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Prime Esperienze

Nuda sul bagnasciuga


di martaluca
10.01.2023    |    18.044    |    14 9.8
"Quella cappella così lucida sprigionava un odore di maschio notevole, che riuscivo a distinguere nettamente da dietro alle terga di Marta..."
Quei giorni di metà settembre regalavano ancora un caldo sole estivo ed una leggerissima brezza ci rinfrescava di quel tanto che basta a rendere piacevole una giornata sulla sabbia. La sabbia bianca del litorale Calabro luccicava al sole e la spiaggia era praticamente deserta: Marta deve aver pensato che quella fosse un' ottima occasione per realizzare qualche scatto osé senza dare troppo nell'occhio. Del resto lei, molto pudica, non aveva mai gradito mostrarsi in pubblico, reagendo spesso con fastidio anche agli sguardi più innocenti. Fatto sta che, sarà stata la cornice splendida o la totale solitudine in cui ci stavamo godendo quegli attimi fantastici, una volta appoggiata la nostra roba e stesi gli asciugamani, Marta aveva da improvvisamente deciso di sfilarsi di dosso il bikini, restando nuda in tutta la sua bellezza.

"Fammi qualche foto con il tuo telefono, dai, le pubblichiamo sul sito questa sera!" mi disse con tono entusiasta. Di lì a pochi passi un tronco d'albero, probabilmente trasportato sulla sabbia da una mareggiata, aveva subito attratto la sua attenzione. Sedutasi a cavallo del grosso pezzo di legno, ormai privo della corteccia, aveva dato il via ad un crescendo di erotismo fatto di sorrisi ammiccanti e pose da pornodiva consumata che, lo ammetto, mi avevano messo a dura prova, oltre a compiacermi, gonfiando il mio… ego. Alla fine degli scatti, soddisfatti i suoi istinti esibizionistici, complice la situazione, Marta aveva deciso di rimanere nuda sui nostri asciugamani, ed anzi, pochi minuti dopo, si era concessa una breve passeggiata in direzione del bagnasciuga.

Se fino ad allora avevo trattenuto la mia eccitazione, costretto a fotografarla mentre assumeva le pose più cagnesche, in quel momento, vederla comminare nuda sulla sabbia con disinvolta tranquillità, le poppe al vento e quel meraviglioso culo sodo che lasciava intravedere, tra le cosce, la sua fighetta liscia, mi aveva dato il colpo di grazia. Ma non volevo raggiungerla, un po' perché non mi andava di concludere in acqua, con una scopata frettolosa, in precario equilibrio sul fondo roccioso, un po' anche per prolungare quel momento fatto di eccitazione mista alla paura che qualcuno sopraggiungesse improvvisamente, cogliendoci nudi in quella situazione.

Marta, dopo aver trascorso qualche minuto seduta sul bagnasciuga, aveva fatto un veloce tuffo nell'acqua, per ripulirsi dalla sabbia, e si era incamminata lentamente, per tornare sul suo asciugamano, con delle movenze feline che tradivano il suo gusto nel mettersi in mostra davanti ai miei occhi. Evidentemente quella passeggiata della timida e riservata Marta non era stata un fatto così casuale, pensai… Ma non fui in grado di aggiungere altre congetture alla mia riflessione che lei, raggiuntomi, prese con decisione la mia mano, e, sorridendomi con fare sornione, mi trascinò dietro ad una piccola duna, alle nostre spalle.

La gobba di sabbia non ci nascondeva completamente dal passaggio sull'arenile. Così Marta inginocchiandosi mi aveva abbassato con un gesto repentino gli slip che io, nel frattempo, avevo indossato per nascondere la mia erezione, ed impugnando saldamente il mio cazzo, che aveva assunto la consistenza di un pezzo di marmo, aveva iniziato iniziato a segarmi, leccandomi lo scroto e succhiando le palle con una certa foga.

Quella sensazione di piacere mista a dolore, dovuta alla suzione dei miei testicoli, mi eccitava da morire, ed in pochi attimi, afferrata la sua testa, le avevo spinto la cappella turgida in fondo alla gola. Lei aveva intanto preso a masturbarsi con entrambe le mani: due dita nella figa ed i polpastrelli dell'altra mano, inumiditi della saliva che colava dal mio cazzo, a tormentare il clitoride in maniera ossessiva. Travolto dai suoi mugolii e dal rumore degli affondi del mio cazzo nella sua gola, socchiusi gli occhi, ero pronto a schizzare tutto il mio piacere.

