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Serata di musica e magia: prima ti trombo e poi sparisci


di leatherbootsfetish
20.02.2023    |    8.735    |    20 9.6
"Mi sarebbe piaciuto vedere la reazione dei suoi genitori davanti a quella scena da protagonista del loro erede e questo pensiero mi fece eccitare ancora di più..."
Io mi sono sviluppato tardi e quando frequentavo le superiori ho dovuto subire le angherie e le cattiverie che gli adolescenti più maturi riservano a certi loro coetanei.
Quello è il periodo critico durante il quale noi ragazzi cominciamo a trasformarci per diventare uomini e si dice che gli errori che si commettono in quel periodo possono avere conseguenze per tutta la vita.
Come tanti altri miei coetanei, a quei tempi non ero confidente del mio fisico leggermente sovrappeso né della bassa statura e Roberto, il mio compagno di banco, trovò quindi terreno fertile.

Lui era bello, ricco e con un fisico già ben sviluppato grazie ai corsi di nuoto che i suoi genitori gli pagavano da anni.
Roberto era diverso da tutti noi e ne era perfettamente conscio. Vestiva diversamente, si esprimeva in maniera colta e ha sempre mantenuto un atteggiamento distaccato verso chiunque, quasi di superiorità. Era il tipico bullo che trattava tutti come degli esseri inferiori e noi ragazzi eravamo spesso oggetto dei suoi scherzi o dei suoi dispetti ai quali i professori non davano alcun peso e per i quali, tanto meno, prendevano provvedimenti. Subivamo tutti il fascino della sua ricchezza.
Inutile dire che le ragazze avrebbero dato qualunque cosa per poter essere abbracciate, coccolate … e scopate da quell’uomo maledetto, affascinante e sicuro di sé. Ma non si è mai saputo di nessuna sua storia adolescenziale.
Mio padre lavorava una parte della terra che apparteneva da generazioni alla famiglia di Roberto e tutto il nostro paese doveva sentirsi grato per la loro magnanimità nel contribuire alla realizzazione delle iniziative locali.

Sebbene dicesse di essere mio amico e mi avesse invitato più volte in casa sua per studiare, non smetteva mai di prendermi in giro per il mio modo di vestire, per le mie insicurezze oppure per il mio corpo acerbo e faceva spesso battute cattive insinuando dubbi sulla mia sessualità o facendo illazioni sulle dimensioni del mio uccello. Ogni tanto tentava anche di allungare le mani o pretendeva scherzosamente che lo toccassi in mezzo alle gambe, ma non ho mai capito se veramente scherzasse o se avesse avuto intenzioni serie.
Non l’ho mai sopportato e mi sono sempre guardato bene dall’avere qualunque tipo di rapporto che andasse al di fuori dell’ambito scolastico.
Non è stato facile averlo come compagno di banco e ho subito per anni i suoi soprusi finché, con mia grande gioia, i suoi genitori non l’hanno mandato a studiare all’estero.
La sua famiglia faceva in modo che il paese fosse sempre al corrente dei fulgidi successi accademici del loro erede, ma io non lo rividi mai più.

Sono passati circa quindici anni da quelle vicende ed essendomi trasferito in città, lo avevo completamente rimosso.
Così, quando ricevetti l’invito per la rimpatriata tra compagni del liceo non ho pensato nemmeno per un momento che fossero riusciti a rintracciarlo e che ci sarebbe stato anche lui.
La sera della nostra riunione non ero dell’umore giusto, così mi vestii di malavoglia con le prime cose che mi capitavano tra le mani ed avevo quindi un aspetto molto trasandato che non mi era abituale ma che, ritenni, non fosse inappropriato per la serata.
Quando entrai nel locale lo riconobbi subito. Non era cambiato molto e i capelli biondi, pettinati perfettamente, che incorniciavano la faccia pulita e rasata di fresco erano esattamente come allora. Me lo ricordavo fisicamente più grosso ma forse era solo dato dal fatto che lo ricordavo con gli occhi distorti dell’adolescenza. Era al centro dell’attenzione e teneva banco con il suo abbigliamento alla moda, la sua parlantina sciolta e il suo atteggiamento di superiorità.
Non riuscivo a capire perché l’avessero invitato e come mai avesse accettato di passare una serata con noi bifolchi, ma si vedeva chiaramente che il fascino che aveva sempre esercitato sui miei amici era rimasto inalterato.

