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Lui & Lei

Il tavolo della Signora Carli


di sense40
01.12.2010    |    12.400    |    0 7.2
"Vedevo il mio membro, turgido come non mai, entrare nella sua stretta e umida vagina..."
Mi chiamo Stefano e mi piace deliziarvi con i miei racconti, così se sono stati di vostro gradimento non esitate a scrivermi alla mia mail:[email protected]
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Sono un negoziante e mi capita talvolta di consegnare direttamente a casa dei clienti quello che acquistano. Il Signor Carli acquistò un tavolo per il suo giardino e mi chiese di portarglielo non appena avessi potuto Gli dissi che lo avrei consegnato il giorno seguente. Mi spiegò che lui non sarebbe stato a casa ma che la moglie mi avrebbe comunque dato istruzioni su come avrei dovuto sistemare il tavolo. Il giorno seguente dopo la chiusura per la pausa-pranzo, andai con il mio camioncino fino a casa dei signori Carli. Era una villetta con un grande giardino. Quando fui davanti al cancello in ferro battuto un forte e dolce profumo di gelsomini mi avvolse facendomi chiudere gli occhi ed inspirare con piacere. Suonai il campanello, spiegai chi fossi, una voce femminile mi disse di entrare. Un leggero venticello attenuava il calore di quel mezzogiorno di fine giugno. Entrai nel giardino con la pesante scatola del tavolo. Dalla casa uscì una donna sui trentacinque anni. Aveva i capelli rosso scuro, ricci e lunghi fino alle spalle. Mi salutò con un grande sorriso.
"Buongiorno "mi disse. "Mi dispiace disturbarla all'ora di pranzo!" esclamai. "Non si preoccupi" rispose "mangio sempre molto tardi".
Mi spiegò dove voleva che mettessi il tavolo. Mentre mi dava istruzioni la guardai e notai che indossava soltanto una camicia da uomo aperta davanti che lasciava intravedere due grandi seni lasciando scoperte le gambe lisce ed abbronzate. Mi accorsi che vide che la stavo guardando e mi sentii molto imbarazzato. Il cuore cominciò a battere velocemente, probabilmente arrossii.
Lei capì il mio disagio e per tutta risposta mi sorrise. Portai il tavolo dove mi disse, aprii la scatola cominciai a montarlo. Mentre stavo stringendo le viti lanciavo rapide occhiate alle lunghe gambe della signora che era in piedi alla mia destra. Cercavo di sembrare il più naturale possibile, anche se sapevo di non riuscirci.
Le feci i complimenti per la casa e per il giardino e ci mettemmo a parlare del caldo che faceva in quei giorni. Improvvisamente si chinò verso di me e mi disse: "Ha già pranzato?". Dall'apertura della camicia vidi completamente i suoi seni. "Non ancora" le dissi. "Le va' di mangiare qualcosa con me?". La sua domanda mi colse di sorpresa. "La ringrazio signora, ma non vorrei disturbare…" balbettai. "Nessun disturbo" disse lei "anzi, mi farebbe compagnia. Sa,non è poi così piacevole pranzare da soli".
Non capivo se fosse un semplice invito per il pranzo o se fosse invece un'avance.
"Beh… se mi giura che non disturbo accetto"
"Bene! Che cosa preferisce mangiare?" Chiese.
"Ma… qualunque cosa purché non le dia troppo lavoro" "Le và un'insalata?" domandò. "Perfetto" dissi io. "Allora vado a preparare" disse mentre stava già camminando verso casa.
La guardai entrare. Intravidi sotto l'ampia camicia un sedere sodo e generoso. Il sole mi sembrava ancora più forte, sentii delle grandi gocce di sudore scendermi lungo la fronte ed entrarmi negli occhi provocandomi bruciore. Dopo alcuni minuti il tavolo era sistemato. Portai in giardino anche le sedie. Mi affacciai alla porta di casa e la chiamai: "Signora? io avrei finito". Le persiane erano chiuse e dall'oscurità mi giunse una piacevole brezza fresca. "Venga!" mi disse. "E' pronto, ma non si aspetti un banchetto".
