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Glenda


di MissSerena
20.03.2024    |    7.576    |    6 9.2
"Lascio che giochi un po’ con me, anche perché mi fa sentire importante, sino a quando la sua mano non sfiora il mio sedere..."
Maledette app.
Convinta dalla solita amica che si è trovata benissimo, il che vuol dire che ha trovato almeno un paio di uomini che se la scopano, ho installato anch’io un’app d’incontri, scegliendone una per sole donne, col risultato di trovarmi intasato il profilo di ragazze e ragazzine che “voglio imparare”.
Fra loro una con un profilo intrigante c’è Glenda, non solo perché ha un corpicino niente male, ma perché ha l’aria di chi crede di saperne tanto, quando in realtà è una principiante. Più per passare il tempo che per convinzione, inizio a chattare con lei, scoprendo com’era facilmente prevedibile, che è la classica ragazza che vuole provare qualcosa di nuovo, e che crede di trovarlo in una donna più matura. In realtà non ho nessuna intenzione di essere la sua nave scuola, che le apra le porta al piacere saffico, e quindi respingo la sua richiesta di un incontro con una scusa abbastanza credibile.
Così invece d’incontrare la giovane aspirante lesbica, me ne vado a girare per un centro commerciale, trovandomi però ben presto Glenda davanti a me e in carne e ossa.
“Prima che me lo chiedi, ho un fratello hacker per il quale arrivare a te dalla chat è stato un gioco da ragazzi, così come geolocalizzarti in questo centro commerciale da ricchi.” mi dice con una notevole sfrontatezza “Quindi ora per farti perdonare devi farmi un regalo.”
“Va bene però lo scelgo io.” le rispondo sperando di farla finita il prima possibile.
Entriamo subito in un negozio di lingerie, che per lei è un po’ come un parco giochi, uscendone con un completo guepiere e perizoma neri , con l’aggiunta delle immancabili calze dello stesso colore.
Uscite dal negozio lei non mi molla, anzi sembra quasi che mi stia come esibendo a qualcuno, e effettivamente non mancano le sue coetanee chi ci guardano. Lascio che giochi un po’ con me, anche perché mi fa sentire importante, sino a quando la sua mano non sfiora il mio sedere.
Con una certa rabbia la porto dentro un negozio d’abbigliamento giovanile dove non c’è quasi nessuno, poi in un camerino dove la spingo faccia la muro.
“Vuoi mandare uno scatto a qualche tua amica mentre t’infilo due dita nella fica.” le dico alzandole il vestitino per arrivare al suo tanga.
“Ma sei pazza ! Che cazzo stai dicendo !” mi risponde cercando di svincolarsi.
“Credi che non mi sia accorta di chi ci segue.” le sussurro all’orecchio mentre le sposto quel che basta il tanga per arrivare alla sua passera “O preferisci che le dita te le infili su per il culo.”
Non le do il tempo di rispondere che le ho messo sul serio due dita nella fica, ma lei non dice nulla ,anche perché ha già un mezzo lago fra le gambe.
“Sei solo una troietta in cerca d’attenzione.” le dico mentre le mie dita esplorano ogni anfratto della sua passera “Solo dimmi quante come te ci sono là fuori.”
“Tre.” mi risponde contorcendosi per il piacere “Ma non ci stanno fotografando se è quello che vuoi sapere.”
Per farla venire più in fretta, sperando però che non urli per quanto sta godendo, bagno il pollice sulle grandi labbra per poi infilarglielo nell’ano. Glenda ha un sussulto, ma solo perché l’ho colta di sorpresa, però basta che passi un secondo per farla gemere più di prima. Le mie dita sono oramai due pistoni che non le danno un attimo di tregua, muovendosi con velocità crescente sino a portarla all’orgasmo, che non so come riesce a soffocare.
“Sarai anche una mezza troia, ma la tua fica ha un buon sapore.” le dico mentre lecco le dita che sino a un attimo prima le hanno dato piacere “Ora riprenditi ma soprattutto non farti più vedere.”
Esco dal camerino e appena fuori vedo le sue tre amiche, che mi guardano neanche fossi un’aliena, e senza dar loro alcuna importanza me ne vado per la mia strada, che poi è quella di casa.

Ho appena finito di cenare quando sento suonare il campanello, e penso che sia qualche mia amica venuta a propormi una serata folle a base di sesso, invece è Glenda, che indossa un lungo spolverino che le arriva quasi ai piedi.
