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Diario Desideri Marzo 2005


di HeleneHoullier
14.01.2024    |    239    |    4 9.3
"Hélène non aveva indossato le sue mutandine, e sentiva nuovamente quel brivido caldo scenderle lungo tutta quanta la schiena, in modo lento e inesorabile..."
Tredicesimo episodio

La signora Dominique si era iscritta in palestra e frequentava così da un mese, il più elegante salone di fitness della città, per due volte alla settimana. Da giovane era molto bella, e proprio adesso che era giunta sulla soglia dei trentotto anni, improvvisamente aveva ripreso a curarsi; indossava le lenti a contatto e aveva schiarito i capelli rendendoli biondissimi.
Le due figliole faticavano a riconoscerla, soprattutto Bianca che aveva sempre avuto della madre, un’immagine di donna non più giovane; era bastato un po’ di allenamento e già si vedevano i primi risultati, sotto tutti i punti di vista.
Verso di loro, la signora Dominique era diventata molto più severa, dal momento che non c’era più la figura paterna ad assolvere il suo compito. Il signor Eric in realtà, da quando tutte le domeniche incontrava la sorellina più piccola, non faceva null’altro che viziarla ricoprendola di regali, causando così le ire della moglie. Il rapporto con quest’ultima era rimasto in piedi, anche se non si sarebbe definita la loro, una relazione d’amicizia, quanto piuttosto una pura e semplice forma di convenienza: il loro divorzio sarebbe stato pacifico e consensuale, con tutti gli accordi economici del caso.
Hélène lo rivide per la prima volta nella circostanza di Pasqua, quando volle passare il pomeriggio in Rue Courtois; erano trascorsi quasi sei mesi dall’ultima occasione, ma l’atteggiamento del suo patrigno non era affatto cambiato per nulla: a quanto pare aveva anche già trovato una nuova compagna, una donna magra e sciatta di nome Marie.
Venne in sua compagnia ad assistere al consueto saggio della scuola di canto, ed in quel frangente la presentò alla signora Dominique e alle due figliole: Hélène quel giorno era particolarmente taciturna ed assente; quella maledetta gonna grigia a quadri le andava infatti sempre più stretta, e la faceva sentire incredibilmente fasciata attorno ai fianchi: era evidente quanto fosse ingrassata rispetto all’anno prima.
Aveva smesso del tutto di curarsi, al contrario esatto di quanto faceva sua madre; ed indossare la stessa gonna ad un anno preciso di distanza, fornì la prova impietosa di quanto la ragazzotta già ben sapeva.
Bianca invece rimase profondamente addolorata, nel vedere suo padre assieme con un’altra donna, e sulle prime minacciò di non voler nemmeno cantare; la cosa si risolse con le buone maniere, dal momento che il signor Eric chiese alla sua nuova compagna di tornarsene a casa, con cortesia, prima dell’inizio dell’esibizione. Quell’anno il saggio nel suo insieme, fu piuttosto mediocre, e l’umore delle due sorelline Pérez Houllier non ne fu affatto sollevato.
Hélène era ingrassata sul serio, al punto che anche la bellissima collezione di lingerie acquistata un anno addietro, le stava già abbastanza stretta; perfino le calze contenitive parevano quasi soffocarla, causandole dolore: ma dal momento che non accettava il fatto di doversi rifare daccapo l’intero guardaroba, la scellerata si trovò piuttosto ad uscire qualche volta con le sole calze indosso, senza le mutandine.
Quelle più piccole e succinte la facevano soffrire, mentre quelle vecchie non stavano per niente bene sotto alle calze intere; tuttavia, nessuno si sarebbe mai reso conto delle sue stranezze, da adolescente sovrappeso e complessata.
Un poco alla volta, le fu consentito di rivedere tutte quante le vecchie amiche del liceo; a distanza di quasi un anno incontrò anche Jeanne, la quale si dimostrò molto affabile e sincera con lei, rivelandole l’esito infelice della sua storia con Pascal: era vero che quegli s’era dapprima messo con la ragazza grassona della bottega, con la quale si era sfogato diverse volte, ma dopo solamente poche settimane si era poi fidanzato una volta ancora, con una ragazza adulta molto ricca e bella, una rivale davvero irraggiungibile.
Dei pomeriggi trascorsi in casa di Pascal, non si sarebbe mai più parlato; Hélène fu assai felice di ritrovare una vecchia amica, che si era perduta nella propria vanità.
Si concluse così la stagione scolastica ed i risultati di Hélène furono decisamente migliori rispetto a quelli dell’anno precedente: non v’era motivo di meravigliarsene, dal momento che la ragazzotta aveva studiato tutto il tempo, sollecitata dalle proprie insegnanti, e soprattutto minacciata in modo nemmeno troppo velato dalla madre. Benché per sua fortuna non si sarebbe mai più ripetuto, il ricordo delle botte era pur sempre assai vivo nella mente di lei.
La prima estate senza il signor Eric fu completamente diversa rispetto a quelle precedenti; la magione di Namur era rimasta di proprietà dell’uomo, per cui non avendo altre opzioni di comodo, la madre e le due figliole decisero finalmente d’intraprendere un lungo viaggio all’estero: visitarono Parigi, Lille ed anche Versailles, godendo di quei luoghi meravigliosamente belli.
