo so, che Pascal ti piace, pensi forse che non me ne sia mai accorta, da come lo guardi …”.
Hélène prese a tremare tutta da cima a fondo, e ancora un attimo ristette in silenzio; la biondina riprese: “Devi quindi decidere, se non vuoi venire non ti inviteremo mai più”. Ed infine cambiando apparentemente argomento, le lanciò la provocazione di gran lunga più lacerante e fastidiosa: “Lo sai che a scuola tutti quanti ti chiamano culona…? Proprio così: mademoiselle Hélène Culona. Vuoi che raccontiamo a tutti quanti il vero motivo …della tua festa di compleanno?”.
Si ritrovò chiusa in camera sua, a prepararsi per uscire; era una situazione davvero surreale, in cui solamente due mesi addietro non si sarebbe mai neppure immaginata, di potersi ritrovare: Pascal era il ragazzo dei suoi sogni, e la aveva da sempre ignorata; ma adesso per qualche strana ragione, quegli la voleva incontrare assieme alla sua ragazza, e con ottima probabilità la sua intenzione era quella di giocare nuovamente con lei. Aprì il cassetto della biancheria intima, e subito lo richiuse pensierosa.
Pensò che avrebbe potuto indossare un paio di pantaloni, ma quei pochi che aveva la facevano sembrare una vera balena. I più eleganti erano azzurri e li aveva indossati solamente un paio di volte; li scelse provando ad immaginare come mai avrebbe potuto giustificarlo con sua madre, dal momento che si trattava di una scelta davvero inusuale.
Ma la sua amica le aveva rivelato, che tutti quanti a scuola la chiamavano in quel modo, culona. Era per lei come una sentenza, un giudizio inappellabile; e tutto per colpa di quella sciagurata festa di compleanno.
Il pantalone era talmente attillato, che si sarebbero sicuramente notati i segni delle mutandine; dovette pertanto rispolverare quelle col filino sul di dietro, le stesse che non aveva mai più indossato dopo quel giorno sfortunato; erano le mutandine che le aveva regalato Edina.
Scelse un paio di lunghi calzettoni neri, che le arrivavano fin sopra le ginocchia: si rimirò pertanto nello specchio, aveva una canottiera bianca un tantino stretta, il triangolo della mutandina sul davanti e le due calze nere che sembravano quasi dei collant; si volse di spalle e rivide di colpo la scena della festa, quando era ritornata in camera sua dopo le botte. Ebbe un fremito e nemmeno si rese conto, che con quei bei calzettoni e quella mutandina, benché la carne abbondante le uscisse di fuori da tutte le parti, il suo aspetto era a modo proprio, anche un tantino attraente e provocante.
Jeanne si era chiaramente accorta, che Pascal le piaceva, e quindi glielo aveva fatto notare; fu pertanto con grande imbarazzo, che Hélène salì sul tram diretta verso Le Carré.
Durante il breve tragitto, la ragazzotta pensava tutto il tempo a quello che le sarebbe potuto accadere; si ripromise più volte in modo solenne, che non avrebbe accettato di partecipare ad alcun gioco promiscuo con loro. E soprattutto, spergiurò a sé stessa che avrebbe immediatamente fatto ritorno a casa, in caso di pericolo.
Si sentiva scoppiare dentro ai pantaloni, e poteva avvertire benissimo il tessuto ricucito e spesso che la stringeva, sui glutei freddi e scoperti. Era la prima volta che provava una sensazione così strana: era come se fosse nuda essendo invece perfettamente vestita; faceva fatica ad abituarsi.
Scese dal tram ed imboccò la stradina in cui si trovava l’appartamento di Pascal; avrebbe potuto ripensarci e tornare subito a casa: ma intanto avanzava lentamente, e senza alcuna risoluzione fu davanti al citofono; Jeanne le aveva detto di suonare al numero nove, e così fece. La porta si aprì quasi istantaneamente, senza che nessuno dicesse nulla.
Al pianerottolo trovò Jeanne che l’attendeva, mentre la porta del monolocale di Pascal era ancora chiusa; la biondina era vestita con un tubino azzurro aderentissimo, senza cappotto e senza calze: era evidente come si fosse già acchittata per bene lì dentro, prima di uscire ad accoglierla. Sorrise ad Hélène e le confidò che Pascal l’aveva chiusa fuori di casa da dieci minuti, come punizione per essere stata una bambina cattiva. La ragazzotta ristette incredula, ma subito Jeanne le fece intendere che era uno scherzo.
Spinse la porta che si aprì, rivelando al suo interno una situazione di totale caos e disordine, ben differente rispetto alla sera di Capodanno. Pascal era seduto sul divano e guardava la televisione con un bicchiere di cognac in mano.
Hélène si tolse il cappotto grigio rimanendo con la sua giacchetta blu e la canottierina bianca tutta stretta di sotto; salutò Pascal non senza timidezza, e stavolta quegli le sorrise: sembrava soddisfatto di vederla lì in quel momento.
Aveva disposto due sedie nei pressi del divano, laddove la sera di Capodanno erano invece stati ammucchiati diversi pouf colorati. Invitò le ragazze a sedersi e a bere del cognac.
