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Un incontro di lavoro


di vicnick01
06.03.2023    |    9.290    |    3 9.3
"Iniziò la riunione ed io continuai nel mio lavoro..."
Ho aperto ieri, alla ricerca di un documento, il secondo cassetto della mia scrivania. Facendo spazio tra la miriade di cose ammucchiate nel cassetto ho intravisto un contenitore di cui non mi ricordavo la presenza. Presolo tra le mani, vidi che conteneva qualcosa in pizzo. Lo aprii e, con mia grande sorpresa, mi accorsi che si trattava di due paia di mutandine. Per essere precisi uno era un tanga o perizoma (non ho ancora capito la differenza), nero. Dietro era solo un filo che si congiungeva, sul davanti, ad un triangolino di pizzo trasparente. L’altro indumento, rosso, era di poco più grande. Dietro aveva una sottile catenella che univa la parte anteriore in pizzo separata con apertura al centro tra le gambe.

La prima reazione fu di nascondere immediatamente i due indumenti che, se pure di buon gusto, erano particolarmente sexy e diversi da quelli che avevo fino ad allora portato. La seconda cosa che feci fu la domanda a me stessa, ricordandomi benissimo di non avere mai comprato niente di simile, su chi avesse potuto metterli nel mio cassetto.

Scartai immediatamente la possibilità che ci fosse stato un errore. Anche le pietre sapevano che quella era la mia scrivania. Il dono (se di dono si trattava) era quindi indirizzato proprio a me. E poi, da quanto tempo era lì. Erano settimane, se non mesi, che non rovistavo nel cassetto. Poteva averceli messi chiunque. Anche una mia collega donna per ridere di me. Era meglio che, per il momento, fino a quando non avessi messo a punto una strategia, tenessi per me il segreto e lasciassi il pacchetto dove si trovava.

La sera, dopo che i miei colleghi erano andati via, ripresi il pacchetto ed esaminai meglio il contenuto. Non c’era nessun biglietto e nessun indizio per capirne la provenienza.

Mi colse un dubbio. Poteva essere mio marito ad averli messi nel cassetto. Ma a quale scopo?. Però se gli dicevo cosa avevo trovato ed era stato lui a metterli sarebbe finito in una risata. Se, invece, il regalo non era il suo, si sarebbe chiesto chi si poteva permettere di farmi un regalo del genere e perché. Con lui, dedussi, era meglio fare finta di non avere trovato nulla.

Però, incuriosita, presi gli indumenti ed andai nel nostro bagno. Qui mi spogliai e indossai il primo tanga. La misura era giusta ( e quindi poteva non essere di mio marito che di misure non ne azzeccava mai una). Era veramente minimo. Una cordicella (meglio dire un filo) mi cingeva la vita e da essa, con un brillantino all’incrocio, si partiva un’altra cordicella che attraversandomi il solco del sedere ed infilandosi tra le labbra terminava in un triangolino per di più trasparente, che mi ricopriva a malapena quel ciuffetto di peli che Alessio mi aveva lasciato sopra il clitoride dopo avere rasato completamente sia le labbra sia i peli del sedere. All’inizio del triangolino c’era un altro brillantino incastonato in una pallina dorata. La posizione della pallina era in corrispondenza dell’inizio delle grandi labbra e quindi, praticamente, sul clitoride. Bello, in verità e molto accattivante. Me lo tolsi e mi provai l’altro. Era più semplice, non aveva brillantini, ma la sua particolarità era che davanti e sotto era composto da due lembi di stoffa che, invece di entrare tra le labbra, aprendosi le lasciavano scoperte. Anzi, tirando lateralmente, le aprivano leggermente facendo intravvedere la carne rosea. Anche questo era notevole. Sinceramente non so quale dei due fosse più sexy. Erano entrambi provocanti che però, ritenevo, male si attagliavano alla mia persona. Infatti quasi mi vergognavo ad averli indossati.

