tradimenti

Penitenze


di Ciclistabo
28.11.2023    |    11.952    |    7 9.5
"- “Amore ho dimenticato il cellulare in macchina..."
Lisa si stava accingendo a salire i gradini del grosso tir, da sotto il gentile autista la stava aiutando a salire spingendola verso l'alto con le mani sul culo sotto la gonnellina svolazzante. Dal basso era ancor di più uno spettacolo, con quei stivaloni che terminavano sopra al ginocchio, le autoreggenti e la gonnellina che spostandosi dava visione del bel perizoma di pizzo nero. Giovanni si stava gustando già il momento eccitato per quella piacevole sorpresa, non si aspettava di certo che quella notte sarebbe stato così fortunato nell’incontrare quello splendore in quel parcheggio autostradale. Si era trovato al posto giusto nel momento giusto, quella pisciata che ne aveva ritardato la partenza l'aveva favorito, senza quella magari un altro avrebbe beneficiato di quella visita e di quella gran bella donna. Non vedeva l'ora di possederla dentro il suo camion, laddove poco prima stava riposando dopo tante ore di viaggio. Lisa all'arrivo in quel parcheggio non ebbe dubbi nello sceglierlo, capì che era l'uomo adatto non appena lo vide uscire dalla porta dell'autogrill mentre si stava recando verso i bagni.
- “Ecco. Voglio quello”, mi disse facendomi segno verso quell'uomo alto e robusto.
- “Cazzo. Ma hai visto quant'è grosso? Quello ti fa male”, risposi sorpreso di tanta decisione.
- “E allora? Meglio così”, rispose sorridendomi mentre scendeva dall'auto.
Quel gioco di carte che le avevo regalato mesi prima ci stava sfuggendo di mano. Ogni volta che ci giocavamo si finiva che scopavamo di brutto, dopo appena pochi minuti di gioco. Poche carte e tra sfide e azioni da fare non si riusciva ad andare avanti. Solo che mentre io non mi facevo problemi nello svolgere qualsiasi azione e conquistavo carte, lei qualcosa decideva di non farla e perciò alla fine vincevo sempre io, così che toccasse a lei pescare tra le carte penitenza ed eseguirla. La penitenza la sceglieva tra tre carte che lei stessa pescava, senza però dirmi quale avrebbe scelto e senza nemmeno farmi vedere cosa aveva pescato. L'importante era farla entro una settimana da quella pescata.

La prima penitenza la eseguì durante una cena invitati da una mia collega di lavoro che a lei non stava nemmeno troppo simpatica. Era la prima volta che andavamo da loro, Lisa quella sera indossava una gonna di pelle, stivali ed un maglioncino. Tutto normale, anche se quella gonna mi aveva fatto sospettare qualcosa, visto che non era l'abbigliamento che lei usava soprattutto quando si cenava da amici, però siccome la collega era una bella donna e più volte avevo fatto battute su di lei soprattutto per farla ingelosire, avevo pensato che si fosse vestita così per farmi vedere che lei non aveva nulla di meno rispetto a quella. Infatti, nel momento di cenare capii il perché di quell’abbigliamento. Prima di sedersi, Lisa con la scusa di fare lavare le mani ai bimbi passò dal bagno, per poi tornare per ultima quando eravamo già seduti a tavola che l’aspettavamo. Si accomodò vicino a me e prima di prendere le posate mi infilò qualcosa in tasca. Durante la cena senza farmene accorgere cercai di capire cosa fosse tirando fuori dalla tasca quelle che scoprì essere le sue mutandine con la carta del gioco che diceva appunto di andare a cena da amici e togliersi l'intimo. “Ecco perché aveva accettato quell'invito”, pensai, lei che sopportava a malapena quella donna. La serata trascorse liscia fino a quando fummo a tavola, fu dopo che diede il meglio di sé, ovvero quando noi maschi ci spostammo davanti la TV seduti su due grandi pouf a giocare a Fifa e le donne si accomodarono dopo un po' sul divanetto laterale. La vidi più volte accavallare le gambe, lo faceva apposta ogni volta che mi giravo, dandomi a vedere cosa non c'era sotto la gonna. Caso volle però, che più di una volta nello stesso momento che mi giravo io, oltre a me anche il marito della stronza si girò verso le donne, e chissà che anche lui non si accorse di quella mancanza. Ma a lei importava poco, era ormai intenta a stuzzicare e provocarmi che non gliene importava più di tanto se anche l'altro se ne fosse accorto. Ne parlammo una volta tornati a casa, dopo aver messo a letto i bimbi, poco prima di terminare quella serata scopando in cucina e a letto poi.

