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La subacquea di Punta Grossa


di coppiaburrosa
01.04.2024    |    753    |    5 9.7
"Si avvicino a tronco anche lei, un più verso mare di quando non fossimo noi, e vi si appoggiò..."
Amaro destino quello della maggior parte delle coppie di amanti.
La necessaria riservatezza, gli impegni famigliari non in comune, il lavoro e gli imprevisti finiscono per essere un limite spesse volete insormontabile al riuscire a condividere un po’ di tempo insieme. Quando finalmente si riescono a trovare un paio di ore comuni, insorge il problema del luogo: le rispettive case sono sempre off limits, hotel e stanze in affitto difficili da trovare, molto costosi e poco riservati, così ci si ritrova a 50 anni a doversi vedere di nascosto in auto o all’aperto.
Per nostra fortuna abitiamo in quella zona tra il Carso ed il mare, nella quale non mancano spazi, per quanto frequentati, che garantiscono un minimo di intimità. Ciò nonostante negli anni (noi stiamo insieme da quasi 10 anni), non sono mancati incontri inopportuni e, nemmeno, qualche incontro “opportuno”.
Uno dei nostri luoghi prediletti, anche per questioni logistiche e geografiche, è la zona di Punta Grossa, subito al di là del confine Sloveno di Lazzaretto. Un promontorio che termina con delle falesie, coperto da un grande vigneto e qualche boschetto. Gente a passeggio all’aria aperta, sì, ma non molta soprattutto durante la settimana. La parte sotto alle falesie, abbastanza complicata da raggiungere se non attraverso uno scosceso sentierino, è popolata, in estate, da qualche bagnante, spesso naturista, che approfitta della difficoltà per trovare un po’ di tranquillità.
È evidente che, di quando in quando, ci siano anche delle coppiette che si appartano tra nascondigli di fortuna fatti di pietre, ma negli anni non ci è mai capitato di trovarle “in azione”.
Il racconto si riferisce a un pomeriggio di primavera, tiepido ma non ancora caldo. Decidemmo di scendere sul mare perché nelle stradine del vigneto c’era più gente del solito, chi fa jogging, chi porta a spasso il cane.
Niente pace insomma!
Così affrontammo il sentiero per scendere e, grazie alla bassa marea, decidemmo di spostarci un po’ più lontano del solito, verso la punta del promontorio, decisamente più complicata da raggiungere. Strada facendo, qualche pausa per un bacio (o anche due) e qualche carezza, per riscaldare il pomeriggio. Scoprimmo che, dopo qualche centinaio di metri sulle rocce, si arriva a una parte del lungomare in cui il bagnasciuga è più ampio e decidemmo di fermarci accanto al tronco di una grosso pino marittimo caduto da tempo. Un po’ di riparo, un appoggio e tanta voglia.
I baci si fecero più focosi e le mani sempre più desiderose di trovare, sotto ai vestiti, i “tesori” nascosti. Complice il caldo primaverile, e il calore della passione, sbottonare il vestito di lei fu un attimo, così come slacciare il reggiseno per dare spazio a quella meraviglia di seno prorompente che rimane sempre troppo nascosto. Appoggiata al tronco bruciato dal sole e dal sale, le sue tette erano una pasto infinito per la mia bocca vogliosa. E le mani che accarezzano e si riempiono di tanta morbida bellezza poi si fanno, di colpo, anche un po’ maligne, con le dita che stringono forte i capezzoli, fino a un urletto di dolore e piacere: il segnale per fermarsi, un attimo, per poi ricominciare. La voglia di assaporare anche gli altri piatti è tanta, così il tronco si fa giaciglio, e lei si stese su di esso, le gambe a penzoloni una per lato, la figa rivolta verso il mare. Una posizione ideale per affondare il viso e la lingua tra le cosce, e leccare il nettare che, nell’attesa, era sgorgato già copioso.
