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Gay & Bisex

Non aprire quella porta - 9 - Il significato dell'appartenenza


di leatherbootsfetish
30.01.2023    |    3.962    |    14 9.6
"Su di te stanno magnificamente”..."
Quando arrivammo riconobbi immediatamente il palazzo anonimo nel quale ero stato solo pochi giorni prima con Francesco.
“Credo tu conosca già il mio amico Luca” disse Mike quando lui ci venne incontro sorridendo. “Oggi ha aperto solo per noi”.
Ci condusse in un piccolo locale sul retro indicandomi un lettino sul quale mi fece sdraiare di pancia, a culo scoperto. Poi prese uno strano arnese a punta e cominciò a lavorare sulla mia chiappa sinistra.
Sentivo un po’ di dolore e non capivo cosa stesse facendo ma Mike mi disse di resistere e di stare tranquillo. Dopo un po’ si mise di fianco a Luca a commentare il suo operato.
“Un lavoro perfetto come sempre. Bravo Luca. Tu Paolo cosa ne pensi?”.
Mi alzai e andai davanti allo specchio. Sulla pelle arrossata del mio sedere erano evidenti le lettere “M” e “D”.
Mi resi conto subito che mi aveva marchiato indelebilmente con le sue iniziali come si fa con le cose personali … o con i propri animali.
Non erano troppo evidenti e in cuor mio dovetti riconoscere che non mi dispiacevano affatto, ma era il principio che mi faceva infuriare. Va bene tutto, ma per una cosa così definitiva avrebbe dovuto chiedermi il permesso. Come aveva potuto farmi questo? Provavo un sentimento misto tra l’avvilito e l’incazzato.
Ma poi mi resi conto che la colpa era mia. Ero stato io a dargli tutte le chiavi e lasciare che facesse di me qualunque cosa gli passasse per la testa senza mai obiettare. Era sempre stato lui a gestire il nostro rapporto e io glielo avevo lasciato fare. Quindi questo era il risultato.

“Mi piace.” Mentii con fare accomodante. “Così, se dovessi perdermi, sapranno a chi dovranno riportarmi” tentai di scherzare.
Luca rise sguaiatamente. Mike invece si avvicinò a me e mi sussurrò serio: “E’ diverso. Così tutti sapranno a chi appartieni veramente. E tu per primo”. Mi tornò alla mente la visione iniziale della bestia marchiata, ma facendo a finta di nulla mi tirai su boxer e pantaloni e uscii con lui salutando distrattamente Luca.
Dato che era passata da un pezzo l’ora di pranzo ci fermammo in un fast food a mangiare qualcosa ma, nonostante la crema che Luca mi aveva applicato, il sedere mi faceva ancora un po’ male e mi costringeva a stare seduto tutto storto. Mike era euforico e su di giri ed io non accennai nemmeno per un momento a quanto era appena accaduto o al mio stato di avvilimento. Non volevo rovinare nulla del nuovo corso che aveva preso il nostro rapporto.

Guidando sulla via del ritorno appoggiò una mano sulla mia gamba e mi mise incidentalmente a parte del fatto che aveva invitato a cena Luca e la sua nuova fidanzata.
“Quindi stasera saremo in tre”. Mi disse.
Poco prima che facessi una delle mie stupide domande, mi ricordai di quale fosse il mio ruolo in quella casa. Io non ero niente di più che una persona di servizio e quindi avrei servito a tavola lui e i suoi due ospiti. Chissà cosa altro mi ero messo in mente.
Tornammo a casa e prima di andare in piscina disse indicando il mio culo: “Tienilo coperto e non dimenticare di aggiungere la crema regolarmente. Fa tanto male?”
“Solo un po’” dissi con voce indifferente.
Si avvicinò a me, mi prese il viso tra le sue grandi mani tenendomi ferma la testa a pochi centimetri da quegli incredibili occhi chiari e mi disse: “Vedrai, il dolore passerà. Ma tu continuerai ad appartenere a me per sempre” e mi diede un bacio appassionato con quelle sue labbra morbide e carnose ficcandomi la lingua in bocca.
In un istante sentii volare via tutto il rancore e la frustrazione provati nelle ultime ore e ricambiai il bacio con identica passione. Ormai mi conosceva bene e sapeva che con quel bacio avrebbe rimesso a posto tutto. Mi aveva in suo pugno e lo sapeva perfettamente.
Si staccò da me sorridendo, quindi si incamminò spogliandosi verso il giardino lasciando cadere i vestiti lungo la strada.

