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Un fiume di ricordi


di Membro VIP di Annunci69.it smudanderos
24.06.2022    |    7.382    |    41 9.7
"Alcuni cespugli, dal vibrare delle rame e delle foglie, rivelano la presenza di alcuni esemplari di «Arbor Homo», altrimenti detto «Guardone da cespuglio», ..."
Probabilmente, avete già visto come va a finire questa storia, perciò comincerò dall’inizio (poi, mi spiegherò meglio).

L’avvenente signora, gentilissima, si avvicina, ci guarda e, sorridendo, si curva su di noi, che siamo seduti. La osservo, ha un bel seno, che s’intravede dalla camicetta sapientemente aperta, ma non troppo, giusto quel tanto. Però, nel piegarsi in avanti, lascia scorgere qualcosa in più, che mi fa godere come un riccio. Lei dice: «Prego... ». Noi, sorridenti, di rimando: «Grazie». Sembrerebbe un invito al voluttuoso palpeggiamento di tette, se non fosse, che sta facendo solo il suo lavoro: posare sul tavolo in terrazza della pasticceria, il vassoio con la nostra colazione.

È una bella domenica mattina, in piena estate. In macchina, abbiamo il necessario per trascorrere una giornata in riva al fiume. Quel fiume che ci ha visto spesso calpestare i sassi levigati dall’acqua, in milioni di anni. La stessa acqua che oggi restituirà fedelmente, anche se mossa, l’immagine di Camilla tutta nuda. Adoro Camilla nuda all’aperto.

Perfino tra il cappuccino e la brioche, che fa la monella? Apre le gambe e mi guarda sorridendo. Ha le mutandine? Neanche per sogno e cerca di mettermi in imbarazzo con la barista, io fotografo. Gli altri avventori, ignari, continuano le loro conversazioni, mentre io già pregusto quella che si prospetta essere tutt’altro che una giornata tranquilla. Immagino già il subbuglio che causerà tra pesci e anguille, quella tipa lì, che ora ha i baffi di schiuma e sembra un’innocua bimbetta con le codine.

Serve benzina, per cui ci fermiamo più avanti, al primo distributore. «Faccio io», dice lei, scende al rallentatore a gambe larghe. Una panoramica, stile anni Sessanta, che subito immortalo. Prende il portafoglio nel portaoggetti, con le chiappe fuori, letteralmente. Io fotografo.

Come una benzinaia professionista, la smudandera* tiene un piede appoggiato sullo pneumatico e la corta gonna non scende sotto i fianchi e, se mai lo avesse fatto prima, non copre niente. Io continuo a fotografare.

Arrivati al parcheggio, vicino al fiume, sale sulla bici e anche lì, com’è combinata? Con la figa al vento, naturalmente. Io fotografo.

Arrivati sul posto, mi presto a sistemare le nostre cose, mentre lei subito si sfila i pochi indumenti: gonnellina, canottierina e «reggi-meloni». Rimane nuda, come un verme. Io fotografo.

Non passa molto tempo che un uomo cammina verso di noi, apparentemente sobrio, ma dal passo incerto, dà l’impressione di non sapere dove andare.
Si avvicina, guardando oltre, come se non si fosse accorto della nostra presenza. Fa due passi e cambia direzione, sembra confuso. Io suggerisco a Camilla di guardare dalla parte opposta, verso un improbabile Pterodattilo degli Urali, precipitato nella boscaglia. Il tipo, approfittando della nostra distrazione, si avvita come un cavatappi, affondando le radici proprio lì, fatalmente a tre metri e mezzo da noi: intorno, Il deserto dei Tartari.

Sfila una bottiglia dallo zainetto, colore verde militare e sorseggia un po’ d’acqua. Con l’altra mano sulla fronte, scruta l’orizzonte. «Forse si sarà perso e starà cercando se stesso... », dico sottovoce. Camilla ride. Poi, in contrasto con lo zaino, estrae un asciugamano azzurro madonna, con una cornice bianca e si spoglia totalmente. Prende anche una mela e vi affonda un morso deciso. Pare soddisfatto del posto «che ha scelto».

