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Gay & Bisex

Clitoride maschile.


di Gianmy
14.12.2018    |    24.467    |    8 7.2
" Non era pronto per essere spinto via..."
Ero ad una festa a casa dalla mia amica Ornella, unica con cui ho mantenuto i rapporti finito il liceo. Ornella, come me, aveva 24 anni, ed eravamo tra i più vecchi alla festa. Stavamo bevendo vodka, ascoltando musica da una playlist di Spotify, chiacchierando su cazzate pseudo intellettuali... Insomma, le solite cose di una festa in appartamento. Quando è arrivato un ragazzo che non avevo mai visto prima. Se lo avessi visto prima, ma ne sarei ricordato. Alto un metro e ottanta, con i capelli biondi leggermente ricci, indossava una maglietta bianca aderente che faticava a contenere i suoi pettorali e bicipiti.
Appena arrivato, ha attirato tutta l’attenzione su di se. Non era solo attraente, ma aveva anche una di quelle personalità energiche che fa colpo alle feste. Si sedette su un divano e non si mosse, coinvolgendo le persone in varie conversazioni, mentre altri gli portavano da bere ogni tanto. 
Per la decima volta quella notte, alzai gli occhi per vedere i suoi intensi occhi verdi che mi trafiggevano. Ha mantenuto lo sguardo per un secondo prima di tornare alla sua conversazione. Ogni volta che lo faceva mi sentivo più eccitato, più accaldato e più confuso. Era come se potesse sentire il battito del mio cuore ogni volta che mi guardava. 
«Chi è quel tipo?» chiesi ad Ornella, dato che li avevo visti salutarsi poco prima, cercando di sembrare disinvolto. 
«Oh, si chiama Federico. È il figlio dei vicini. È a scuola con mio fratello. Dovrebbero essere appena tornati da una partita di calcio.»
«Ah, okay.» 
Andai in bagno a spruzzarmi dell'acqua fredda sul viso. Alzai lo sguardo per vedere il mio riflesso nello specchio sopra il lavandino. Capelli castani corti e occhi grigi che mi fissavano furono tutto ciò che vidi. Il mio nome è Diego, a proposito. Tuttavia, continuavo a pensare a Federico: le sue lentiggini chiare e gli zigomi alti e definiti... Arrossì di nuovo, quasi sentendo l'acqua evaporare dal mio viso.
Ritornando al soggiorno, vidi che era passata la mezzanotte. Le persone stavano raccogliendo le loro cose e porgendo i loro saluti.
Vedendomi prendere il mio cappotto, accartocciato sul divano dove era seduto, mi ha parlato. 
«Ciao» disse, la sua voce da scuola privata e la sua sicurezza mi fecero rabbrividire dall’eccitazione, «Senti... Io vivo nella porta accanto e i miei genitori sono via. Vuoi venire?»
Rabbrividii nel sentirlo dire “venire”.
«Uhm...» cercai di prendere tempo, facendo uscire tutta la mia timidezza. 
«Puoi fermarti da me, se vuoi.»
Ho provato a pensare a una scusa: ma era così attraente e persuasivo, ed ero così curioso di sapere perché invitare proprio me dopo una festa in cui tutti avevano attenzioni solo per lui... Ho fatto un cenno di assenso con la testa. 
«Fantastico» disse «Prendi le tue cose.»
Così ho preso le mie cose, ho fatto i miei saluti e cinque minuti dopo stavamo salendo le scale verso la casa dei suoi genitori. Mi ha portato nel salotto. Indicò uno dei divani e mi disse di sedermici, mi versò un bicchiere di scotch, poi se ne preparò uno anche lui e si sedette su un enorme poltrona intimidatoria davanti a me con le gambe spalancate. 
«Eri al liceo con Ornella, giusto?.»
«Esatto» risposi. 
«Io non vedo l’ora di finirlo» ha detto «Scommetto che l’università è una festa assurda.» 