Cambiavano albergo piuttosto spesso, girando con due grandi valigie stracolme di vestiti, circondate dalla curiosità della gente; la madre trentottenne sembrava una ragazzina, la figliola più grande in procinto di compiere sedici anni una bambolotta totalmente impacciata e grassa, ed infine la sorellina dodicenne, un piccolo topino simpatico e dispettoso.
Incredibilmente, dopo il lungo periodo d’afflizione seguito alla separazione dal marito, la signora Dominique appariva adesso piuttosto radiosa; ben presto Hélène ne avrebbe compresa la ragione: un insegnante del centro di fitness, di nome Benoît, di un anno più giovane rispetto alla donna, aveva preso a mandarle chiari segnali e a mostrarle un vivo interesse. Era un uomo sportivo, non alto ma ben dotato, abituato alle corse in bicicletta: la signora Dominique non ne era di certo innamorata, ma il semplice fatto di avere qualcuno che la corteggiasse, la faceva sentire bene con sé stessa e con il proprio corpo.
Per diverse settimane le sorelline non seppero nulla di lui, eccetto il suo nome e la mansione che egli ricopriva; la curiosità era però tanta, e nel caso di Bianca vi fu nuovamente un buon motivo per dispiacersi.
Con il rientro in città, Floreanne riprese a servire presso la sua vecchia famiglia; si concluse così il difficile periodo del lavoro domestico per Hélène, che non aveva mai gradito impegnarsi nelle pulizie e neppure nelle fatiche del bucato o della cucina. La signora Dominique l’aveva più volte spronata, facendole capire che le sarebbe senz’altro servito nella vita, imparare ad essere una buona donna di casa.
Invidiava Floreanne per il fatto che ella aveva un compagno, e che le apparisse molto felice: abitava sempre con Maxime e veniva a lavorare da loro tutti i giorni con il tram.
La presentazione di Benoît per Hélène fu come un fulmine a ciel sereno: l’uomo di sua madre aveva un aspetto da duro, ed un carattere difficile ed introverso. Non sapeva ridere di niente, ma al tempo stesso infondeva sicurezza, con la sua forza fisica ed il suo atteggiamento mascolino. La ragazzotta notò da subito le sue mani, che erano grandi e robuste, proprio come lo erano i suoi avambracci, glabri e vigorosi.
Si vergognava dei suoi pensieri, ma era attratta dal nuovo uomo di sua madre, che andava e veniva in casa sempre più spesso. Per i suoi sedici anni le fece anche un bel regalo, una costosissima tuta da ginnastica di colore rosa, che la ragazzotta non avrebbe mai utilizzato per via del colore.
Incontrò una volta ancora, tutte quante le sue amiche, compresa Jeanne, nell’occasione del suo compleanno; a loro si aggiunsero anche un paio di colleghe del liceo delle suore, Melinda ed un’altra ragazza piuttosto tondetta di nome Valérie. Insieme si recarono in una brasserie, per festeggiare i sedici anni di Hélène un sabato sera di ottobre. Durante la cena risero e scherzarono come ai vecchi tempi, e Jeanne in un attimo di scellerata euforia, si distinse rivolgendosi a lei chiamandola impunemente mademoiselle Hélène Culona, proprio così come faceva in passato.
Sonia invece quella sera non c’era: s’era finalmente fidanzata con André, e i due meditavano addirittura di sposarsi e d’andare a vivere assieme. Nessuno li invidiava particolarmente, dal momento che la loro relazione appariva a tutti come un fatto piuttosto scontato e noioso.
L’ingresso di Benoît nella vita della madre aveva causato un’imprevista reazione a catena, nella testa della povera Hélène: aveva ripreso a pensare a tutto ciò che l’aveva inopinatamente trascinata e travolta durante il recentissimo passato, fino a portarla alle scellerate conseguenze ed al giusto ed inevitabile castigo.
Tutte quelle sensazioni, che per buona ragione erano state relegate in fretta e furia in un cassetto dei ricordi, adesso riaffioravano nella sua testa confusa, ancora più vivide e pericolose che mai; era bastato davvero poco, per restituirle quei brividi vergognosi e proibiti.
Sua madre ovviamente non s’era accorta di nulla, e dati i buoni risultati scolastici della figliola, aveva persino ammorbidito le sue premurosissime attenzioni; per tale ragione Hélène era adesso nuovamente libera di uscire con le sue amiche quando voleva, e aveva ripreso a vestirsi e a curarsi nell’aspetto. Non era dimagrita, ma provava a fare del suo meglio per rendersi attraente.
La notte di Capodanno per poco non le si rivelò fatale: Hélène fissava l’uomo di sua madre in continuazione, mentre quegli se ne stava seduto vicino al tavolo del salone, proprio lì dove la ragazzotta era stata sonoramente punita per l’ultima volta; lo osservava in silenzio.
A quanto pare Benoît se ne accorse, e fece qualche domanda esplicita alla signora Dominique sul suo conto. Ripresero poi a chiacchierare amabilmente di cose futili, seduti a tavola con il signor Verret e con la signora Lilli, mentre Floreanne e Maxime erano già tornati a casa per mettere a dormire Nicolas e concedersi il loro meritato festeggiamento.
