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Prime Esperienze

L'uomo in abito marrone..


di Salope4gang
26.03.2018    |    6.980    |    5 9.6
"Correva l’anno…santa pace quanto tempo..."
Correva l’anno…santa pace quanto tempo..ma tutto sommato è un racconto, uno spaccato di vita vissuta e nel bene o nel male lo ricordo come un piacevole “mio trascorso”.
Forse è stupido ma sebbene in qualche modo deprecabile in se per se, rileggendomi lo ricordo e lo rivivo con stessa spensieratezza di allora.
Oggi, a palle ferme, dovrei forse se non condannarlo...quantomeno almeno tenermelo per me..
Frequentavo quell'ambiente in particolare, come molti ragazzi e ragazze, da piccolo, in un’età sessualmente compresa tra “sto scoprendo altro oltre alle macchinine ed il subbuteo" e "ho un oggetto tra le gambe con cui divertirmi, proviamo a farlo usare anche a qualcun altro".
Mai disdegnato, allora come oggi, le ragazze quindi già all’epoca avevo le mie storielle, che inevitabilmente però mi portavano a farmi fare una bella pugnetta e niente di più in bagno la sera.
Ottenevo molto di più con gli esperimenti omosessuali tra maschi nel dopo scuola, esperimenti che si erano spinti forse oltre il dovuto ma quindi perché non affrontare questa strana avventura? In realtà era quello che cercavo. I pomeriggi passati con alcuni compagni, due in particolare, a fare esperimenti sul chi veniva prima, i primi timidi strusciamenti per passare poi al primo pompino (che sensazione...ne scriverò più in la due righe..) fino alle penetrazioni, in fin dei conti mi avevano “aperto” mentalmente.
Il desiderio in fin dei conti era quello di arrivare a soddisfare qualcuno contro voglia, è sempre stato il mio pallino, sognavo una sorta di ricatto “devi farlo altrimenti....”. E quindi perché mai presentatasi una possibilità non sfruttarla?

Lui, il grande uomo con abito marrone, era certamente molto più grande di me sia all'anagrafe che nella corporatura. Dopo svariati inviti ad andare a trovarlo, senza però essere mai ovviamente “diretto” sul motivo, avendo capito il gioco a cui mi voleva probabilmente far giocare, feci sto sforzo di decidere.

Sospirai dentro di me un timido..."Via, Vado”.

Tarda primavera, non ancora estate. Il pomeriggio da una certa età in poi si è un po’ più liberi di muoversi senza genitori e tutto sommato alla domanda “dove vai?” sarei stato pronto a rispondere “vado li, mi porto la chitarra, non si sa mai”. Per tutta risposta un “Bravo!” me lo sarei aggiudicato.
All’epoca avevo la classica tuta, a Firenze ribattezzata “toni”. Un Adidas, e cos'altro..quindi non proprio freschissimo..Sai quei tessuti un po’ acetati da cui non traspira nulla. Felpa mezzo collo con zip.

Bussai alla porta dal corridoio principale e la sua voce disse “Avanti”, con fare imperioso.