Andai in bagno a rinfrescarmi un poco. Ci sedemmo a tavola. Da un televisore acceso in un'altra stanza sentii la musica d'inizio di un telegiornale. Lei mi versò del vino bianco molto fresco. Ne bevvi un grande sorso e sentii che mi entrava direttamente nel sangue. Mi raccontò che in estate occupava una buona parte del suo tempo ad accudire il suo giardino. Notai però, che le sue mani erano straordinariamente curate e pensai che, probabilmente, usasse dei guanti per i suoi lavori. Le sue dita erano affusolate, ma non troppo magre. Le unghie erano abbastanza lunghe e dipinte con uno smalto vermiglio. Aveva un anello con una pietra blu, ma vidi che non portava la fede. Versò dell'altro vino e ne bevve anche lei. Sentivo la mia fronte imperlarsi di sudore, ma stranamente non me ne curavo. Parlammo di vacanze ed io le chiesi dove sarebbe andata quell'anno. Disse che lei e il marito avevano affittato una casa con una coppia di loro amici sull'isola di Ponza. Mi raccontò un fatto divertente che le era capitato l'anno precedente in un villaggio delle Antille. Ridemmo ad alta voce, bevemmo ancora, poi lei si alzò e prese un budino al cioccolato dal frigorifero. Mi colpì il modo in cui lo mangiava. Ogni volta che portava il cucchiaino alla bocca chiudeva gli occhi, e lo estraeva con molta lentezza, come per godere più a lungo di quel dolce sapore. Mi eccitava molto vederla mangiare. Muoveva le labbra come se al posto del cucchiaino ci fosse un pene turgido. Senza accorgermene anch'io cominciai a giocare con il cucchiaino: succhiavo il budino senza introdurlo completamente in bocca. Estraevo la lingua facendoci cadere il dolce. Capii che anche lei si stava eccitando. Smise di parlare. Mi guardava negli occhi inclinando la testa di lato. Improvvisamente lasciò cadere il cucchiaino e infilò il dito medio nel dolce e se lo portò alla bocca. Tirò fuori la lingua e se la accarezzò con il dito sporco di cioccolato. Sentivo il mio membro crescere. Il caldo aumentò e vidi che anche lei stava sudando. Con la mano sinistra si spostò i capelli indietro scoprendo l'orecchio a cui aveva un orecchino con un anello pendente. Sganciò un altro bottone della camicia che adesso era quasi del tutto aperta. Ormai erano chiare le sue intenzioni. Capii di non potermi più tirare indietro. Mi alzai senza parlare e mi misi in ginocchio ai suoi piedi,le presi la mano e mi infilai il dito che lei aveva messo nel dolce in bocca e glielo succhiai chiudendo gli occhi. Misi due dita nel budino e ne presi un po', glielo feci cadere sulla coscia e lo spalmai un poco. Avvicinai la bocca a con la lingua cominciai lentamente a leccare il cioccolato. Sentivo il dolce profumo della sua pelle calda entrarmi nel naso e la mia eccitazione aumentò ancora. Lei mi mise una mano nei capelli e li strinse dolcemente tirando la mia testa verso la sua bocca che si aprì per farne uscire la lingua. Anch'io tirai fuori la mia e cominciammo a strofinare furiosamente le nostre lingue umide.Le sue mani si muovevano tra i miei capelli, sentivo le sue dita infilarsi nelle mie orecchie.Ben presto la lingua prese il posto delle dita. Mi leccava i lobi fin dentro l'orecchio. Sentivo il cuore viaggiare sempre più velocemente. Scivolai sul suo collo e cominciai ad accarezzarglielo con la mia lingua.Sentivo il profumo della sua pelle liscia e sudata.Respirava sempre più affannosamente. Senza staccare il contatto con la sua pelle scesi verso il suo petto.Le sganciai l'ultimo bottone e finalmente i suoi seni mi apparvero in tutta la loro