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Prime Esperienze

In vacanza, in spiaggia, leggo un libro (part 2)


di tamerlano_
27.04.2022    |    9.688    |    3 9.4
"Sento un rivolo di pipì scivolare tra le mie grandi labbra già umide, poi infrangersi sul suolo, contro gli aghi di pino secchi..."
[…] Ripercorro, tra me e me, la rivoluzione copernicana che mi ha sconquassata dentro nell’ultima ora.
Sono arrivata in spiaggia che ero una ragazza noiosamente ordinaria, al limite della frigidità (a detta di alcuni), praticamente una secchiona che per tutta la vita ha snobbato il piacere.
In un’ora, una sola ora, ho implorato uno sconosciuto, poco più che un ragazzino, di scoparmi il culo, nascosti dietro uno scoglio a pochi passi dalla folla. Ed ora sto seguendo il padre di quel ragazzo dietro le dune, dopo un suo cenno che in realtà potrebbe essere anche soltanto un’impellenza fisiologica dovuta all’età ed alla troppa birra.
E con pochissime possibilità che almeno una decina di persone non abbiano notato lo strano tempismo della mia passeggiata.

La sabbia scotta e per un attimo mi fa dimenticare il bollore del mio sangue.
Giunta in prossimità di una pineta, mentre cammino ancora incredula, sento un dolore sotto la pianta del piede. Scruto gli alberi. Mi sento osservata. Mi osservo anche io: sono accovacciata scompostamente a gambe divaricate mentre cerco di sradicare una spina minuscola (forse inesistente) dal mio piede.
Mi rendo conto di essere molto più rilassata del solito riguardo al vecchio tabù della compostezza.
In qualche modo, farmi scopare da uno sconosciuto in mare sembra aver sciolto alcuni legacci del mio cervello che mi trattenevano dallo sporgere troppo il sedere o dall’inarcare troppo la schiena o dal concedere ai miei capezzoli un vero spazio vitale.

Sento un rumore provenire dagli alberi. SONO osservata.
Forse è lui.
Fingo di cercare la spina, divarico di più le gambe. Il sudore scivola dalla clavicola sul mio petto, si inabissa tra i miei seni.
Mi alzo, ricompongo slip e reggiseno, raggiungo gli alberi, ma non vi trovo nessuno.
Allora decido di camminare un po’.
E se fosse tutto frutto della mia immaginazione? Che scena patetica!

Mi fermo vicino ad un albero, vi poggio una mano e mi guardo attorno.
È a quel punto che sento di nuovo dei passi avvicinarsi dietro di me. Mi pietrifico, fingo di non essermene accorta, finché il suo respiro non si infrange contro la mia pelle. È tabacco, forse alcol, ma non recenti, sembrano accumuli di fumate e bevute che hanno cristallizzato quegli odori trasformandoli in qualcosa di non spiacevole, ma decisamente forte.
“Signorina, si è persa?”.
È più vicino di quanto sarebbe opportuno o educato. La corteccia delle sue dita striscia contro quella dell’albero.
“Tutto bene, grazie”, ma non mi volto, non ne ho il coraggio, mi leggerebbe dentro con uno sguardo.
Le cortecce scricchiolano ancora.
“Ma sembra che lei stia cercando qualcosa”.
Sento il suo fiato vicino al mio collo, mi sovrasta di almeno 10 centimetri. Da quell’altezza sembrerò un fuscello esposto alle intemperie del mio spirito. Il mio collo è indifeso come miele senza api.
Lancio lo sguardo oltre la mia spalla quanto basta per rispondere cortesemente con un sorriso imbarazzato “Non si preoccupi, grazie”.
Per un attimo incrocio i suoi occhi. Sono vicini a me. Lo so, mi ha letto dentro!
“Forse cercava un po’ di intimità per i suoi bisogni” [che sfacciato!] “Sono stato maleducato”.
“No ma si figuri”.
“Si vergogna?”.
“Di cosa?”.
“Di farlo davanti a me”.
“Non capisco” [sì, capisco].
“L’ho vista uscire dall’acqua. Dopo un bagno come quello scappa, lo so, è normale”.
Silenzio.
Lui sa.
Dovrei scappare. Persino Tiziana scapperebbe. Ed invece mi sto bagnando di nuovo.
“Faccia pure, la faccia pure qui” [il suo tono è cambiato].
Non lo farei mai!
“Se davvero non vuole, semplicemente non lo farà, non si preoccupi. Però, se lo farà…”.
Quando la sua mano cavernosa si poggia sulla mia spalla, non deve fare troppa pressione perché il mio corpo le ubbidisca.
“Cosa signore?”.
“Se lo farà, poi farà come dico io”.
“Tanto non lo farò, non sono quel tipo di ragazza”.