Quando mi vide sulla porta fece quel suo particolare sorriso, che poi in realtà faceva a tutti coloro i quali si andavano a trovarlo. Ma era felice e a ripensarci oggi forse un po’ preso alla sprovvista. Ovviamente non se l’aspettava, questo è certo, ma era visibilmente tra il sorpreso, il felice, ed “eccoci..e ora?”.
Mi venne incontro parlando ma ad onor del vero non ricordo nulla di ciò che disse, stavo pensando a tutto fuorché alle sue parole. Ricordo che fece il gesto di abbracciarmi e mise le sue grandi mani sulle spalle, di lato e, avvicinandomi a lui, mi strinse forte e mi diede due baci sulle guance. Mi abbracciò per un breve istante e mi fece accomodare. "Come sono felice che sei passato a trovarmi!".
E' facile per me ricordare tutto questo o forse è facile e voglio ricordarlo così perché in effetti così era lui..tenero.
Per una decina di minuti circa che a me parvero però eterni..mi fece le domande di rito, “come stai”, “che bello la chitarra dimmi..” etc. Ricordo che fui molto diretto, gli dissi che ero lì perché lui mi aveva invitato ad andarlo a trovare più volte, puntini di sospensione, ed avevo "preso coraggio". Ecco credo che queste mie ultime due parole fossero state abbastanza eloquenti. Una sorta di “le chiacchiere stanno a zero vediamo che mi fai..”
Si alzo e si diresse alla porta e diede una mandata. Poi chiamò qualcuno e disse che non avrebbero dovuto disturbarlo per un po’, perché con lui c’era una persona che doveva parlargli.
Era seduto sulla sua grande poltrona di pelle, un po’ sfondata a dir la verità e tra me e lui una enorme scrivania in legno, oggi la definirei in stile “a cattedrale, ottocentesca” , con una montagna di fogli da far spavento.
Aprì il cassetto e tirò fuori delle fotografie di varie attività in giro per il mondo che lui organizzava. C’erano campus estivi, incontri importanti, fotografie di feste e ricevimenti oltre che di attività sportive etc.
“Ah guarda, c’è anche “tizio”. Ora onestamente questo è troppo. Non posso ricordarmi il vero nome di Tizio, ma questo Tizio era comunque in costume, slip. Ma la cosa strana è che la fotografia non era ritratta in un ambiente “marino” o piscina od altro, ma al chiuso, in una stanza.
Mi fece cenno di alzarmi e fare il giro della scrivania per raggiungerlo per vedere le altre fotografie.
Non finiva mai. Il mezzo giro intorno a quella scrivania sembrava essere il viaggio più lungo mai fatto in vita mia. E lo feci tutto cercando di non guardarlo negli occhi ma osservando le fotografie appese alla parete dietro la sua scrivania. Quadri piccoli, più grandi, foto che lo ritraevano mentre stringeva la mano a qualcuno, vari altri oggetti che in una stanza come quella dovevano forzatamente essere appesi alla parete e senza rendermene conto mi trovai accanto a lui, in piedi, davanti al cassetto aperto.
Sento ancora il brivido e l’eccitamento che provai quando in quella posizione sentii la sua mano appoggiarsi sul mio fianco sinistro e la sua voce dirmi “siediti qui, sulle mie gambe”.
Non capivo più niente..ero andato. Pensavo tra me e me se non fosse stato il caso di dire "mi spiace ma devo andare" Lui forse lo avrebbe capito..
Guardavo in basso nel cassetto e c’erano altre foto di Tizio e di altre persone, tutte rigorosamente in costume.
Ne tirò fuori dal cassetto alcune e le mise sul tavolo davanti a me. La sua mano ferma ma presente sul mio fianco. “Questo è un ragazzo veramente speciale, sai viene da molto lontano. Viene spesso qui a dare una mano e qualche volta gli allungo delle mance perché non ha molti soldi. I genitori, anche loro, non hanno lavoro, sono straniere e quindi gli do degli incarichi e qui lo aiutiamo anche con poco” Tra me e me pensavo che sicuramente i soldi glieli dava per le foto, non certo per i suoi lavoretti. Quando dissi dentro di me la parola “lavoretti” cominciai a sudare..e lui se ne accorse. “Tra l’altro, queste foto che vedi, sono state scattate nello studio di un mio amico Pittore, in zona Santo Spirito. Glielo presentai perché questo amico paga bene per i modelli o le modelle per i suoi quadri e per le sue fotografie. Ti interesserebbe?” . “Perché no”, risposi io senza sapere assolutamente dove fosse Santo Spirito. “l’unica cosa è che non saprei cosa dire a casa... E poi non so dov’è questo posto”. “Ma non ti preoccupare, fissiamo e ti ci porto io se ne avrai voglia” disse lui.
Faceva caldo effettivamente, sia per colpa della tuta che per le idee che mi erano venute in mente e che, devo essere onesto, mi eccitavano. Lui, essendosene accorto, mi chiese se volevo togliere la felpa perché avevo tutti i capelli bagnati e la fronte sudata. Tirandomi su dalle sue ginocchia mi resi conto che il pantalone della tuta mi era rimasto appiccicato alla coscia. Mi tolsi la giacca della tuta e rimasi in maglietta, sudatissima..”Aspetta, facciamo una cosa” tuonò ma a bassa voce. “Visto che anche i pantaloni sono un pò sudati, se non ti spiace toglili e mettiamo giacca e tuta ad asciugare sulla sedia davanti alla finestra. Così vediamo se fisicamente potresti andare bene al mio amico Pittore. Così ho fatto anche per Tizio e per gli altri" Io, perplesso e grondante sempre di più annuii. Appoggiai una mano sulla scrivania e con l’altra cominciai a tirar giù il pantaloni. Lui mi aiutò e questo mi fece eccitare da morire. Il mio pene diventò duro e vestendo dei boxer la cosa non poteva essere nascosta a lungo. Tolti i pantaloni mi fece cenno con la testa di andarli ad appoggiare sulla sedia. Mi seguì con lo sguardo ed una volta giratomi mi fece cenno di tornare li.