Sembra l’approccio tipico di chi non sa quali siano le intenzioni delle persone che mira. Che fare? «Lo lasciamo nell’imbarazzo o gli diamo una spintarella?». Ancor prima che io finisca la frase, Camilla mette in atto la seconda che ho detto.
Del resto c’era da aspettarselo, nata com’è sotto il segno della vacca (quello vero sarebbe Vergine, ma non ci crede nessuno, per cui non lo diciamo), non poteva far altro: apre le gambe e la sbatte al sole. Che troia! Casualmente, in faccia a quell’uomo che, poverino, ha come una specie di sussulto. Tipo quando uno, nel sonno, si becca un pizzicotto e si sveglia di soprassalto. Pare agitato, forse l’acqua bevuta gli è andata di traverso.

Io mi allontano, per dargli il tempo di riprendersi, sembro seriamente intenzionato a filmare l’acqua corrente, metafora dello scorrere del tempo, l’ineludibile corso della vita. Voglia di filosofare? No di certo! Proprio come l’ineluttabilità delle cose, ma nel senso buono, so già cosa riprenderò quando avrò girato l’obiettivo verso Camilla e il ben capitato. Pregusto già la scena che sto per riprendere. Che sono io, da meno? Nato sotto il segno del maiale, da molto prima di lei, quindi fotografo.
Come volevasi dimostrare, mentre Camilla si gode il sole sulla patacca, il nostro affezionato vicino, controlla che lo prenda bene, tenendo lo sguardo fisso sulla puttanella. Pare che la troia abbia una calamita per occhi tra le gambe. «Calamity Jane», dovrei chiamarla. Suppongo che lui stia prendendo in considerazione di dare anche una lisciata alle tette: la meriterebbero, secondo me. Spero non me la consumi tutta, vorremmo arrivare fino a sera, possibilmente.

A quanto pare, la scena non è passata inosservata. Infatti, appena finita la carrellata dal fiume alle tette, passando per il «calamitato», si palesano vari movimenti, più o meno, furtivi, qua e là. Alcuni cespugli, dal vibrare delle rame e delle foglie, rivelano la presenza di alcuni esemplari di «Arbor Homo», altrimenti detto «Guardone da cespuglio», che pensa di non essere notato ma che, per riuscire a osservare tutti gli anfratti dell’esemplare «Femina Vaccam», distesa nuda e oscenamente aperta, con la figa spalancata al sole e le mammelle al vento, s’impegna a disboscare il pianeta.

Altri esemplari si avvicinano e strusciano davanti, con nonchalance, tenendo la testa fissa verso la patata, come in una parata militare, questi sono più spavaldi, gli «Itinerant Hominem». Detti anche «Guardoni dello Striscio». Se arrivano da sinistra, hanno la testa fissa a destra. D’altro canto, se arrivano da destra, hanno la testa orientata a sinistra. Questi macinano chilometri su chilometri, avanti e indietro. Il loro intento è di far credere che stanno passando lì per caso, nonostante apparirebbe più comodo e logico prendere l’«autostrada», in riva al fiume. Fortunosamente gli è capitato di vedere la spacca aperta di mia moglie. Guarda caso anche al ritorno. E poi ancora e ancora. Toh, ma guarda un po’, c’è una figa all’aria, chi se lo sarebbe aspettato? E via di questo passo, tutto il tempo.

Lasciano passare dei secondi, tra una vasca e l’altra, così da pensare di venire da noi dimenticati, per ripassare subito dopo come se fosse la prima volta. Sono anche convinti. «Ecco di nuovo “sminciapatate”», dico a Camilla. Diamo a ciascuno un soprannome: c’è «occhio di falco»; «pinocchio», per il nasone; «mosè», per quel bastone che si porta appresso. Solo oggi avremmo inventato una ventina di nomi.
In cima alla classifica, con distacco, sul gradino più alto del podio, figura l’«Homo Semper Erectus », specie ominide dei famigerati «Guardoni Segaioli», i più temerari, i nostri preferiti. Nati sotto il segno dei pescioloni.