Marta, che ormai mi conosceva bene, si era accorta di avermi spinto troppo in là, e che in pochi secondi avrei capitolato facendole ingoiare un fiume del mio seme caldo. Così, abbandonato di colpo il mio uccello, aveva sollevato la testa e mi aveva guardato negli occhi con quel sorriso irresistibile che mostra solo quando è eccitata. Si era poi girata sulle sue ginocchia, dandomi le spalle, ed abbassando il busto in una meravigliosa pecorina, aveva inarcato la schiena, mettendo in mostra la sua fighetta grondante e già tutta gonfia per lo strofinio.

In un attimo ero in ginocchio, con il cazzo puntato sulla sua fessura bagnata, pronto ad approfittare di quel ben di Dio. Non c'era più nulla attorno a noi, solo la voglia di chiavare forte forte. A quel punto Marta, prona, aveva afferrato le sue chiappe con le mani, ed affondate con decisione le dita nei suoi glutei, aveva cominciato a tirare verso l'esterno, con il chiaro intento di mostrarmi la sua rosellina proibita.

"Ti prego Luca, leccami il buco del culo, ti voglio dietro" mi aveva sussurrato con tono dolce ma altrettanto deciso. Così i miei palmi si erano sostituiti alle sue mani, e, dopo averle inumidito il forellino con la lingua, avevo incominciato ad aprire bene il passaggio, sputandoci ripetutamente dentro ed usando le dita in un massaggio deciso ma paziente e delicato. Marta aveva ripreso a masturbarsi con una foga inusitata, mugolando senza ritegno e rilassando i suoi sfinteri. A quel punto, impugnato il mio fratellino, l'avevo infilzata in un solo colpo fino alla radice, vincendo l'ultima, debole, resistenza del suo buchetto. Marta, sebbene avesse accolto questo gesto con un piccolo cenno di dolore, si era subito prodigata per spingere le sue terga verso il mio pube, inarcando ancora di più la schiena e seguendo il mio ritmo sempre più rapido e deciso, per non perdere neanche un centimetro, neanche un secondo di quella fantastica cavalcata. Di lì ad un minuto Marta ebbe un orgasmo potentissimo, di quelli che ti fanno perdere il controllo dei muscoli pelvici e degli arti inferiori, che la fece urlare di piacere. Io, appagato dalla scena ed eccitato come un cavallo, le schizzai senza alcun ritegno tutto il mio piacere nel buco del culo.

Sfilato l'arnese, ancora perfettamente dritto, avrei voluto contemplare per qualche secondo, e magari fotografare, quella galleria grondante di sborra, in cui mi ero fatto largo dentro di lei. Purtroppo Marta, riprese le forze, si era girata immediatamente verso di me, ruotando nuovamente sulle sue ginocchia, e, guardandomi di nuovo negli occhi, con fare soddisfatto, aveva preso a contrarre i muscoli per far uscire dal suo intestino quel clistere di sperma che già le stava facendo effetto.

Dopo qualche attimo mi alzai in piedi assieme a lei. Il liquido ancora caldo le colava lungo le cosce. La ammirai in tutta la sua bellezza e voluttà, tutta nuda, i capezzoli che puntavano ancora in alto, i suoi capelli biondissimi e gli occhi chiari che risaltavano ancora di più su quella pelle abbronzata. Mi sorrise, poi mi diede un bacio appassionato, mettendomi la lingua in bocca, e, stringendomi con tutte le sue forze, mi sussurrò, arrampicandosi verso il mio orecchio destro, "Grazie Luca, ti amo".