Hélène aveva come sempre, una gran paura di lasciarsi andare; la ragazzotta raccolse ancora una volta tutte le sue forze, e rifletté con attenzione: sarebbe stato solo il primo di una lunga serie di no, che ella avrebbe probabilmente dovuto proferire quel pomeriggio. Jeanne accettò invece di bere e si accese una sigaretta, mentre dalla televisione provenivano le immagini di un film, con il volume abbassato.
Hélène si volse e trasalì: si trattava incredibilmente di un film porno, nulla che avesse mai veduto prima. Un uomo di colore era alle prese con una donna non giovane dai capelli biondi; ristette e tacque, non sapeva come reagire a quella situazione inopinata e scabrosa. Ed ecco che finalmente apparve il pene di lui, che era di proporzioni enormi, perfettamente visibile in tutti i suoi dettagli; qualcosa che Hélène aveva solamente sbirciato su internet prima di allora.
Pascal notò la sua reazione, e le sorrise dicendo: “No, non siamo io e Jeanne!”; dopodiché si alzò e le chiese se volesse bere dell’aranciata.
La ragazzotta accettò, e lo fece unicamente per uscire da quell’incredibile momento di imbarazzo; Jeanne invece si volse verso la televisione e commentò: “Io non sono così grassa … e poi questa qua è veramente una vaccona…”.
Pascal consegnò il bicchiere con l’aranciata ad Hélène, e notando come avesse preso a tremare, le disse: “Mettiti a tuo agio, togli quella giacca se senti caldo …”.
Erano passati solamente venti minuti, e già la situazione si era terribilmente complicata lì dentro; Hélène, tuttavia, raccolse nuovamente il proprio coraggio, e provando con non poca difficoltà a cambiare discorso, domandò a Jeanne: “Che cosa vi siete regalati di bello per San Valentino?”.
Pascal prese l’iniziativa al posto della sua ragazza, e volgendo le mani verso un tavolino disposto a lato del divano, afferrò una piccola e nuovissima telecamera appena scartata; era ancora avvolta nel cellophane della scatola. “Ma è stupendo!” esclamò Hélène, domandando: “L’hai regalata tu Jeanne?”. Pascal ancora una volta non attese la risposta della sua ragazza, e disse: “Ce la siamo comperata assieme, nessuno di noi due ne aveva una”, e sorrise ad entrambe.
Hélène si tolse la giacca e l’appoggiò su un bracciolo del divano, rimanendo così nella sua canottierina; i pantaloni azzurri la tiravano tutta, fino giù alle ginocchia. Faceva sempre verso di ignorare la televisione, ma era difficile resistere, dal momento che Jeanne di tanto in quanto si voltava e sorrideva. Pascal continuava nel frattempo ad armeggiare con la telecamera, provando ad accenderla.
“La sta sfondando!” esclamò Jeanne ridendo; ma non si riferiva affatto alla telecamera, quanto piuttosto alla donna bionda del film; della quale si poteva intanto ammirare un dettagliato primo piano del pube, ripreso dal basso.
Si vedeva la peluria bionda in mezzo alle gambe divaricate, e la massa nera che entrava e usciva nel mezzo, senza sosta.
Pascal inserì una cassetta dentro alla telecamera e collegò il filo alla presa di corrente; un suono impercettibile rivelò che finalmente si era accesa. La prima ripresa fu proprio di Hélène, che facendo segno di no con la mano, volgeva le spalle al televisore con grandissimo imbarazzo.
“Funziona”, esclamò ad alta voce; Jeanne allora si distolse repentinamente dal film, e girandosi nuovamente verso di loro, rispose: “Perfetto, allora posso andare a cambiarmi!”. Hélène rimase attonita, non aveva capito ancora nulla.
“Questo adesso lo spegniamo”, aggiunse Pascal, mentre col telecomando poneva fine in un solo gesto, allo strazio interminabile della donna bionda. “Adesso il film possiamo girarlo da soli”, e si mise a ridere in modo irruento. Hélène trasalì, poiché finalmente aveva compreso il motivo per cui era lì, la strana ragione per cui era stata invitata in quella circostanza di San Valentino.
“Forse … forse, potrei andarmene e lasciarvi da soli” biascicò a bassa voce verso Pascal, per non farsi sentire da Jeanne, la quale nel frattempo si era verosimilmente chiusa in bagno. La risposta di quest’ultimo fu perentoria: “Neanche per sogno, abbiamo bisogno di te, che tu ci riprenda”; “Ma, ma io non so nemmeno come si fa…”, provò a replicare lei.
“Te lo faccio vedere io come si fa …”, le disse Pascal, sorridendole; e la invitò ad accomodarsi sul divano; Hélène dapprima ristette un attimo, poi si mosse goffamente con grande imbarazzo verso di lui. Gli occhi marroni del ragazzo di Jeanne la scrutavano da cima a fondo, mentre lei si ergeva nei suoi pantaloni azzurri mostrando una metà inferiore opulenta e grassa, stretta ed impacchettata per bene; si piegò nuovamente sulle ginocchia rimanendo di lato, evitando accuratamente di esibire il proprio profilo posteriore.
Finalmente quegli le porse la telecamera, pregandola di non staccare ancora il filo della corrente; le suggerì di provarla, era molto più semplice di quanto potesse inizialmente apparirle: fu così che il volto ambiguo e un po’ sarcastico del ragazzo della sua amica, colui che ella desiderava così tanto, veniva immortalato per la prima volta proprio da lei.