«Beh, uhm ...» mi interruppi.
Ha preso il suo telefono dalla tasca e ha iniziato a giocarci «Scommetto che è pieno di figa. Non che io non ne abbia già.» 
Immaginavo. Un ragazzo stupendo come lui, anche se aveva solo 17 anni, era di sicuro molto più esperto di me. 
«Voglio dire, per lo più a scuola adesso mi scopo i frocetti... Inevitabilmente» quasi dimenticavo che lui e il fratello di Ornella frequentavano un collegio privato di soli ragazzi «ma alcune delle ragazze della pubblica fanno di tutto per me.» 
Sono rimasto scioccato per quanto era aperto e sfacciato su tutto ciò. Sentii la mia faccia arrossire di nuovo. 
«Tu, invece?» mi chiese per poi ritrattare subito dopo «Oh già, haha» ridacchiò con quella sua faccia da schiaffi.
Deglutii. Come lo sapeva?
«Cosa?» Ho chiesto.
«Bhe, che avete fatto il liceo insieme non è l’unica cosa che il fratello di Ornella mi ha detto di te» ghignò «L'hai mai fatto sul serio? Con chiunque? Mai?»
Mi ha fissato con un altro dei suoi sguardi. Ho scosso la testa:
«No» ammisi. 
«Cazzo, è davvero strano. Quanti anni hai? 25?»
«24» lo corressi. 
«Quindi hai praticamente 30 anni e non hai mai fatto sesso.» mi prese in giro.
«Non ho 30 anni! Ne ho 24!»
«Vabhe, fa lo stesso... Io ne ho appena compiuto diciotto anni e ho già scopato una 20ina di persone.»
Si stava massaggiando il pacco da sopra i pantaloncini da calcio mentre guardava il telefono. Quando da questo provengono gli indiscutibile gemiti di una ragazza di un porno.
«Non ti dispiace, vero? Prima abbiamo vinto la partita e vincere ogni volta mi eccita da matti.»
Non ho detto niente. Fissai semplicemente il punto in cui la sua mano incontrava la morbida stoffa bianca dei suoi pantaloncini leggermente fangosi. Il rigonfiamento sotto, già oscenamente enorme, stava aumentando di dimensioni ancora di più. Il cuore mi martellò nel petto e sentii il mio cazzo svegliarsi. 
Mi guardò, come se stesse rimuginando qualcosa, poi si alzò in piedi. Si è tolto la maglietta. Venni travolto dal suo odore mascolino mentre vedevo ancora del sudore scintillare sul suo corpo statuario. Chiaramente non si era fatto la doccia dopo la partita. Le sue spalle larghe, il suo petto statuario, i suoi addominali durissimi. Fletté i suoi enormi bicipiti mentre mi sorrideva di nuovo, con arroganza, facendomi vedere le ascelle leggermente umide dove c’erano gli unici peli sulla parte superiore del suo corpo.
«Togliti la camicia.»
Ero troppo occupato a bearmi del suo corpo, cercando di memorizzare questo momento: ogni dettaglio, ogni muscolo, ogni macchia di sporco, ogni goccia di sudore. 
«Ho detto: togliti la camicia» ripeté, con più forza. 
Mi alzai e mi tolsi la camicia. A differenza del modo rapido e morbido in cui lui si era spogliato della maglietta, io armeggiai nervosamente con i bottoni. Nonostante fossi leggermente più alto di lui, non ero alla sua altezza per quanto riguarda la sicurezza e il fisico. Quando finalmente la mia camicia ha toccato il pavimento, mi ha guardato dall'alto in basso. 
«Uhm» disse, vedendo il mio corpo esile, non definito e senza alcun muscolo notevole con solo una leggerissima traccia di peluria sul petto. 
Si risedette. «Vieni e toglimi le scarpe.»