Hélène non aveva indossato le sue mutandine, e sentiva nuovamente quel brivido caldo scenderle lungo tutta quanta la schiena, in modo lento e inesorabile.


Quattordicesimo episodio

Sul finire di febbraio, Floreanne festeggiò i suoi vent’anni; era una madre stupenda, dalle forme giunoniche ancora giovanili e dal carattere forte e sicuro. Mentre in casa Verret tutti si congratulavano con la cameriera e le consegnavano i loro regali, Hélène provava tantissima invidia di lei.
Era bella, matura e soprattutto realizzata come donna; nulla che avesse a che fare con i sentimenti che Hélène provava in quegli istanti, di gran confusione e drammatica incertezza.
Osservava Maxime, il quale nemmeno la ricambiava nello sguardo, e ricordava quel suo corteggiamento finto e ridicolo di un paio d’anni addietro; aveva avuto come unico scopo, quello di consentirgli di rivedere Floreanne: ed ecco che a distanza di tanto tempo, le cose erano andate esattamente così come dovevano andare; l’ennesima sconfitta per Hélène, che con i ragazzi non aveva davvero alcuna fortuna.
Dopo un paio di settimane, arrivò nuovamente una notizia di quelle grandi ed importanti: la cameriera era stata messa incinta per la seconda volta, il piccolo Nicolas avrebbe così avuto un dolce regalo; con buona pace di tutti quanti coloro, che avevano giudicato la loro relazione come un fatto accidentale, o in generale come una cosa di poco conto: avevano concepito il loro secondo figlio.
Per Hélène questa notizia si tradusse ben presto, in un autentico psicodramma: era gelosa e non aveva nessuno intorno che la cercasse o che la desiderasse. E l’unico uomo che in quel momento l’attraeva, seppure in modo inopinato e vergognoso, era proprio quello di sua madre.
Si rendeva conto di desiderare veramente un ragazzo, adesso che aveva sedici anni e mezzo; e nessuna delle sue amiche pareva soffrire quanto lei, della propria solitudine, sebbene anche Edina le avesse confessato un giorno di avere provato delle sensazioni strane, dinanzi ad alcune immagini vedute di nascosto in televisione: era l’età dei primi amori, e le vecchie compagne del liceo non ne avevano avuta ancora esperienza, con la sola ovvia eccezione di Jeanne, e forse anche di Sonia.
Quando l’anno scolastico si concluse, con risultati lusinghieri nonostante tutto, la signora Dominique decise di fare il grande passo, e di partire in vacanza insieme con Benoît e con le due figliole; era una novità importante per tutte loro, dopo tanti mesi trascorsi senza la presenza fissa di un uomo.
Scelsero un bel campeggio nel sud della regione, non lontano da Namur, laddove in passato la famiglia era stata assidua ospite presso la magione del signor Eric.
Benoît faceva di tutto per farsi accettare come persona di buona compagnia: aveva trascinato la madre di Hélène in diverse attività che richiedevano disciplina fisica e preparazione; la sorellina spesso si univa a loro, a volte semplicemente per noia e solitudine, dal momento che i giochi per bambini non la attraevano più. Al contrario, Hélène passava moltissimo tempo al telefono: scambiava innumerevoli messaggi con Edina e con le altre compagne, fingendo di essere felice e di divertirsi un mondo durante quella vacanza; ma nessuna delle sue amiche sapeva realmente, quanta confusione le ribollisse dentro alla testa.
Come già le era accaduto durante la festa di Capodanno, lentamente prese a desiderare, di causare un qualsiasi tipo di reazione nei confronti dell’uomo di sua madre: fino anche al punto di mettere da parte persino le più ovvie paure. In quei giorni di grande confusione e di totale solitudine, Hélène non dava particolare peso al rischio che correva.
Indossava una canottierina a fiori ed un paio di culotte bianche, mentre girovagava nei pressi del ruscello dove quegli era impegnato nella pesca sportiva; non gli rivolgeva la parola molto spesso, ma sembrava facesse di tutto per farsi notare, in maniera a volte anche goffa e inopportuna.
Finché un bel pomeriggio come tanti, a distanza di alcuni giorni, decise davvero di spingersi oltre ogni limite: Benoît era appena ritornato dal dispaccio del campeggio, dopo aver fatto la spesa, mentre la madre di Hélène era in giro per bancarelle con la figliola più piccola; il camping de la Lesse li circondava in un agosto mite e pieno di sole.
Hélène aveva ben pensato di utilizzare la canna da pesca del compagno di sua madre, per disturbare un piccolo scoiattolo in cerca di un nascondiglio in mezzo agli alberi, con il risultato di arrivare fino al punto di romperne la lenza.
Spaventata e preoccupata, aveva poi immediatamente riposto la canna da pesca nella sua sede, con grande premura; ma aveva anche dimenticato di rimuoverne alcuni piccoli rami secchi, in cima alla sua estremità; non fu per nulla difficile così per Benoît, comprendere lo stupidissimo utilizzo che la scellerata Hélène ne aveva appena fatto.
