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La prima volta


di boccadoro86
20.07.2016    |    15.452    |    2 9.6
"Lei sospirò soddisfatta, mi mise delicatamente una mano sulla testa, e ordinò amichevolmente "succhia"..."
Ancora una volta passai con la macchina nella via scura, dove un paio di trans ancheggiavano ai passanti, invitandoli ad accostare. Non era affatto la prima volta che passavo: da mesi ormai, di tanto in tanto, affascinato da quelle strane sessualità ibride in mostra, giravo la notte per ammirarle e fantasticare. Normalmente tornavo poi a casa, eccitato, a guardare filmati porno e a sognare il baratto della mia identità virile con quello della femmina docile e abusata, lasciando poi che il sogno si spegnesse nella mia mano. Ma quella volta, non so esattamente perchè, senza forse neppure decidere veramente, accettai quell'invito muto, e accostai.
Immediatamente la trans a cui mi ero avvicinato mi si fece incontro. Meccanicamente, abbassai il finestrino. Lei si appoggiò alla portiera, e una bellezza per niente straordinaria, ma sorridente e rassicurante, fece capolino, accompagnata da una voce bassa, ma vagamente femminile: "ciao amore". "Ciao" risposi, con la voce secca e il cuore tremante. Sono bravo a nascondere le emozioni, ma molto meno ad annullare l'ansia che mi attenaglia in situazioni come questa. Avevo già avvicinato prostitute, in quegli anni di solitudine seguiti alla mia rottura con la prima fidanzate - africane di cui amavo l'aspetto, e con le quali cercavo di compensare con la gentilezza lo sfruttamento di cui mi rendevo complice. Anche in quelle situazioni l'ansia combatteva il desiderio nel mio animo. Ma questa volta ero quasi completamente paralizzato dalle mie stesse intenzioni.
"Andiamo?" chiese la trans, suadente. L'accento era leggermente spagnoleggiante. "Dove?" chiesi a mia volta, la voce quasi sul punto di rompersi per l'emozione. "Qui vicino, a casa mia". "Quanto vuoi?". "Cinquanta euro e facciamo tutto, amore". Sorrisi debolmente. "D'accordo". Lei salì e mi strinse piacevolmente la mano, presentandosi, mentre il suo profumo invadeva la macchina Poi mi indicò la strada. Vagamente rilassato dai suoi modi, seguii le sue indicazioni, e dopo un attimo parcheggiammo. Lei scese ed andò ad aprire la porta, mentre io chiudevo la macchina sbirciandone la figura discretamente slanciata, la pelle quasi mulatta, i lunghi capelli neri. La seguii all'interno. Lei si tolse le scarpe, evidentemente timorosa di disturbare gli altri inquilini, e conversando a bassa voce del più e del meno salimmo le scale del vecchio stabile, mentre nessun pensiero distinto riusciva a formarsi nella mia mente, ma solo un brusio indistinto di eccitazione e paura. Il suo culo, un po' grosso ma piacevole, e i suoi piedi scalzi mi tennero distratto. Arrivammo al piano, lei aprì la porta, entrammo in casa, ci sedemmo e scambiammo altre chiacchiere bevendo un bicchiere di birra che con la massima tranquillità mi aveva offerto. I discorsi, leggeri e scherzosi, scivolarono molto rapidamente sul fatto che fosse la mia prima volta, mentre lei ridendo e indicando il letto vicino ci aveva tenuto a raccontarmi un anneddoto, accompagnato da una bella risata, di quando scopando un cliente il letto si era rotto. Nel frattempo, anche se non sollecitato, mi ero affrettato a darle il pattuito. Lei aveva preso e messo via la banconota, senza lasciare che questo turbasse il flusso della nostra conversazione.
L'ansia lentamente mi stava lasciando, quando mi mise la mano sul braccio e la sua voce si abbassò, suadente. "Allora, cosa vuoi fare?", mi chiese. Sorrisi debolmente. Sapevo quello che volevo. Già da fidanzato, la riluttanza della mia ex al sesso orale ne aveva acceso in me l'ossessione, e con il tempo il desiderio non si era limitato al ricevere o al leccare. Mi immaginavo sempre più spesso in ginocchio, sottomesso, con un uccello in bocca da servire degnamente. Forse era stato proprio quello a spingermi sempre più vicino al mondo trans, a fantasticare sulla loro ambigua sessualità, ad essere lì, in quella compagnia, di fronte a quella domanda quella notte. Non mi sono mai piaciuti gli uomini, ma il cazzo mi attirava inesorabilmente, e quegli strani ibridi sessuali sembravano la soluzione perfetta di questo strano dissidio. "Voglio succhiartelo", risposi, mentre l'ansia spariva magicamente per effetto di quella stessa confessione. Lei si alzò con grazia, si andò a sedere sul letto, tirò giù la gonna e le mutandine, mettendo in mostra un bel cazzo, non gigantesco ma armonioso, solo per metà in erezione. Mi guardò sorridente. "Vieni".