Incerto sul perché avesse questo controllo soprannaturale su di me, mi inginocchiai e gattonai fino a lui. Ho sciolto goffamente il laccio di una scarpa, poi l'altra. 
«Questa è una cosa che mi mancherà del collegio» ha detto «A scuola, uno dei frocetti può farlo per te.» 
Gli sollevai il piede, dato che lui non stava aiutando, e gli sfilai la scarpa più delicatamente che potei. Un altra ondata di odore di sudore mi colpì la faccia non appena lo feci. Leccandomi le labbra, ho rimosso l'altra scarpa.
Lo guardai e vidi che stava guardando il telefono con una mano e palpandosi di nuovo il suo enorme pacco con l’altra. Alzai la testa per guardarlo e non saprei dire se passarono secondi o ore. Poi si alzò in piedi, il calore del suo pacco era a pochi centimetri dalla mia faccia. Era davvero enorme. Non era più solo un rigonfiamento, ma l’intera sagoma di un enorme cazzo la cui lunghezza e grossezza potresti vedere solo in un porno. 
Era ovvio dove voleva andare a parare. Probabilmente era stato ovvio dal momento in cui continuavamo a guardarci alla festa di Ornella.
Si slacciò i pantaloncini da calcio e li lasciò calare. Scoprii così che non indossava biancheria intima. Il suo uccello si scagliò rumorosamente contro il mio viso mentre lui scoppiò a ridere. Mi ci è voluto un momento per riprendermi dallo schiaffo involontario, ma quando l'ho fatto ho guardato dritto davanti a me e a stento riuscivo a respirare. Davanti a me c’era un cazzo dalle dimensioni sconvolgenti. 
«Merda» sussurrai piano. 
«Sono così dannatamente eccitato» disse semplicemente «Togliti i pantaloni.»
Mi tolsi le scarpe in fretta, poi mi alzai per fare come aveva detto, nello stesso modo in cui avevo eseguito i suoi ordini per tutta la sera. 
«E anche le mutande» aggiunse, alzando gli occhi al cielo. 
Mi sono paralizzato.
«Allora? Muoviti!» la mia piccola erezione premeva con urgenza per uscire. Ero disperato. Da una parte perché non volevo vedesse la mia vergogna, ma dall’altra volevo anche fare esattamente tutto ciò che mi diceva. 
Feci un respiro profondo e prendendo forza ho tirato giù i miei boxer. 
«Merda» disse, prima di scoppiare a ridere «Cazzo, Diego, non c'è da stupirsi se sei ancora vergine.»
Sentii la vergogna salirmi fino al petto. Quello che ha detto era vero, ovviamente. Fin dalla pubertà, vedevo le virilità dei ragazzi diventare più grandi anno dopo anno, sono sempre stato attento a non farmi vedere da nessuno nudo. Era troppo imbarazzante. 
«Non posso crederci. Quanto è piccolo?»
«I-io non lo so. Non lo ho mai misurato» mentii. 
«Non mentirmi!» quasi sbraitò, come se riuscisse a leggermi dentro.
«Quanto è piccola quella patetica cosa?»
«Sono circa 11 centimetri.» 
«Sarà meglio misurarlo, solo per essere sicuri» rise Fede. Uscì dalla stanza e tornò subito dopo con in mano un metro a nastro. Tornò alla poltrona e si sedette.
«Siediti difronte a me.»
Ritornai sul pavimento come aveva ordinato, e mi misi a gambe incrociate. Mi diede il metro: era di un accesissimo giallo, con le misure su un lato. Era un semplice oggetto, ma avrebbe esposto senza ombra di dubbio ciò che già sapevamo sia io che lui. 
«Dimmi quanto è piccolo» ordinò lui compiaciuto. 
Lo guardai, supplicando, disperato per dover provare a lui e a me quello che entrambi potremmo già vedere. Il suo sguardo impaziente era tutto ciò di cui avevo bisogno per rendermi conto che non avevo altra scelta che misurarlo.