Quando quegli scoprì la cosa, rimase per qualche istante a riflettere, dopo di che la fissò; chissà che cosa mai avrebbe riferito alla madre di Hélène, dandole conto della stupidaggine che la figliola aveva appena compiuto.
In realtà, la ragazzotta lo aveva fatto apposta, semplicemente in maniera voluta e pienamente intenzionale: avrebbe forse voluto vedere l’uomo di sua madre adirarsi verso di lei, o magari addirittura minacciarla? In realtà quegli le sorrise in maniera profondamente desolata, facendole un cenno con la mano e lasciandole intendere che aveva compreso il fatto, prima di riprendere tutto il materiale per la pesca con sé.
Hélène rientrò nel piccolo appartamento che divideva con la sorellina, con la coda tra le gambe, mentre poteva avvertire una sensazione assurda e totalmente vergognosa: perché mai avrebbe voluto che Benoît si arrabbiasse con lei, fino al punto di rompergli intenzionalmente la lenza della canna da pesca? Sentiva i pantaloni della tuta che le scoppiavano, e la mutandina che le costringeva l’inguine in una maniera insopportabile; si mosse verso il bagno in preda ad una grandissima confusione.
Si rivolse verso lo specchio, con la piccola camicetta bianca tutta abbottonata sul davanti e lo sguardo perso nel vuoto: immaginava quelle mani, robuste e pesanti, che la trascinavano, come una stupida bambolotta di gomma.
Perché lo aveva fatto? Hélène si rese conto di quanto fosse assurdo quello che ella provava: aprì la porta del bagno alle proprie spalle e vide lo sgabellino in legno disposto accanto al letto, e la luce tenue soffusa tutt’intorno.
Lì si sarebbe forse consumata la sua fine; quello sgabellino era il posto giusto perché l’uomo di sua madre, qualora avesse deciso di punirla, lo facesse: lo osservò, ed in quell’istante percepì nettamente quel brivido caldo e penoso lungo tutta la schiena, in un fremito prolungato; si schiuse la camicetta sul davanti, il sudore iniziava a soffocarla.
Poi si abbassò i pantaloni della tuta, tanto quanto bastava, per liberarle l’inguine lasciandola immobile nelle sue mutandine bianche di leggerissimo cotone, ferma davanti allo specchio.
Prese ad immaginare la mano di Benoît che la spingeva lungo la schiena, e si fletté in avanti verso il lavandino; poi afferrò l’elastico delle mutandine, e se le abbassò lentamente. Ebbe un insano istinto di paura, e si ricompose per un solo istante; dopodiché le tirò giù tutte assieme, stavolta con un gesto secco e preciso, come se intendesse togliere a sé stessa qualsiasi possibilità di scampo: le mutandine bianche si adagiarono laddove già la tuta era scesa, di poco sotto l’inguine caldo e completamente fradicio di sudore.
Si volse di spalle e vide nello specchio, quel sederone bianco pallido, tutto molle e rigonfio di cellulite: fu in quel preciso momento, che tutto quanto precipitò; era quel sederone bianco l’oggetto di tutte quante le sue nefandezze, quello che Benoît avrebbe punito per farle espiare tutte le sue colpe.
Chiuse gli occhi, e sentì come lo schiocco di una mano: era l’uomo di sua madre, che la stava sculacciando.
La tratteneva lungo la schiena, e con la mano libera le faceva schioccare il sederone molle, dandole finalmente quello di cui lei aveva estremo bisogno: la stava castigando ed umiliando, come una bambina stupida senza cervello.
Aprì la mensola a fatica, cercando una spazzola o qualsiasi oggetto, che avesse potuto causarle davvero quel tipo di dolore; ma presto la richiuse non trovando nulla che potesse farle del male: quel sederone le sarebbe rimasto suo malgrado tutto pallido e intonso. Si volse tuttavia una volta ancora per rimirarlo, sembrava quasi un volto triste.
Hélène avvertì in quel momento una spinta forte dentro l’utero, un flusso caldo di liquidi che le ribolliva dentro e che piano piano, scendeva verso la vagina: non aveva alcuna idea, di cosa le stesse per accadere.
Ma riprese a pensare a Benoît, abbandonando qualsiasi resistenza e qualsiasi tipo di vergogna: era sempre in piedi di lato, e le ordinava di guardare sé stessa dentro lo specchio, mentre egli la puniva. Le diceva di concentrarsi sul proprio volto, di osservare in quale modo ella cambiava espressione, nell’istante in cui la sua mano la batteva.
Spalancò la bocca, e sentì la vagina schiudersi in modo penoso, qualcosa di mai provato prima d’allora: finalmente mosse la mano destra, nel tentativo di fermare quel qualcosa di assurdo, che era giunto sul punto di tracimare; le due dita più grandi si fecero strada timidamente in mezzo alla peluria completamente fradicia, e sfiorarono il luogo da cui tutto quel brivido pareva affiorare: allontanò frettolosamente la mano, e in quell’istante tutto ciò che le ribolliva dentro, prese a muoversi verso l’inguine in un fiume di sensazioni impossibili da descrivere; non fece in tempo a rassettarsi che già le scendeva lungo le cosce, inondandole la bianca mutandina che era rimasta sospesa di sotto.