“Ciao mi fai entrare ?”
“Certo, ma che ci fai qui.”
“Sono venuta per ringraziarti del regalo e per fartelo vedere meglio.”
Si apre lo spolverino e lo lascia cadere a terra, sotto ha solo la guepiere nera col perizoma e le calze che le ho regalato oggi.
“Vero che sto bene ?” mi dice sorridendo “Sai com’è, dopo tutto il parlare di oggi avrei una gran voglia di scoparti.”
Avrei voglia di sbatterla contro il muro, strapparle quel ridicolo perizoma per poterle infilare almeno tre dita nella passera mentre le chiudo la bocca con la mia, e so che è anche quello che vorrebbe lei, ma riesco a rimanere fredda e quindi do inizio al mio gioco preferito, quello del gatto col topo.
"Oggi pomeriggio ho creduto fossi una mezza troia, ma a vederti adesso so che sbagliavo perché sei lo sei al cento per cento." le rispondo con un tono a dir poco sprezzante.
"Ma Rachel .... tu mia hai regalato queste cose .... e io credevo che .... insomma, tu."
La ragazza non ha più la spavalderia del pomeriggio, ma balbetta frasi a metà, e quasi si mette a piangere prima che cali la mia miglior carta del mazzo.
"Stammi bene a sentire ragazzina, se vuoi godere sei nel posto giusto e questo lo sai benissimo. Ma se oggi ti ho lasciato fare qualcosa, adesso comando io in tutto e per tutto, il che vuol dire che non avrai libertà d'azione ma farai tutto quello che dico io come lo dico io. Hai un minuto di tempo per pensarci, e tanto per fartelo sapere la mia camera è la prima porta a sinistra, oppure ti rimetti quello straccio con cui sei venuta e te ne torni da tua madre."
Prima di lasciarla da sola nell'ingresso, le afferro la testa e le passo lentamente la lingua sul lato destro del collo sino ad arrivare all'orecchio, che mordicchio prima di dirigermi verso la mia camera.
Appena varcata la porta della camera mi tolgo il vestito certa che la vedrò comparire da lì a pochi secondi, per poi sedermi sulla poltrona in pelle appena comprata. Non faccio in tempo a cercare una sigaretta che Glenda è alla porta, con un'aria fin troppo simile a quella di un agnello sacrificale, ma anche con la voglia di godere come una vera donna.
"Inginocchiati e vieni qui fra le mie gambe." le dico facendole ben capire che non ho nessuna intenzione di cambiare le regole di quel gioco, dove io ordino e lei ubbidisce.
Glenda si mette a quattro zampe, e sculettando arriva davanti a me, che nel frattempo ho spostato il lembo inferiore del tanga, quel tanto che basta per scoprire la passera, e a quel punto non c'è neanche bisogno che le dica cosa fare, che lei poggia le mani sull'interno delle mie cosce, ed inizia a leccarmi il sesso.
La ragazzina è brava a usare la lingua, e credo che riuscirebbe a portarmi in fretta all'orgasmo se solo lo volessi, ma ho tutt'altre idee che venire subito per poi sentirmi in dovere di ricambiare, così faccio finta di pensare ad altro mentre lei diventa quasi frenetica nel leccarmi ogni anfratto della passera.
"Piano che non è il cazzo di qualche tuo amichetto in cerca di un pompino facile." le dico irridendola "Anche perché così non mi fai godere per niente e non ho nessuna intenzione di aspettare qui il Natale."
Lei rallenta usando la bocca come una ventosa nella quale succhiare le mie grandi labbra, per poi far sbattere la lingua contro il clito, come un martello sull'incudine. Sento salirmi lentamente il piacere addosso come se mi tirassi su una coperta dai piedi fino al petto, e alla fine mi scopro il seno per toccarmi i capezzoli, che sembrano due chiodi per quanto sono duri.
Non dico nulla, e dalla mia bocca esce solo qualche gemito sommesso, quel tanto che basta a Glenda per capire che si sta muovendo bene, e che il mio orgasmo è sempre più vicino.
Come prima però non voglio venire, rimandando il picco del piacere a più tardi, quando dovrà farmi esplodere la testa con tutta la sua violenza.
"Spogliati e inginocchiati sul letto." le ordino quasi cacciandola da me.