Prendendo in mano il mio piccolo cazzetto, ho posizionato il bordo del metro a nastro sul lato. Mentre ero seduto sul pavimento, dalla poltrona, Fede aveva una vista perfetta della scena. Questa volta non ha nemmeno riso.
«Mio dio, è patetico» sputò «9 centimetri e mezzo. Ho iniziato a misurare il mio grosso cazzo quando avevo solo dieci anni ed ero già più grande di 3 centimetri» stava ridendo ancora, sempre più incredulo.
«Quanto è grosso?»
Lo guardai, stupidamente.
«Avvolgilo attorno al tuo cazzo e dimmi quanto è grosso.»
Ancora una volta, feci come lui ordinò. Il mio uccello era duro come non l'avevo mai sentito
«7 centimetri».
«Sei abbastanza carino che pensavo che alla fine avresti trovato qualcuno da scopare. Ora non ne sono più così sicuro. Il mio cazzo da moscio è molto più grande del tuo da duro. Ma molto più grande! Ora misura il mio» ordinò. 
Inginocchiandomi sul pavimento, ritrovandomi faccia a faccia con la sua massiccia erezione, ho esitato di nuovo. Mi stuzzicava l’idea di toccare il cazzo di un altro ragazzo. Poi la mia mano destra, ancora brandendo il metro, ha premuto contro il suo pube. Mi sentivo avvampare e accaldato, il cuore mi batteva ancora una volta fortissimo, la mano sinistra tremava mentre si alzava per allungare il metro contro il suo grosso cazzo. Una volta fatto ciò che aveva detto, lo guardai. 
«Quanto è grande?» chiese compiaciuto. 
La mia bocca era secca per i nervi e mi leccai le labbra.
«È ... È 21 centimetri».
«Quindi hai 7 anni più di me e il tuo uccello non è nemmeno la metà del mio? Sei così patetico» disse compiaciuto.
Lo guardai di nuovo. La fiducia e il controllo erano ancora più forti in Fede dopo che avevamo stabilito senza ombra di dubbio quanto lui fosse enorme. 
«Adesso misura la mia circonferenza.»
Avvolgendo il metro intorno al suo enorme cazzone, i miei occhi si spalancarono. 
«Ebbene?»
«S-Sono circa 14 centimetri e mezzo» balbettai incredulo.
«Allora cosa ne pensi?» chiese. 
«S- Sei così... Enorme» ammisi automaticamente.
«Sai come le frocette di scuola chiamano questo cazzone?» chiese, mentre batté una volta tra di loro le mani compiaciuto. Lo guardai, sbalordito.
«Lo chiamano: il mostro.» 
Afferrò i miei capelli e mi costrinse a guardarlo.
«E sai cosa facevo alle piccole frocette con il mio mostro?»
Ho provato a scuotere la testa facendo segno di ‘no’, ma così facendo la sua presa sui miei capelli fù ancora più salda e forte. 
«Lo spingevo giù per le loro piccole gole in modo che i loro occhi si annebbiassero di lacrime e mi guardassero implorandomi di fermarmi. È questo che vuoi? Vuoi essere la mia piccola frocetta?»
Non mi sono mosso. Mi sentivo allo stesso tempo sia il ragazzo più fortunato del mondo sia quello più terrorizzato. Sentivo l'odore del sudore e della sua eccitazione mentre la cappella massiccia aleggiava e si allontanava dalla mia faccia. Non riuscendo più a respirare per l’eccitazione, aprii la bocca per inghiottire un po’ d'aria e lui spinse i fianchi in avanti. 
La punta del suo cazzo mi ha toccato la lingua. L’umidità della sua cappella mi lasciò in bocca un sapore che fece esplodere le mie papille gustative. L'ho sentito ridacchiare sopra di me, e con un minimo ondeggiamento dei suoi fianchi, il suo enorme cazzo si sfregava avanti e indietro contro le mie labbra.