Giocammo a quel gioco a distanza di un mese e anche quella volta vinsi io. La seconda penitenza la pagò nell'ascensore del palazzo dello studio notarile dove Lisa doveva firmare dei documenti. Quel pomeriggio la accompagnai approfittando che i bimbi erano ancora a scuola. Arrivammo nello stabile, in attesa che arrivasse l'ascensore sentimmo entrare un ragazzo dal portone che si avvicinò a noi, avrà avuto forse nemmeno 25 anni. Alto, indossava una maglietta larga e una tuta. Lei invece stivaletti e leggins, giubbino corto aperto su una canotta che lasciava intravedere un po' di scollatura. Era dietro di noi, Lisa lo tenne d'occhio attraverso il riflesso della porta dell'ascensore dal quale notò lo sguardo basso rivolto al culo di lei. Approfittò dell'attesa per abbassare di più la zip del giubbino e fare vedere meglio quella scollatura. Le porte dell'ascensore si aprirono ed entrammo tutti e 3, lei fece quei pochi passi sculettando, come fosse ad una sfilata. Lo studio era al secondo piano, mentre il ragazzo andava su al decimo. In quei pochi istanti fece di tutto per farsi notare, cercando lo sguardo di lui riflesso dalla porta a specchio dell'ascensore, mordendosi e passandosi la lingua sulle labbra. Poco prima che la porta si aprisse inventò una scusa.
- “Amore ho dimenticato il cellulare in macchina. Mi aspetti che vado a prenderlo?”, mi disse porgendomi la sua borsetta aperta.
Quella richiesta mi suonò strana, non appena abbassai lo sguardo e vidi la borsetta aperta con dentro una carta capii che c'era qualcosa di strano. Feci quanto mi disse, appena la porta si aprì, uscii fuori nel corridoio. Le porte si richiusero, presi la carta che c'era dentro e lessi quanto c'era scritto. “Fai l'amore dentro l'ascensore, con il tuo partner o con un altro/a”.
Lisa aspettò che la porta dell'ascensore si fosse chiusa prima di girarsi e buttarsi addosso a quel ragazzo.
- “Hai 8 piani per farmi vedere cosa sai fare. Fossi in te non sprecherei questo tempo”, gli disse senza pudore infilando una mano dentro la tuta.
Prima che l'ascensore raggiungesse il terzo piano, Lisa era già abbassata sulle ginocchia con la bocca su quel cazzo giovane che si faceva sempre più grande e duro. Non ci volle molto affinché lo diventasse completamente, per quanto il ragazzo fosse ancora incredulo e stupito per quello che stava succedendo, era al tempo stesso eccitato e godeva di quella calda bocca. Quando l'ascensore arrivò al quinto che ormai quel cazzo era bello duro, si rialzò, si girò e abbassò i leggins dalla parte del culo, chinandosi leggermente in avanti. Pochi secondi e il giovane la penetrò tenendola ben salda per i fianchi. Più l'ascensore si avvicinava al decimo piano, più lui aumentava il ritmo, avrebbe voluto che quell’ascensore rallentasse o si bloccasse, ma inesorabilmente si avvicinava al suo appartamento e perciò doveva sbrigarsi e con forza e velocità continuò a scoparla. Era eccitatissimo, sentiva il cazzo pulsare, l'ascensore stava per arrivare e anche lui con esso. Nell'istante in cui la porta si stava per aprire, Lisa si rialzò, salutò il bel giovane che, affaticato e col fiatone, uscì dall'ascensore. Toccò il tasto numero 2 e le porte si richiusero, durante la discesa ebbe il tempo di darsi una sistemata mentre leccandosi le labbra sentiva ancora il sapore dello sperma appena bevuto. Quando me la vidi spuntare chiesi chiarimenti, soprattutto sul fatto che nella carta c'era scritto che poteva farlo anche con me.
- “Non è colpa mia se è entrato nell'ascensore anche lui”, mi rispose.