Provò un senso strano di fatalità, in quegli istanti; non poteva essere un caso, che ci fosse lei seduta lì accanto, invece che Jeanne; poteva quasi avvertire un assurdo sentimento di complicità verso di lui, mentre quegli prendeva a scolare quel che rimaneva nel suo bicchiere di cognac. Erano soli già da qualche minuto.
“Preparati”, le disse Pascal staccando finalmente il filo della corrente; poi aggiunse: “Già lo sai che cosa devi fare…”.
Hélène rispose a bassa voce: “Non ditelo a nessuno, per favore…”; allorché Pascal la raggelò replicando: “Pensi che …se tuo padre lo venisse a sapere…”. La ragazzotta si alzò nuovamente in preda al panico; era bastata una stupida battuta a cancellare del tutto quell’inopinato senso di complicità che aveva provato pochi istanti prima.
Pascal abbassò le serrande ed accese una lampada da tavolo, poi ne mosse il braccio per illuminare meglio il divano; a quel punto si sbottonò la camicia, gettandola più in là e rimanendo in una canottiera grigia aderente: aveva una muscolatura robusta, frutto delle lunghe ore di lavoro nella panetteria; la barba incolta ed un leggero sudore della fronte lo rendevano ancora più attraente, sembrava un operaio alle prese con gli impegni della propria fabbrica. Sistemò meglio una larga coperta grigia lungo tutto quanto il divano.
La voce di Jeanne risuonò da lontano, ammonendola: “Riprendimi per favore solamente da dietro”; la ragazzotta annuì, ed intanto osservò la telecamera, tutto era pronto.
Jeanne fece il suo ingresso vestita unicamente in un completino succinto di intimo bianco, a piedi nudi; il reggiseno aveva le spalline sottili ed un generoso balconcino sul davanti, mentre le mutandine erano sottilissime sul didietro. In quell’istante Hélène si rese conto, che la sua amica era leggermente più abbondante di quanto potesse apparire quando era vestita, soprattutto all’altezza dei fianchi: spinse il bottone con il pallino rosso, e le giovani terga bianchissime di Jeanne, mentre si muoveva sculettando come un’oca, furono anch’esse immortalate sul nastro.
Pascal la attendeva sul divano, mentre quella avanzava a passi cadenzati, con le mosse sensuali di una danza; quando poi giunse a meno di un metro da lui, quegli allargò le braccia, come per dirle di fare tutto da sola. Hélène era ferma in piedi alle spalle di lei, e vide benissimo il filino della mutandina bianca, piegarsi avanti assieme alla lunga chioma bionda: la sua amica si era inginocchiata ai piedi di Pascal.
Mentre osservava la mutandina di Jeanne, la ragazzotta realizzò di sentire nuovamente quel sudore caldo, in mezzo alle gambe: era la stessa identica sensazione, della volta precedente in bagno; avvertì il filo della propria mutandina, che in quel momento non le dava alcun tipo di sollievo.
Jeanne mosse ambedue le mani verso i pantaloni di Pascal, armeggiando dapprima con la cintura, e successivamente con la cerniera lampo. Hélène non sapeva cosa fare, ma si spostò leggermente di lato, e vide quello che non avrebbe dovuto affatto vedere: il sesso di Pascal era lì nel mezzo, esposto per bene; largo e tozzo, anche se decisamente meno lungo rispetto all’uomo di colore del film. Jeanne mosse furtivamente la mano destra, e prese dolcemente a coccolarlo, giocando con la sua base e schiudendolo un poco alla volta. Hélène chiuse gli occhi per un istante.
Quel coso improvvisamente prese forma, erigendosi davanti alla telecamera che lo riprendeva; non era eccessivamente lungo, ma Jeanne poteva adesso concentrarsi sulla sua parte inferiore, stringendolo e muovendolo in maniera più convinta: lo stava masturbando.
Stavano recitando, ed Hélène come una vera stupida, era la loro spettatrice. Si erano imposti di non parlare e di non dire nulla per non rovinare la scena, e questo silenzio rendeva il copione ancora più serio e severo.
Hélène iniziò a tremare, ma provò a contenersi, non voleva dare affatto a vedere di essere emozionata; ad un certo punto Pascal afferrò con vigore il braccio destro di Jeanne, quello che lei stava adoperando per masturbarlo, e la fece sollevare tutta quanta in piedi dinanzi, nel suo completino bianco.
In un attimo le afferrò con ambedue le mani, l’elastico delle mutandine, e gliele abbassò con un gesto talmente deciso, che quella se le ritrovò all’altezza delle ginocchia quasi senza rendersene conto. Ordinò quindi alla sua ragazza di sfilarsele via del tutto, cosa che Jeanne fece senza difficoltà, muovendo le caviglie con le consuete grazia ed eleganza.
Le riprese il braccio destro, invitandola senza tanti preamboli, a sedersi sopra di lui.
Hélène aveva dimenticato completamente le disposizioni di Jeanne, e adesso si era spostata silenziosamente di lato, riprendendoli in questa maniera, precisamente di profilo.
Il pene di Pascal era sempre eretto, pronto per l’amplesso: Jeanne a quel punto acconsentì senza alcuna resistenza, e trascinata giù per un braccio, finì affondata con entrambe le ginocchia dentro le pieghe del divano, sul morbido tessuto grigio, con la bellissima chioma bionda reclinata in basso. Inarcò la schiena all’indietro e chiuse gli occhi, mentre Pascal aveva preso a maneggiarselo in mezzo alle sue cosce bianche con veemenza.