Raccolsi tutto, andai in camera da letto e cambiai le lenzuola di quel campo di battaglia che solo poche ore prima ci aveva visto avvinghiati selvaggiamente uno sull’altro. Rimisi tutto in ordine poi scesi per apparecchiare la tavola e preparare la cena. Mi resi conto che per tutto questo tempo avevo continuato a canticchiare, orgoglioso del dolore che ancora sentivo sulla chiappa. Lo avrei portato con me per tutta la vita.
Poco prima che arrivassero gli ospiti mi raggiunse in cucina. Si era vestito da solo indossando un paio di pantaloni di pelle sotto ai quali si intravedevano gli stivali e una camicia bianca aderente che fasciava il fisico scolpito. Il porco sapeva che non ero in grado di resistere a quell’abbigliamento e sono sicuro che si fosse vestito così apposta per farmi impazzire.
Continuavo a essere un libro aperto per lui e probabilmente stava già cominciando a darmi per scontato.
“Stasera metti questi” ordinò.
Mi aveva preparato un paio di morbidi pantaloni in cuoio nero che avrebbero coperto la zona arrossata e non avrebbero irritato il tatuaggio dato che, come sempre, non avrei indossato alcun indumento intimo.
Mi fermò prima che andassi in camera mia a cambiarmi. “Dove stai andando? Puoi cambiarti qui”.
Così mi ritrovai ancora una volta completamente nudo davanti a lui che mi guardava divertito mentre mi cambiavo i calzoni. Il collare e le due fasce in cuoio che mi allacciò ai polsi completavano il mio ridicolo, ma molto sexy, abbigliamento serale.
“Metti questi stivali e sarai perfetto” disse porgendomi un paio di stivali alti e neri. Poi si avvicinò, mi prese la mano e se la mise sul pacco evidente: “Se ti comporterai bene, stasera avrai la tua ricompensa”.
Come sempre non resistetti dall’accarezzarglielo attraverso i pantaloni morbidi e lisci, ma il fastidio per il tatuaggio era ancora ben presente e così decisi che quella sera avrei dovuto inventare qualcosa per rendergli la vita un po’ meno facile.
Nonostante ciò, gli risposi con voce complice: “Sarò contento solo quando ce l’avrò finalmente in mano e potrò giocarci a mio piacimento. Vedi di buttare fuori di casa quei due rompicoglioni il più presto possibile”.
Lui sorrise divertito, mi alzò il mento con la mano e mi baciò sulla bocca.

In quel momento suonò al citofono così dovetti togliere la mano dall’oggetto del mio desiderio e rientrare nel mio ruolo di domestico. Aprii il cancello per far entrare il grosso SUV nero di Luca ed andai ad aprire la porta.
Indossava un paio di stivali alti simili ai miei, abbinati a dei jeans attillati e si vedeva che era molto orgoglioso dei tatuaggi che si intravedevano sotto la giacca da motociclista piena di borchie.
Mi diede un colpetto goliardico sulle palle ridendo sonoramente quando tirai indietro di scatto il bacino. Mi osservò da capo a piedi dicendo: “Dovrei pagarti per pubblicizzare gli articoli del mio negozio. Su di te stanno magnificamente”.
Dietro di lui apparve un esserino esile dai lunghi capelli biondi con un trucco pesante e gioielli vistosi che rispondeva al nome di Vanessa.
Era chiaramente un uomo, o meglio un ragazzino, avvolto in un leggerissimo spolverino chiaro sotto al quale si intravedeva un completo composto da stivali rosa con tacco alto e un tubino in pelle, anch’esso rosa.
Entrò ancheggiando e mi disse sorridendo: “Tu devi essere Paolo. Luca mi ha parlato tanto di te”. Quando Mike arrivò per salutarli, Vanessa lo fissò con uno sguardo estasiato, poi si presentò con fare da gattina e lo baciò sulla guancia lasciandogli tracce di rossetto che ripulì con il pollice, facendo attenzione a non rovinare le sue lunghe unghie smaltate.