Sono stato riportato alla realtà quando ho sentito i suoi calzini sportivi bianchi iniziare a premere contro il mio piccolo cazzetto.
«So cosa vuoi. E so di cosa hai bisogno» disse, schiacciando più forte il mio cazzo. 
«E se non lo avessi saputo prima, lo so ora vedendo quanto è dura quella patetica piccola larva che chiami cazzo. Ma non è un cazzo. Il tuo inutile piccolo cazzetto vergine non è altro che un verme.» 
Stava strofinando il tallone del suo grosso piede sul mio cazzetto ora, e stava davvero cominciando a fare male. I miei occhi svolazzarono tra il suo sguardo arrogante e lussurioso e la cappella dura come una roccia del suo enorme cazzo, che ancora mi sfiorava le labbra, ancora più duro e affamato di prima.
«A scuola, ho sempre odiato i ragazzi con il cazzo mentre li scopavo» ha continuato «a volte erano duri, ma preferivo quando erano mosci. Quando scopo, sono quello che scopa! La piccola puttana che sto scopando non è destinata ad avere un cazzo, il mio cazzone è ciò che conta.» 
Grugnì mentre un enorme quantità della sua eccitazione si posava dal suo cazzo al labbro inferiore della mia bocca semiaperta. Ha mosso il piede per schiacciare ancora di più il mio cazzo, facendo sì che si ammorbidisse.
«L'unico cazzo che conta è questo qui. Ma nessuno di quei ragazzi era piccolo come te. È a malapena un cazzo. Il mio è un vero cazzo. Il vero cazzo di un vero uomo. Merda, scommetto che ne sei consapevole persino tu. Tu e quel piccolo verme non riuscirete mai a scopare nessuno. Mi divertirò molto con te. Vuoi sentire cosa si prova grazie ad un vero cazzo?"»
Mentre cercavo di parlare, mi resi conto che per l'ultimo minuto stavo piangendo silenziosamente. Sì. Sì, volevo sentire cosa si provava grazie ad un vero cazzo. Sì, aveva ragione, non avrei mai potuto scopare nessuno. Come potrei? Era ovvio, bastava vedere il mio piccolo cazzetto tra le mie gambe schiacciato sotto il piede di Federico. 
«Sì» singhiozzai.
«Sì... cosa?» mi incalzò.
«Sì, voglio sentire cosa si prova grazie ad un vero cazzo.»
«Leccami le palle, prima.»
Strinse ancora una volta la presa sui miei capelli e mi schiacciò il viso tra le sue palle. Proprio come il suo cazzone, anche queste erano enormi. Mentre le mie labbra le toccavano sentii, per la terza volta quella notte, l'odore del suo sudore post partita. 
«Ecco qua. Lecca il sudore dalle mie palle e dimmi cosa vuol dire assaggiare un vero uomo.»
Disperato per soddisfarlo, la mia lingua si lanciò. Ero sicuro che il mio piccolo verme ormai mezzo morbido stava gocciolando sotto il suo calzino mentre assaggiavo il suo sudore. Nel frattempo lo sentivo accarezzare dolcemente su e giù la sua asta, mentre la sua mano ogni tanto mi colpisce il naso.
Mi sono lamentato.
«Giusto. Ora, senza togliermi la lingua di dosso per un secondo, voglio che mi lecchi l’asta molto, molto lentamente.»
Ho iniziato a farlo. Anche se non avevo mai succhiato un cazzo prima, volevo disperatamente succhiare quello di Federico, ma ero persino più entusiasta di fare come lui ordinava, così mi sono preso il mio tempo. 
«Uno» disse. 
Leccavo ancora verso l'alto, assicurandomi di scorrere la lingua da una parte all'altra. 
«Due».
Non potevo credere quanto potessi muovere lontano la mia faccia da sinistra a destra e avere ancora la mia lingua sul suo cazzo. 