Un attimo solo, ed improvvisamente un gridolino stridulo ruppe del tutto quel prolungato e assurdo silenzio: era stata infilzata per bene.


Settimo episodio

Quella volta, la torta con le candeline era stata preparata unicamente per lei. Floreanne ringraziò piangendo, era diventata maggiorenne senza nemmeno immaginare che cosa potesse significare. Era una donna, innamorata e sciagurata come tutte le donne del mondo, e da quel giorno sarebbe stata padrona della sua vita e del proprio destino.
La signora Dominique aveva avuto pietà di lei, e dopo averle dato il battipanni per l’ultima volta, aveva rinunciato fin da subito al proposito di licenziarla; era una povera ragazza orfana venuta dal Marocco in età infantile, e li aveva serviti per molti anni senza praticamente mai uscire di casa.
Adesso era una bella diciottenne mulatta, con i lunghi capelli neri legati ed un fisico prorompente; sembrava quasi un’antica odalisca, con le labbra carnose ed i seni sporgenti.
Il signor Eric era come al solito assente; dopo Capodanno i suoi viaggi di lavoro si erano intensificati, e le quattro femmine di casa si ritrovavano sempre più spesso da sole.
Il regalo di compleanno per la cameriera era un bellissimo telefono, che le avrebbe finalmente consentito di chiamare Maxime tutto il tempo; inoltre sarebbe potuta uscire liberamente di casa, per un pomeriggio alla settimana, a patto che vi rientrasse sempre prima di cena.
Ma il pasticcio era stato già consumato, ed Hélène assieme a Edina lo vennero a sapere solamente dopo una decina di giorni, nella maniera più inattesa e drammatica mai possibile: Floreanne era rimasta incinta, e ad ingravidarla non poteva essere stato che Maxime.
La notizia gettò entrambe le famiglie in uno stato di grande agitazione; Hélène vide quel ragazzo che apparentemente l’aveva corteggiata, improvvisamente comparire diverse volte in casa sua; accompagnato anche dal padre, che era un uomo severissimo con la barba, un insegnante d’altri tempi.
Assistette anche all’incontro tra quest’ultimo, ed il signor Eric: i due uomini, di età e stazza assai differenti, avevano in comune solamente il vestito elegante e la loro serietà.
Mentre parlavano nella veranda, con la porta a vetri completamente chiusa, Hélène realizzò in modo del tutto inopinato, come entrambi avessero in passato adoperato la loro mano destra, per sculacciare le rispettive figlie e figliastre. Avevano entrambi le mani grandi, ed avevano così fatto piangere due ragazzine, due compagne di banco, lasciandole umiliate e segnate per sempre.
Si distolse a fatica, rientrando in camera sua e provando a non pensarci, ma l’immagine di quei due uomini severi in piedi nella veranda, non la abbandonava: ebbe un fremito nel pensare, cosa mai potesse significare per una ragazza, essere punita da due uomini contemporaneamente.
Floreanne, nel frattempo, era divenuta un’altra persona: poche settimane erano bastate per cambiarla del tutto; sembrava agli occhi di Hélène, una donna finalmente matura, alle prese con mille premure e preoccupazioni. A tratti la ragazzotta avvertì quasi un insano istinto di gelosia, nei suoi confronti. Maxime da parte sua, appariva invece estremamente incerto ed impreparato, e non si dava nemmeno conto di salutarla quando la incontrava.
Sicuramente lui e Floreanne erano ancora tremendamente attratti l’uno dall’altra, e la cameriera non aveva certamente messo da parte la propria femminilità; ogni tanto si ritrovavano da soli e continuavano a fare sesso in maniera irruenta, senza freni; ma Maxime non era assolutamente pronto per diventare un genitore, e ci volle tutta quanta la pazienza e l’insistenza delle due famiglie per scongiurare l’eventualità di un possibile proposito d’aborto.
Quegli avvenimenti avevano rimosso dalla mente confusa di Hélène, i fatti accaduti nell’appartamento di Pascal durante lo scellerato pomeriggio di San Valentino; era come se quegli istanti di perversione, fossero stati relegati per sempre in un angolo della sua memoria, in un passato ormai lontano.
Ma il venti di marzo il telefono di Hélène squillò nuovamente, di sabato mattina; più di un mese era trascorso dalla volta precedente, e la voce di Jeanne ruppe da subito ogni indugio: “Pascal mi ha ordinato di chiamarti. Dice che il film è venuto malissimo e che quindi devi correre subito da lui”; dopodiché si mise a ridere in modo esagerato. Hélène provò a rifiutare una volta ancora, ma sentì la voce della sua amica montare lentamente in una specie di collera; le disse: “Non puoi rifiutarti Hélène, hai iniziato una cosa e la devi finire: Pascal è molto arrabbiato con te”. Alla fine, la ragazzotta acconsentì con un sentimento ben diverso rispetto alla volta precedente: quel giorno piuttosto che paura, provava unicamente e semplicemente, tantissima vergogna; si era oramai consegnata a loro per farsi sfruttare, e lasciarsi prendere in giro come una povera stupida. Scelse una strettissima gonna di raso scuro, che la fasciava per intero tutto attorno ai fianchi, e vi aggiunse un’elegante camicia bianca di seta abbottonata fino al collo.