Glenda è impacciata con la guepiere, ma forse è anche la prima volta che ne indossa una, così l'aiuto a denudarsi, sino a rimanere con le sole calze, che senza più alcun sostegno, le scendono sino alle ginocchia rendendola per quanto possibile ancora più attraente.
"Dimmi piccola troia in calore, sei venuta da me perché i cazzi non ti bastano più ?" le chiedo toccando ogni parte del suo corpo mentre le bacio il collo "Oppure preferisci che ti scopi io, anche se sai già che mi prenderò anche il tuo bel culo, ma del resto sei qui proprio per questo o sbaglio ?"
"No insomma non so neanch'io, però con te so che sarà diverso." mi dice mentre gli umori le colano lungo le cosce "I miei coetanei sono più bravi a parole che coi fatti, e gli unici due uomini con cui sono stata mi hanno trattata entrambi come una puttana."
"E non credo d'esserlo sul serio, intendo una puttana ? Pensaci sei venuta da me mezza nuda solo per farti scopare peggio di ieri sera, e ancor prima che inizi hai già un lago al posto della fica. Solo sono indecisa su cosa usare, se uno strap-on normale oppure prendere quello più grande, tu che dici ?"
In realtà so benissimo cosa mi risponderà, ma voglio farla sentire puttana sino in fondo, una vera cagna in calore pronta a subire qualunque umiliazione pur di soddisfare le proprie voglie.
"Quello più grande, prendi quello più grande ... per piacere." mi risponde com'era ovvio che fosse.
Quando prendo lo strap-on dal cassetto dei giochi il suo volto cambia aspetto, ma del resto non creo abbia mai visto una mazza del genere, una bestia da venticinque centimetri di lunghezza per cinque di diametro, che uso raramente proprio perché eccessivo in un rapporto saffico.
Ma con lei è diverso perché lei in fondo è tutto tranne che lesbica.
Glenda al limite è bisessuale, ma in ogni caso ama la penetrazione come solo una donna etero sa fare, ma purtroppo per lei non ha mai incontrato nessuno che la sapesse realmente soddisfare se non la sottoscritta, che sia chiaro gode e non poco quando si trova una ragazza del genere nel suo letto.
"Culo in alto e testa in basso, poi apriti bene la fica così te ne sbatto dentro più che posso alla prima botta." le dico ungendo abbondantemente la punta del fallo in modo da non farle troppo male durante la penetrazione.
So che la ragazza non aspetta altro che sentire quel fallo dentro la passera, ma voglio che m'implori di prenderlo, così inizio a sculacciarla con una mano ma senza metterci troppa forza, mentre con l'altra le faccio solo sentire la punta delle dita lungo tutto lo spacco della fica. Se prima era un lago, adesso Glenda è un oceano d'umori che mi colano lungo la mano, che ogni tanto mi porto alla bocca per sentirne il sapore di giovane donna in calore.
"Rachel ti prego scopami, non resisto più." mi chiede con un filo di voce.
"Non ho sentito bene, cosa vuoi che faccia ?" le rispondo prendendola in giro.
"Scopami voglio essere la tua puttana, voglio ah."
Non le faccio finire la frase perché le ho infilato almeno metà fallo nella passera, ma non le do il tempo di riprendere fiato, che lo sfilo quasi del tutto per respingerne dentro ancora di più, e continuo così sino a quando tutta quella mazza di silicone non è dentro di lei.
Glenda geme, urla, impreca e supplica, il tutto in preda a un piacere che forse non ha mai provato in maniera così forte, ma del resto è quello che vogliamo entrambe, un rapporto violento che della dolcezza dell'amore fra donne non ha nulla a che spartirsi.
Rallento solo quando sento che s'avvicina troppo all'orgasmo, volendolo ritardare in ogni modo anche se so che quel gioco così perverso con una ragazzina non può andare troppo per le lunghe.
"Girati voglio vederti in faccio mentre godi." le dico dopo averla spinta in avanti tanto da farla cadere sul letto.
Lei fa quasi una piroetta per mettersi come la voglio io, col sedere sul bordo del letto, e le gambe ben aperte in modo che debba solo scoparla come meglio credo.
Ed il mio meglio è spingerle dentro quella mazza di silicone con un solo violento affondo, per poi farla uscire il più lentamente possibile e quindi riprendere da capo. Il viso di Glenda è il ritratto del piacere, ogni volta che ha la passera piena geme talmente forte che il suo è quasi un urlo, ma col mio modo di fare non riesce a raggiungere l'orgasmo, e così non le resta che implorarmi di farla venire.