bellezza: non erano abbronzati come il resto del corpo e la pelle chiara mi fece eccitare ancora di più.I capezzoli erano due piccoli fiori rosa chiaro.Mi ci tuffai come un assetato in una fresca fonte alpina.Li sentivo inturgidirsi sotto le mie labbra.Leccai meticolosamente le sue poppe,gliele mordicchiai delicatamente. Il suo ansimare manifestava la sua eccitazione. Scesi ancora, fino a raggiungere il suo ombelico. Ci giocai un po', ino a quando una mano spinse la mia testa più in basso.Le abbassai le mutandine. Quello che vidi a quel punto si è impresso nella mia mente e mi accompagnerà per tutta la vita. Potei ammirare uno spettacolo meraviglioso: il triangolo di peli che aveva tra le cosce era di un rosso più chiaro e più intenso dei suoi capelli. Sembrava una nuvola resa di fuoco dal sole al tramonto. Mi avvicinai quasi con il timore che potesse svanire. Cominciai a leccarle l'interno delle cosce. Poi risalii lentamente verso quel paradiso.aprii con le dita la sua farfalla colorata e ne raggiunsi il centro con la mia lingua. La sentivo fremere e mugolare. La sua clitoride era così gonfia da sembrare un piccolo pene. La succhiai con avidità come per farle un pompino. Sentivo il profumo delicato ma intenso del suo sesso. Lei era sopra di me. La mia faccia era bagnata dei suoi umori che cadevano misti alla mia saliva. Poi affondai la lingua nell'apertura di quel fiore spostandone le labbra come i petali di una rosa bagnata di rugiada. La spinsi in profondità,dando lunghe leccate alle pareti della sua vagina.Dopo pochi minuti di quella piacevole esplorazione sentii il suo respiro farsi più corto e affannato e un forte e ripetuto grido mi fece capire che stava giungendo per lei l'orgasmo. Ancora un istante poi fu lei a prendere l'iniziativa. Mi spogliò completamente. Incominciò a leccarmi le mammelle e questo mi provocò dei piacevoli brividi. Scese poi fino a raggiungere la mia asta indurita ormai da parecchi minuti. La prese in mano, cominciò a leccarla per tutta la sua lunghezza, partendo dai testicoli fino alla cima. Ero così eccitato che sentivo dolore alle palle. Finalmente si decise a prendere in bocca il mio pene. Mi sembrava di impazzire di piacere. Le sue labbra stringevano la base del glande con forza ma allo stesso tempo con molta dolcezza. Succhiava con energia e l'intensità del piacere era tale che dopo pochi istanti mi sentii giungere al culmine del piacere. Glielo dissi e vidi che lei non cessava il suo movimento. Sentivo il mio succo uscire copioso mentre lei con avidità non ne lasciava uscire nemmeno una goccia.Dopo un po',visto che mio alfiere non aveva perso le sue forze. Mi voltai verso di lei, le sollevai una gamba e in un attimo infilai il mio pene nella sua passera.Poco dopo lei volle salire su di me. Vedevo il mio membro, turgido come non mai, entrare nella sua stretta e umida vagina. Ben presto lei ebbe un altro orgasmo, senza smettere di tenermi dentro, ma anzi, aumentando il ritmo del movimento. La frenesia dell' amplesso fece giungere anche me all'orgasmo e questa volta venimmo insieme, accompagnati dalle sue grida di piacere. Ci lasciammo cadere all'indietro sfiniti. Rimasi immobile per alcuni minuti mentre lei aveva appoggiato la sua testa di fuoco sul mio petto nudo. Ripresi contatto con la realtà sentendo il pendolo battere l'ora, e mi resi conto che non mi rimaneva molto altro tempo. Non ci siamo più rivisti, ma ad ogni consegna a domicilio penso sempre a quel bel pomeriggio di giugno…

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