Non avevo nessuna intenzione di creare nuovamente una relazione con lui, ma mi ripromisi di fare il bravo per non rovinare la serata ai miei amici. Mi avvicinai quindi con il mio sorriso migliore e la mano tesa ma, una volta che lessi lo smarrimento nei suoi occhi azzurri, decisi di farmi riconoscere.
A differenza sua, dall’ultima volta che ci eravamo visti io ero cambiato molto. Mi ero sviluppato completamente crescendo in statura fino a quasi un metro e novanta e il mio corpo si era trasformato, diventando più magro, tonico e mascolino. Oggi non ero più il ragazzo timido e brufoloso che lui ricordava, bensì un uomo adulto e sicuro di sé.
Quando si rese conto di avere davanti il suo vecchio compagno di banco ci abbracciammo come i due vecchi amici che non eravamo mai stati. Scoprii che abitavamo nella stessa città, senza però essere vicini di casa e questa era probabilmente la ragione per la quale non ci eravamo mai incontrati.
“E poi frequentiamo sicuramente ambienti molto diversi” tenne a sottolineare guardando il mio abbigliamento.

Lo ignorai per tutta la sera preferendogli la compagnia degli altri amici, ma ogni volta che lo incrociavo con gli occhi lo sorprendevo a guardare nella mia direzione e distogliere rapidamente lo sguardo. Più tardi nel corso della serata venne però a cercarmi ed avemmo modo di chiacchierare.
Si vantò di tutti i suoi successi, della sua laurea brillante, del suo splendido lavoro in banca e della fantastica ereditiera con la quale era fidanzato. Facevo fatica a trattenere gli sbadigli per la noia finché, dopo avermi sommerso di parole per un’ora, finalmente mi chiese: “E tu che fai di bello?”
Gli risposi che da anni facevo il domestico a servizio in una casa e lo odiai quando lessi sul suo viso un misto di disprezzo, compatimento e finta empatia. Decisi allora che era arrivato il momento di aprirgli la mente per fargli capire che avrebbe dovuto smetterla di giudicare le persone esclusivamente sulla base della loro posizione sociale.
A fine serata ci salutammo scambiandoci i numeri di telefono e ci demmo appuntamento per rivederci il giovedì della settimana successiva.
Una volta arrivati al parcheggio non mi sfuggì lo sguardo di stupore che lessi sul suo volto quando mi vide salire sulla mia macchina sportiva. Avrà probabilmente pensato che l’avessi rubata.

Per realizzare l’idea che avevo in mente avevo però bisogno della complicità del mio amico Francesco. Lui ha sempre mille risorse e ho la fortuna di poter contare su di lui per qualunque necessità. Lo chiamai rientrando a casa, lo misi al corrente delle vicende della serata appena conclusa e mettemmo a punto un piano per il fatidico appuntamento.

Quella sera mi preparai di tutto punto. Optai per una camicia bianca attillata della quale tenni aperti i primi quattro bottoni affinché si vedessero bene i pettorali e scelsi un paio di pantaloni in pelle nera che disegnavano magnificamente il mio pacco sottostante, libero da qualunque costrizione indotta dalle mutande. Aggiunsi una giacca sportiva e infilai un paio di stivali a punta di camoscio marrone. Guardandomi allo specchio mi venne da pensare che quel look si sposava molto bene con il mio taglio di capelli e la mia barbetta ispida, ma che era straordinariamente lontano dall’abbigliamento tradizionale al quale Roberto era abituato.