Una volta che fu tutto pronto li chiamai a tavola e li servii in maniera professionale. La cena trascorse tra chiacchiere futili e Vanessa si torse il collo continuando a girare lo sguardo tra me e Mike senza che Luca si accorgesse apparentemente di nulla.
Finito di mangiare si sedettero a chiacchierare e mentre io sparecchiavo lentamente per tenerli d’occhio, non mancai di notare Vanessa che continuava a strusciarsi sul corpo di Luca senza smettere di ammiccare a Mike. Quei due non sarebbero durati molto, pensai tra me e me.
Stavo ancora finendo di mettere a posto la cucina quando lei apparve improvvisamente sulla soglia della porta e mi chiese a bruciapelo:
“Tu e Mike state insieme?”.
Pur sorpreso da quella domanda così diretta non ebbi problemi a dirle la verità: “No, non stiamo insieme. Io sono il suo domestico tuttofare. Gli tengo la casa pulita, gli preparo da mangiare e mi occupo dei suoi bisogni”.
Soddisfatta della risposta disse sottovoce: “Mi sa che dovrò frequentare più spesso questa casa. Due manzi come voi, per di più liberi, non si trovano facilmente in giro”. Allungò la mano passandomela sul cavallo dei pantaloni e, stringendo leggermente il mio pacco, esclamò: “Wow, sembra proprio bello grosso”. Poi ruotò sui suoi tacchi alti sporgendo in fuori il sedere e uscì sculettando.
Mike li congedò presto adducendo a impegni di lavoro per l’indomani. Così, dopo averli accompagnati alla porta venne in cucina da me.

In piedi, appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte e le gambe incrociate mi disse: “Che ti dicevo? Questa sera hai avuto un piccolo esempio dei mille modi in cui è possibile esprimere la propria sessualità. Conosco Luca da anni e l’ho sempre visto accompagnarsi a persone come Vanessa. Gli piacciono gli uomini ma non l’ha mai accettato con sé stesso fino in fondo e la sua insicurezza lo porta ad accompagnarsi solo ai travestiti. Certe volte è veramente patetico con i suoi atteggiamenti da macho virile.
Anche a Vanessa piacciono gli uomini ma lei è molto più forte di lui. Sa cosa vuole e come andare a prenderselo. Non escludo che i ruoli all’interno del loro rapporto siano tutt’altro che definiti e nell’intimità possano addirittura invertirsi, ma è sicuro che per entrambi la parte femminile ha preso il sopravvento su quella maschile. Ma non esiste giusto o sbagliato. Entrambi hanno deciso liberamente di seguire la propria strada”
“Si. Quei due sono proprio una strana coppia. È stata una serata interessante e ricca di spunti di riflessione”. Dissi mestamente.
Si fece più vicino a me e disse: “Tu pensi troppo. Devi cominciare a vivere!”

Poi mi baciò sulla bocca infilando la lingua tra le mie labbra e io fui perso. Le mie mani cominciarono a scorrere sul suo corpo, accarezzandolo impazzite.
Gli sbottonai la camicia come una furia rischiando di far saltare i bottoni e cominciai a baciare i suoi pettorali forti e gli addominali scolpiti.
“Spogliati” mi ordinò. Così mi staccai da lui e mi spogliai in un lampo rimanendo con solo le polsiere e il collare di cuoio addosso.
Quindi mi buttai ai suoi piedi come un cane, tirai fuori la lingua e cominciai a leccarglielo da sopra i pantaloni inebriandomi del profumo della pelle della quale erano fatti. Seguivo tutto il contorno dei coglioni oppure baciavo e leccavo la lunga asta attraverso quel materiale che non finiva mai di esaltarmi, infoiato come una animale. Ogni tanto mi premeva la faccia sul suo pacco, tenendomi fermo con la mano dietro la nuca per rimarcare il potere che aveva su di me.
Non resistetti più così gli sbottonai impaziente i bottoni della patta, infilai dentro una mano e cominciai ad accarezzarglielo con passione sentendolo crescere ulteriormente all’interno di quei pantaloni lucidi. Poi glielo tirai fuori e cominciai a menarglielo e succhiarglielo rimanendo in ginocchio. Gli tolsi gli stivali e gli calai i pantaloni per poi sfilarglieli dai piedi in modo che potessi finalmente bearmi di quel magnifico corpo, completamente nudo davanti a me.
Mike si godeva la scena guardandomi dall’alto, lasciando che dessi libero sfogo alla mia lussuria rimanendo appoggiato con le mani sul tavolo della cucina sul quale si era preso la mia verginità anale.
Sembrava un secolo prima, ma erano passati solo pochi giorni.