Hélène non osava nemmeno guardarsi più nello specchio, mentre da fuori la voce di sua madre la stava chiamando: sarebbe seguita una paternale infinita, per avere rotto la lenza della canna da pesca di Benoît.
Si sistemò le mutandine che erano ancora tutte bagnate, e si rimise a posto la sua tuta con grande fatica; non sapeva cosa mai potesse esserle successo, ma aveva appena provato il suo primo orgasmo, nella maniera più assurda e vergognosa, sognando di venire punita con gli sculaccioni dal compagno di sua madre. Dovette sottostare a diversi minuti di rimbrotti e a qualche lieve minaccia, mentre Benoît provava a rimettere a posto la lenza che lei aveva stupidamente rotto.
Per sua fortuna, quella volta la cosa si concluse così, senza ulteriori e dolorose conseguenze per lei. Ma l’uomo di sua madre aveva compreso tutto quanto, ed avrebbe da quel giorno in avanti fatto di tutto pur di evitare, che quella sciagurata compisse peggiori ed irreparabili disastri.


Quindicesimo episodio

Era una bellissima mattina di settembre, e quella giornata segnava l’inizio dell’ultimo anno di liceo per Hélène; Melinda la salutò baciandole entrambe le guance, e le domandò come fossero andate le sue vacanze.
La ragazzotta in quel momento ebbe l’insano istinto di raccontarle una bugia, e le disse che finalmente quell’estate, per la prima volta nella sua vita, ella aveva avuto un ragazzo. Era una storia completamente inventata, ma del resto quello che Hélène aveva provato durante quel pomeriggio d’agosto al campeggio, la faceva già sentire del tutto sbocciata come una donna: diede al suo innamorato immaginario il nome di Pascal, ed aggiunse diversi dettagli di pura fantasia, provocando lo stupore di Melinda e forse anche un po’ d’invidia.
Quest’ultima non s’era mai rivelata una compagna particolarmente aperta a confidenze, né le aveva mai riferito nulla della propria vita privata; ma in quella circostanza si intendeva benissimo, quanto ella fosse curiosa ed impreparata di fronte all’argomento: che cosa mai avevano potuto combinare Hélène ed il suo ragazzo, quell’estate?
Non contenta, la scellerata pensò di raccontare la medesima bugia anche a tutte le altre amiche; quando incontrò Edina e Nicole, preferì tuttavia inventare un nome nuovo: fu così che il suo innamorato del campeggio prese le sembianze di Emmanuel, ed assunse anche la cittadinanza francese. In questo modo, era praticamente impossibile che la sua bugia venisse scoperta. Bisognava unicamente evitare, che Melinda si confrontasse con le vecchie compagne di liceo di Hélène, dal momento che lei conosceva questo presunto fidanzato con un nome completamente differente.
Nel frattempo, il tredici di settembre era nata Maira, dopo un parto davvero travagliato in cui la madre Floreanne aveva sofferto non poco; purtroppo, la bambina era affetta da problemi respiratori, e dovette rimanere in ospedale per diversi giorni. Alla fine, le cose si risolsero al meglio, anche se la salute della piccola sarebbe rimasta piuttosto precaria anche negli anni a seguire.
Quella gravidanza era stata decisamente complicata per la cameriera marocchina di casa Houllier; per la prima volta dopo quasi sei anni di servizio, la signora Dominique pensò così di rivolgersi ad una nuova donna per le pulizie, e grazie all’aiuto di una persona di fiducia si mise in contatto con una domestica proveniente dal Congo: si chiamava Mabel ed era una donna enorme, una grandissima pasticciona che si sarebbe ben presto distinta per il proprio disordine e per il carattere esuberante. Ma fu accettata da tutti quanti ed accolta bene dalle ragazze per via della sua simpatia. Floreanne sarebbe stata ben presto dimenticata.
Arrivò il diciassettesimo compleanno di Hélène, ed in quel frangente la ragazzotta rivide Benoît per la prima volta dopo le vacanze. Si presentò in Rue Courtois con un bellissimo regalo, che stavolta riempì il cuore della festeggiata di grande gioia e di stupore: era un personal computer tutto per lei, che Hélène avrebbe potuto utilizzare per vedere internet, scambiare fotografie e conoscere nuovi amici. L’uomo di sua madre dovette abbracciarla e baciarla, ed in quella circostanza si rese perfettamente conto, che il corpo levigato ed abbondante della diciassettenne pareva apparentemente vibrare di emozione e di paura.
Dopo l’orgasmo provato durante la villeggiatura, in quella situazione umiliante e vergognosa, Hélène si era ripromessa di comportarsi in maniera sobria ed inappuntabile tutte le volte in cui ella l’avesse incontrato: così il giorno del proprio compleanno, la ragazzotta s’era preparata con grande cura evitando qualsiasi eccesso, scegliendo una gonna lunga di colore nero ed un maglione con il girocollo di lanetta grigio.