Non feci a tempo a dire niente che la vidi trasalire cambiando espressione: alle nostre spalle, oltre la duna, c'era una sentiero, che si inoltrava nella pineta, cui non avevamo fatto troppo caso perché invaso dai rovi e dalle sterpaglie. Sul sentiero, a pochi metri da noi, un ragazzo appena maggiorenne, seduto di lato sul tubo della sua bici, ci fissava, frugando con foga nei suoi pantaloni da surf. Passati i primi secondi di imbarazzo, in cui entrambi avremmo voluto scomparire, ero sul punto di redarguire quel tipo che era fermo lì a spiarci chissà da quanto tempo. Marta mi zittì, con un tono inaspettatamente calmo "Lascialo fare, è un ragazzino", e strizzandomi l'occhio lo invitò ad avvicinarsi. Il ragazzo era titubante, forse un po' spaventato dalla nostra reazione iniziale. "Avvicinati, dai" disse Marta ridacchiando: "Ormai ci siamo presentati"!

Fatto sta che, trascinando a fatica la sua bici e le canne da pesca, e mascherando con un po' d'imbarazzo l'evidente protuberanza che gonfiava il suo costume, ci raggiunse sulla sabbia, dietro alla duna. "Mi chiamo Domenico" ci disse "Lavoro i campi della mia famiglia, qui dietro. E nelle pause vengo qui a mangiare un panino mentre provo a pescare qualcosa". Aveva forse 20 anni, ed sembrava davvero molto imbarazzato "Scusate, non avrei voluto spiarvi, ma la signora è così bella, non ho potuto resistere"! "Non importa" dissi, "Ti perdoniamo; in fondo ti sei salvato facendo un bel complimento alla mia ragazza".

Marta, che nel frattempo non perse il colpo, mi guardò, cercando un mio cenno di approvazione, e, senza esitare un attimo gli disse, con voce sicura, sfoggiando quel suo sorriso malizioso: "Ok Domenico, ti perdoniamo, dai… Ma in cambio voglio vedere cosa stavi cercando nei tuoi pantaloncini"!

Domenico stava in piedi, dritto davanti a noi, ancora un po' imbarazzato. Prima che riuscisse a prendere fiato per parlare, Marta gli si avvicinò ed, abbassandosi un poco, cercò di sfilargli in un sol gesto i bermuda che sembravano ancora una tenda canadese: "No, non qui, signora, la prego" disse Domenico, indicando con la mano una casetta lontana, tra i campi: "Quella è la casa della mia famiglia, possono vederci". "Se volete conosco un posto nella pineta, ma dovete indossare delle ciabatte e qualcosa che vi protegga il corpo dalle spine". Io ero ancora incredulo. Non avevo mai visto Marta prendere l'iniziativa in maniera così spudorata e quel ragazzo mi stupiva per essere passato in pochi istanti dall'imbarazzo più totale all'intraprendenza di una guida alpina. In ogni caso la situazione mi eccitava non poco, quindi decisi di mostrarmi accondiscendente.

Prendemmo i nostri pochi indumenti e le ciabatte infradito. Domenico, depositate con cura tutte le sue cose, ci fece strada nella fitta pineta, attraverso un percorso di un paio di minuti, fino a raggiungere una piccolissima radura, ricavata attraverso il taglio degli arbusti, dove erano state costruite, con delle tavole di abete inchiodate e dei bancali di legno, una panca ed un tavolo. "Vengo qui per stare da solo, quando voglio leggere od ascoltare un po' di musica in pace. La mia famiglia è molto numerosa ed in casa non c'è silenzio neanche di notte", ci disse Domenico, sorridendo. Era un ragazzo magro ma muscoloso, alto circa un metro ed ottanta. Aveva un viso dolce e rassicurante; gli occhi scuri, rapidi ed attenti. "Ma voi, piuttosto, come siete arrivati fin qui? E' un posto poco frequentato dai turisti, normalmente". Gli spiegammo che ci piace camminare nella natura, alla ricerca di posti tranquilli, lontani dalla confusione e dagli schiamazzi del turismo organizzato. Inoltre, da qualche tempo, avevamo cominciato a coltivare la pratica del nudismo per goderci la sensazione di libertà e quel pizzico di trasgressione che l'accompagna.