Lui doveva essere appena uscito dall’ufficio perché indossava ancora il suo completo sartoriale grigio, completato da una sobria cravatta blu.
Fui felice quando lessi l’imbarazzo nei suoi occhi vedendomi entrare nel locale alla moda che aveva scelto per il nostro appuntamento. Probabilmente non voleva che qualcuno lo vedesse relazionarsi con un grezzo vestito in quella maniera insolita e moderna così fuori dagli schemi del suo ambiente, ma si sforzò comunque di essere cordiale.

Scelse per noi un tavolo riparato e poco visibile dall’entrata del locale ma fortunatamente vicino alla zona del bar e così, nella speranza che la smettesse di auto incensarsi, feci in modo che il suo bicchiere non rimanesse mai vuoto.
Tenevo le gambe allungate fuori dal tavolo in modo da dargli una visione completa di me stesso e del mio pacco in evidenza. Inoltre, a più riprese mettevo distrattamente la mano sul mio uccello, accarezzandolo o pizzicandolo in punta con fare indifferente da sopra i morbidi pantaloni in pelle e notai che i suoi occhi seguivano attentamente quella mano, mentre la bocca rallentava temporaneamente il ritmo delle parole ogni volta che facevo di queste manovre .
I miei sospetti cominciarono a trasformarsi in certezze.

All’ora concordata ricevetti la chiamata di Francesco, rimasi al telefono con lui per qualche istante e riattaccai.
“Scusami Roberto, devo passare a portare le chiavi di scorta a un mio amico che è rimasto fuori dalla porta di casa, ma stasera non ho la macchina. Ti spiace accompagnarmi?
Sembrò quasi contento di togliersi da quella situazione imbarazzante e acconsentì con gioia.

Francesco ci accolse sul pianerottolo di casa sua e una volta aperta la porta con le mie chiavi pretese di sdebitarsi per il fastidio arrecato e ci invitò nel suo appartamento per bere qualcosa insieme.
I bicchieri diventarono due e poi tre e Roberto andò decisamente su di giri. Aveva abbandonato la sua aria di formale superiorità e sembrava finalmente molto più rilassato.
C’è da dire che Francesco è una persona davvero speciale, con un sorriso contagioso e una simpatia innata. Con quel suo fare scanzonato e allegro riesce a entrare immediatamente in sintonia con chiunque.
Mentre eravamo seduti sul divano a ridere allegramente tenendo Roberto in mezzo a noi chiese: “Raccontatemi un po’ della vostra vita al liceo. Chissà quante ne avete passate insieme”
“Ero assolutamente innamorato di Roberto” mentii io “ma lui non mi ha mai degnato nemmeno di uno sguardo”.
Roberto fece una faccia sorpresa, ma si riprese subito dicendo: “Sul serio? Ricordo che continuavo a tormentarti, ma non ho mai sospettato nulla”.
Allungando la mano sulla sua coscia, lo guardai negli occhi e gli dissi con una voce intensa: “Tu eri troppo per me”.
Francesco mi venne dietro allungando la sua mano sull’altra coscia, molto vicina al suo pene e sporgendosi in avanti disse: “Per fortuna che io non sono geloso”.
Mi spinsi in avanti a mia volta e replicai: “Tu non dovrai mai essere geloso di nessuno” per poi infilargli la lingua in bocca.

Cominciammo a far roteare le nostre lingue proprio davanti alla faccia attonita di Roberto, mentre facevamo risalire contemporaneamente le nostre mani fino ad accarezzargli il cazzo che era diventato duro come la pietra.
“Ma… Ma… Cosa state facendo?” chiese strabuzzando gli occhi.
Mi staccai da Francesco e mi voltai verso Roberto, rimanendo a pochi centimetri dal suo viso. “Francesco è il mio ragazzo e stasera tu sarai la nostra ragazza”.
Roberto non si mosse, non replicò e non manifestò alcun istinto ad alzarsi, dando a me e Francesco il via libera per proseguire con il nostro piano.