Manteneva la calma ed una forma di controllo solo apparenti, dal momento che sentiva sotto alla gonna ed in mezzo alla pancia, un fremito continuo e pericoloso; quanto a lungo avrebbe resistito, prima di cadere nuovamente nel baratro dell’abbandono? Hélène sapeva benissimo che non poteva lasciarsi andare, e l’atteggiamento di Benoît l’aiutava a restare concentrata. Sembrava che ambedue sapessero perfettamente, ciò che l’altro non doveva assolutamente fare.
Per il secondo anno di fila, Hélène decise di invitare a cena le vecchie amiche del liceo, trascurando questa volta Melinda, Valérie e tutte le altre compagne dell’istituto delle suore. Il pasticcio combinato con il nome del suo presunto fidanzato, l’aveva spinta ad evitare che Melinda potesse confrontarsi con tutte quante le altre; in quella circostanza Hélène realizzò di essere stata una vera stupida, a raccontare quelle frottole in maniera inutile e gratuita.
Si presentò anche Sonia insieme ad André, e nell’occasione i due fidanzatini rivelarono la data prevista per il loro matrimonio: si sarebbero sposati a luglio, in una piccolissima chiesetta di campagna; a tale annuncio, Nicole si volse verso Hélène domandandole e provocandola in modo apertamente caustico e lievemente sornione: “Ci farai conoscere il tuo bel Emmanuel, in questa piacevole occasione?”.
Quel ragazzo non esisteva, ed in fondo già lo avevano compreso per bene tutte quante loro; il fatto che Hélène nei mesi successivi, avesse perfino smesso di parlarne, rese quella vicenda, ancor più triste ed umiliante: non solo la ragazzotta non aveva nessuno che la corteggiasse, ma era giunta addirittura sul punto di inventare una storia di sana pianta, per far credere qualcosa di diverso alle sue amiche.
La signora Dominique non parlava molto con Hélène in quel periodo, faceva grande fatica a stabilire una reale comunicazione con lei: la cosa si era complicata non poco dopo che un anno addietro erano state in vacanza in Francia, poi la situazione era degenerata ulteriormente a seguito della recente villeggiatura d’agosto. Di contro la ragazzotta le appariva piuttosto felice ed in armonia con sé stessa durante quei giorni, ma semplicemente non si comprendeva quali fossero le sue passioni e le sue reali aspirazioni. Ed era assai probabile che, alla pari di moltissime altre adolescenti della sua stessa età, ella fingesse tutto il tempo.
Venne affrontato per la prima volta, il tema relativo al futuro di Hélène: avrebbe voluto mantenere un percorso legato agli studi artistici, mentre sua madre con pragmatismo, le suggeriva di intraprendere la via più complicata e redditizia, di una laurea in legge. Le propose di parlare con una persona anziana ed importante del proprio ufficio legale, un uomo serio ed accigliato di nome Maurice Vigneron, il quale le avrebbe potuto dare alcuni consigli.
La sera di Capodanno Hélène se ne stava seduta sulla tazza, pochi minuti prima di andare a cena con le amiche; era stata invitata da Sonia, e nell’occasione Benoît sarebbe passato a riprenderla dopo la mezzanotte.
Non riusciva a pensare a null’altro in quegli istanti di leggero abbandono, mentre in silenzio ascoltava il rumore discreto della solita pipì che gocciolava; guardava le proprie scarpette nere in basso, sotto le calze trasparenti discese all’altezza delle caviglie, ed intanto dilatava l’utero e la pancia sforzandosi di contenere tutto quanto.
Forse lui l’avrebbe castigata direttamente dentro l’automobile, qualora lei si fosse presentata dopo l’una di notte; forse l’avrebbe trascinata sul sedile posteriore.
Si vestì in maniera sobria, con una specie di tailleur grigio scuro ed un maglioncino nero leggerissimo, mentre provava a mettere da parte tutti quei pensieri così imbarazzanti.
Raggiunse il nuovo appartamento di Sonia situato dalle parti di Cornillon, assieme a Edina in tram; quest’ultima era passata dapprima in centro per rifarsi l’acconciatura ed adesso sfoggiava un taglio sbarazzino di colore nero scuro, con piega leggermente ondulata su entrambi i lati del viso.
Trovarono Jeanne insieme ad un nuovo amico, di nome Patrick, che a quanto pare le era stato presentato non molte settimane prima, durante la sua festa di compleanno: la sorella maggiore lo aveva portato con sé; i due raccontavano felici del loro primo incontro, e già le amiche del liceo presero ad insinuare tanto di pettegolo nei confronti della biondina: sostenevano che aveva addirittura fatto in modo di portare via il ragazzo a sua sorella, di tre anni maggiore.
André prese con sé una vecchia chitarra scordata, e diede prova di essere un pessimo musicista; poi venne servita una cena fredda seguita da moltissimi dolci, che Hélène assaggiò senza lesinare il suo ottimo e consueto appetito.
Intorno alle undici sopraggiunsero altri due amici di Sonia, che frequentavano la stessa università; uno di loro provò anche a rendersi simpatico con Edina ed Hélène, destando un leggero e gradevole interesse in ambedue le vecchie compagne di banco; sarebbe stato dopo pochi minuti raggiunto da una bellissima ragazza di colore, ponendo fine in modo del tutto inaspettato alle timide speranze che le due andavano coltivando; era una serata vivace e tutti quanti gli studenti avevano portato diverse bottiglie di vino assieme ad un’ottima dose di allegria.