Comunque rimaneva il problema. Chi me li aveva dati e con quale scopo. Dopo un ragionamento esclusi anche le mie colleghe. Dove avrebbero potuto trovare quegli indumenti. No senz’altro in un negozio del centro o in qualsiasi bottega di uso solito. Questi venivano da un negozio specializzato e, anche se non ne ero molto al corrente, non da un negozio che potesse essere frequentato dalle mie colleghe. Dovevo dedurne che era un collega maschio, oppure uno dei vari rappresentanti che giravano nei nostri locali. Era un bel problema scoprirlo.

Qualche giorno dopo si presentò l’occasione di una adunata plenaria dei rappresentanti. Decisi di provocare una reazione sull’ignoto benefattore provocandolo volutamente. La mattina, dopo che i miei erano usciti da casa mi accinsi a prepararmi anch’io per uscire. Era oramai primavera, anche se non molto calda, ma per quel giorno speravo nelle grazie del clima. Mi truccai, mi pettinai e poi scelsi gli indumenti da indossare. Indossai le calze a rete autoreggenti che Alessio mi aveva comprato, un paio di slip e una gonna molto corta che, fino ad allora, non avevo mai indossato. Me la infilai e potei notare che, se la abbassavo a livelli decenti lasciavo scoperta una buona porzione di pancia e di schiena oltre che gli slip in bella vista (bella per modo di dire). Tirandola più su mostravo l’attaccatura delle calze.
Sopra infilai un top con spalline molto (troppo) scollato e molto corto. Anche qui, se lo tiravo verso il basso scoprivo i seni. Se coprivo i seni, la parte di pancia che scoprivo era ancora maggiore. Accettai un compromesso e, per arrivare in ufficio mi abbassai la gonna e misi sopra una giacca che mi copriva la pancia e la schiena.
Arrivai in ufficio che non c’era ancora nessuno. Mi sfilai gli slip che avevo messo a casa e infilai il tanga nero, quello con i brillantini. Mi tolsi la giacca e mi misi al lavoro. La gonna mi copriva appena l’attaccatura delle calze. In questa posizione lasciava scoperta parte della pancia e buona parte della schiena. Il top faceva quello che poteva. Stando seduta la mia situazione si poteva cosi’ riassumere: a partire dal basso: due scarpe con tacco altissimo (non mi sono mai fatta mancare i 12 cm., due gambe discrete inguainate in calze a rete fino ad oltre un palmo sopra il ginocchio, una mini veramente mini, i laccetti del tanga con il brillantino che occhieggiava dal canale tra le natiche che si poteva intravedere in basso, una buona porzione di schiena ed il top. Se guardavi dal davanti, grazie al cielo le gambe erano sotto la scrivania ma le tette erano quasi tutte sopra l’orlo del top. Solo il capezzolo era coperto ma la fattura dell’indumento faceva sì che la rotondità del seno si notasse ai lati del top.

Dopo un po’ incominciarono ad arrivare i colleghi e le colleghe. Queste ultime mi dettero un rapido saluto, un’occhiata e si ritirarono nei loro uffici. I maschi si fermarono a parlare del più e del meno indugiando con lo sguardo sulla scollatura anteriore e posteriore. Nessuno però venne richiamato dall’indumento indossato o, per lo meno, fece finta di non notarlo. Arrivarono anche i rappresentanti che vennero tutti a salutare facendo, chi più chi meno, i complimenti per la mise, per l’eleganza (che non c’era) e fine allusioni ad altro. Iniziò la riunione ed io continuai nel mio lavoro. Ad un certo punto della mattinata venni chiamata in sala riunioni per delle spiegazioni. La sala riunioni era composta da un vasto tavolo dove sedevano i relatori e da una platea per gli altri. Il relatore mi chiese conferma di un dato ed io, arrivando dalla platea mi sporsi sul tavolo per individuare dove mi indicava. Spiegandogli la situazione sfogliavo le pagine e mi sporgevo verso di lui indicandogli le cifre e le somme. Mi resi conto ben presto che, chinandomi verso lui gli offrivo un’ottima prospettiva delle mie tette che erano quasi completamente uscite dal top. Quello che non realizzai immediatamente era che la platea aveva ricevuto un’ottima impressione del mio posteriore. Infatti, chinandomi, la gonna già di per sé corta, si era ulteriormente sollevata mostrando la pelle sopra le calze, il culo praticamente nudo (il laccetto era annegato tra le chiappe) ed un triangolino nero di stoffa che copriva la fica. Il relatore accettò le spiegazioni e mi congedò. Ritornai nel mio ufficio e ripresi a lavorare. Il pomeriggio, rientrando dall’intervallo, trovai un biglietto sulla mia scrivania. Diceva : “lo spettacolo e’ stato bellissimo. Poteva essere migliore in rosso”. Capii immediatamente che il messaggio proveniva dal mio anonimo ammiratore ma ero impossibilitata a capire chi esso fosse. Chiesi con discrezione chi era entrato nel mio ufficio durante la mia assenza ma nessuno seppe darmi una risposta esauriente. Decisi allora di stare al suo gioco. Andai in bagno e mi cambiai il perizoma. Infilai quello rosso. Lo posizionai bene Ai lati della spaccatura, ritornai al mio posto di lavoro ed attesi.