Mentre Roberto rimaneva paralizzato per la sorpresa, gli tolsi la giacca e cominciai a sbottonargli la camicia facendo attenzione a lasciargli addosso la cravatta mentre Francesco si era portato tra le sue gambe e gli stava togliendo pantaloni e mutande, liberando finalmente il cazzo in erezione.
Una volta che fu completamente nudo rivelando il suo fisico tonico, cominciai a baciarlo sul collo mentre la mia mano scorreva morbida sul suo petto e Francesco si rimetteva seduto di fianco accarezzandogli l’asta e massaggiandogli i coglioni.
Roberto era completamente in trance, così lo baciai facendo mulinare la mia lingua nella bocca che schiuse per rispondere al bacio.
A quel punto allungò la mano e la mise sul cavallo dei miei pantaloni. Così gli dissi: “So che sei sempre stato curioso di sapere come sono fatto li sotto. Stasera potrai finalmente esaudire il tuo desiderio”.
Mentre percepivo il cervello di Roberto elaborare gli ultimi avvenimenti, la sua mano si mosse come se fosse stata dotata di vita propria e cominciò a palpare il mio cazzo da sopra i pantaloni morbidi e lisci, saggiandone la consistenza e cercando di indovinarne le dimensioni.
“Ti piace il mio cazzo?” gli chiesi con la voce più calda che riuscii a trovare.
“È tutta la sera che lo guardo. Ti prego, tiralo fuori” mi disse con tono implorante fissandomi negli occhi.
Così mi alzai in piedi davanti a lui e cominciai a sbottonarmi la camicia facendo ondeggiare lentamente il bacino in modo che avesse sempre la mia zona pelvica davanti agli occhi. Roberto sembrava ipnotizzato e continuava a far correre lo sguardo dalla patta ai pettorali e viceversa. Il suo pene aveva già iniziato a perdere qualche goccia, ma vidi che anche Francesco si stava eccitando e aveva cominciato ad accarezzarsi sensualmente sull’inguine da sopra i jeans.
“Voglio vederlo” urlò Roberto con una strana voce acuta.

Così mi sfilai la cintura e aprii il primo bottone dei pantaloni in pelle continuando il movimento del bacino.
“Non vuoi darmi una mano?” gli dissi allungandogli un piede sul cazzo per farmi togliere gli stivali.
Eccitato come una bestia mi sfilò rapidamente gli stivali per poi portarseli al naso e annusarli all’interno. Poi gli presi la cravatta che gli pendeva ancora al collo e lo tirai verso di me.
Roberto si buttò in ginocchio completamente nudo e fece risalire le mani lungo le mie gambe, tastando i muscoli sotto a quel materiale liscio. Appoggiò il viso sul cavallo dei pantaloni inebriandosi del loro profumo per poi leccare e mordicchiare il fallo sottostante che cominciava a crescere velocemente.
Era completamente andato così quando gli proposi di tirarlo fuori non se lo fece ripetere due volte. Quando finì di aprire i bottoni della patta e si trovò il cazzo barzotto davanti agli occhi gli ordinai: “Bacialo in punta. Vedrai che ti piacerà”.
Era chiaramente combattuto internamente sul da farsi, ma dopo un attimo di esitazione appoggiò timidamente le labbra sulla cappella.
“Leccala piano. So che è quello che desideri” e lui tirò fuori la lingua eseguendo l’ordine. Ormai ce l’avevo completamente duro, ma Roberto era così impacciato che Francesco decise di venirgli in soccorso.