Rappresentante di questa categoria è il nostro amico, quello a due metri. Come dite? Avevo scritto tre metri e mezzo? Cazzo! Allora si è avvicinato e non me ne sono accorto! Da quando ha visto l’offerta vaginale, inizialmente in esclusiva e poi in condivisione, si è immerso in una masturbazione composta e rispettosa, in surplace, con classe, quella che deve coprire le lunghe distanze, mostrando un bell’arnese diritto e duro. Io fotografo.

Dal canto dei guardoni, anche noi non dovremmo essere messi male come punteggio, dato che siamo una «Copulabis Liberalis» (Coppia Generosa), molto «liberalis».

Molti ci scrivono alla messaggeria di Annunci69.it, chiedendoci quando andiamo al fiume e dove. Perché vogliono raggiungerci, ma... anch’essi casualmente? Purtroppo no, non è la stessa cosa per noi. Arrivare in questo paradiso naturale e vedere cosa succede, osservare come si comporta la fauna locale, che improvvisamente appare dal bosco, dai sassi, dall’acqua, non ha prezzo. Ci mancherebbe solo il «Voyeur... Contingi». Guardone per procura? No grazie, così non c’è gusto. Adrenalina zero.

Camilla vuole pisciare e lo dice diretta: «Devo pisciare!». Così ci avviciniamo al corso d’acqua ed entriamo fino a metà cosce. Un cespuglio, con le radici sott’acqua, la protegge dagli sguardi di un gruppetto di persone, ma non da quelli di coloro che si sono precipitati nel fiume, un po’ più in là, non appena intuite le nostre intenzioni. Lei si lascia andare in una pisciata lunga e rumorosa. Liberatoria per la sua vescica gonfia. Sembra impossibile che una figa possa sparare fuori tutta quella quantità di liquido. Io fotografo, coprendo alla sua vista quel paio di squaletti, che spingono via l’acqua con le mani a mo’ di pinna, per avvicinarsi più velocemente. Adesso che è al massimo del getto, mi scosto quel tanto da permettere ai due di godersi la «Dora Baltea».

Ora lei li vede, ma è in sparo, non può o non vuole, fermare il «flusso catalizzatore» del piscio... che fa? Continua a urinare felice, come niente fosse, anzi muove il getto a destra e a manca e, ridendo come una verginella, guarda provocatoriamente proprio quei due fortunati assistenti. Sembra dire: «Guardate, guardate pure, vi piace, eh? Porci, avete mai visto una donna che piscia in piedi, in mezzo al fiume, davanti a tutti?». Da come la fissano, sembra di no. La pisciona è proprio divertita da tutto questo scompiglio per colpa sua. Io fotografo.

Elettrizzata, la sgualdrinella fa un po’ la scema. Sculetta; fa sobbalzare le tette saltellando sul fondo del fiume, come per scrollarsi di dosso le ultime gocce di pipì, anche se non serve, perché poi si lascia andare all’indietro, immergendosi totalmente nelle «Chiare, fresche et dolci acque», alzando il bacino per tenere fuori dal pelo dell’acqua, quindi in vista, quella cosina che tutti stanno cercando di mangiare con gli occhi. Chissà, se il Petrarca avrà mai visto una scena simile.

Immagino, che qualcuno stia prendendo appunti, fissando nella mente quell’immagine «vulgaris», per poi rievocarla a casa, nel proprio letto. Almeno io farei così, anzi, è già uno dei miei più amati ricordi.

La vacca mi abbraccia e mi bacia, menandomi il cazzo già duro per la visione del piscio dorato, mentre con l’altra mano mi tiene per la testa. Poi si gira, si piega in avanti e se lo punta tra le labbra della figa e, con un rinculo, se lo infila dentro. Usti, che bello! Oh, cazzo! È proprio bello! Che gusto la figa fredda fuori e calda dentro! Mmmmmhhh! Anche lei apprezza il cazzo gelato: come infilarsi un calippo.