Mentre ero impegnato a leccare e succhiare la sua figa, sempre accogliente, calda e bagnata, una distrazione da un rumore diverso della risacca. Le solite distrazioni dei luoghi all’aperto, in cui si sta sempre sull’attenti. In effetti una figura in muta da sub era comparsa in mare, a un centinaio di metri da noi. Niente di preoccupante. Mi rituffai tra le sue cosce, con la lingua che cercava di entrare più a fondo possibile nell’accogliente grotta e le mani che giocavano tra il clitoride da masturbare e i lontani capezzoli da strizzare, per mantenerli vigili. Qualche mugolio e qualche urletto di dolore erano gli unici rumori umani tra il brusio della natura, ma di nuovo quel rumore dal mare, stavolta più vicino. Il bagnante con la muta era riapparso, stavolta a una ventina di metri da noi, in acqua fino alla vita. Che fare dunque? Vestirsi in fretta? Fare finta di essere solo nudi a prendere il sole? Nel momento dei dubbi il sub si toglie maschera e tubo e appare evidente che si tratta di una donna, sui cinquanta. Non sembrò fare troppo caso a noi, certo ci aveva guardati, ma ora sembrava comportarsi come se non ci fossimo, aprì lentamente la muta, levandosi la parte superiore e annodandola alla vita per le maniche, lasciandoci vedere che sotto alla muta non portava né maglietta né costume. Due tette piccole dai capezzoli scuri. Iniziò a camminare verso riva, quasi nella nostra direzione. Noi due sempre immobile, lei stesa sul tronco, nuda ma con vestito ancora indossato sulla maniche e che fungeva da lenzuolo, io a torso nudo.
Arrivata sul bagnasciuga, a cinque o sei metri da noi, ci guardò accennando un mezzo sorriso, e iniziò a togliersi le pinne e a sfilarsi il resto della muta, rimanendo completamente nuda. Un bel fisico, atletico ma non palestrato, ripose a riva la muta e gli accessori e rimase in piedi a guardare il mare e, apparentemente, a guardare anche noi, che stavamo guardando lei. Si avvicino a tronco anche lei, un più verso mare di quando non fossimo noi, e vi si appoggiò.
Noi pensammo “che palle, proprio qui doveva venire”… invece.. Appoggiata al tronco la signora iniziò lentamente a sfiorarsi, guardandoci negli occhi. Io lo lessi come un invito a proseguire e così feci, decidendo di sfidare la sorte ed il rischio che fosse una di quei pazzi che prima provocano e poi chiamano la polizia.
Mi ributtai tra le cosce, riprendendo a leccare quello che avevo lasciato per troppo tempo all’aria di mare. La subacquea era dietro di me, non potevo vederla, ma sentii che stava camminando sui sassi, lentamente. Mi passò dietro e si mise in piedi, al fianco di lei distesa sul tronco, guardandola e sfiorandosi il pube con una mano. Lei volse lo sguardo e le fece un cenno d’intesa, che la subacquea lesse correttamente come un invito. Si avvicinò ed iniziò a sfiorarle le tette, ad accarezzarle poi dolcemente come solo una donna sa fare. Il braccio di lei, ancora nel vestito, si alzò a cercare la figa della subacquea che trovò presto, con il boschetto di peli pubici ancora bagnato dell’acqua di mare. Iniziò un gioco lesbico che mi vedeva ospite quasi indesiderato, per cui feci un passo indietro per lasciare spazio a mani più sapienti delle mie.
Effettivamente la subacquea non ci pensò su molto per prendere il mio posto e leccare la figa di lei, che dimostrò di apprezzare quella bocca sconosciuta che evidentemente sapeva bene cosa fare.
Lei mi fece solo cenno di avvicinarmi, per prendermi la mano, per chiudere la catena ed essere tutti e tre uniti.