Mi disse di togliere i pantaloni mentre si alzava per prendere un barattolo di Nutella dallo sportello della cucina e con il dito ne spalmò una buona dose sull’asta eretta.
Lo conoscevo ormai da tanto tempo ma non finiva mai di sorprendermi. Scoppiò a ridere indicando la mia faccia esterrefatta.
“Immagina di aver messo il tuo dito nel barattolo” disse rivolgendosi a Roberto. “Prima goditi il sapore con la lingua e poi succhia con forza per pulirlo completamente”
Lo stratagemma funzionò alla grande. La sua lingua e le sue labbra cominciarono a correre lungo tutto il palo cercando di rimuovere ogni traccia di quella crema densa, indugiando sotto alla cappella e in ogni avvallamento.
“Adesso mettilo in bocca come faresti con un ghiacciolo e succhialo lentamente per goderti il sapore. Ma non azzardarti a morderlo!”. Non ci fu bisogno di aggiungere altro e Roberto cominciò a lavoramelo come se non avesse fatto altro nella sua vita. Succhiava con devozione e ogni volta che raggiungeva la cappella terminava con uno schiocco delle labbra, per poi ricominciare da capo.
Mi sarebbe piaciuto vedere la reazione dei suoi genitori davanti a quella scena da protagonista del loro erede e questo pensiero mi fece eccitare ancora di più.
Nel frattempo, Francesco venne dietro di me, mi abbracciò e cominciammo a baciarci con passione. Ma potevo sentire la sua erezione contro il mio sedere, così tirai fuori il fallo dalla bocca di Roberto e gli ordinai: “Occupati di Francesco. Adesso sai come devi fare”.

Roberto gli aprì i jeans e glieli calò alle caviglie permettendogli di sfilarseli, liberando il suo pene completamente eretto. Poi si attaccò e cominciò a lavorargli l’asta come aveva appena imparato a fare. Mi chinai su di lui e gli passai la mano sul culo, strofinandogli il dito medio sul buco e picchiettandoglielo velocemente. Nonostante il palo di Francesco tra le labbra, Roberto rispose con languidi gemiti.
Ma io volevo Francesco. Così mi rialzai e cominciammo uno dei nostri lunghi baci appassionati mentre Roberto, trovandosi improvvisamente due cazzi eretti a disposizione davanti agli occhi, ebbe l’opportunità di dare libero sfogo agli istinti repressi per tanti anni.
Continuando a succhiare Francesco, impugnò la mia mazza cominciando a menarmelo con la mano. Dopo qualche minuto, lo presi per i capelli invitandolo a darci il cambio. Lui non ebbe esitazioni e prese in bocca il mio fallo cominciando a masturbare Francesco con l’altra mano. Francesco mi accarezzava il petto e le spalle mentre io guidavo Roberto tenendolo per i capelli.
Preso dalla libidine di quella situazione cercò addirittura di metterseli in bocca entrambi ma non sapeva che per poterlo fare serve un’esperienza che lui ancora non aveva.
Io però conoscevo i gusti e i desideri di Francesco, così mi sedetti nuovamente sul divano tenendo le gambe aperte per dare ad entrambi libero accesso alla mia zona inguinale.
Si buttarono entrambi come impazziti sulla mia verga eretta. Roberto prendeva spunto da Francesco e imparava in fretta.
L’eccitazione nel vedere quei due biondini che si contendevano il mio cazzo con la bocca e con le mani mi salì alle stelle e raggiunsi l’orgasmo osservandoli scorrere le loro labbra in contemporanea lungo l’asta per poi baciarsi una volta arrivati sulla cappella, ripulendola dal mio seme. Mi raggiunsero sul divano ed io li abbracciai e li baciai entrambi nelle loro bocche che sapevano del mio sperma.