Era mai possibile, che Hélène fosse tanto stupida, da vestirsi in quel modo e truccarsi, per andare a servire la sua coppia di amici riprendendoli con la telecamera? La risposta era tutta nel sentimento che provava: si sentiva goffa e ridicola di fronte a loro, e questa sensazione le causava in realtà un brivido nascosto, quella stranissima specie di sudore in mezzo alle gambe, che sempre più spesso la paralizzava lasciandola completamente senza fiato.
Anche Jeanne si era preparata a lungo, provando a dare il meglio di sé: aveva optato per una bellissima guêpière di pizzo nero, combinata con due sottilissime calze autoreggenti lunghe poco oltre le ginocchia; le mutandine quel pomeriggio erano rimaste dentro il cassetto.
Un succinto vestitino bianco, sotto il cappotto di colore azzurro chiaro, nascondeva in maniera elegante e ricercata, tutte quante le sue delizie. Le due ragazze si incontrarono a metà strada, e presero il tram assieme.
In quel momento la biondina le fece una rivelazione del tutto inattesa, che Hélène accolse non senza un piccolo senso di rivalsa: sembrava che il suo Pascal le avesse messo le corna con una ragazza più grande; la carne è debole, e lui l’aveva tradita con una grassona che lavorava nella panetteria, le rivelò Jeanne con tono di voce monocorde, senza spiegare in quale maniera potesse esserne venuta a conoscenza.
Hélène l’aveva invidiata per il suo Pascal, ma a pochi giorni di distanza dal loro primo anniversario, quella storia stava già inesorabilmente traballando; Jeanne sembrava triste ma non del tutto rassegnata, era ancora innamorata di lui.
La sedia di fronte al divano era stata disposta di lato, con un comodo cuscino sul davanti; Pascal si lamentò infatti, che la precedente ripresa era stata eseguita con mano malferma, e pertanto ordinò ad Hélène di appoggiarsi alla sedia con la telecamera stretta nelle mani, per tutto quanto il tempo. Avrebbe dovuto adoperarne lo schienale per accomodarvi i gomiti, standosene in ginocchio sopra il cuscino.
La ragazzotta ristette, ma comprese subito come quegli intendesse alzare la posta in gioco; non era più soddisfatto del semplice fatto che lei li osservasse, ma voleva addirittura trattarla come una serva taciturna e obbediente. Ebbe un attacco improvviso di tremore; si capiva benissimo che era scossa ed emozionata fino al punto da impallidire tutta.
Chiese di poter andare in bagno, e si chiuse dentro guardandosi nello specchio. Che cosa mai era quel sudore in mezzo alle gambe? Sollevò la sua gonna di raso trascinandosela lungo i fianchi, e con molta fatica abbassò le calze, sfiorando con le dita la superficie bianca delle mutandine di cotone: erano bagnate, e nella testa avvertiva un senso di trasporto mentale mai provato prima; fece rientro nella sala e vide subito che la telecamera era stata disposta sulla sedia per lei, mentre Pascal e Jeanne erano già passati all’azione, senza attendere che lei uscisse dal bagno.
Si erano spogliati completamente, e i loro vestiti giacevano per terra ai piedi del divano: adesso la guêpière della biondina le fasciava la schiena, e le calze autoreggenti le lasciavano libere le parti morbide laddove le mani di Pascal potevano affondarla. Quest’ultimo era seduto sotto di lei, con il pene rigonfio e fradicio di umori in piena vista, che l’emergeva vivo dietro il sedere; Jeanne adesso muoveva dolcemente le natiche bianche trattenendolo tutto fermo nel mezzo, in posizione verticale. Era davvero enorme.
Hélène sentì i bollori che le scoppiavano dentro, mentre uno scatto fortissimo le mosse la pancia: avrebbe voluto liberarsi ma le calze la costringevano in modo penoso.
Non sapeva cosa fare, ma alla fine come un automa, prese in mano la telecamera poggiando ambedue le ginocchia sulla sedia; il cuscino le diede conforto, mentre spingeva ancora una volta, il bottone con il pallino rosso.
Appoggiò i gomiti allo schienale, e si dispose meglio, con il dorso piegato leggermente in avanti; Jeanne, nel frattempo, aveva abbracciato il suo ragazzo, senza mai smettere di muovere il sedere in quella maniera strana e scomposta.
Hélène non poté fare altro che concentrarsi sulla vista di quel pene tanto gonfio ed eretto: la parte in cima era umida e liscia come una ciliegia; mentre alla base invece, troneggiavano due testicoli rotondi e larghi, che giacevano sul tessuto grigio del divano appoggiati in mezzo alle due gambe divaricate. Hélène sentì il sudore che la soffocava.
Ristette e provò a ricomporsi, ma a quel punto la telecamera le cadde di mano rotolando sul tappeto; Pascal la osservò senza dire nulla, e la ragazzotta incredibilmente ne rimase stupita: avrebbe forse voluto essere redarguita per questo.
Raccolse la telecamera, mentre sotto alla gonna si sentiva la carne rigonfia scoppiare; si rimise nella stessa posizione inarcando ancor più la schiena. In quell’istante aveva iniziato a capire meglio, quale fosse il suo ruolo e perché fosse lì.
