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Lui & Lei

“Leccherai la mia fica come ti ho scritto.”


di Membro VIP di Annunci69.it acquainbocca50
07.04.2024    |    4.329    |    3 9.6
"Avevo un’erezione forte, dura, nel sentire i suoi piccoli ansiti e il suo sapore sulla mia lingua..."
Se dovessi definire Anna con una sola frase, userei quella coniata da William Shakespeare: "Commetti il più vecchio dei peccati nel più nuovo dei modi" Ne ho avuto una dimostrazione diretta con lei.

L’ho conosciuta in chat. Non è stato facile all’inizio guadagnarmi la sua fiducia. Le avevo scritto non ricordo cosa, ma lei non mi aveva risposto. Allora le ho scritto una barzelletta. Diversi studi mostrano che il senso dell'umorismo è sessualmente attraente, specie per le donne, così mi sono chiesto: “Perché non provarci?”
Nessuna risposta. Le ho scritto una seconda barzelletta. Neanche stavolta. Poi una terza. Finalmente mi arrivò un suo breve messaggio.

“Questa non è male.”

È fatta - ho pensato. Avevo aperto una breccia nelle sue difese. Adesso dovevo stare attento a quello che scrivevo. Una mossa sbagliata e l’avrei persa. Ho pensato a qualcosa di intelligente da scrivere o a qualcosa e basta, ma avevo la mente vuota.
Per fortuna mi è venuta in soccorso lei scrivendo a sua volta una barzelletta: “Due cacciatori sono nel bosco quando uno dei due cade a terra svenuto. Non sembra respirare. L’altro cacciatore chiama subito i soccorsi al telefono e grida. «Il mio amico è morto! Che posso fare?». «L’aiuto io - gli risponde l’operatore – ma si calmi. Prima di tutto si assicuri che il suo amico sia realmente morto». Un attimo di silenzio, poi si sente un colpo di fucile. «OK. È morto. E adesso?».
Le ho mandato la faccina che sorride con lacrime di gioia. Lei ha ricambiato. Da quel momento il ghiaccio si è sciolto. Abbiamo iniziato a scriverci. Per settimane abbiamo parlato di tutto, poi, come in ogni chat che si rispetti, siamo finiti a parlare di sesso. Di cunnilingus in particolare. Era la sua fissa. È diventata anche la mia.
Ecco l’ultima chat prima del nostro incontro:
“Sono pochi quelli che sanno leccarla” – scriveva. – “Non è un gelato che stai leccando e non è qualcosa che devi succhiare con la bocca. Leccare la fica dipende da molta sensibilità.”
“Che intendi con sensibilità?” – ho scritto.
“Bisogna fare sempre attenzione alla reazione della donna mentre le stai leccando la fica. Sii sempre attento per non perdere ciò che le piace. Insomma, devi avere una lingua intelligente, non meccanica.”
“Ti dà fastidio se si usano le dita?
“No. ma non devi frugare come se stessi cercando un mazzo di chiavi in una borsa. Voglio sentire piacere non dolore. Per non parlare poi del clitoride…”
“No, parliamone, mi interessa molto “– ho scritto.
“Se qualcuno dovesse morderti le palle, suppongo che non saresti contento. È lo stesso per il clitoride di una donna. È molto sensibile. Non strofinare con la lingua come se non ci fosse un domani, non succhiare troppo forte e non mordere. Gioca delicatamente intorno alla piccola perla con la lingua e lei ti ringrazierà per questo.”
“Hai mai avuto un orgasmo con il cunnilingus?”
“Soltanto un paio di volte, ma non per colpa mia. Io non ho pudori, vergogne, sensi di colpa e non ho neanche avuto un’educazione rigida. Se non vengo è perché quello che mi sta sotto non sa leccare.”
“Sotto?”
“Sì, preferisco stare in piedi e lui in ginocchio tra le mie cosce”
“Mi avevi già eccitato ma quest’ultima frase mi ha dato il colpo di grazia” - ho scritto.
“Sono contenta. L’hai mai leccata in ginocchio?”
“No, in realtà no, sempre sul letto. Lei sdraiata con le cosce aperte.”
“Ti sei perso la posizione migliore.”
“Voglio recuperare.”
“Hai mai fatto venire una donna con la lingua?”
“Sì.”
“Sì?”
“Così mi han detto. E io credo nella buona fede delle persone.”
“Niente leccate come se stessi scartavetrando, niente succhiate come se stessi bevendo una coca con la cannuccia e soprattutto niente morsi?”
“Nulla di tutto questo. Ho una lingua intelligente.” – ho scritto.
“Vedo che cogli subito”
“Sei tu che sei stata molto chiara Quando ci vediamo?”
La domanda “Quando ci vediamo?” è capace di mettere in crisi chat bellissime durate settimane perché significa uscire dall’anonimato e farsi vedere. Non sempre è facile uscire dalla propria comfort zone anonima.
Alla mia domanda è seguito un silenzio assoluto che è durato più di un minuto. Temevo che non mi scrivesse più. Poi, arrivò il suo messaggio.
“Né in una casa, né in un albergo, né in un B&B.” – ha scritto.
Non so quante volte avrò letto quella sua frase. E allora dove, pensavo tra me e me. In macchina, forse? Come si fa a rimanere in ginocchio dentro un’auto?
“Dove vorresti farlo?” – ho scritto.
“Fuori. In qualche casolare abbandonato.

