Prime Esperienze

Alexandra


di AngeloPerverso
17.08.2023    |    17.605    |    11 9.0
"Con l’altra mi finisce sull’uccello..."
ALEXANDRA

Sto pedalando in salita. Ho la bici carica, come sempre nei miei viaggi in solitaria. Grondo sudore come un idrante. Una macchina mi sorpassa rabbiosa. Sterza malamente ed io cado. Cazzo!

Dopo qualche metro accosta e inchioda.
Io sono inchiodato sotto la bici pesantissima.
Mi fa male un ginocchio. Lo tocco, è bagnato. Guardo la mano, è sangue. Cazzo! Cazzo! Cazzo!
Nella mia scomodissima posizione alzo gli occhi da terra verso la figura che si sta avvicinando.
Le gambe, tra tacchi a spillo e calze velate non finiscono più.
Quella che finisce subito è la gonna. Cortissima. Poi una camicetta svolazzante, uno spicchio di reggiseno in pizzo nero… e gli occhi più magnetici nella donna più bella io abbia mai visto.
“Cazzo, ti sei fatto male!” esclama lei, portandosi una mano alla bocca e flettendo leggermente le ginocchia. Che ho davanti agli occhi. Mentre già che son là stramazzato a terra cerco di sbirciare la figa. Intravedo giusto uno scorcio dello stesso pizzo del reggiseno. E la pelle liscia e d’un bel colore uniforme, da dove finiscono le calze. Sì, ha anche il reggicalze. Ed una voce carezzevole, mentre chiede se mi può aiutare a rialzarmi.
Avrà trent’anni meno di me. Se n’è accorta anche lei e passa dal tu al lei.
Bella, giovane. gentile ed educata “non ci credo, sono finito in un film porno”. Lo penso. È impossibile non pensarlo.
Ma dico “dubito tu ci riesca. La bici con i bagagli e tutto pesa parecchio. Dammi un minuto e poi faccio da solo, grazie”. Alla fine sono un vecchiaccio ma per niente decrepito, anzi.
A questo punto mi aspetto inizi a scusarsi o roba del genere. Diciamo che se sono in questa situazione un bel po’ del merito spetta a lei e all’avermi sorpassato stringendomi quando aveva una bella strada larga tutta a sua disposizione senza nessun altro mezzo in vista tranne me, che me ne stavo tranquillo tranquillo a pedalare oltre la riga continua del fine carreggiata.
Invece lei allunga un piede oltre la bici ficcandomi il suo cazzo di tacco lungo e sottile di lacca nera la cui linea ideale continua esattamente verticale lungo la linea nera delle calze, a pochi centimetri dagli occhi. Si pianta bene per terra, si china sul manubrio e si mette ad alzare tranquillamente la bici. Poi ritira indietro il piede, si punta nuovamente sul terreno tacchi e tutto e tenendo una mano sui bagagli che non mi cadano addosso e l’altra sul manubrio rimette in piedi il trespolo. E mi sorride.
Io non so se sono più sbalordito per la facilità con cui ha tirato su la bici, per il fatto che, di fatto, mi ha sbattuto la fica in faccia, o per il non aver per niente visto una vagina.
Fatto sta che il ginocchio mi brucia e sento il sangue che inizia a colare. Non è una brutta ferita, ma di certo va disinfettata e tamponata.
La donna ha poggiato la bici su di un albero. Le chiedo di portarmi il kit che sta nella busta bianca con la croce rossa lì subito a portata di mano in una delle sacche. Lei la trova e torna da me.
Mi si accovaccia accanto. Non posso non ammirare la sua capacità di muoversi sui tacchi. E le sue gambe, affusolate e sode, e lisce. E la sua, devo proprio ripetermi, femminile e delicata grazia nel muoversi.
I nostri sguardi si incrociano.
Le sorrido.
Mi sorride.
“AAAAAHHHHHH!!!!!” e mi versa il disinfettante.
Scoppiamo a ridere come bambini. Lei perde l’equilibrio, per non cadere si aggrappa con una mano alla mia. Con l’altra mi finisce sull’uccello. Io per prenderla che non cada la trattengo, davvero involontariamente, per un punto molto vicino al seno. Dopo il primo momento di inattesa consapevolezza di dove si trovano le nostre mani, nessuno dei due le sposta. Né scosta il proprio corpo dalla mano dell’altro. Abbiamo un istante per decidere. Ed in quell’istante i nostri occhi si incontrano di nuovo. Scosto la mano dal seno, la infilo delicatamente fra i suoi capelli fino a dietro l’orecchio, ma restando con il palmo appoggiato alla sua guancia. Le accarezzo il mento. Il mio palmo e la sua guancia sono caldi. Molto. Accosto il suo volto al mio, e quando le nostre labbra iniziano a sfiorarsi e due delle nostre mani rimangono dimenticate sospese nell’aria stringendosi con passione, la mano che lei prima aveva inavvertitamente poggiato su di me e sulla mia ora desiderosa mascolinità, s’intrufola volontariamente sotto i leggeri pantaloncini. E mentre le lingue saettano, assaggiano e giocano...
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