A distanza di tempo decidemmo di giocare un'altra volta, ancora una volta vinsi io e se Lisa stava salendo in quella cabina era proprio per colpa di quella sconfitta e dell'ulteriore penitenza da fare. Non sapevo ancora cosa ci fosse scritto in quella carta che aveva scelto, ma non era difficile da intuire, anche se leggendo velocemente le 50 penitenze quando comprai quel gioco, non ricordavo di aver letto qualcosa di simile a quello che stava per fare.
Bella come non mai, sexy e da fare perdere il fiato, scese dall'auto. Aveva scelto la sua vittima e doveva farglielo capire. Si avvicinò ai bagni dell'autogrill, laddove l'uomo ancora incurante di quello che sarebbe successo era entrato. Si appoggiò con la schiena alla porta dell'ingresso e prese una sigaretta. Non appena l'uomo uscì, vedendola gli parve di stare ancora dormendo e sognando.
- “Mi fai accendere”, le chiese lei con una voce sensuale.
- “Purtroppo non fumo…”, rispose sorpreso, “...ma posso accenderla se vieni nel mio camion”.
- “Vuoi dire che uno di quelle bestie parcheggiate è il tuo?”, chiese fingendo di non sapere.
- “Certo. Ne hai mai visto uno da vicino?”, rispose l'uomo che a quel punto decise di giocarsi le sue carte.
- “No, mai. Ma ho sempre sognato di salirci su”.
I due si incamminarono verso il grosso tir, dall'auto riuscivo a vedere lei che sfilava in quel parcheggio con quei grandi stivaloni e quell'abito cosi sexy e l'uomo che le stava poco dietro ammirandola. La portò fino al portellone e lo aprì.
- “Prego, si accomodi”.
- “Sono altissimi questi gradini. Non so se ce la faccio. Mi aiuti?”, chiese lei ancora provocandolo.
La domanda era superflua, il tipo non aspettava altro. Lisa mise un piede sul primo gradino e poi aiutato dalle mani di lui che la spingeva dal culo riuscì a salire. Lo spettacolo che ebbe modo di vedere dal basso è già stato detto, quello che successe dopo in quella cabina mi fu raccontato da lei.
L'eccitazione per quella prima volta era tanta, trovarsi in quel posto che tanta curiosità le aveva sempre destato la rendeva ancora più eccitata. Sembrava una bambina che stava realizzando un desiderio, ma bambina nel corpo non lo era. Sapeva benissimo che c'era un prezzo da pagare per quella visita guidata e le toccava darsi da fare con quella “bestia” di autista, quell’omone così alto e robusto che da lì a poco l'avrebbe posseduta, ma anche questo a lei non dispiaceva affatto. Faceva parte del suo sogno, ne era cosciente.
Sul materasso ancora disfatto dove poco prima aveva riposato, l'uomo usufruì delle calde labbra di Lisa sul suo membro già duro e voglioso. La lasciò fare standosene sdraiato, prima godendosi quella bocca esperta e poi facendosi cavalcare da quella bella fantina con quei grandi stivali. Col vestito ancora addosso, abbassato sulla parte superiore sotto il seno lasciandolo nudo e senza mutandine sotto, Lisa cavalcò l'uomo andando su e giù per quel cazzo, godendosi quel momento. Lo fece fino a quando l'uomo non decise che toccava a lui darsi da fare. La fermò e la sollevò dal suo cazzo, spingendola verso il materassino dove cadde sdraiata, la girò mettendola faccia a terra e poi le sollevò il bacino portandolo a sé. Fece tutto con naturalezza, ma con una forza tale che Lisa sembrava una bambola di pezza. In fondo lei era così minuta in confronto a lui. La forza dell'uomo Lisa la notò non solo in quei movimenti, ma anche quando la penetrò e iniziò a scoparla. Sentiva quel corpo così possente sbatterle addosso e quelle mani grandi sui fianchi che la tenevano ben salda come due grosse tenaglie. Provò a resistere stando a 90, ma poi dovette cedere a quella forza chinandosi di più con la testa appoggiata al materasso. In quella posizione l'uomo mentre continuava a scoparla ebbe modo di ammirare quello splendido culo a cui non potette resistere dal penetrarlo. Lo fece prima con un dito, poi col dito più grosso, poi decise di prenderselo completamente penetrandola col suo cazzo senza troppi complimenti. In tutto ciò non mancava di apostrofarla con apprezzamenti poco gentili. Si sentiva una puttana al servizio di un uomo che non la stava rispettando troppo, ma d'altronde era così che aveva sempre immaginato quella scena. Non si aspettava di certo rose e fiori, o baci e carezze. Desiderava essere posseduta in quel modo e ciò stava accadendo, anzi implorò l'uomo di non smettere, si sentiva scopata nella testa, tanto da raggiungere l'orgasmo più volte. L'uomo però poco dopo venne e le scaricò addosso tutta la voglia sul viso e sui seni che dovette ripulire con un fazzoletto prima di ricomporsi. Il camionista le aprì il portellone, dall'alto la aiutò a scendere per poi richiudersi dentro. Lisa si trovò da sola in mezzo a quei grossi tir al buio. Quando la vidi spuntare accesi le luci e le lampeggiai, così da farmi raggiungere. La vidi ancora una volta sfilare seppur barcollando un po' rispetto a prima, mi preoccupai e così le andai incontro.
- “Ehi, tutto bene?”, le chiesi preoccupato.
- “Si si. Benissimo. Adesso possiamo andare”, rispose lei sorridendomi.
Entrammo in auto per tornare verso casa. Solo a quel punto le chiesi quale fosse la penitenza e lei mi mostrò la carta. “Fai l'amore col tuo partner in un parcheggio”. La guardai.
- “Ma qui c'è scritto col tuo partner”, le chiesi stranito.
- “Lo so. Infatti ancora non siamo arrivati a casa. Fermati alla prossima piazzola di sosta”, rispose sorridendomi e spostandosi sui sedili posteriori.
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