Sull’altra sponda c’è uno, che con una mano sorregge il binocolo puntato su di noi e con l’altra si sega beatamente. Anche dal nostro lato, diversi si sono seduti mostrando a Camilla l’erezione, toccandosi spesso, per mantenerla vigorosa, ma adesso che si è fatta impalare, se lo menano in gran carriera, partecipando attivamente al nostro gioco. Tutti peni offerti a mia moglie.
Compresi i due pescioloni. Basterebbe allungare le mani. Se volesse, se li farebbe tutti.

Camilla ora è silenziosa. Non ridacchia più. Ansima. Si tocca la clitoride e se la ravana velocemente, ammirando quei cazzi duri. Dona a ciascuno una squadrata intensa. Io non fotografo più. Con la macchinetta a tracolla, la prendo per i fianchi e spingo l’uccello più su che posso, come piace alla troia. La stringo forte e la massacro di sonore sberle sulle natiche. Colpi assestati in modo da farle sballottare, così la vibrazione arriva davanti. Lei si dimena come una serpe e parte la sirena d’allarme dell’orgasmo di massa. Molto più rumoroso e intenso di quando siamo a casa. Quando è in mezzo al pubblico adorante, eccitato e partecipe, con sguardi allupati e seghe a manetta, gode urlando come una forsennata.

Adesso non guarda più nessuno, ha gli occhi chiusi e la testa bassa. Continua a dire: «Sì, spingi! Sì, sbattimi forte! Dai che vengo! Siiiiiii, mi piaaaceee!!!». Gode così. In mezzo al fiume. In mezzo alla natura. Accerchiata da maschi arrapati. Più volte le ginocchia le hanno ceduto e siamo finiti sott’acqua con la pancia. La tiro fuori, ma poi si lascia cadere di peso, per poi riprendersi e spingermi il culo addosso, facendomi quasi cadere all’indietro. Infine si calma. Si tranquillizza e si ferma. Le trema ancora un po’ il mento e il labbro inferiore.

Lascia andare le braccia in acqua e scivola via dalla mia presa, per abbandonarsi alla corrente. Ora ha il viso rilassato e sereno. Io mi trattengo per dopo. Venire significherebbe, per me, finire la giornata.

La puttana, soddisfatta, nuota a rana e finisce tra i due, che le cedono il passo. Anche le varie attività masturbatorie d’altura e di costiera si sono acquietate.

Usciamo dall’acqua e, prima di tornare alla base, proseguiamo per un sentiero che conduce ad altre spiaggette, tra insenature e rivoli d’acqua. Trascorsi pochi minuti di esplorazione tra i sassi, scorgiamo una coppia che, come noi, si gusta la vita e il sole, senza veli. A giudicare dai maschioni appostati tutto attorno, sembrano immersi in un sodalizio culturale, simile al nostro. Ci presentiamo, scambiamo quattro chiacchiere e alcuni reciproci apprezzamenti alle signore, poi salutiamo per non interrompere eventuali «trattative» in corso d’opera. Anche se a giudicare dagli sguardi degli astanti, si sarebbe preferito finisse in altro modo. Magari un’altra volta con una «jam session» sul tema.

Mantenendo la distanza discrezionale, i nostri amici guardoni doc, ci hanno seguito pedissequamente sin qua e ora rientrano con noi, al nostro club poco privé, ma con tanto di parco acquatico! È rassicurante sapere di avere delle guardie del corpo: sai mai quello che può capitare...

È ora di pranzare al sacco. Panini e bibita. Anche il pubblico «in sala» apprezza l’intervallo e si concede uno spuntino al «bar da zaino». La segheria chiude par pausa pranzo.

Il secondo atto, alza il sipario mostrando Camilla ancor più vacca di prima, più libera e aperta. Stesa a pancia in su, apre le cosce al mondo. A pancia in giù, io le tengo le chiappe aperte, per mostrare bene il buco del culo ai passanti e ai «binocolanti», che sembrano apprezzare la mia magnanimità. Il pubblico itinerante è accresciuto. Forse c’è stato un passa parola, che ha attirato spettatori da altri lidi. Ci sono perfino gruppetti che passano con la bici a mano, come abbiamo fatto noi. Sembra il passeggio del centro di Jesolo. Io fotografo.

