Prime Esperienze

PRANOTERAPIA


di Membro VIP di Annunci69.it Rosagiorg
27.12.2023    |    5.805    |    13 9.7
"Così, con l’ironia che mi caratterizza, feci una battuta per sciogliere la situazione: «Sentirai più calore, perché è maggiore la superficie di contatto..."
Sin dalla prima volta, io ero ancora adolescente e lei ancora più giovane, che le sfiorai, sotto la maglietta, con le mani tremanti, i teneri capezzoli che iniziavano appena timidamente a sporgere dal suo petto di ragazzina; fin dalla prima volta, mi disse:
«Hai le mani caldissime, ma di un calore particolare, che sento penetrare nelle fibre più recondite del mio corpo.»

Sarà stata la genetica o, come amo pensare, il tocco miracoloso delle mie mani ad aver creato tanta meraviglia?
Così, quando ci rivedemmo dopo molti anni, non potei staccare lo sguardo da quel seno che, da tenero bocciolo sul torace di ragazzina, era lievitato ad una prosperosa quinta misura, con due splendidi capezzoli tesi verso il cielo, che sembravano voler bucare l’attillata maglietta.
Non riuscivo proprio a guardarla negli occhi e lei, conscia delle reazioni che provocava il suo corpo, mi prese le mani e se le portò a sfiorare quel paradiso dicendo:
«Era da quella lontana esperienza adolescenziale che sognavo di sentire ancora questo calore, mi era rimasto il ricordo di questa energia e, devo dire, mi pare ora sia addirittura aumentata.»
Io, non è che credessi molto a questa cosa: si, altre mi avevano fatto notare che sentivano una potenza che emanava dalle mie mani, ma io pensavo lo dicessero per blandirmi.
Così, con l’ironia che mi caratterizza, feci una battuta per sciogliere la situazione:
«Sentirai più calore, perché è maggiore la superficie di contatto.»
Subito, cogliendo il lato comico della situazione, lei scoppiò in una sonora risata, che fece sobbalzare i seni, aumentando ulteriormente il mio stato confusionale. Ma, tornata seria, mi suggerì di sfruttare questa mia peculiarità.
In quel frangente non potei fare a meno di suggerire che, il modo migliore per iniziare lo sfruttamento di questa mia caratteristica era quello di fare pratica.
E chi meglio di lei e delle sue splendide bocce, poteva essere palestra per questo allenamento?

Non se lo fece ripetere, mi prese per mano e, dopo pochi minuti, eravamo già al piano superiore del locale dove ci eravamo incontrati, nell’appartamento di sua zia.
La zia che, affittava per eventi e feste, l'ampia sala al piano terra della palazzina dove abitava, non era certo, a prima vista, il tipo di donna su cui ci si poteva fare qualche pensiero. Non che fosse brutta, ma era una di quelle donne che puoi incontrare al mercato o in chiesa la domenica mattina: i vestiti senza pretese, i capelli pettinati con due colpi di spazzola la mattina, le scarpe basse e niente trucco. Forse il marito (fratello della mamma della mia amica) spesso all’estero per lavoro, da un lato la lasciava libera, dall’altro non la stimolava più di tanto, a concedersi certi sfizi.
La conoscevo da diversi anni ed era questo che, fino a quel giorno, pensavo.
Quale stupore, da parte mia, quando, io e la mia istruttrice di pranoterapia, piombati inopinatamente nel suo appartamento la trovammo stesa sul divano intenta a sperimentare intense sensazioni vibranti con un grosso dildo conficcato in vagina. Ma lo stupore maggiore fu, che lei non fece una piega, anzi, come se nulla fosse, si complimentò con la nipote per la nuova conquista e ci invitò ad accomodarci.
La nipote, colto il mio sconcerto o imbarazzo (non saprei dire) si schermì e mi trascinò in camera, sul lettone degli zii.