La mezzanotte arrivò in fretta, in una maniera del tutto casuale ed inattesa; Hélène ricadde così, di punto in bianco, nella propria ossessione: entro meno di un’ora sarebbe dovuta scendere, trovando Benoît lì sotto ad attenderla. Il clima festoso tutto intorno nella casa, si volse in una specie di lenta agonia per lei, che non aveva ancora trovato nessuno che volesse realmente avvicinarla.
Le amiche notarono il suo repentino cambio d’atteggiamento, e Nicole pensò bene di peggiorare la situazione, domandando in modo esplicito, se non vi fosse alcuna notizia né alcuna telefonata da parte del suo Emmanuel; la ragazzotta dovette riconoscere in maniera aperta, che quella relazione immaginaria si era già conclusa, destando non poca ilarità e l’ironia in tutti quanti.
Salutò e scese le scale con la coda tra le gambe, sentendo nuovamente il ventre e la pancia che le ribollivano dentro, mentre l’uomo di sua madre era già seduto in macchina da dieci minuti ad aspettarla.
Le chiese se si fosse divertita, e se avesse desiderato trattenersi ancora di più; la ragazzotta a quel punto assunse un atteggiamento freddo ed altero, rendendosi conto di come quegli la trattasse unicamente come una bambina. Contrariamente alle sue più sordide e vergognose aspettative del pomeriggio, Hélène non provò in quegli istanti alcuna forma di attrazione nei suoi confronti; proprio mentre la macchina scivolava via lungo le strade buie del centro, ella si rendeva conto che era già tutto passato; ed era forse a causa dell’odore intenso di profumo, quello stesso nauseante profumo di eau de toilette di sua madre, che l’uomo seduto al posto di guida non le piaceva più.


Sedicesimo episodio

Per l’ultima volta, Hélène sostenne assieme alla sorellina il saggio annuale della scuola di canto femminile; alcune delle sue vecchie compagne del coro di voci bianche, avevano già abbandonato quel sodalizio da tempo, e così anche per lei era giunto finalmente il momento del commiato.
Le regole della scuola, infatti, prevedevano che nessuna maggiorenne potesse far parte in maniera stabile del coro: ricevette in regalo un bellissimo libro di spartiti, rilegato con una preziosa copertina, ed una dedica speciale da parte delle proprie insegnanti, che la salutarono con grande affetto.
In realtà, alla sua maggiore età mancavano ancora cinque mesi, e diversa acqua sarebbe passata ancora sotto i ponti; tra le sue vecchie amiche, Nicole era l’unica ad avere già compiuto gli anni, anche se la sua festa era stata piuttosto modesta, svoltasi in casa in presenza dei genitori.
Erano trascorsi pochi giorni dopo la cena di Capodanno, Hélène ricordava tutto perfettamente bene: si trattava di un sabato pomeriggio, e le ragazze avevano acquistato una bellissima borsetta di Calvin Klein per Nicole, spendendo una vera fortuna; era sempre difficile scegliere un regalo per quella compagna così stravagante e difficile da inquadrare.
Durante la festa, accadde qualcosa che colpì in modo inaspettato le attenzioni di Hélène: mentre le ragazze consegnavano la borsetta, subito dopo che era stata portata la torta con le candeline, Sonia ed André si erano avvicinati a Nicole rivelandole qualcosa nell’orecchio. André aveva quindi preso la parola, chiedendo a tutti i presenti di colpire la festeggiata con la cintura dei suoi pantaloni.
Era un’usanza del suo paese d’origine, in cui tutte le ragazze diciottenni dovevano sottostare a questo strano tipo di rituale: essere prese a cinghiate per l’ultima volta, da tutti gli invitati alla festa, prima del passaggio alla maggiore età.
Era stato un autentico fulmine a ciel sereno per Hélène, che a distanza di oltre tre anni, portava ancora vive le ferite di quel castigo subito durante la sua festa di compleanno; si era defilata fingendo di dovere telefonare a casa, ed aveva intravisto dalla stanza accanto, il drappello di ragazze divertite, che giravano attorno alla festeggiata, mentre quella era leggermente piegata in avanti verso il divano.
André non poteva certamente sapere, quello che a lei era accaduto durante quella sciagurata festa oramai distante nel tempo; ma tutte quante le amiche lo ricordavano ancora alla perfezione: in quel frangente nessuna volle rivelarlo, ma di certo ripensarono a lei, mentre girando intorno a Nicole, ridevano e commentavano quel divertentissimo gioco.
A partire da quel momento, crebbe nella testa di Hélène, un assurdo e penoso senso di attesa: avrebbero chiesto anche a lei, di fare la stessa cosa, il giorno in cui ella avesse compiuto i suoi diciott’anni? O forse le sue amiche avrebbero suggerito ad André di non ripeterlo affatto, dal momento che lei era diversa dalle altre, essendo stata punita sul serio?
André divenne così per la ragazzotta, il protagonista di un turbamento sciagurato ed ossessivo; il futuro marito di Sonia aveva scoperchiato tutta la confusione che lei aveva nella testa, trasformandone le peggiori vergogne e le innumerevoli e assurde perversioni, in un timore concreto e reale.