Camilla ha deciso: vuole farla sporca. Si mette a pecorina, suo segno ascendente (Vacca ascendente Pecorina) e mostra la figa e il buco del culo, entrambi oscenamente ben esposti alla luce dal sole. Maremma toscana! Anzi, Maremma bucaiola e maiala! È impazzita? Vuole procurare infarti? Perfino a me, che sono abituato alle sue malefatte, batte il cuore a mille! Meno male è successo prima del Covid, altrimenti ci sarebbe stato un allarme generale e sarebbe arrivata la polizia in assetto anti-assembramenti.
«Che mi combini?», chiedo tra stupore ed eccitazione. «Vediamo cosa succede... », risponde lei euforica, come se avesse bevuto. Io temo casini, ma apprezzo il coraggio e fotografo.

Il nostro amico, il primo arrivato nel giardino, non resiste più e si alza, si avvicina alla soglia di casa e chiede spudoratamente se può scoparla. Io spererei vivamente, ma lei risponde di no, però gradirebbe se continuasse a segarsi lì dov’è: vicinissimo. Lui, un po’ deluso ma comunque contento (e ci mancherebbe!), dopo una considerevole accelerata di mano, parte con l’orgasmo e sborra con un ghigno liberatorio, a pochi centimetri dalla figa, che la scriteriata, tiene bella aperta per lui, con le braccia tese lungo i fianchi, allargando le chiappe con i palmi delle mani, per riuscire ad arrivare a scostare le labbra con le dita, per far vedere bene le tonsille.

Oserei dire, che farsi una sega davanti a una bella sconosciuta, che si mostra così, porca più di quanto serva, è un gioco fantastico almeno quanto scoparla, talvolta anche più bello! Che ne dite voi?

Causato da questo evento geo-ginecologico, gli «uomini albero» e gli «itineranti» hanno un repentino scatto evolutivo, entrando anch’essi a far parte della famiglia dei «guardoni segaioli».

Non dico tutti, per non sembrare esagerato, ma parrebbe proprio che tutti quelli in vista si stiano segando. Uno di loro sgrana gli occhi verso di me, indica il proprio cazzo e poi gira la mano con l’indice verso la figa di Camilla. Vuole fottersi mia moglie... passo la palla a mia moglie (le palle n.d.r.). Lei si gira e lo guarda, ma niente, è spiacente anche per lui, non lo vuole. Lui, molto educatamente ringrazia, con un cenno della mano libera e prosegue con la fiorente attività di falegnameria. Io fotografo.

Camilla ancora sta messa a pecorina e, nel frattempo, sul piazzale dietro di lei si sono aperti dei chioschetti bar, carretti dei gelati, dello zucchero filato e pop-corn, quando si affaccia alla finestra di un cespuglio, un tipo con lo zaino in spalla e il cazzo duro in mano, in bella vista tra le fronde. Sembra dietro la parete di una specie di «Glory Hole» naturale. Vuole attirare l’attenzione di Camilla e ci riesce. È davanti a lei un po’ a sinistra, in modo che lei possa adocchiarlo bene. La zoccola lo scruta con interesse.

Certo che le cose si mettano bene, lui si sposta, passa tra il salotto e la cucina, scivola dietro il frigorifero e si intrufola nello sgabuzzino, tra due alberi, vicinissimo e visibile solo a noi due. Per poterlo guardare, Camilla deve abbandonare la posizione che ha generato il luna park e si gira. Lei lo rimira ancora, poi mi fissa con occhi entusiastici a forma di cazzo e sorride a trentadue denti. Capisco che questo tipo le piace proprio. È certo: lo vuole. È arrapata, la troia. Addirittura bagnata, che puttana! Io fotografo.

Raccogliamo le cose e ci addentriamo ulteriormente nella boscaglia, dove lui ci sta aspettando. Con gli ombrellini a righe bianche e verdi, costruiamo un paravento per non essere visti da lontano. Non si sa mai. Per i giostrai del parco giochi, invece, nessun problema, anzi, ci eccita se sbirciano: rendono tutto più intrigante, dopo avere appurato la loro consapevolezza del ruolo che rivestono e dei limiti ai quali attenersi.