Rimanemmo per un po’ su quel divano a coccolarci e stuzzicarci a vicenda.
Poi mi rivolsi a Roberto: “Allora, ti è piaciuto? E lui non esitò ad annuire velocemente con un sorriso felice.
“Sono anni che ho di queste curiosità, ma sono sempre riuscito a nascondere le mie voglie. Quando ho visto quello che facevate voi due insieme non ce l’ho più fatta”.
“Ed è stato come te lo saresti aspettato?” lo incalzai.
“È stato molto meglio. Mi è piaciuto da matti potervelo ciucciare e vorrei farlo altre cento volte”
A quel punto Francesco ci propose: “Potremmo spostarci in camera da letto. Così saremmo più comodi”
Avevo già preso la mia rivincita su quell’uomo e trovato tutte le conferme che cercavo. A quel punto avrei solo voluto che se ne andasse per poter stare un po’ con Francesco, ma mi feci qualche scrupolo e così gli chiesi a bruciapelo: “Tu cosa vuoi fare? Resti qui o te ne vai?”
Sul suo viso lessi tutta l’eccitazione e la voglia di continuare mista alla paura di spingersi oltre il limite. Così decisi di dargli un messaggio forte per evitare malintesi.
“Facciamo così: Francesco ed io andiamo di là. Tu resta qui da solo e decidi liberamente se vorrai unirti a noi oppure rivestirti e tornare a casa. Sappi però che ci sono delle condizioni: se tu dovessi scegliere di unirti a noi saresti la nostra femmina e il tuo cazzo sarà quindi considerato come un’inutile appendice. Mi approprierò del tuo culo e voglio che tu sappia che potrebbe essere doloroso. Prenditi tutto il tempo che ti serve, noi non abbiamo fretta”.

Baciai Francesco con passione serrandogli la testa tra le mani davanti agli occhi di Roberto, poi lo abbracciai e ci incamminammo verso la camera da letto.
“Verrà?” mi chiese divertito, tirandomi a sé nel lettone.
“Hai visto la sua faccia? Gli do cinque minuti al massimo. Ma intanto pensiamo a noi” Risposi buttandomi su di lui.
Avevo appena cominciato a lavorargli l’uccello duro quando la maniglia della porta si abbassò e Roberto apparve sulla soglia, con soltanto la sua cravatta al collo. Lo ignorai e continuai il mio lavoro di bocca.
A quel punto venne di fianco a noi guardandomi, indeciso sul da farsi. Mi staccai da Francesco e lo guardai severo in viso per poi chiedergli: “Hai preso una decisione?”
Con solo un attimo di incertezza mi rispose: “Si, voglio essere Roberta e stare con voi”.

Così le cedetti il mio posto e lei si mise gattoni attaccandosi immediatamente con la bocca al cazzo di Francesco per continuare da dove io avevo interrotto. Il suo culo sporgeva verso l’alto, completamente a mia disposizione. Si può dire qualunque cosa di Roberta, ma non che non abbia un bel culo: rotondo, sodo e liscio. Avrebbe risvegliato gli istinti animaleschi anche dell’etero più convinto.

Presi il lubrificante dal comodino e ne spalmai una dose abbondante nel buco. Le infilai un dito e poi due cercando di ammorbidire il contorno di quell’orifizio ancora vergine. Glielo schiaffeggiai per farglielo rilassare e inserii il terzo dito, continuando a lubrificare con cura.
Ancora una volta Francesco le venne in aiuto. Si sdraiò supino sotto di lei mettendosi in bocca la sua inutile appendice, succhiandoglielo con perizia mentre Roberta continuava a gemere e lamentarsi per la profanazione in atto nel suo posteriore.
Mi lubrificai l’asta e appoggiai la punta, entrando per qualche centimetro per poi bloccarmi poco dopo per farla abituare. Ripetei l’operazione tre o quattro volte fino a quando le mie palle non arrivarono a sbattere sulle sue chiappe.
“Sono dentro, resisti ancora per un po’. Per godere bisogna soffrire, ma vedrai che ti farò godere”
Roberta gemeva ma cercava di resistere, così rimasi immobile dentro di lei appoggiandomi sulla sua schiena, stuzzicandole i capezzoli inturgiditi con le mani. Poi cominciai un lentissimo dentro e fuori e progressivamente i lamenti di dolore si attenuarono per poi trasformarsi gradualmente in gemiti di piacere.
Francesco tornò ad appoggiarsi alla testiera del letto e le fece rimettere il suo cazzo in bocca mentre io cominciavo ad aumentare la velocità. Roberta succhiava con impegno l’uccello di Francesco, gemendo ad ogni colpo che infliggevo al suo corpo ormai non più vergine.
Così mi allungai per baciare Francesco mulinando la mia lingua nella sua bocca con l’obiettivo di esprimergli ancora una volta tutta la gratitudine che provavo nei suoi confronti, mentre inculavo Roberta con sempre maggiore vigore.
Lei gemeva in preda agli spasmi sotto ai miei colpi, quando Francesco si staccò da me e, sorridendo con uno sguardo complice, mi disse: “Questa è una cosa tra voi due e credo che adesso possiate andare avanti senza di me. Fate con comodo, ci vediamo di là quando avete finito”. Sfilò il suo cazzo dalla bocca di Roberta, le diede uno schiaffetto sulla guancia e uscì dalla stanza.