Eppure, quegli era un bravo ragazzo, adulto e serio, sicuramente un buon fidanzato per Sonia; costei s’era concessa dopo moltissimo tempo, non essendone mai stata innamorata in maniera travolgente e verace, salvo poi realizzare di volerlo sposare con l’avvicinarsi dei propri vent’anni; già lui si era trasferito da alcune settimane nell’appartamento di Cornillon e i due vivevano assieme.
Come la signora Dominique le aveva già annunciato, un bel pomeriggio di maggio, la donna prese Hélène con sé al lavoro, e la presentò al signor Maurice Vigneron: questi era un avvocato di lungo corso, ed era stato amico e collega del padre di Hélène, Alfred Besson. Le accolse nella sala d’attesa antistante il proprio ufficio; quel giorno la ragazzotta aveva indossato nuovamente un tailleur grigio, immergendosi così senza volerlo in una dimensione noiosa e professionale.
La signora Dominique aveva suggerito a quell’uomo, di non riferire troppi dettagli trascorsi, circa il genitore di sua figlia; ma il signor Vigneron non era emotivamente in grado di trattenersi, e non si limitò a riferire tutte quante le buone raccomandazioni che egli aveva tenuto in serbo: raccontò di quanto l’avvocato Besson fosse apprezzato e stimato, e di quanto quegli si fosse dispiaciuto di non avere potuto crescere Hélène così come avrebbe voluto.
Fu un momento intenso e difficile per la ragazzotta, la quale in tutti quegli anni aveva accettato ogni sorta di compromesso, pur di supplire alla dura assenza fin dall’infanzia, dell’indispensabile riferimento paterno.
L’ultimo anno di scuola scivolava via verso la sua agognata conclusione, e l’esame sarebbe stato poco più che una formalità per Hélène, come era lecito aspettarsi in un istituto privato come il suo, per il quale le famiglie pagavano una retta altissima. Si concluse tutto in bellezza, con un ottimo giudizio e con i migliori auguri per gli anni a seguire.
Ed il dilemma sul suo futuro si era nel frattempo fatto assai più urgente. Il signor Vigneron su indicazione della signora Dominique, aveva messo sul tavolo la carta più convincente di tutte: nel testamento dell’avvocato Alfred Besson, era previsto anche un lascito per la figliola illegittima, un corso di laurea presso una prestigiosa scuola all’estero, nientedimeno che nella città di Roma, lì dove lui stesso aveva insegnato all’inizio degli anni Sessanta.
Fu probabilmente proprio questo l’argomento che convinse del tutto Hélène; la ragazzotta a seguito di quella proposta, non esitò a rivedere completamente le proprie timide intenzioni: studiare all’estero, in una città così lontana e affascinante, avrebbe rappresentato per lei una grandiosa novità, un motivo di grandissima curiosità.
Sua madre era a conoscenza del lascito, ma lo aveva accuratamente tenuto nascosto per tutti quanti quegli anni, nella speranza che la figliola decidesse di studiare legge per propria stessa volontà: ma adesso che le preferenze di quest’ultima si erano orientate diversamente, quella carta era stata giocata con sapienza e grande senso d’opportunità, ottenendo l’esito sperato. Hélène fu così iscritta alla Facoltà di Legge e Scienze Politiche dell’università di Liegi, ed avrebbe poi seguito tutto quanto il ciclo successivo al primo anno, presso la sede della Pontificia Università Lateranense in Roma; la ragazzotta era davvero molto emozionata.
Aveva comperato una bellissima gonna svolazzante di raso nero, sotto la quale indossò un paio di succinte mutandine bianche; faceva molto caldo e l’abbigliamento per la cerimonia doveva fare in modo che non soffrisse particolarmente il sudore durante il corso della giornata. Aggiunse anche una bellissima giacchetta bianca e gli orecchini nuovi che sua madre le aveva regalato per Natale.
Si presentò nella chiesetta di campagna assieme a Edina, Jeanne e Claudia, sorridente e radiosa come non mai; aveva messo da parte per un attimo tutte quante le sue incertezze e le sue paure, ed una nuova vita piena di sorprese sembrava attenderla. Nulla importava, che di lì a poco sarebbe dovuta nuovamente partire per le vacanze insieme alla famiglia, né che avrebbe dovuto mettersi a studiare sul serio con l’inizio dei corsi universitari. Appariva per la prima volta nella sua vita, come una ragazza felice e piena di sé, consapevole delle proprie innumerevoli doti e del futuro intrigante che il destino le aveva dato in serbo.
La cerimonia fu bella ed emozionante, mentre la sposa esibiva un abito bianco meraviglioso, con uno strascico lungo due metri che ricordava un’immagine da fiaba.
Hélène sognava sé stessa con quel vestito, mentre sotto la gonna il caldo le cingeva i fianchi, la vita e le mutandine bianche, in una stretta lunga ed insistita; gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza le passarono davanti, scorrendo come in un film lento e delicato, in tanti piccoli fotogrammi: era pronta per divenire una donna, e nulla sarebbe più stato come prima.
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