Il ragazzone si sdraia su un fianco sopra il nostro materasso auto gonfiante e si sorregge sull’avambraccio. Io faccio da poggiatesta e da schienale a Camilla, che si accarezza la fica guardandolo. Ha le gambe aperte come per avvinghiarlo. Lui è avvolto e rapito da quello spettacolo pornografico, tenendo il cazzo diritto verso l’alto per mostrarne tutta l’estensione, davvero niente male. Si vede che i due si piacciono. Lei mi guarda con quella faccia da seduttrice, che è tutto un programma. Significa: «Adesso farò la bambina cattiva, molto cattiva e sai che niente può fermarmi, ma voglio che tu sappia quel che sta per accadere, perché io voglio quest’uomo e voglio che tu sia presente mentre mi fotte come una vacca!».

Con gli occhi le comunico disprezzo assoluto e con la bocca tirata su di lato, un mezzo sorriso di sfida. Un messaggio contradittorio che vuol dire: «Ah sì? Vuoi la mia approvazione eh, troia? Eh no, carina! Se vuoi una cosa, prenditela, ma assumiti anche la responsabilità delle conseguenze» (gli occhi) e: «Che aspetti? Non hai coraggio abbastanza? Lo sai che non vedo l’ora che tu faccia la puttana come ben sai fare... siamo venuti qua apposta!» (la bocca).

Sfidare Camilla serve ad aizzarla. Non scommettete contro, perché perdereste. Il tipo allunga una spalla e il braccio fino a sovrapporre la sua mano a quella di lei, che ancora si sta trastullando, intrufolandosi sotto, per tastare direttamente quella lurida e fedifraga vagina della porca di mia moglie, nella quale ora si potrebbe buttare la pasta e cuocerla prima dei tempi prescritti. Camilla toglie la propria mano dalla fregna scombinata e bagnata e lo ricambia andando a stringere quel bel pezzotto di carne grosso e nodoso.

Io non so più se menarmelo o fotografare. Faccio l’una e l’altra cosa, qualche foto risulterà mossa, pazienza. Anch’io lo vorrei toccare, stringere, ma cazzo! Sto per sborrare, devo fermarmi. Giusto in tempo, ma che fatica. Non è ancora ora di far sparare il moschetto. Mi alzo e lascio loro lo spazio d'azione.

Ho un sobbalzo! Improvvisamente appare un uomo, pelato, alto, bello e abbronzato, mai veduto prima, che si fa largo tra gli ombrelli e viene diritto davanti da me, con un portentoso cazzo duro in mano. Un po’ m’inquieto, ma mi guarda sorridente e implorante, mostrandomi bene l’arnese. Mi fa capire, senza mezzi termini, che vuole partecipare al gioco. Mi rilasso. Mi verrebbe voglia di fargli un pompino.

Da dove sbuca questo? Dov’era finora? Guardo Camilla per capire se vuole prendere anche questo secondo uccello, ma ora sta succhiando quello che ha appena intrappolato e non mi vede nemmeno, è troppo impegnata. Non so se voglia altro lavoro straordinario, però osservo l’uomo e ritengo che sia abbastanza in linea con i gusti di lei: in questi frangenti non si può andare troppo per il sottile, quindi, decido io per lei. «Alla peggio lo manderà via», penso. Gli faccio segno di accomodarsi, come fosse a casa sua: «Mi casa es tu casa, mi esposa es tu esposa»... non ci credo di averlo detto sul serio.

Non passa minuto che anche quel cazzo finisce in mano a Camilla e, ben presto, in bocca. Per nulla stranita ora ne spompina allegramente due, alternandoli o imboccando le due cappelle assieme. Camilla gradisce l’inaspettata intrusione. Forse, il primo arrivato un po’ meno, ma sembra fare buon viso a cattiva sorte (che poi non mi sembra così cattiva). Io fotografo.

L’uomo apparso dal nulla ha un modo di fare rude, da texano, le prende la testa e la trafigge cercando di scoparle l’esofago, è deciso a soffocarla. Io penso: «Fai piano, in fondo Camilla mi serve!»... lei gli fa capire che più di tanto non riesce a inghiottirlo, fa quello che può. Io fotografo.