"Rachel ti prego finiscimi." mi supplica guardandomi negli occhi.
"Se lo vuoi mettiti al centro del letto." le rispondo ben sapendo che lo farà.
Non appena è sdraiata in mezzo al mio letto, mi tolgo lo strap-on e faccio uscire il fallo dalla sua imbragatura, per prenderlo in mano e mettermi al suo fianco. Senza darle il tempo di capire cosa voglio fare, le infilo quel simulacro nella passera per poi scoparla con tutta la forza che ho nella mano, socchiudendole la bocca con la mia.
Glenda non ci mette molto a venire, e l'orgasmo che ha è così travolgente che rimane prima dura come una statua per un tempo che mi sembra quasi non finire mai, per poi crollare senza forze ma appagata come non le era mai successo.
Mentre la ragazza si sta riprendendo, vado al mio cassetto preferito per scegliere il prossimo giocattolo da usare con lei, e scelgo quasi subito un bel plug non troppo grosso, ma dotato di vibrazione tramite telecomando, che porto sul letto insieme a del gel lubrificante.
Lei capisce subito le mie intenzioni, ma non solo non dice nulla, ma si sdraia sulle mie gambe a pancia sotto non appena mi siedo sul letto, offrendosi così a me senza alcuna possibilità di fuggirmi.
Ungo il plug che le infilo subito nel buchetto, per poi accendere la vibrazione e sculacciarla senza alcuna forza, giusto per ricordarle chi domina e chi subisce. Quando non uso la mano per farle arrossire un po' le chiappe, le faccio roteare il più possibile il plug nel buchetto, in modo d'allargarne l'interno ma non l'esterno, per rendere poi la sodomizzazione per certi aspetti meno dolorosa e più piacevole per entrambe.
Glenda non aspetta altro che la prenda, ma voglio essere ben calda anch'io e soprattutto godere con lei.
"Scendi dal letto e leccami la fica." le ordino perentoria.
Lei ubbidisce, ma non appena poggia la sua bocca sul mio sesso, metto al massimo la vibrazione del plug facendole piegare le gambe per il piacere.
"Allora vuoi fare quello che t'ho detto o ti devo inculare a secco ?" le chiedo con una certa ironia.
"Scusa è che con questo coso dentro non è facile restare calme." mi risponde mentre abbasso quasi a zero la vibrazione per poi riportarla al massimo.
La vedo contorcersi dal piacere mentre cerca di darne un po' anche a me, ma è chiaro che potrebbe rimanere fra le mie gambe per ore, senza mai riuscire a farmi godere. Del resto, è già uno spettacolo vederla in quello stato di totale sottomissione, ed il poter giocare con la vibrazione di quel plug è un di più a cui è difficile rinunciare.
"Sei proprio una capra." le dico allontanandola da me con un piede "Si vede proprio che vuoi solo prenderlo nel culo, quindi fammi prendere qualcosa di utile allo scopo."
"Se vuoi puoi usare questo." mi risponde prendendo in mano il grosso fallo che ho usato poco prima.
"Sei sicura, guarda che con quello non si scherza ?" le chiedo colta di sorpresa dalla sua iniziativa.
"Sì di te mi fido." mi risponde con due occhi da cerbiatta che quasi mi commuovono.
Quelle poche parole hanno l'effetto di far sparire ogni idea anche lontana di sadismo, ma del resto lei è così un misto d'innocenza giovanile e perversione di donna matura al quale si può solo dire sempre e solo sì.
Risistemo lo strap-on che poi mi fisso ben stretta alla vita; quindi, lo ungo il più possibile per poi metterle un cuscino sotto il sedere in modo d'averla all'altezza giusta. Se lei avrà la sua penetrazione estrema, io la vedrò godere attimo dopo attimo, sapendo quando fermarmi e quando invece spingere.
L'inizio della sodomizzazione fila liscio come l'olio nonostante il diametro del fallo, poi però è più il tempo che mi devo fermare per farla abituare a quell'ingombrante presenza nel retto, che quello in cui glielo spingo dentro, ma del resto non può essere altrimenti. Per un attimo ho l'idea di sdraiarmi a lasciare che faccia lei, ma poi penso che in quel modo sarebbe tutto ancora più lento, e così continuo a spingere e rimanere immobile.