Lui si accovaccia con me e mi guida come una marionetta: le sue braccia girano attorno al mio busto, mentre ancora gli do le spalle, si poggiano sulle mie ginocchia e le divaricano. Una delle due mani scivola lungo l’interno coscia, senza troppe riverenze e sposta il mio slip di lato.
Non fiato, so che non serve protestare.
Per la prima volta nella mia vita obbedisco e basta. Chiudo gli occhi e rilasso tutti i miei muscoli, compresa l’uretra.
Sento un rivolo di pipì scivolare tra le mie grandi labbra già umide, poi infrangersi sul suolo, contro gli aghi di pino secchi.
Mi tira a sé, poggiando la mia schiena al suo busto.
“Brava bambina”.
Io continuo ad urinare, il fiotto si fa più generoso, mentre la sua mano ancora tiene gli slip di lato.
Inizio a rilassarmi e adagiarmi contro quel corpo stabile come un tronco. La sua mano dalla spalla scivola rapidamente contro il mio seno, lo afferra, lo strizza. Il capezzolo fuoriesce subito. Ci gioca bruscamente.
Mi sento gemere.
Mi sente anche lui.

“Ma cosa mi sta facendo? Si fermi”.
“Te l’avevo detto bimba, ora farai come dico, lo hai scelto tu”.
L’altra sua mano ora lascia la presa sullo slip e si sposta sul clitoride. Inizia ad accarezzarlo senza ritegno e nel farlo si bagna le mani di urina, che continua ad uscire come un’emorragia.
Ora muove la mano aperta contro il mio clitoride. Sto pisciando sulla sua mano e lui mi sta ditalando. Oh mio dio! Sento il fiotto rimbalzare contro la sua mano e spruzzare sulle mie cosce.
Potrei già venire, inizio a gemere rumorosamente.

“Lo sapevo”.
“Cosa?... cosa sapeva signore?”.
“Cosa sei”. (Perché mi bagno ancora di più? Lo sono davvero quindi?).
“Continua a pisciarti addosso ora” (nel dirlo infila un dito larghissimo dentro la mia fica).
“Sei mai stata scopata mentre pisci, bambina?”.
Dalla mia bocca solo gemiti. Sulle mie guance rossore.
Vorrei trovare la dignità di ribellarmi, schiaffeggiare quel bruto ed andarmene, magari vomitandogli addosso la mia indignazione. Ma mentre la mia vescica strizza fuori le ultime gocce di urina, sento un’altra pressione nel mio stomaco: quella di un orgasmo che sta per esplodermi tra labbra e cosce.

“Ti piace?”.
Silenzio, altri gemiti.
“Dimmelo”.
Le sue dita si fanno più precise.
“N…nnn…ooo… basta signore”.
Il mio corpo inizia a tremare. Lui lo sa che sto per venire.
“Ammettilo”, il suo dito rallenta. Non può, non ora, non quando sono così vicina.
“Non si fermi, per favore… per favvuuore…. Ahhhh”.
Sento il suo respiro avvicinarsi al mio orecchio “Fammi vedere come vieni”.
Ora so che verrò al suo comando, come una comune…
“Siiii signore, sì vengo…”, le mie labbra tremano, sento la mia fica contrarsi attorno a quel dito abnorme e ruvido. La sua mano molla la presa sul mio seno ed afferra il mio collo, lo stringe avvicinando la mia testa a sé: “Sei più bagnata ora che quando eri in mare. Ora godi”.

E niente. In questi casi il cervello e la coscienza sono chiusi in uno scantinato lontanissimo. Il proscenio è invaso da lussuria e pancia.
Gli sono esplosa tra le mani, come un cagnolino ansioso di eseguire i comandi del padrone.
Ho pisciato mentre lui mi scopava con un dito, nella più indecorosa delle situazioni e sono venuta mentre lui (anche lui) mi diceva cosa fare. Sono ancora lì scossa da brividi, mentre il suo dito scivola fuori dalla mia vagina ancora bagnata.

“Sei proprio una bambina viziosa”.
Libera dal fardello dell’eccitazione, trovo il coraggio di guardarlo in faccia con aria di sfida e rispondere piccata: “No signore, non lo sono”.
Ma mi sento una bambina orgogliosa al suo cospetto, anche se siamo ancora accovacciati a terra.
Mi guarda con aria indagatrice e seria, sostengo il suo sguardo solo per pochi secondi. Poi, con fare pacato ma deciso, si alza in piedi, mi guarda e mi dice, quasi con dolcezza “Certo che lo sei”. Nel fare ciò estrae un pene enorme semieretto da sotto i boxer.
“Te lo dimostrerò”.
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