Rimasti soli mi dedicai completamente alla mia amante.
La stavo montando senza tregua facendole sentire tutta la rigidità del mio pene rimanendo sopra la sua schiena.
“Sono completamente dentro di te e mi sono preso la tua verginità. Adesso sei la mia donna” le sussurrai in un orecchio tenendole un braccio attorno al collo
“Non pensavo che fosse così bello. Fammi tua” Mi rispose di rimando.
“Così ti voglio. Devota al tuo uomo. Appassionata, ma docile e sottomessa”
“Adoro quel cazzo duro che mi sta sfondando. Dammelo fino in fondo”
“Era quello che volevi fin da ragazza?”
“Siiii”
“Di chi è adesso questo culo?”
“E’ tuo. Io sono tua”
Volevo però che si rendesse ancora più conto della situazione. Così la feci alzare e la immobilizzai con le mani contro la parete della stanza facendole scorrere il mio palo sullo spacco del sedere per tutta la sua lunghezza, con lenti e profondi movimenti del bacino. Roberta si eccitò ancora di più. Vedendola spingere il culo in fuori mi venne da pensare che possedesse una dote naturale nell’accogliere i cazzi al suo interno.
“E’ così che le puttane devono essere trattate. E tu sei la mia puttana” e la presi così, in piedi contro la parete affondando il mio cazzo in quel caldo rifugio, tenendole una mano sulla sua bocca per impedirle di urlare.

Mi ero preso ormai tutto di quel povero corpo martoriato, ma prima di finire avevo bisogno di un’ultima conferma. Uscii a malincuore da lei ancora una volta e, nonostante sentissi di essere quasi arrivato al limite, mi sdraiai sul letto con il cazzo umido che svettava tra le mie gambe e le ordinai: “Vieni qui e impalati da sola. Dimostrami che sei capace di dare piacere al tuo uomo”
Si sistemò sulle gambe, mise le mani sul letto e i piedi sul bordo. Le allineai il cazzo con l’entrata e lei lo accolse tutto fino alla base, cominciando un lento su e giù mentre io le facevo scorrere le mani sul petto, accarezzandoglielo da dietro. Gemeva di piacere torcendo la testa all'indietro.
"È magnifico. È durissimo. Lo sento fino in gola. Aggghh!".
Ma sentivo che anche lei stava arrivando al limite, così la sollevai di forza e uscii da quel pertugio caldo e strettissimo, la girai supina e, fissandola in quei languidi occhi azzurri, le chiesi conoscendo già la risposta: “Stiamo arrivando al punto di non ritorno. Vuoi che mi fermi qui o preferisci che ti riempia del mio seme rendendoti per sempre una vera femmina?”
“Ti prego, non ti fermare. Voglio tutto di te. Scopami come una troia” urlò di nuovo con quella strana voce acuta.
Mi concentrai su quel buco invitante e, avendo ricevuto il permesso da parte della proprietaria, mi ci infilai cominciando a pompare con nuovo vigore.