Spinse nuovamente il bottone con il pallino rosso, e si impose di rimanere immobile per tutto il tempo, disposta sulla sedia con i gomiti appoggiati allo schienale; qualsiasi errore avesse compiuto, Pascal avrebbe potuto decidere di punirla quel giorno stesso. Non si rendeva nemmeno conto di quanto fossero assurdi i suoi pensieri, ma intanto osservava il pene rigonfio di lui, e provava un senso di abbandono e di umiliazione incredibile: solamente durante la festa di compleanno, si era sentita trattata in quel modo.
Assistette alla penetrazione di Jeanne senza spostarsi di un centimetro, ed ammirò i movimenti delicati della sua amica, mentre impacchettata nella sua guêpière e nelle bellissime calze nere, saliva e scendeva sopra il bastone che le stava conficcato dentro, come una trave di legno.
Pascal si fece perdonare del suo presunto tradimento, continuando a prenderla in quel modo, massaggiandole i seni bianchi che la stessa Jeanne aveva estratto dal balconcino con grande generosità. Andarono avanti per diversi minuti, respirando e godendo assieme come fossero stati una carne sola; del tutto noncuranti della loro amica che se ne stava inginocchiata sulla sedia, alle loro spalle.


Ottavo episodio

La primavera era arrivata, alternando giornate bellissime ad altrettanti pomeriggi di pioggia e freddo. La situazione a scuola si era complicata non poco per Hélène, la quale aveva stranamente smesso di studiare con la stessa convinzione di un tempo: era con ottima probabilità una conseguenza della grande confusione che aveva nella testa.
Aveva veduto la sua coppia di amici fare sesso per ben tre volte, ed aveva compreso benissimo cosa significasse per lei, osservarli ed essere umiliata da loro; non riusciva a pensare a null’altro, e anche Jeanne se ne era perfettamente accorta.
La trattava davvero come una stupida, evitando con lei qualsiasi tipo di discussione seria, quando erano nei corridoi della scuola; la biondina si era riappacificata con Pascal, il quale le aveva anche donato un braccialetto bellissimo, per il loro primo anno di fidanzamento. Il tradimento poi, era stato liquidato come un fatto insulso e privo di significato, consumato in fretta nel retro della panetteria, prima dell’apertura del negozio; Jeanne gli aveva creduto, mettendo così da parte qualsiasi forma di rancore.
Nel frattempo, Floreanne e Maxime si sentivano ogni giorno al telefono, in attesa di conoscere il futuro del proprio bambino; ne avevano anche scelto il nome: si sarebbe chiamato Nicolas oppure Maira, a seconda dei casi.
Sonia da parte sua, aveva compiuto diciassette anni proprio ad aprile; continuava a frequentare in modo assiduo André, il quale era divenuto per lei una specie di accompagnatore fisso: la portava in giro per tutta la città, a fare compere o semplicemente al bistrot oppure al cinema; non c’era davvero nulla tra di loro, ma lei approfittava della sua gentilezza anche in maniera un po’ sfacciata.
Nicole, che era sua cugina, la provocava di continuo facendo domande più o meno esplicite sul conto di André: ma quella replicava sempre in modo vago e ironico; eppure alla sua veneranda età, avrebbe già dovuto avere un fidanzato.
Edina, nel frattempo, aveva preso ad aiutare Hélène nello studio, recandosi assai spesso a casa sua per fare i compiti della scuola assieme: le due compagne di banco erano così divenute, amiche del cuore autentiche, e la vicenda tra Maxime e Floreanne le aveva rese ancor più vicine.
L’arrivo della primavera le aveva anche spinte a cambiare del tutto il proprio guardaroba; senza dire nulla alla madre, Hélène aveva fatto spesa con Edina alle Galeries, comperando tutto ciò che le occorreva ed anche qualcosa in più. Il cassetto della biancheria intima della ragazzotta si riempì infatti di mutandine sottili e reggiseni con il balconcino, di vari colori. La signora Dominique si accorse che alcune banconote erano sparite dal suo portafogli e rovistando nei cassetti della figlia, poté constatare le novità.
Prese Hélène da parte con aspetto leggermente severo e le disse: “Ho visto che hai prelevato diversi soldi, e ho visto che cosa hai comprato … non sei ancora una ragazza tesoro, ma forse è arrivato il momento di dirti due parole, sugli uomini e su come funziona il mondo”. Non poteva nemmeno immaginare, ciò che Hélène aveva già imparato.
La mattina di un giovedì, all’uscita della scuola, Pascal non c’era; Jeanne si avvicinò alla sua compagna con il solito sorriso sornione, e le disse: “Mi ha chiamato e ci sta aspettando, telefona a tua mamma e dille che hai da fare”.
Hélène era sempre puntuale e non voleva affatto abusare della pazienza della madre; nelle ultime settimane era finita sotto osservazione per via dei risultati scolastici, e delle spese per il proprio guardaroba. Disse di no con garbo, ma in cuor suo sapeva che non sarebbe bastato, e che avrebbe ceduto.