Però quella sera avevo deciso che gliel’avrei fatta pagare per ciò che mi aveva fatto.
Così, facendo violenza su me stesso, interruppi quei preliminari. Mi alzai e senza proferire parola lo feci girare dandomi le spalle e lo feci piegare un po’ in avanti costringendolo ad appoggiare le mani sul tavolo. Seppur disorientato e stupito, si lasciò guidare cercando disperatamente di capire cosa avessi in mente.
Era abituato a tenere il contatto con gli occhi e gestire la relazione secondo i suoi desideri, ma voltando le spalle si vedeva ora costretto a cedere il controllo a qualcun altro. Questa è la posizione che i maschi dominanti come lui odiano di più.
Mi appoggiai alla sua schiena allungando le mani a pizzicargli i capezzoli e così facendo lo obbligai a sentire il mio bastone eretto che premeva contro le sue chiappe.
“Cosa stai facendo?” mi chiese improvvisamente teso e preoccupato.
“Ti fidi di me?” gli chiesi.
Avevo bisogno di saperlo. La nostra relazione si era evoluta a senso unico. Io ero nelle sue mani e avrei fatto qualunque cosa per lui. Avevo dato più volte dimostrazione della mia devozione ma non avevo mai ricevuto nemmeno un segnale in questo senso da parte sua.
D’altra parte, sarebbe comunque finito tutto se avessi avuto l’evidenza che il mio rapporto con Mike era basato esclusivamente sul sesso animale e niente più. Io ero cosciente di essere completamente coinvolto, ma avevo bisogno di sapere quanto lo fosse lui.
Mi trovavo ad un bivio e quella sera decisi di correre il rischio.
“Non capisco cosa ti sei messo in mente” mi ripeté con una voce leggermente alterata.
“Tu ti fidi di me?” non arretrai di un passo. Anzi, gli ficcai la lingua nell’orecchio e giocai al suo interno come amava fare lui con me.
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale rimase immobile con il mio corpo che continuava a premere dietro di lui.
Ma poi, continuando a voltare le spalle, disse serio: “Si, mi fido di te”.

La diga delle emozioni si ruppe all’improvviso ed inondò tutto il mio corpo. Avevo vinto io. Avevamo vinto noi.
Cominciai a baciarlo piano sulla schiena ampia accarezzando il suo petto con le mani per poi portarle sull’addome e quindi sulle natiche man mano che scendevo con i miei baci lungo la spina dorsale. Arrivato qui affondai la mia faccia nel suo sedere sodo baciandoglielo, accarezzandoglielo e dandogli dei piccoli morsi. Mi inumidii il dito medio, lo feci scorrere nel solco del suo sedere e gli stuzzicai il buchino senza però infilarlo all’interno.
Tutto il nostro rapporto si basava su un equilibrio di dominazione e sottomissione ed ero perfettamente cosciente che se avessi cercato di penetrarlo tutto il castello sarebbe improvvisamente crollato.
Non volevo assolutamente che ciò accadesse, ma volevo sapere fino a dove mi avrebbe consentito spingermi.
Il suo corpo rimase teso nell’attesa degli eventi fino a quando, reputando di averlo punito a sufficienza, allungai una mano tra le sue gambe e impugnai l’asta eretta cominciando una lenta sega da dietro, senza smettere di baciargli il culo.
Finalmente si lasciò andare e sentii il suo corpo rilassarsi.
Lo girai di nuovo davanti a me, mi rimisi in ginocchio e iniziai il lavoro di lingua e di mano del quale ero ormai diventato maestro.
Dopo aver ripreso il contatto con gli occhi mi prese per i capelli dandomi il ritmo mentre mi scopava in bocca.
Poi mi disse: “Tu sei un lurido maiale e ti piace scherzare con il fuoco. Mi sa che dovrò trovare il modo di fartela pagare, ma intanto cerca di farti perdonare con quell’incredibile bocca che ti ritrovi”.
Lo portai all’orgasmo succhiando con passione orgoglioso di vederlo contorcersi dal piacere, ma non fui abbastanza veloce nel serrare le labbra e non poté quindi evitare di schizzarmi il suo seme sulla barba.
Rimanendo in silenzio me la accarezzò piano facendo del suo meglio per raccogliere lo sperma con le dita e mettermelo in bocca, mentre continuava a fissarmi con quegli occhi di ghiaccio dei quali non avrei mai più potuto fare a meno.