Ricominciata la riunione, non passò molto che fui richiamata in sala per delucidazioni. Strano. Solitamente le mie relazioni erano esaurienti. Questa volta, invece, avevano bisogno di spiegazioni. Mi alzai, sistemai il top in modo che coprisse malamente i capezzoli, lo posizionai in modo che la curva dei seni fosse visibile lateralmente, Mi tolsi le calze (intanto era caldo) e con la gonna subito sotto il culo entrai in sala riunioni. Il nuovo relatore aveva bisogno anch’egli di spiegazioni (prima lui non aveva visto nulla) ed io, come prima mi chinai sul tavolo fornendogli le indicazioni che gli mancavano.
Piegandomi sul tavolo il top si allargò ed un capezzolo uscì fuori. Feci finta di non accorgermene e continuai a parlare ed a spiegare. Vedevo che il relatore faceva difficoltà a seguire le mie parole concentrato sul capezzolo uscito dalla scollatura ma feci finta di non accorgermene. Alle mie spalle, intanto, vedevo con la coda dell’occhio che le varie persone si piegavano per meglio capire se quello che si vedeva tra i lembi di stoffa rossa era quello che pensavano o meno. Per aiutarli mi spostai più volte sul tavolo offrendo a ciascuno un’ottima visuale della fenditura perfettamente depilata tra le mie grandi labbra. Il relatore mi congedò ritenendosi soddisfatto ed io stavo per rientrare nel mio ufficio quando uno degli astanti chiese una spiegazione. Il relatore mi invitò a fornirgliela ed io mi diressi verso l’interlocutore a tale scopo. Questi mi mostrò un tabulato richiedendo una precisazione. Mi chinai per meglio vedere e inesorabilmente il capezzolo uscì dalla scollatura. Finii la spiegazione quando si presentò un’altra domanda. Stessa solfa. Mi ripiegai ed immediatamente il capezzolo uscì. Continuavo a girarmi davanti e dietro per rispondere a tutte le domande offrendo in equa misura a tutti una chiara visione delle tette, dei capezzoli e della fica.

Terminata la riunione tornai nel mio ufficio e mi sedetti. Mi passai una mano tra le gambe e le trovai bagnate del liquido che mi era uscito dalla fica. Ebbene sì. Mi ero eccitata. Avevo la fica impregnata di liquidi ed una parte era fuoriuscito colandomi sulle gambe. E questo era chiaramente stato visto da tutti i presenti. Non avevo però risolto il problema di chi fosse il mio estimatore.

Verso la fine della giornata venne il nostro amministratore che, a nome di tutti i partecipanti !!, mi invitò alla cena di gala che ci sarebbe stata quella sera in un hotel di Portofino. Ringraziai ma mi schermii dicendo che non ero a posto, non potevo andare dal parrucchiere e poi, non avevo nessuno che mi potesse accompagnare essendo mio marito via per tutta la settimana. Mi rispose ovviamente che andavo bene così e che mi sarebbe venuto a prendere il Sign. Pinco Pallino alle 20.00 a casa.