La stavo fissando in viso quando la vidi contorcersi nel pieno di un orgasmo prostatico: “Godo!!!!” urlò mentre il suo sperma le colava sul ventre.
Infoiato da questa visione fui preso da una nuova eccitazione, le allargai le gambe fino a un limite osceno, inculandola con forza fino a quando non esplosi anch’io, riempiendole l’intestino di un numero infinito di schizzi densi.
Ero a pezzi e completamente sudato, così mi accasciai su quel corpo esausto senza però uscire dal suo culo. Mentre riprendevo fiato, Roberta mi abbracciò con passione riempiendomi di baci su tutta la faccia.
“È stato bellissimo. Grazie per avermi regalato il tuo seme” mi disse con il viso ancora arrossato e le gambe agganciate alla mia schiena. “Non vedo l’ora di rifarlo”
Le diedi un piccolo bacio a stampo sulla bocca e mi alzai dal letto assestandole uno schiaffetto sul sedere.
“Oggi è tardi, ma ormai hai aperto la strada. Vedrai, ci saranno sicuramente altre occasioni. Adesso però rivestiti e vai a casa a mettere un bel po’ di crema su quel povero culo”.
Deluso della mia risposta, Roberto si rattristò e finalmente si rese conto della nuova situazione.
“E adesso cosa devo fare?”
“Dipende tutto da te. Adesso sei libero di decidere se seguire la tua vera natura oppure continuare a illuderti di essere etero”.

Non mi sentivo orgoglioso di come lo avevo trattato, ma ormai era troppo tardi per questo tipo di pensieri.
Tornammo nudi in salone da Francesco che non disse una parola e non volle sapere nulla, ma si distese su di me sul divano giocando con il mio cazzo mentre osservavamo in silenzio Roberto che si rivestiva e usciva di casa. Ipotizzai che quello fosse stato il suo modo di marcare il territorio agli occhi di Roberto.
Una volta rimasti soli lo baciai e, nonostante fosse stata una serata decisamente intensa, quella notte riuscii comunque a dimostrargli tutta la mia gratitudine.

Nei giorni successivi Roberto mi chiamò di frequente, impaziente di ripetere l’esperienza. Ci vedemmo tre o quattro volte a casa sua per perfezionare la tecnica, ma quando cominciò a essere troppo insistente lo presentai ad un paio di miei amici e le chiamate gradualmente si diradarono.

Con il tempo ha fatto le sue scelte.
La ricca ereditiera con la quale era predestinato a mettere su famiglia ha rotto improvvisamente il fidanzamento. Le vere ragioni non sono note, ma si mormora che un giorno lei abbia trovato dell’abbigliamento intimo femminile nascosto nell’armadio di Roberto. I più maligni insinuano addirittura che negli ultimi tempi si fosse lamentata delle scadenti prestazioni di Roberto tra le lenzuola.

È ancora il cocco dei suoi genitori che lo portano sempre in palmo di mano, magnificando tutti i suoi successi professionali. Sono solo un po’ preoccupati perché non si è ancora sposato e risponde in maniera evasiva quando gli chiedono delle sue fidanzate. Dicono che non ha ancora trovato la donna giusta per lui, ma sono sicuri che presto li renderà nonni.

I suoi vecchi amici si lamentano del fatto che li frequenta sempre meno e che si fa vedere raramente negli ambienti raffinati che gli erano abituali sia per tradizioni famigliari che per posizione sociale.

I colleghi in banca continuano ad apprezzarlo sul lavoro. Roberto è intelligente, professionale e collaborativo. Hanno solo notato che da qualche tempo riceve strane telefonate e si apparta velocemente per rispondere sottovoce. Qualcuno dice di averlo visto addirittura arrossire imbarazzato rispondendo a qualche chiamata.

Per contro, all’interno del mondo parallelo che talvolta frequento, Roberto ha saputo costruirsi una certa nomea ed è piuttosto ricercato.
L’ho incontrato spesso in certi locali così come a certi festini non certo appropriati per il suo livello e ceto sociale, ma siamo diventati molto più intimi di quanto non lo fossimo mai stati in passato.
So anche che, per un certo tempo, ha avuto una relazione stabile con un biker dal corpo interamente tatuato di nome Luca, ma la sua incontrollabile fame di cazzi lo costringe continuamente a saltare da un uomo a un altro.

Mi è venuta anche una mezza idea di organizzargli qualcosa con il mio padrone di casa …

… ma questa è un’altra storia.
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