Avrei potuto scriverle che la comodità di un letto non ha paragoni ma era chiaro che lei voleva esplorare il sesso in tutte le sue sfaccettature. Cercava qualcosa fuori dal comune, una scarica di adrenalina che le arrivasse dritta nelle vene.
“Un casolare abbandonato di solito non ha porte né finestre. Ci potrebbe essere il rischio di essere visti.” – ho scritto.
La sua risposta fu breve e chiara.
“Magari!”
La mia sensazione fu duplice. Da un lato il rischio di essere visti da qualcuno mi atterriva; dall’altro mi eccitava.

“Mi affido a te.” – ho scritto.
“Un’altra cosa. Tu leccherai la mia fica esattamente come ti ho detto e non ci sarà altro.”
Com’è possibile che quel limite che lei poneva, anziché scoraggiarmi, mi eccitò ancora di più? Davvero il sesso non si può recintare. Sfugge ad ogni controllo della ragione.
“Come tu desideri.” - ho scritto.
“Un’ultima cosa. Se per qualche ragione, quando vi vedremo, io non intendo andare avanti, tu l’accetterai senza proferire parola. Su questo non transigo.”
“E’ più che giusto.”
“Rispondo alla tua domanda adesso: Domani, ore 10:30. In via xxxx c’è un grosso piazzale. Tu stai fuori dall’auto così posso vederti. Se mi vai bene mi fermo e sali. Se non mi vai bene, vado via. Ok?”
“Ok.”
“Che macchina hai?”
“Una xxxxx di colore nero.”
“A domani.” – ha scritto.
“A domani” – ho risposto.

Il giorno dopo, fresco di doccia e di rasatura, sono arrivato all’appuntamento dieci minuti prima. Alle 10 e 30 esatte sono sceso dalla macchina e ho aspettato davanti la mia auto. Respiravo come se fossi salito di corsa per tre rampe di scale. Ad un tratto una macchina è entrata nel piazzale e si è diretta lenta verso di me. Cercavo di apparire più naturale possibile anche se la tensione mi stava consumando. La macchina ha rallentato ancora di più, poi si è fermata davanti a me dal lato passeggero. Il finestrino si è abbassato.

“Sali.” – ha detto

Sono salito in macchina con la salivazione azzerata, ci siamo presentati e stretti la mano, poi lei ha rimesso la marcia ed è uscita dal piazzale per immettersi sulla strada.
Era una bella donna, sui 50, dai capelli neri, occhi castani e labbra ben disegnate. Era minuta e con una carnagione chiara. Indossava un cappotto nero, lungo, che le copriva gli stivali neri. Guidava con sicurezza e sapeva dove andare.

“E pensare che io sono qui con te per una barzelletta” – ho detto.
Lei ha sorriso.
“Era una buona barzelletta. Mi ha fatto ridere.”
“Ho puntato su quello. O la va o la spacca, mi son detto, e, per fortuna, è andata bene. Dopo averti visto, posso dire che è andata benissimo.”
“Grazie. Sei gentile.”
“Sai, quella tua fantasia mi ha stupito. È la prima volta che mi succede una cosa del genere…” – ho detto.
Lei ha girato il viso verso di me e con uno sguardo malizioso mi ha detto:
“Spero che non sia la prima volta che lecchi una fica”
“No… no, non intendevo questo” – ho detto mentre le mie guance si infiammavano.
“So cosa intendevi, stavo scherzando. Siamo arrivati.”