"Voglio essere sincero" disse Domenico "Vi ho visti nudi sulla spiaggia dalla finestra della camera e non ho saputo resistere ala tentazione di venire a spiarvi da vicino. Così ho preso le canne e la bici ed ho sperato di potervi raggiungere prima che ve ne andaste". Mentre Domenico continuava il suo racconto, con il sedere appoggiato al quel tavolo rudimentale, il miei occhi erano caduti nuovamente su Marta, che ora indossava gli slip del bikini ed una canottierina grigia a coste sottili, molto avvolgente. Da sotto il tessuto guizzavano le sue meravigliose mammelle ed i capezzoli turgidi. Feci un passo verso di lei, le spostai i capelli di lato e le sussurrai all'orecchio "Se lo vuoi, che cosa aspetti Marta"? "Io ti seguirei anche sulla luna"! Mi strinse di nuovo, sussurrandomi ti amo, e mi stampò un bacio sulle labbra". Poi, avvicinandosi a Domenico, che ancora stava raccontando di suo padre pescatore e dei suoi fratelli malandrini, gli mise l'indice sulle labbra, zittendolo. Armeggiando con le dita della mano sinistra tirò a se l'elastico dei pantaloncini del ragazzo e, guardando verso il basso, chiese a Domenico: "Allora Mimmo, cosa stavi cercando poco fa nei tuoi bermuda"? Mentre Domenico cercava di farfugliare qualcosa, nuovamente colto dall'imbarazzo, Marta abbassò il suo costume fino alle ginocchia, scoprendo il suo cazzo diritto e lucido di umori. Era un bel arnese, non esageratamente lungo, ma paffuto, con una punta affusolata, tipo il classico missile dei fumetti, con tanto di punta rosso fuoco.

Marta, mi lanciò un altro sguardo, cercando la mia approvazione. Le sorrisi compiaciuto e lei, non senza esitare, si piegò in avanti. Anche lei ora era un po' in imbarazzo. Cominciò a leccarlo sul dorso, tenendo stretti in mano solo i testicoli. Quella cappella così lucida sprigionava un odore di maschio notevole, che riuscivo a distinguere nettamente da dietro alle terga di Marta. Intanto avevo slacciato i laccetti del bikini, facendolo cadere a terra, ed avevo cominciato a stimolare Marta infilando il medio e l'anulare nella sua fighetta bagnata. Le mie dita scorrevano avanti e indietro mentre il palmo sculacciava con vigore il culetto ad ogni affondo. Rotti gli indugi, in preda ad una rinvigorita eccitazione ed all'afrore che si sprigionava dal cazzo di Domenico, Marta prese in bocca, non senza sforzo, quel salsicciotto calabrese. Gli diede due o tre succhiate, facendo avvertire lo schiocco delle labbra mentre lo tirava fuori dalla bocca. Poi prese ad affondare quel bastone di carne nella sua gola, fino al limite del velo pendulo, stringendo forte i coglioni del giovane, che mugolava già di piacere. La mia eccitazione stava crescendo a dismisura, guardando la mia puttanella dedicarsi con tanta intensità e devozione a sbocchinare il nostro nuovo amico. Mi denudai in un istante e, divaricando di qualche centimetro le gambe di Marta, la disposi all'altezza più confortevole per cominciare la mia cavalcata. La infilzai, spingendo con decisione e contemporaneamente tirando a me i suoi fianchi. Marta ebbe un nuovo sussulto ed in pochi istanti ricominciò a mugolare di piacere, continuando, ora con una certa disinvoltura, a spompare il cazzo di Domenico. Dopo un paio di minuti di affondi, Marta, sputando sul suo palmo, aveva preso a tormentarsi il clitoride in maniera energica: sfilando il mio cazzo dalla sua fighetta, ormai gonfia di piacere, lo aveva puntato sul buchetto del culo, ordinandomi con fermezza "adesso spingi forte, ti voglio"! Non me lo feci ripetere due volte e con un colpo secco le infilzai l'uccello fino in fondo al culo. Questa volta la sentii gemere per il dolore, ma non potevo fermarmi. In preda all'eccitazione i miei movimenti si erano fatti sempre più decisi e profondi. Premendo le dita nella carne soda delle sue chiappe, tiravo verso di me il bacino di Marta, usando i pollici per dilatare ancor meglio il suo forellino ormai arrendevole al passaggio del mio bastone di carne. Ancora pochi colpi, forse un minuto, e Marta esplose, sfilandosi il cazzo di Domenico dalla bocca ed emettendo un suono a metà tra un mugolio ed un grido soffocato. La pervase un orgasmo squassante al punto di doverla sostenere reggendola per i fianchi. Ero prossimo a chiedere il cambio a Domenico ma, proprio in quell'istante, il ragazzo, ormai paonazzo per essersi trattenuto per tanto tempo, le schizzò in faccia quattro o cinque fiotti della sua crema bollente. Quella scena mi aveva definitivamente mandato fuori di me. Continuavo a spingere come un asino mentre Marta, grondante della sborra che Domenico le aveva depositato sul viso, continuava a mugolare. Cercai di tenere duro, di non arrendermi. Ma dopo altri due o tre affondi le spruzzai nel culo anche l'anima.