Poi lui le lecca la figa. La «slappara» così bene, che la fa venire quasi subito. Gode così, inarcando la schiena, mentre io fotografo il suo godimento. Poi, tra una leccata e l’altra, lei gli fa una sega con i piedi. L’altro le palpeggia voluttuosamente le tette, le fa vibrare, sembra voglia ricavarne del burro, ma poi non ce la fa più e le chiede di sborrarci sopra. Lei annuisce. Lui esplode e gode come un matto. Panna su latte veneto frullato. Io fotografo.
Di tanto in tanto, bocca e mano passano a salutare anche il mio cazzo. Mi pare giusto. Fotografo.

Infine, allungo un preservativo al cow-boy, che subito se lo infila, le monta sopra e la chiava. Non mi lascio sfuggire quell’istante magico in cui, senza tanti scrupoli, si fa spazio tra le sue gambe e allarga le labbra della vagina con la cappella spinta avanti, con la mano corregge la direzione dell’asta tenuta ben salda e quando riesce a farsi avvolgere la punta dalle labbra della fica bagnata, spinge il cazzo tutto dentro, di colpo! Tutto su in figa alla vacca di mia moglie! Camilla lancia un urlo di piacere; il mio cuore si ferma, da bravo «cervo canadese» sborro con il cervello e fotografo.

Il bisonte americano la scopa con cattiveria. La apre in due, tenendola ferma con forza, come a dire: «Adesso sei mia! Da qui non mi scappi, troia!». La sbatte forte, forte e ancora più forte. Questo è proprio eccitato come un toro da monta. Lei, eccitata come una vacca pure da monta, ansima, grida, rantola, muggisce, mugola, squittisce, emette suoni di altri mammiferi che non so, sembra soffrire come una cagna, manca solo che si metta ad abbaiare e, infine, ti sciorina un orgasmo dietro l’altro.

Ammazza come la fa godere questo maiale! Così mi piace! Mi viene voglia di andargli dietro a leccargli buco di culo e le palle e infilzarlo di brutto. Mi trattengo. Che spettacolo! Il gigante e la bambina. Sotto di lui sembra sparire. Invece, c’è e si sente. Cazzarola, se si sente!

Noto i diversi membri della comunità delle merende che, uno dopo l’altro, nei momenti in cui la troia geme più forte, al culmine di ogni orgasmo, schizzano copiosi getti di sborra, che vorrebbero raggiungerla nell’utero e metterla incinta, ma finiscono inesorabilmente a terra. Per me è eccitantissimo vedere tutti questi uomini godersi mia moglie mentre si fa sbattere davanti a loro.

È il turno del porco: ora ansima, geme, sbotta e si dimena. Non sembra più umano, ma un lupo che sta scaricando tutta la sua forza dentro quella donna che, a quanto pare, gli ha tenuto testa fino alla fine. L’ha sborrata in figa ululando per alcuni intensi istanti. Io continuo a godere con le sinapsi in corto circuito.

Ora, si muovono più lentamente. Si sorridono e si baciano. Lui si alza, ma lei rimane a terra, mi guarda, allunga le braccia verso di me, mi vuole dentro di lei. Poso la macchinetta e la monto, come quell’uomo aveva fatto poco prima, fottendola animalescamente. Mi infilo in quella voragine in cui è passato il mondo animale. Quella figa slabbrata e usata. Appena sventrata da «Palo Alto».

Mi sussurra, all’orecchio, che lui la stringeva per le braccia, con una gran forza. Le ho chiesto se le ha fatto male. «No, mi ha fatto... bene! Solo un po’ di timore, ma ho tenuto botta, senza bisogno di chiedere soccorso».
Io, è inutile dirlo, ormai sono andato nei matti dal mattino. Semplicemente nel vedere quella fregna tutta bagnata e aperta. Poi, avendola appena vista adoperata in quel modo, impalata con foga, mi sento stringere e pulsare il buco del culo. Non capisco più niente e sento che se non vengo, svengo.