La subacquea unì presto, alla lingua, anche la mano, penetrando la figa di lei quel tanto che basta per portare l’eccitazione all’estremo. Infatti, toccando, penetrando e leccando portò lei ben presto all’orgasmo, come sempre piuttosto intenso e bagnato, che la subacquea con maestria le fece godere fino all’ultimo, dosando tocco e ritmo per un godimento completo.
Quando alzò il viso dalle cosce umide, fu per darle un appassionato bacio. Bacio che portò le mani di lei verso l’inguine della nuova ospite, che ferma in piedi iniziò a vibrare mentre la mano di lei si faceva strada nella figa bagnata di mare e di desiderio. Un dito, due, tre, quattro, dalla mia posizione dall’altra parte del tronco mi godevo uno spettacolo unico, da spettatore privilegiato. Lei è così, molto tranquilla però presa dall’eccitazione può essere molto decisa, così le quattro dita nella figa diventarono un pistone che andava dentro e fuori, facendo crescere il piacere della subacquea fuori misura. Il pollice sul clitoride e le altre dita della mano dentro e fuori, con ritmo, fino in fondo, facendo quasi sembrare che la subacquea stesse in piedi solo perché appesa a quella mano.
L’orgasmo si avvicinava, la frequenza del respiro più rapida, i tremori di tutto il corpo, finché esplose violentemente, accompagnato da una serie di schizzi molto abbondanti, segno che la subacquea si era lasciata andare completamente. Quando i fremiti dell’orgasmo cessarono, le si buttò sopra, esausta, baciandola in bocca per la prima volta.
E io mi sono sentito di troppo.
E come tutti gli uomini che si sentono di troppo, feci un passo indietro, comportandomi come uno dei tanti guardoni che girano in quel posto, anche se una delle due donne era la mia compagna. Mi aprii i pantaloni e iniziai a segarmi, davanti a quella meraviglia di due donne esauste dopo aver soddisfatto il loro piacere. Direi che questo però a loro piacque, perché si misero entrambe sedute sul tronco a guardarmi mentre mi segavo per loro. Poi la mia compagna mi fece segno con il ditino di avvicinarmi e io iniziai a pregustarmi un bel pompino fatto da entrambe.. e invece no.
La mia compagna mi mise una mano attorno al fianco e, senza dover cercare molto, trovò subito il mio buchetto posteriore. Che mi piaccia un suo dito nel culo (o anche due) non è un segreto e infatti entrò senza problemi. La subacquea invece si tenne a distanza, rimanendo solo a guardare, allargando solo leggermente le gambe per farmi vedere la sua figa, ancora bagnata. Io continuavo a menarmelo, mentre lei stuzzicava con due dita la mia prostata.
Non ci avrei messo molto a godere, lo sapevo, ma probabilmente anche si vedeva. La subacquea, seduta sul tronco proprio davanti a me, le gambe a penzoloni mezze aperte, una mano a sfiorarsi la figa, accennò un altro mezzo sorriso ed iniziò a gocciolare la sua pioggia dorata mentre si masturbava, senza alcuna forza, una cascata naturale.
Questo piacque a me, ma anche alla mia lei che aumentò la forza e la profondità con cui mi stava scopando il culo. Oramai il punto era arrivato, ed ebbi anche io il mio orgasmo. Il primo schizzo fu violento, tanto che raggiunse un piede della subacquea che si mise quasi a ridere, poi un altro e un altro ancora, fino alle ultime gocce. La mia compagna uscì lentamente dal mio culo, si abbassò un po’, mi ripulii la punta del cazzo con una passata della lingua e una succhiata profonda e ritornò al tronco. Un breve cenno di intesa con la subacquea per scambiarsi un bacio appena insaporito di sperma e la subacquea scesa dal tronco, passò nell’acqua per lavarsi il piede, ritorno alla sua muta che indossò e ci salutò con un cenno della mano, ritornando in quelle acque da dove era venuta.
Anche noi ci rivestimmo e ce ne tornammo a casa. Siamo tornati tante volte , ma mai più vista la subcquea.
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