Mentre stavo girando verso di lui intorno alla scrivania lui si spinse all’indietro con la poltrona, con la mano sinistra mi prese la mia destra e mi accompagno fino al punto in cui sarei stato in piedi, di schiena, davanti a lui.
Guardavo in avanti tutta la stanza. Sulla destra c’era la finestra, anzi due una accanto all’altra e sulla sinistra, in fondo, la porta da cui ero entrato. Davanti a me il semi caos di un ufficio d’una persona comunque importante con mille ricordi ogni dove. Una teca, vari quadri a parete, un divano, un tavolo basso. Sentii le sue mani sui miei fianchi afferrare lentamente l’elastico dei boxer e piano piano questi scesero verso il basso fino a cadere senza opposizione sulle scarpe. Avevo la pelle d'oca..
Regnava il silenzio. E questo so anche io che poteva non essere un bene, perché in fin dei conti al di fuori c’erano persone che passavano di continuo. Si sentivano voci. Le risate dei ragazzi. Voci femminili che parlavano davanti alla nostra porta. Qualcuno tra l’altro era stato avvisato che lui non voleva essere disturbato perché era con qualcuno. E questo silenzio non era una cosa normale. Accese una radiolina sul tavolo. Non ricordo assolutamente se fossero parole quelle trasmesse o musica. Direi musica classica o roba simile. Alzai un piede per liberarmi dai boxer. Le sue mani cominciarono ad accarezzarmi il sedere e le cosce. Una mano faceva una cosa e l’altra ne faceva un’altra. Le sue uniche parole in quel frangente furono “sei fatto benissimo, molto meglio di “Tizio”. Ma tu giochi a calcio, vero?” Mi sarei voluto sotterrare. Perché parla? Perché non fa quello che deve fare? “Sii” dissi con voce tremante.. Allargai timidamente le gambe ma lui mi aiutò e me le fece allontanarle fino al punto in cui la mia pancia, chinandosi in avanti, si sarebbe appoggiata perfettamente alla scrivania. Misi le mani sotto il mento per pochi secondi ma poi mi venne spontaneo metterle sugli occhi. Sotto di me c’era di tutto. Fotografie, libriccini, fogli. Il mio sedere era inevitabilmente all’altezza in cui lui lo desiderava. Sentii uno scricchiolio della poltrona, le sue mani, che non si erano più staccate dalle mie cosce, e una nuova sensazione mi fece venire la pelle d’oca. Le sue labbra sul mio sedere..
Mi baciava le mele, lentamente, senza un ordine preciso ma sembrava però scegliere il punto con particolare attenzione. Alle volte distinguevo la lingua tra le sue labbra mentre mi baciava. Poi le mani che perlustravano ogni centimetro dalla mia vita in giù fino a quando sentii la sua mano prendere il mio pisello e, poggiato sul suo palmo, tirarlo verso se verso di lui tra le mie gambe. Spostò le mie palle da una parte e tenendo la mano sempre ferma appoggio la sua fronte sul mio sedere e lo prese in bocca. Che sensazione…aveva la bocca morbida, la lingua calda e potevo distinguere la saliva. Non sono circonciso e la cappella uscii e sentii la sua lingua leccarla e ciucciarla.
Stette in quella posizione per qualche minuto e sarei anche venuto..ma smise. Con le grandi mani mi allargò le natiche e mi leccò l’ano fino ad in filare la lingua dentro..
D’istinto mi tolsi una mano dagli occhi e velocemente mi andai a toccare con la punta del medio l’ano. Lui non si fermò, continuava ad infilare la lingua dentro di me. C’era una quantità di saliva incredibile. C’era un lago filamentoso e bagnato. Credevo addirittura di esser venuto perché della saliva correva lungo le palle e poi lungo il mio pene fino a gocciolare per terra.
Si fermò di botto. Il mio pisello fece uno scatto secco verso il basso e sentii che si tirò su dalla poltrona. Lo sentivo in piedi dietro di me ma fermo. Armeggiava con qualcosa ma non capivo. Sentii come se un lenzuolo mi avesse coperto fino a metà schiena, con una leggera brezza d'aria che lo accompagnò. E mentre con la sua mano sinistra mi teneva leggermente il mio polso sinistro, mi sentii afferrare il gomito destro ed una volta lasciato andare il braccio, lo stese lungo il mio fianco. Avevo tutte e due le braccia lungo i fianchi e mi teneva per i polsi. Fece un gemito, forte ma soppresso con il tono e nello stesso istante era entrato dentro di me.
La scrivania non faceva particolari rumori e lui sembrava essere ben attento affinché non ne facesse. Era uno scricchiolio dolce. Usciva lentamente ma entrava con violenza. A mano a mano che i minuti passavano ed ero sempre più bagnato lui entrava sempre più in fondo. Mi tirava le braccia e mi si inarcava la schiena verso l’alto, sembrava piacergli. Mi sentivo pieno. Pieno, pieno, pieno e pieno. Il suo movimento si fece sempre più rigido e secco fino a quando sembrò aver fatto uno sforzo più intenso e tirandomi a lui mi schiaccio contro la scrivania e appoggiando i gomiti sul tavolo ai miei lati lo sentii calmarsi. Era venuto..e neanche poco.

Mi piacque moltissimo quella esperienza e la ripetei diverse volte, non mi vergogno a dirlo. La cercai continuamente o per lo meno altre volte capitai da lui per questo motivo..Era rischioso, era irriverente e divertente. Ovviamente le volte successive, man mano che si sommavano ed il tempo passava, erano sempre meno “vibranti” ma, al di la del fatto che in quel posto tra l’altro trovai anche la ragazza qualche tempo dopo, fu lui a portarmi e farmi conoscere il "pittore"..
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