Ma vorrei resistere almeno un altro minuto. Rimango fermo immobile, ma la troia ha la figa che pulsa ed è maledettamente calda. Si muove per risucchiarmi ancora più su, mi tira come fa con i pompini. Mi bacia a ventosa e mi dice: «Dai, amore, godi anche tu!». Io, però, voglio sapere: «Hai goduto bene? Ti sei divertita?» e lei: «Tantissimo, mi sbatteva con vigore, continuavo a godere e anche adesso continuo a provare un piacere immenso! Non smetto più!».

Penso, fra me e me, che questo porco ha proprio conciato la mia mogliettina per le feste! Le bacio un capezzolo che sa di uomo, di cazzo, di sborra. Provo un brivido partire dal culo e attraversare il perineo, allargandosi e occupando a forza le palle, per poi correre su, lungo tutta l’asta a ondate ripetute, sempre più intense e piacevoli. Cerco di resistere a questa forza soverchiante il più possibile, sto immobile, ma è impossibile, una lotta persa: dalla cappella esce l’energia a spasmi ripetuti e diversi getti di sborra si riversano nell’utero della mia amata puttana.

Ho la testa all’indietro, vedo le fronde delle cime degli alberi scintillare assieme al mio cervello, il cielo azzurro trafitto da lampi di luce, i volti sereni e appagati di coloro che ci guardano in rispettoso e magico silenzio, sovrapporsi uno sull’altro. Osservo Camilla. I suoi occhi radiosi. Il suo sorriso smagliante.

Quanto l’amo, così com’è, bella e usata. Felice e appagata. Rimango ancora un po’ dentro di lei, felice ed esausto. Lei mi sorride e mi bacia. Poi piano piano, esco e mi alzo.
Improvviso, quanto inatteso, parte un applauso dai presenti, al quale rispondiamo, un po’ confusi e stravolti, battendo le mani in alto.

Non ci crederete, ma è a questo punto che ci presentiamo con i due amanti, mentre i guardoni lentamente si dileguano. In perfetta linea con il Galateo «de noialtri»: prima si scopa e poi ci si presenta! Cosa che accade spesso, almeno a noi.

Chissà se la mia puttana farà godere qualcuno mentre ci legge, oppure mentre scorre la foto documentazione di questa giornata, presente all’interno del nostro video «fotto-romanzo» e nella nostra galleria fotografica su Annunci69.it. Ecco perché, all’inizio, dicevo che molti di voi sanno già com’è finita questa giornata. Le foto sono pubblicate da diverso tempo. Chissà se alle sborrate dei presenti se ne aggiungeranno altre a distanza. Come dire: «Adotta un guardone a distanza»?... sarebbe bellissimo saperlo. Un fiume nel fiume. Fateci sapere.

Spettacolare e divertente questa domenica malandrina. Torniamo con la bici a mano e il culo fuori, per far prendere ancora aria alla «slàndrona»*, che si «rassòri!»*. Faccio un ultimo scatto alla figa della troia, ancora in modalità «fora»* seduta su una panchina al parcheggio e poi via, verso casa, verso nuove avventure.

* Smudandera: libera traslitterazione di smudandà: smutandata: senza mutande. Da cui il nostro nick Los Smudanderos: i smudandà: gli smutandati. Più semplicemente Smudanderos. Per gli amici Eros e Camilla.

* Slandròna: definizione tipica per vagabonda, scioperata, personaggio ozioso e poco propenso a svolgere qualche attività utile a se stessa e al resto dell'umanità... (ma in questo caso, forse, qualcosa di utile ha dato all’umanità peregrina e affamata).

* Rassòrarsi: rinfrescarsi, raffreddarsi... (permettere alla vagina della «slàndrona» di tornare a miti consigli e a temperature più basse).

* Fora: Fuori, all’aperto, a campi, per aria, al vento, alla vista di tutti, ma anche fuori di cabina, fuori di noce, fuori di testa. Con la patata fuori (Camilla sempre).
Fora come un balcòn: fuori come un balcone. Fora come un pergoło: si legge pergœo. Fuori come un pergolo.
(Chi ha il suo modo di dire, nel suo dialetto lo scriva nei commenti... ci arricchirà).


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