Uscii dall’ufficio un po’ prima ed arrivata a casa incomincia a prepararmi. Dovevo decidere cosa mettere. Qualcosa di elegante ma, al tempo stesso, di estremamente provocante e sexy. Optai per un vestito lungo con un alto spacco laterale molto aderente e senza spalline. Il corpetto sfidava le leggi di gravità e restava su solo grazie al seno abbastanza abbondante che mi ritrovavo. Feci un bagno, mi laccai le unghie delle mani e dei piedi, mi pettinai ed ero quasi pronta quando suonò il citofono del portone. “Sono Pinco, sono un po’ in anticipo. La aspetto qui”. Era giocoforza rispondere: “Si figuri, salga che sono quasi pronta”. Dopo poco sentii suonare alla porta. Andai ad aprire indossando un accappatoio, lo feci accomodare in salotto e mi recai in camera a finire di prepararmi. Calzai un paio di sandali da sera con il tacco altissimo. Rimasi a lungo indecisa sullo slip da indossare e poi optai per quello della mattina, nero con i brillantini. Mi infilai il vestito e qui ebbi le prime difficoltà. Mi ricordai che le poche volte che lo avevo indossato avevo avuto bisogno di mio marito perché l’aderenza, il fatto che non stava su da solo se non da chiuso non poteva essere fatto da una sola persona. Tentai e ritentai e poi mi rassegnai. “Sign. Pinco, mi puo’ dare una mano a chiudere il vestito perché da sola non ci riesco.”. Arrivò immediatamente (sembrava che fosse dietro la porta) e mi chiese in cosa poteva essermi utile. “Non riesco a chiudere la zip. Mi può aiutare?”.
Dopo un po’ di tentativi mi disse che probabilmente si era incastrata la stoffa e che bisognava provare in altro modo. “Provi, per favore.” Allora infilò una mano sotto il vestito fino all’inizio della zip e tenendo la stoffa dall’interno provò a tirala su. Sulle prime non ci riusci’ e fu costretto ad armeggiare un po’. Durante questi passaggi sentivo la sua mano sulle natiche ma non potevo fare altro che tenermi su il vestito sul seno perche’ altrimenti sarebbe caduto. Alla fine la zip andò su e Pinco tolse la mano da sotto la gonna non senza averla strusciata per tutta la lunghezza su sedere e gambe. Mi girai e chiesi se, per lui, andava bene. Mi guardò con ammirazione ammettendo che era tutto OK.. “C’e’ solo una cosa, si vede il segno dello slip sotto il vestito. Non e’ il massimo”. “Mi girai verso lo specchio e notai anch’io le righe. “Ha ragione – dissi – non rimane che farne a meno”. Mi alzai il vestito, infilai le mani sotto e mi tolsi lo slip. Nel mentre facevo questo rimasi con un tacco impigliato nello slip e quasi caddi a terra. Pinco fu pronto a sostenermi per un braccio mentre con l’altra mano mi aiutava a sfilare lo slip dalla scarpa. Lo slip gli rimase in mano ed io feci finta di non accorgermene “Adesso va bene – dissi girandomi intorno – possiamo andare”.