«Tre».
Accelerai un po', volevo assaggiare di nuovo la sua eccitazione. Volevo succhiarlo, proprio come mi aveva detto di fare. 
«Rallenta» disse «Quattro. Stop.»
Mi fermai immediatamente. 
«Ora guardami.»
Quasi tutto il mio campo visivo era dominato dal suo enorme cazzo, che sovrastava la mia vista. Fissai il suo grosso cazzo palpitante, che svettava sopra i miei occhi. Lo sentii teso contro la mia lingua e sentii un enorme filo di eccitazione nella mia gola, sulla mia guancia e sulle mie labbra. 
«Ora basta. Sono dannatamente eccitato. Vai a sdraiarti con la schiena sui cuscini del divano e la testa appoggiata sul poggiolo» disse, spingendomi verso il pavimento. Mi precipitai, cercando di posizionarmi il più rapidamente possibile.
Una volta fatto ciò che aveva detto, si inginocchiò di fronte a me. Vista così la sua massiccia erezione sembrava ancora più grande di prima. 
«Apri la bocca» ordinò. Ha posizionato il suo cazzo tra le mie labbra e spinto in avanti. Circa solo 12 centimetri erano entrati prima che iniziai a soffocare. Lo ha tirato fuori. 
«Dovrai fare meglio di così» disse, ridacchiando «È appena a metà. Anche se volessi il tuo patetico cosino non potrebbe mai soffocare qualcuno così."»
Si è allungato in avanti, sadicamente, e senza sforzo ha afferrato il mio cazzetto e le mie piccole palline nel palmo di una mano e li ha strizzati.
«Cazzo, sembra ancora più minuscolo da qui» disse, stringendoli ancora più forte.
«La cosa che devi sapere di me, Diego, è che voglio vederti soffocare. Voglio sentire il mio enorme mostro farti mancare l'aria, voglio vedere il mio enorme cazzo farti soffrire in un modo in cui tuo piccolo verme inutile non potrebbe mai far soffrire qualcuno.»
Subito dopo, ha spinto di nuovo in avanti. Mi sentii subito colpire la parte posteriore della gola, sentendomi di nuovo soffocare, ma lui spinse brutalmente più avanti finché non sentii il suo pube contro il mio mento. Cercando di disobbedirgli, per la prima volta quella sera, cerco di spingerlo via. Non era pronto per essere spinto via. Rimase indifferente mentre continuava a scoparmi la gola. Non per otto, nove, dieci secondi... Ma per molto di più. Alla fine, ha tirato fuori il suo cazzone, e mi ritrovai a tossire cercando di alzarmi ma non me lo permise. Ha strizzato ancora più forte il mio cazzetto moscio, raggrinzito e gocciolante, e mi ha afferrato la gola con l'altra mano prima di posizionare il suo uccello ancora una volta sulle mie labbra. 
«Questa è la mia parte preferita. Apri di nuovo la bocca, ragazzino.»
Ha spinto il suo cazzo in avanti, e ho sentito la mia gola aprirsi. 
«Mi piace sentire il mio grosso cazzone nella gola di un ragazzo. Sentire come il mio mostro lo soffoca. Vedere come ti porta alle lacrime. Sapere che non hai aria grazie a quanto sono enorme. Argh, merda! Sono così dannatamente vicino»
Dopo essere entrato in profondità nella mia gola per la seconda volta quella notte, si mosse avanti e indietro una dozzina di volte prima di uscire. Ha, finalmente, mollato il mio piccolo cazzetto dalla sua infernale presa e, con entrambe le mani ora libere, ha afferrato il suo cazzo enorme. Segandolo ancora qualche volta, un paio di enormi getti di sperma sono atterrati sul mio piccolo cazzetto, i successivi getti schizzarono sulla mia pancia e sul mio petto. Poi mi ha conficcato la cappella del suo cazzo in bocca e ho sentito un altro paio di scariche del suo enorme cazzo che si posava sulla mia lingua. Lo ha tirato fuori ancora una volta e ha usato il mio collo, le guance e i capelli per ripulirlo dal suo stesso succo. 