Concordò unicamente con la sua amica, di tornare a casa per cambiarsi, dal momento che non si aspettava quella proposta e che non aveva indossato nulla di speciale. Jeanne sulle prime si mise a ridere, ma poi la affondò dicendo: “Voglio rivedere quello slippino provocante della tua festa, oggi quel coso ce lo mostri di nuovo, vero?”. Si riferiva evidentemente, non tanto alle mutandine, quanto al loro non troppo nobile contenuto, e la battuta non piacque affatto ad Hélène.
La biondina abitava piuttosto lontano, ed allora scelse di accompagnare l’amica fin sotto casa, avrebbe atteso nei pressi che lei si cambiasse. Hélène salì le scale senza dire nulla a sua madre, ma fu proprio quest’ultima ad interrogarla mentre era sulla porta di camera sua; le domandò dove avesse intenzione di andare dal momento che era rincasata da poco. La scusa che Hélène aveva preparato non la convinse affatto; le aveva raccontato di dover incontrare Jeanne e Nicole per andare a comperare un regalo per Sonia. La signora Dominique avrebbe successivamente scoperto, sbirciando nel diario della figliola, che quel compleanno era già trascorso da tre giorni; avrebbe preso nota della bugia e ne avrebbe parlato col signor Eric.
Noncurante del pasticcio in cui si era cacciata, Hélène aprì il cassetto della biancheria intima; le sovvenne l’urticante richiesta di Jeanne, di indossare le stesse mutandine della festa, e decise solennemente che non l’avrebbe fatto. Ma ne scelse un paio nuovo, bianche e caste sul davanti, con un filino che si allargava in due curve leggiadre all’altezza della vita, dalla parte del sedere: lasciandolo così completamente libero ed esposto allo sguardo.
Vi aggiunse una gonna di tessuto grigio chiaro che la fasciava tutta quanta, e per la prima volta in quella stagione, decise di non indossare per nulla le calze; era infatti una giornata caldissima di pieno sole. Per completare il tutto, optò per una camicetta ed una piccola giacca di colore bianco. Si era resa tutto sommato abbastanza elegante.
Jeanne lungo la strada le sorrise; stava seduta su una panchina con le gambe accavallate ed il telefono all’orecchio; aveva portato i propri vestiti di ricambio nello zaino: non appena Hélène se ne rese conto, realizzò di essere stata presa in giro ancora una volta; era abbastanza ovvio, infatti, come Jeanne si fosse preparata per quell’incontro fin dalla mattina.
Mentre erano in tram, Hélène osò comunque domandarle quale fosse il perché, di quella richiesta inattesa; la biondina rispose senza esitare, dicendole a bassa voce: “Non lo facciamo da domenica, e stamattina c’era di nuovo la grassona che gli ronzava attorno … mi ha telefonato dicendomi che aveva una necessità impellente, di vedermi”.
Trovarono non una, ma due sedie disposte davanti al divano, leggermente girate l’una di fronte all’altra; la luce era bassa ed un disco di musica jazz faceva il resto, rendendo l’ambiente soffice ed intrigante. Lui le accolse vestito unicamente nei pantaloni della tuta, era già a torso nudo.
Quando Hélène lo vide, con il petto leggermente muscoloso in bella mostra, ebbe l’ennesimo scatto dentro il ventre, e si rese conto di quello che provava: era un istinto forte ed irrefrenabile; osservò la sedia sulla destra, e vide che la telecamera era stata disposta per bene, nei pressi del cuscino.
La signora Dominique, nel frattempo, stava parlando al telefono col signor Eric; aveva appena appreso che quegli si sarebbe trattenuto a Bruxelles per una notte ancora, e sarebbe stata la terza di fila.
Dopo avere affrontato le faccende ordinarie, intraprese il discorso relativamente ad Hélène. Gli riferì di quanto aveva trovato nei suoi cassetti, del suo strano comportamento nella circostanza di quel pomeriggio; infine, gli diede conto della bugia che la figliola le aveva raccontato.
Il signor Eric commentò in modo asettico, sussurrando per non farsi sentire, dal momento che si trovava in un luogo di lavoro: “Secondo me, anche tu adesso dovresti farlo… so che è tua figlia … ma se non lo fai, in modo deciso, poi sarà troppo tardi per correggerla”.
La moglie scosse il capo, e rispose: “Proverò a parlarle”.
“Sai se si vede con qualcuno?”, riprese il signor Eric; e la moglie rispose scuotendo nuovamente la testa: “Ho controllato il suo diario e non ho visto niente di diverso o di strano”. Poi aggiunse: “Ma non mi piace affatto quella sua amica, Jeanne; non so realmente dove stessero andando, e non capisco per quale motivo Hélène si sia dovuta cambiare prima di uscire; certamente non dovevano comperare nessun regalo perché il compleanno della loro compagna è già passato; era stranamente imbarazzata e misteriosa”.
“Telefona alla sua amica tra un’oretta, ti dirò come si fa a non far riconoscere il numero… se poi è tutto tranquillo, le dirai che il telefono di Hélène non rispondeva”.
Pascal nel frattempo stava istruendo Hélène, nell’attesa che Jeanne uscisse dal bagno; la ragazzotta si era già accomodata in ginocchio sulla sedia con la telecamera in mano, perfettamente ubbidiente, mentre lui se ne stava seduto tutto sbracato nel bel mezzo del sofà col suo bicchiere. Le disse: “Oggi dovrai riprendere me e Jeanne su quella sedia di fronte… senza mai spostarti di un millimetro; voglio una ripresa in cui siamo disposti a tre quarti”.