Salimmo in auto e ci recammo all’hotel di Portofino. Gli invitati erano già tutti riuniti e, quindi, io feci un ingresso quasi trionfale salutata ed acclamata da tutto il gruppo. C’erano 23 rappresentanti di cui tre donne. In totale 20 uomini e quattro donne. Ci sedemmo al tavoli ed incominciammo la cena. Durante la cena si parlò amabilmente del più e del meno, piu’ persone vennero ad intrattenermi con complimenti molto formali che mai scadevano nel volgare e che non mi avrebbero mai fatto presagire la conclusione della serata. A fine cena ci alzammo e ci riunimmo in un salotto con poltrone e divani dove venne servito il caffè e gli alcolici. Era già abbastanza tardi e gia’ mi preparavo a rientrare quando uno dei relatori si alzò e cominciò: “ Anche oggi, come in tutte le nostre riunioni, un nostro addetto ha provveduto a filmare i momenti salienti della riunione e questa e’ la sintesi di quanto e’ avvenuto”.
Si spensero le luci ed incominciò la proiezione. Si vedeva inizialmente il relatore che parlava, la sala che ascoltava poi, improvvisamente la scena cambiò. Mi vidi fare il mio ingresso nella sala, avvicinarmi al tavolo dei relatori e piegarmi su di esso a dare le spiegazioni. Uno obiettivo impietoso zoomò su di me. Vedevo le mie gambe inguainate nelle calze autoreggenti, la gonna che si alzava sopra le calze ed il mio tanga con i brillantini che usciva dalla gonna. Un’altra camera della quale non mi era accorta mi filmava invece dal davanti zoomava sullo scollo del top evidenziando i miei seni che debordavano fuori dalla scollatura. Un applauso accolse immediatamente queste immagini. “Brava, bellissima, che tette, che culo, etc. “ erano gli apprezzamenti che sentivo nel buio della stanza. La proiezione continuò ma il soggetto era all’incirca lo stesso. Questa volta era il pomeriggio ed infatti dalla gonna usciva un laccetto rosso. L’operatore, evidentemente si era posizionato in prima fila proprio dietro di me e aveva abbassato la camera in modo che mi riprendesse dal basso. Ad un certo punto, infatti uno zoom più sfacciato si posò sul mio sedere e sullo slip rosso che portavo aperto sul basso concentrandosi su quello che c’era tra i due lembi di stoffa; una fessura depilata che ingigantita sullo schermo brillava per la lucentezza degli umori che secerneva. Nei successivi fotogrammi si potevano scorgere le righe di umido che le secrezioni facevano colare sulle gambe. Scoppiò un pandemonio in sala. D’accordo che tutti avevano gia’ visto nel pomeriggio ma non così da vicino. Oggi avevano potuto immaginare qualcosa. Adesso sullo schermo lo potevano constatare de visus.
Si riaccesero le luci mentre ancora applausi e voci dal sottofondo mi dicevano che culo, che fica, hai visto che stava godendo, che troia che deve essere, io me la farei subito.
Non sapevo più cosa fare e cosa dire. Tutti gli sguardi erano fissi su di me e, ancora una volta sulla mia scollatura.
“Venga qui Flavia” mi chiamarono. Ed io mi alzai e mi diressi al tavolo dove mi avevano chiamato. “Nero o rosso, questa sera?” e visto che davo segno di non avere capito “ma lo slip, ovviamente”. Dovetti rifletterci un attimo per ricordarmi che me li ero tolti quando il mio accompagnatore rispose per me: ”Nessuno dei due: lo ha dato a me. Cosa mi offrite per averlo? – E’ un po’ usato ma ha un buonissimo profumo”.
Incominciarono a levarsi offerte per l’articolo in argomento con rilanci continui ed anche sostanziosi. Poi qualcuno avanzò anche offerte diverse:
“200 per toccarle le tette”
“250 per una palpata al culo”
“300 voglio toccarle la fica”
E così via. E su queste cifre senza che io risultassi consultata ci fu una gara al rialzo. E a questa gara non si sottrassero neppure le donne che continuavano a rilanciare.
Eravamo gia’ a 3000 Euro e i rilanci non si fermavano ed io cominciavo a pensare che per quella cifra potevo tranquillamente darla via senza problemi quando il moderatore fece una proposta sconcertante: “Invece di darle 3000 Euro e farla scopare solo da uno di noi, perché non le diamo 10000 Euro e ce la scopiamo tutti?”. Una ovazione di consensi scaturì da questa proposta.
“Flavia, cosa ne pensa?”. Ero molto frastornata ed indecisa. Poi, con un ragionamento mi risolvetti. Puttana lo ero già per essere andata a quella riunione ed avere mostrato a tutti tette e fica, per dipiù’ depilata cosa, già di per sé, un po’ da troia. Se accettavo l’offerta di uno sarei comunque stata una bagascia perché lo facevo per soldi. Tanto valeva essere scopata da tutti. Sarebbe cambiato poco. Intanto più di un cazzo alla volta non potevo prendere. E su questo mi sbagliavo. “OK. Accetto” dissi e, per conferma abbassai la zip e feci cadere a terra il vestito. Rimasi completamente nuda con tette, culo e fica al vento indossando solo un paio di sandali da sera.
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