Sfilai il cazzo, continuando a cingerla con le braccia. In qualche istante Marta riprese le forze e, rialzandosi, usò la canottiera per ripulirsi il viso. In quel momento sentimmo una voce di donna chiamare insistentemente Domenico. "Mia madre mi sta cercando, devo tornare al lavoro, scusatemi" ci disse il ragazzo, tirando su i bermuda sporchi di sborra "La strada la conoscete, vero"? Ci congedammo con un sorriso ed un cenno della testa. Domenico sparì nella pineta mentre Marta, ancora un po' stordita, cercava i suoi slip. Tornammo con calma sulla spiaggia, era ormai pomeriggio inoltrato. Ripuliti e di nuovo nudi, ci dividemmo una coca ed un panino con la soppressata. Dalla nostra borsa termica. faceva capolino una banana tra le bibite fresche. Marta indicandola mi disse "No, dai, di questa oggi ne ho mangiata abbastanza". Scoppiammo in una risata fragorosa, ci baciammo con passione e facemmo di nuovo l'amore, seduti, lei sopra di me, sull'asciugamano. Poi, verso l'ora di cena, ci incamminammo verso la casa che avevamo affittato, a poche centinaia di metri dal mare ed alle porte del paese. Stanca per la giornata trascorsa, Marta procedeva molto lentamente. Quando la presi per mano, tentando di accelerare la sua andatura, mi apostrofò scherzosamente sostenendo che le avessi spanato il culo e storto la spina dorsale. Sghignazzai senza replicare. Ma in effetti ero stupito dalla sua performance da acrobata dell'ano.

Sebbene fossi al settimo cielo per quanto avevamo vissuto, sulla via del ritorno avevo cominciato a rimuginare un po' sull'accaduto: quell'incontro casuale non mi aveva convinto del tutto. Troppa la disinvoltura di Marta nell'approcciarsi a quell'estraneo, lei che, di solito, odia essere avvicinata nei momenti che ritiene inappropriati. E quel ragazzo timido ma alla fine così sicuro del fatto suo nel portarci al suo nascondiglio tra gli alberi per combinare le peggiori porcate. E poi il suo buchetto del culo, già così largo ed accogliente senza la solita lunga quanto divertente trafila fatta di lubrificanti anali e tanta devota delicatezza… Bah! Fatto sta che mi ero divertito parecchio giocando con Marta, e chiusi così il capitolo, senza pensarci troppo su.

Qualche giorno dopo, sul volo di ritorno, Marta mi confessò di conoscere Domenico da molto tempo. Con la sua famiglia trascorreva le vacanze estive in una casetta sul mare, presa in affitto dalla famiglia di Domenico, a quel tempo bambino. Spesso la madre del ragazzino, indaffarata al lavoro nella sua rivendita di frutta e verdura, lo affidava a Marta perché lo portasse con se quando andava al mare. Facendo la spesa in paese, durante la nostra vacanza, la mia puttanella aveva fatto visita al negozio della famiglia di Domenico ed, incontrandolo ormai adulto, si era fatta lasciare il suo numero di cellulare. Così in un colpo, l'insospettabile porcona non solo mi aveva restituito la sorpresa che con tanta difficoltà avevo organizzato nella pineta della Brussa, ma finalmente aveva dato il via ad un numero illimitato di fantasie ed incontri che di lì a poco sarebbero seguiti.
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