«Non è come pensi», si affrettò a precisare, «sai lo zio è così spesso distante e la zia, che è una donna fedele, bisogna pure che si consoli in qualche modo.»
«Effettivamente», tentai di togliermi d’imbarazzo io, «le siamo piombati in casa così, senza preavviso.»
«Non ti preoccupare», ribadì lei, «zia è così, ha un fuoco dentro che la divora, ma poiché sulla fedeltà a zio non transige, avremmo potuto trovarla così in qualsiasi altro momento. Quando le sale il desiderio non si sa trattenere e perde anche ogni pudore.»

Io ero ammutolito, lei approfittò di questo mio momento di assenza per, con rapido movimento, sfilarsi l’attillata maglietta e portare le mie calde mani a sfiorare i suoi turgidi capezzoli.
Una scossa mi percorse dalla punta delle dita salendo lungo le braccia, sfiorando la base del cervello, per discendere poi attraverso il cuore, il diaframma, gli intestini, l’ano e, dai testicoli, risalire lungo l’asta durissima per esplodere sulla punta del glande.
Che risveglio! O stavo sognando? Era tutto vero, ero sobrio, erano reali quelle sensazioni, quelle splendide tette, l’amica ritrovata, la zia di là sul divano!
Ripresomi immediatamente dallo stupore, le mie mani, come comandate da un ente altro, da un’energia suprema, iniziarono un lavoro di massaggio e carezze che non avrei mai creduto di saper eseguire con tanta maestria, energia e, al tempo stesso, delicatezza.
Ben presto la stanza si riempì degli intensi sospiri di piacere della mia amica.
Senza che ce ne fossimo resi conto, i nostri vestiti erano caduti ai piedi del letto e quando sentii un delicato e umido tocco di lingua sul prepuzio ripartì la scossa in senso contrario e l’energia uscì dalle mie dita per essere effusa sulle parti più sensibili dello splendido corpo della ragazza.
Ora i due corpi vibravano all’unisono, le membra davano e ricevevano energia, la saliva di entrambi era il conduttore di questa elettricità.
Ormai non c’era parte dei nostri corpi dove non fossero passate mani, bocche e lingue; era giunto il momento che le nostre diversità si unissero nel morbido abbraccio della vagina attorno al pene.
I lenti movimenti accompagnati da baci e carezze si facevano a mano a mano più frenetici, i sospiri si mutarono in grida per entrambi, finché un fulmine, come una spada di fuoco, non attraversò i nostri corpi tramutandoli, per un tempo indefinito, in vibranti essenze ultraterrene.

Riprecipitati sulla terra, o meglio sul lettone degli zii, eravamo ancora abbracciati, i nostri occhi, a pochi centimetri di distanza, versavano lacrime di felicità e già dipingevano sul fondo la nostalgia per un momento tanto bello ed intenso che non sapevamo se si sarebbe potuto ripetere.

«Zia, possiamo usare la doccia?» chiese lei gridando attraverso la porta chiusa.
«Sono domande da fare?» rispose prontamente la zia da dietro l’uscio, «Mi avete quasi tirato giù la casa, cosa sarà mai una doccia?»
«Vuoi dire che ha sentito tutto?» chiesi preoccupato.
«Cosa credevi che pensasse? Che siamo venuti di qua a dire le preghierine?» rise lei di gusto.
«No, no, ma, pur non essendo iper pudico o moralista, capirai», insistetti, «non è che mi capiti tutti i giorni di mettere tutto in piazza!»
«Ma non siamo in piazza», mi interruppe, «la zia hai visto com’è. Fra noi non ci sono segreti e poi, visto che è gentilissima a concedermi questo spazio, cerco di ricambiare facendole rivivere i bei momenti di quando è con lo zio, così, anche lui quando torna, la trova carica come una molla.»

Facemmo la doccia, la zia, gentilissima, ci fece trovare teli e salviette caldi e poi, in cucina, degli ottimi pasticcini annaffiati con del dolcissimo vermut. Non appena ci fummo ripresi, salutammo la zia, che abbracciò e baciò calorosamente entrambi; uscimmo e ci demmo appuntamento a presto.
Il corso di pranoterapia, doveva continuare.
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