Non me lo feci ripetere. In un attimo mi inginocchiai, guardai brevemente il suo volto incoraggiante e il cazzo di fronte ai miei occhi, lasciai che il suo odore di sottobosco mi invadesse la mente, e lo presi in bocca. Lei sospirò soddisfatta, mi mise delicatamente una mano sulla testa, e ordinò amichevolmente "succhia". Obbedii, impacciato e inesperto, ma volenteroso. Succhiavo e facevo girare la lingua attorno all'asta, che intanto si ingrossava nella mia bocca. Le sensazioni erano nuove, ma tutto era perfettamente come l'avevo immaginato. Non sotto, ma affianco alla mia solida identità maschile, comparve la troia pompinara che sospettavo ormai da tempo. Mi abbandonai al vortice di piacere che quel ruolo, quel cazzo in bocca, quella sottomessa dedizione mi stavano procurando, mentre lei mi accompagnava e incoraggiava dolcemente, mostrando un apprezzamento che sentivo sincero per il mio atto, forse goffo ma appassionato.
Mentre succhiavo completamente calato nella parte, forse inavvertitamente inarcai la schiena, spingendo verso l'esterno e in alto le mie natiche, toniche e armoniosamente rotondeggianti, in una perfetta posa da troia vogliosa. Il suo sguardo vi si posò sopra, presto seguito dalla mano. Spinsi ulteriormente il culo in alto, mentre non smettevo per un istante di gustare il suo cazzo. La sua mano penetrò sotto le mutande, mi accarezzò le palle e l'uccello turgido, poi le sue dita iniziarono a giocare con il mio ano, premendovi senza penetrarlo. La troia pompinara in me mi faceva inarcare la schiena ad ogni tocco, mentre qualche mugolio usciva dalla mia bocca.
Improvvisamente lei si fermò, ordinando: "spogliati". Ancora una volta obbedii, come privo di volontà. "Mettiti a pecora", ordinò ancora. Anche questa volta obbedii, mettendomi carponi sul letto, mentre lei si alzava a prendere un profilattico. "No, nel culo no", dissi senza un filo di voce, palesemente contraddetto dalla mia attitudine e, in maniera ancor più lampante, dalla mia posizione, inerme e disponibile. Lei non si curò minimamente di quella flebile protesta, e si piazzò dietro di me, facendomi assumere la posizione più congeniale a prendere la mia verginità anale, offerta come su un altare per il rito. Io obbedivo, obbedivo e basta, come non fossi più in diritto di sottrarmi. Prese un flacone e si lubrificò il cazzo coperto dal preservativo, poi ne versò un po' sul mio ano, facendovi entrare un dito, poi due.
Io mugolavo, inarcavo la schiena, spingevo il culo verso di lei. Non importava chi pagasse chi: era evidente chi fosse la vera troia. Non parlavamo più. Lei appoggiò il suo cazzo al mio culo, poi iniziò a spingere e mi invase. Il dolore e il fastidio si mischiavano al piacere dell'essere all'apice della sottomissione, dominato fino all'ultima fibra dalla sensazione di quel cazzo che mi penetrava e si muoveva ritmicamente, sempre più deciso, dentro di me. Avevo completamente perso la cognizione del tempo, mugolavo dei "si" sofferti ma sinceri. Non so per quanto tempo mi inculò così, mi parve un'eternità concentrata in un istante. Poi mi fece girare e allargare le gambe. Il mio culo accolse nuovamente la sua padrona, che mi prese i piedi, portandoli bene in alto, per poi riprendere a scoparmi con quel suo ritmo, deciso ma non selvaggio. Io la guardavo, in estasi nonostante il dolore e la stranezza della sensazione. Mi chiese dove volevo che venisse. La troia in me, dominata dai colpi nel culo, rispose subito: "in bocca", ma poi un'altra parte di me, più razionale, rettificò "no, addosso". Lei continuò a prendermi ancora per un paio di minuti, mentre espressioni di godimento l'attraversavano.
Improvvisamente, tolse il cazzo dal mio culo, il preservativo dal cazzo, e si masturbò rapidamente. Caldi getti eruppero da quello che per me non era più un cazzo, ma lo scettro del suo dominio su di me, inondandomi il petto mentre la guardavo inebetito. Lei sorrise, poi subito prese a masturbarmi con forza, e anch'io venni, mischiando il mio sperma al suo sul petto inondato. Mentre lei ansimando, ma con la compostezza di una consumata scopatrice, si sedeva sul letto, io rimasi immobile, violato e ricoperto di sborra, sul letto. "Ti è piaciuto?" chiese, come chi sa già la risposta. "Si", ammisi senza reticenze. Sorrise ancora. "Sei bravo". "Tu di più", dissi, sorridendo anch'io, ancora scosso.
Da quel momento la situazione si raffreddò rapidamente. Mi portò dei tovaglioli, con i quali mi pulii il petto, e mi offrì l'uso del bagno. Mi sciacquai rapidamente, poi scendemmo alla macchina. Lei ora era un po' sbrigativa, ma anch'io ero piuttosto assente, perso tra lo sbigottimento per ciò che avevo fatto e la fastidiosa sensazione che mi dava il culo sverginato. Non potevo crederci, l'avevo fatto. La riaccompagnai, salutandola stanco e grato, e tornai rapidamente a casa. Sapevo già cosa avrei fatto: avrei evitato ogni contatto con i coinqulini e mi sarei chiuso nella mia stanza, eventualmente dandomi malato, a rimuginare sul mio atto, a riprendermi dalle sue conseguenze, a recuperare la mia usuale identità - certo che, prima o poi, la troia pompinara sarebbe tornata a bussare alla porta dei miei desideri.
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