Davanti a noi c’era un vecchio casolare fatiscente e incustodito lasciato alla mercé degli eventi atmosferici. Tutto intorno, il terreno che forse un tempo era anche stato coltivato, si presentava arido e malmesso, con ciuffi di erbe che spuntavano a caso qui e lì. Il casolare, come avevo previsto, non aveva porte, né finestre e neanche un tetto. Accanto una stradina sterrata che lasciava immaginare che potesse passare di tanto in tanto qualcuno.
Lei ha parcheggiato e mi ha invitato a scendere. Siamo entrati. Ci siamo guardati attorno. Tutto era immobile. Senza dare neanche un’occhiata alla stradina per assicurarsi che non stesse passando nessuno, lei si è posizionata al centro della stanza e ha iniziato lentamente a slacciare i bottoni del cappotto. Sotto era nuda. Aveva addosso solo una collana e gli stivali neri.

“Sai quello che devi fare.” – ha detto.

Mi sono inginocchiato davanti a lei e le ho accarezzato i fianchi prima di infilare la faccia tra le sue gambe. Lei le ha aperte un po’ di più e il suo sesso si è schiuso davanti ai miei occhi come una rosa in procinto di sbocciare. L’ho annusata profondamente. Il suo odore era delizioso. Ho baciato il suo clitoride. Lei ha ansimato e ha allargato ancora di più le gambe. Ho immerso la lingua dentro di lei. Era calda, umida e accogliente. Ho succhiato le sue piccole labbra assaporando i suoi umori. Poi ho tirato fuori la lingua. Volevo prendermi tutto il tempo necessario. Nessuna fretta. A lei però questo non era piaciuto e mentre ha posato una mano sulla mia spalla per tenersi in equilibrio, con l’altra ha afferrato i miei capelli tirandoli tanto forte verso la sua figa da farmi male:
“Leccala fino a farmi venire. Se ci riesci.” – ha detto con provocazione e ha iniziato a strizzarsi i capezzoli con le dita. I muscoli del suo ventre si sono contratti e così anche le sue gambe. Le ho leccato piano il clitoride e allo stesso tempo le ho infilato un dito dentro. Avevo un’erezione forte, dura, nel sentire i suoi piccoli ansiti e il suo sapore sulla mia lingua. Le ho infilato un secondo dito e li ho mossi entrambi dentro di lei alla ricerca del suo massimo piacere. Lei si è irrigidita violentemente e ha emesso un grido strozzato. Di nuovo la sua mano ha afferrato i miei capelli provocandomi un dolcissimo dolore. Ho continuato così, leccandole delicatamente il clitoride e scopandola con le dita finché è venuta. La sua fica si è stretta attorno alle mie dita con notevole forza, poi le ha rilasciate. Mi ha guardato e io ho leccato le dita che erano state dentro di lei. Mi ha sorriso e mi ha dato un buffetto sulla guancia. Ha Indietreggiato di un passo e ha riallacciato i bottoni mentre ci guardavamo. Io ero ancora in ginocchio davanti a lei.
“Alzati” – ha detto. “Purtroppo, questa volta non è passato nessuno. Andiamo.”
“Questa volta?” – ho pensato. Era chiaro che non era la prima volta per lei. Mi sono alzato, ho spolverato i pantaloni all’altezza delle ginocchia e siamo risaliti in auto. Avevo una voglia matta di baciarla, di accarezzarle i seni e tutto il corpo, ma lei era stata chiara e io non volevo deluderla. Siamo arrivati al piazzale dove avevo posteggiato l’auto. Ci siamo guardati.

“È stato stupendo – ho detto – non ho parole per dire quanto è stato bello.”
"È stato bello anche per me” – disse. – “Sei stato bravo.”
“Posso sperare di rifarlo?” – dissi.
“Mai dire mai” – disse lei – “Non mi piacciono le relazioni però una seconda volta non è una relazione.”

Ha sorriso. Le ho dato la mano e ci siamo salutati con un casto bacio. Sono sceso e sono entrato nella mia macchina. Lei lentamente è andata via. Sono rimasto per un po’ fermo dentro il piazzale. Lei mi aveva lasciato dentro il terribile bisogno di sentire di nuovo il suo odore e le sue grida strozzate mentre la leccavo. Ho acceso la macchina e sono andato via.

Un mese dopo mi è arrivato un suo messaggio.
“Che ne dici di una scopata dentro un ascensore?”
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