Lei però nonostante il dolore gode e non fa nulla per nasconderlo, il che mi porta a non fermarmi se non quando quella bestia di silicone è scomparsa nel suo sfintere.
"Ora che sei ufficialmente una troia iniziamo a divertirci." le dico facendo uscire quasi tutto il fallo, sul quale lascio cadere altro lubrificante, per poi rispingerlo dentro il suo buchetto.
Ripeto l'operazione più volte, sino a quando non sono in grado di sodomizzarla senza che lei senta più alcun dolore; quindi, la faccio girare e mettere carponi per il gran finale.
Verso per l'ultima volta il lubrificante sul fallo per poi puntare decisa a quella rosetta di carne che si sta aprendo sempre di più, ma questa volta la penetrazione è quasi brutale, tanto che riesco ad infilarle dentro poco più di metà di quella mazza con la prima spinta.
Lei protesta, ma è più una sceneggiata che altro, giusto per non voler passare per quello che è, peccato che di quello che dica m'importi meno di nulla.
"Taci cagna." quasi le urlo contro mentre riesco quasi a sodomizzarla completamente come ho fatto poco prima "Ora sei pronta per andare dietro la stazione a farti sfondare dagli africani che sono sempre lì, e puttana come sei ne saprai soddisfare ben più di uno alla volta."
"Io voglio che mi scopi solo tu." mi dice senza molta convinzione.
"No tu vuoi solo prendere del gran cazzo, quello che non hai mai fatto sino a oggi, e io sono solo chi te lo sta facendo capire pur non avendone uno fra le gambe."
Oramai il fallo è di nuovo tutto dentro di lei, e non mi rimane che prenderla con forza per i fianchi e scoparla come non ho mai fatto con nessun'altra donna.
Glenda urla, si contorce, si masturba quasi non le bastasse quello che le sto dando, o forse alla ricerca di quell'orgasmo che usando solo il culo non riesce ancora a ottenere.
"Togliti quelle dita dalla fica o ti sfondo sul serio." le dico dandole anche due sonore manate sulle chiappe.
"Perché ?" mi chiede portando entrambe le mani vicine alla testa.
"Perché voglio esser la sola che ti fa godere, e stai tranquilla che avrai il tuo orgasmo, ma solo quando lo vorrò io." le rispondo prima di riprendere a fotterla.
Non ho nessuna pietà del suo bel culo, e del resto non potrebbe essere altrimenti visto che lei sta godendo concedendosi come non aveva mai fatto, ed io dominandola con tutta la mia esperienza. Nonostante lei provi un piacere quasi sconfinato non riesce però a raggiungere il tanto sospirato orgasmo, e da parte mia faccio tutto per rimandarglielo sino a quando non inizio anch'io ad accusare i segni della stanchezza.
Così le sfilo il fallo dal retto, e senza darle tempo di dire qualcosa, glielo infilo di colpo nella passera, per poi affondare più volte con tutta la mia forza.
Glenda urla per l'ultima volta, ma questa volta è per lei una vera e propria liberazione, qualcosa che aspettava da troppo per poterlo contenere in modo anche vagamente civile.
Finisco sdraiata su di lei che ancora ansima, ma non dico o faccio nulla, quasi avessi paura di rovinare quel momento che in fondo è solo suo. Solo quando sento che sta tornando in sé, mi alzo e tolgo lo strap-on, non mostrando però alcun sentimento, se non forse un freddo distacco.
"Vuoi che ti faccia godere ?" mi chiede timidamente.
"No che te ne vada, hai avuto quel che volevi quindi togliti dai piedi." le rispondo brutalmente "Ora rivestiti, per quel che avevi addosso, poi dimentica quest'indirizzo e cercati un uomo che ti sbatta come una troia ogni volta che ne ha voglia, perché in fondo è quello che vuoi anche tu."
Glenda si riveste ferita nell'orgoglio, e forse solo l'amor proprio le impedisce di mettersi a piangere davanti a chi l'ha usata a suo piacimento, per tirar fuori il peggio di sé non solo come donna, ma soprattutto come lesbica.
La vedo uscire in silenzio sapendo che non busserà più alla mia porta, ma so che è meglio così non solo per lei, ma anche per me.
Non posso però una volta smontato lo strap-on, prendere il fallo e masturbarmi con quello, per raggiungere in poco tempo anch'io il mio meritato orgasmo,
Ma per fortuna non pensando a lei.

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