Crollò all'indietro sul pavimento, apparentemente stanco e pronto a riposare. Ma a me non è stato permesso riposare.
«Vieni a leccare le mie palle ancora un po'» disse, allungandosi in avanti per tirare i miei capelli. Feci come mi era stato ordinato, il suo sperma si stava già raffreddando e attaccando al mio corpo. 
Ho leccato le sue palle, strofinando affettuosamente il naso contro il suo enorme, morbido e dormiente cazzo per circa un quarto d’ora. 
«Oh, sì» disse «Vai a prendere il metro.»
Mi ha fatto misurare il suo cazzo mentre era moscio. Era lungo 16 centimetri e grosso 13. Anche da moscio umiliava il mio da duro. 
«Il tuo patetico cosino è ancora moscio?» chiese, sedendosi. 
Uno sguardo triste mi si allargò sul viso, non volendo deluderlo, ma leccare le sue palle mi aveva fatto tornare duro.
«Merda. Sembra ancora più piccolo di prima» ha detto, strappandomi con cura il metro dalle mani e mettendolo contro il mio cazzetto. «Aspetta un attimo! Prima hai imbrogliato, piccola frocetta?» 
«Cosa? No! Mi hai visto...» cominciai, guardando in basso. 
«Non arrivi nemmeno a 9 centimetri.» Aveva ragione. Ero più duro di quanto non fossi mai stato. Rimosse il metro e fissai la minuscola vergogna tra le mie gambe, entrambi seduti lì in silenzio. 
«Oh, questo è troppo bello» esplose ridendo Federico, suonando più potente che mai. Lo guardai... Il suo enorme cazzo era di nuovo duro e stava tenendo accanto il metro.
«Leggi i centimetri. Uno alla volta.»
«1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22... 22,3.»
Siamo rimasti seduti lì un altro minuto in silenzio prima che lui dicesse: «Bene. A letto.»
Capì che non sapevo dove fosse e lui mi guidò. Salimmo un'altra rampa di scale verso la sua camera da letto. Era buio ma mi trascinò verso quello che sembrava un grande letto con delle lenzuola di un morbido cotone. Mentre ci addormentavamo, nella classica posizione a cucchiaio, sentii il suo enorme cazzo indurirsi tra le mie natiche. 
«Esatto, mia piccola frocetta affamata di cazzo» mormorò al mio vecchio provocandomi brividi ovunque «Stasera più di 22 centimetri di cazzo ti hanno aperto quella piccola e patetica gola. E tu e quel piccolo clitoride maschile che non arriva nemmeno a 9 centimetri non ne potreste essere più felici.»
E così mi addormentai, incredulo della situazione. Incredulo di essere in un letto sconosciuto, ricoperto di sperma non mio che si stava seccando, con un cazzo duro ed enorme che riposava tra le mie natiche. Ma la cosa più sconvolgente era Federico. Ero sconvolto che tutte queste nuove esperienze, tutta questa eccitazione e questa situazione fossero accadute con lui. Con Federico. Ragazzo che, per quanto bello e attraente, in una qualsiasi altra circostanza della vita avrei definito come un semplice ragazzino arrogante e viziato. Quel 17enne, con i suoi 7 anni meno di me, mi aveva preso e mi aveva mostrato cos’era un vero uomo. O meglio, mi aveva mostrato come io non ero un vero uomo. Mi aveva mostrato quanto io e il mio clitoride fossimo patetici. E mi aveva mostrato quanto la cosa, l’essere umiliato e deriso, mi piacesse.
E mi addormentai felice, impaziente di scoprire cosa sarebbe successo il giorno dopo.

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