Dopo un tempo che a me sembrò infinito ruppe il silenzio dicendo con tono serio: “Domani devo partire per una settimana di incontri di lavoro e tornerò venerdì. Vado a preparare le valigie”. Uscì e andò di sopra.
Mi lasciò di sasso. Doveva partire? E quando contava di dirmelo?
Poi ricordai; io ero il suo domestico e dovevo solo preoccuparmi di eseguire i suoi ordini. Non era previsto che mi mettesse a parte dei suoi programmi.
Così decisi di non fargli nessuna domanda sulla sua destinazione dei giorni a seguire e mi rivestii mestamente. Tra l’altro, riflettei, non me ne fregava un cazzo di sapere dove stesse andando. Adesso dovevo solo riuscire a elaborare e metabolizzare il fatto che sarebbe stato lontano da me per cinque giorni consecutivi.
Quando ebbe finito mi chiamò di sopra a prendere i bagagli e andò a fare una doccia prima di andare a letto. Constatai che nel portabiti aveva messo soltanto giacche e pantaloni da lavoro e decisi improvvisamente di lasciargli un ricordino.
Così infilai in valigia anche un paio dei suoi jeans preferiti e un paio di stivali.

Chiusi i bagagli e portai tutto da basso vicino alla porta. Stavo per andare a dormire in camera mia quando sentii che mi chiamava nuovamente di sopra.
Era sdraiato sul letto con il cellulare in mano, completamente nudo con il cazzo moscio appoggiato di lato. Quando mi affacciai sulla soglia batté con fare indifferente con la mano sul materasso di fianco a lui.
“Allora cosa aspetti a venire a letto? Guarda però che stasera devi fare il bravo perché domani dobbiamo svegliarci presto”.
Felice, mi spogliai rapidamente e mi infilai sotto le lenzuola di fianco a lui con indosso solo le polsiere e il collare. Allungai la mano cominciando a giocare con il suo pene finché non fu completamente eretto. Godeva quando giocavo con la punta della lingua sul taglietto e sul frenulo oppure la facevo scorrere alla base della cappella. Gli leccai le palle, poi glielo menai e glielo succhiai fino a farlo scaricare per la seconda volta, bevendo tutto fino all’ultima goccia.
Prima che si ammosciasse, Mike si girò sul fianco e mi posizionò davanti a lui abbracciandomi.
Me lo infilò in culo dolcemente, lasciandolo in quella posizione mentre con la mano libera mi accarezzava il tatuaggio sulla chiappa.
Suppongo che fosse il suo modo di ricordarmi che gli appartenevo completamente ma io non avevo nessun bisogno che lo rimarcasse e, seppure in maniera diversa, sapevo che lui apparteneva a me.
Mi sussurrò nell’orecchio: “Sono sicuro che nei prossimi giorni mi mancheranno i tuoi servigi, ma è qualche cosa che devo assolutamente fare”.
E nonostante la tristezza che sentivo dentro di me per il distacco imminente, mi addormentai felice tra le sue lunghe e forti braccia.

Prossimo episodio: "Francesco"
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