Si alzò in piedi per inclinare meglio quella sedia, ed allora Hélène ebbe un sussulto. “Non ti muovere, per nessuna ragione!” la redarguì; la ragazzotta a quel punto, lo vide spostarsi di lato, finché non fu quasi in piedi alle sue spalle.
Si sentì sprofondare in qualcosa di sordido e pericoloso; Pascal le stava osservando il didietro, esposto come in tenera offerta verso di lui, e fasciato dentro la gonna grigia, attillata e strettissima. Poteva quasi sentire il calore del suo sguardo che la ricopriva, una vergogna davvero indicibile.
Per fortuna Jeanne, uscì dal bagno in quell’istante, ed era davvero bellissima. Indossava una minigonna vertiginosa di velluto scuro, ed una blusa grigia; le scarpe col tacco erano lucide ed eleganti, e la rendevano leggermente più slanciata ed altera; i capelli biondi le ricadevano lungo la schiena, mentre avanzava muovendo le terga in modo provocante.
Era pronta per fare sesso, ed Hélène avvertì in quell’istante, un divario davvero profondo verso di lei; la biondina era già una donna, sicura di sé e padrona dei propri movimenti: camminava sui propri tacchetti, sapendo perfettamente che di lì a poco, sarebbe stata abusata dal suo ragazzo, senza provare apparentemente alcun tipo di timore.
Hélène invece se ne stava inginocchiata sulla sedia, tremando come una foglia e muovendo la schiena. Volgeva il retro della gonna verso Jeanne e Pascal, che la guardavano ammiccando; era davvero una stupida, con la telecamera in mano e con le ginocchia sul cuscino, in quella posizione un tantino goffa ed esagerata. Era il loro zimbello, e lo sapeva.
Pascal prese per mano Jeanne e la fece accomodare a sua volta sulla sedia, poi si dispose in piedi alle sue spalle. Le rovesciò la minigonna scoprendole un perizoma nero di dimensioni ridottissime, che le tagliava il sedere a metà.
Glielo tirò giù fin sotto le cosce, lasciando subito intendere senza equivoci, quali intenzioni avesse; Hélène si rassettò sulla sedia, e spinse il solito bottone con il pallino rosso.
Non aveva ancora veduto Pascal nudo in posizione eretta; quegli si tolse frettolosamente i pantaloni della tuta, e rivelò di essere già tremendamente eccitato: le ginocchia e gli addominali erano rigidi e nodosi, proprio come il pene che usciva di fuori, duro e deciso, pronto all’atto sessuale. Jeanne gli sorrideva e muoveva i capelli, come una bambina ignara del proprio destino, piegata a carponi sulla sedia.
Hélène tremava con la telecamera in mano, avrebbe voluto fare qualcosa per liberarsi; ora contemplava il membro di Pascal rivolto verso Jeanne, eretto in tutta la sua dimensione. Per la prima volta nella sua vita, comprese fino in fondo di essere eccitata, ed il sudore in mezzo alle gambe le apparve nettamente come un fremito della vagina.
Si vergognava, ma non aveva davvero alcuna possibilità di evitarlo; sotto alla mutandina sottile, ed in mezzo ai glutei bianchi e molli, la fessurina si andava lentamente schiudendo, lasciandola inerte ed indifesa di fronte a Pascal.
Quegli strinse i fianchi morbidi di Jeanne, disponendola meglio, mentre quest’ultima si rassettava osservando in silenzio il divano; poi afferrò il pene schiudendolo ed avvicinandolo alle cosce di lei: il pube della ragazza era rivolto in alto, rotondo come una noce.
Le appoggiò il pene tra la peluria profumata, era pronto.
Spinse e subito le fu dentro, causandole uno spasimo, e trascinando Hélène con loro.
Iniziò a cavalcarla, sovrastandola con la mole dei suoi muscoli, fino al punto da nasconderla; Hélène vedeva il busto ed i capelli biondi della sua amica, mentre quella si scuoteva in avanti e indietro, sbattuta come un oggetto inerte. Ad un certo punto Pascal arretrò con la schiena, scoprendo i fianchi ed il profilo della ragazza prona, tutta stretta dalla presa delle sue dita. La affondava e la schiacciava, squassandole il ventre.
Il telefono di Jeanne squillò dentro alla sua borsetta, proprio mentre la biondina prendeva lentamente ad ansimare per il piacere; nessuno rispose, ma dopo pochi istanti la madre di Hélène chiamò per la seconda volta. Allora Pascal estrasse il pene innervosito, e si mosse verso il divano per prelevare il telefono dalla borsetta della sua ragazza.
“È un numero sconosciuto” disse lui; Jeanne rimase con la schiena inarcata, come una capretta bloccata sulle caviglie. Pascal rispose ed udì la voce della madre di Hélène, stupita e meravigliata; quella domandò: “Non è il telefono di Jeanne? Stavo cercando mia figlia”.
Il ragazzo replicò di getto, senza pensare: “Sua figlia è in ginocchio sulla sedia, si sta divertendo un mondo”.
Hélène non si rese conto di nulla, e continuò a riprenderli per tutto il tempo; vide Pascal che sbatteva Jeanne con una forza inaudita, ed alla fine abusò anche dell’ano della sua ragazza, sfondandola apparentemente senza alcuno sforzo.
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