Prime Esperienze

Trenta


di RandagiVlad
04.11.2022    |    5.344    |    5 9.0
"L'odore di fica mi sale nel naso e più che a lei, la tregua la do alla mi fame..."
L'ho conosciuta qui, su A69 (i nomi li tengo per noi, me e lei).
Mi sono iscritto come singolo, anche se non lo sono in realtà (ma questa è un'altra storia) e dal mio annuncio si capisce (spero) che quel che cerco non è del normale sesso e, forse per questo, no mi sono mai aspettato di ricevere molti contatti o richieste d'incontro. Questa cosa si è verificata, i pochi contatti ed, invero, anche pochissime risposte alle mie richieste di contatto. Per questi motivi mi sono stupito, e non poco, quando, aprendo il sito, ho visto che in alto a destra la casella dei messaggi segnava il numero 1. Un messaggio in entrata.
Aprendo con curiosità mi sono trovato a leggere di una donna, sui 40 diceva il suo annuncio, iscritta come singola, sebbene nemmeno lei lo fosse in realtà. Dalla lettura della sua pagina e del suo messaggio si capiva e mi diceva che voleva provare qualcosa di diverso. Da tempo tradiva il marito e qui su A69 aveva incontrato diversi uomini, non molti, ma neppure pochi. Il sesso le piaceva (eccome!), ma sembrava stanca delle solite scopate. I suoi feedback e le sue "amicizie" erano di uomini fisicamente ben più piacenti di me (per quanto non sia u cesso a pedali!) ed erano uomini liberi, quindi facilmente "reperibili" per placare i fuochi della lussuria che la investivano così di frequente.
MI aveva approcciato facendo riferimento alla fotografia, all'arte e abbiamo parlato molto di queste e del loro legame con l'erotismo ed il sesso. Dopo qualche giorno di conversazione è stata lei ad accennare al BDSM: davvero non capiva come si potesse godere del dolore, ma allo stesso tempo era affascinata dall'abbandonarsi alle perversioni ed ai vizi di qualcun altro, che non si preoccupasse solo di se stesso, ma anche di lei, sebbene in modo non convenzionale. Abbiamo cominciato, così, a parlare del bondage, delle sensazioni che può dare se "pensato" in un determinato modo, della fiducia che richiede, del fatto che chi lega dovrebbe avere la maturità di non fare quel che non sa fare, anche se vorrebbe, anche se il desiderio "pornografico" della cosa lo eccita... e, poi, del dolore.
La sua ultima domanda era stata "Quindi è solo un mezzo, non un fine?", "Esatto, non è il fine se non si è masochisti, ma un mezzo per raggiungere il piacere percorrendo un'altra strada. Una strada che soprattutto passa dalla testa", le avevo risposto.
Qualche giorno ancora di "chat", fino a che è stata lei a chiedermi di vederci. Era curiosa, ma non dovevo avere aspettative: lei aveva degli "standard" alti (e se lo può permettere!); non era sicura di voler provare il dolore, il bondage sì "ma non ci conosciamo in fondo"... Non ho potuto darle torto, ma in quel periodo avevo del tempo libero e Milano non è distante che una 20ina di minuti da dove vivo io.
La zona dell'incontro era quella della stazione Cadorna. Un bar discreto ma non troppo vicino al parco Sempione.

Quando sono arrivato lei era già lì, mi aspettava seduta ad un tavolino in disparte, abbastanza perché la vedessi (riconoscendo la camicia rossa che mi aveva detto che avrebbe indossato) e abbastanza per non dare nell'occhio di chi passeggiava davanti le vetrine e degli altri avventori.

Non dico che dopo tante chiacchiere fossimo intimi, ma abbastanza per andare oltre una stretta di mano e concederci due baci, lenti, sulle guance.

"Hai un buon profumo" mi dice fermandosi un attimo ad annusarmi poco sotto al collo.
"Grazie" le rispondo "anche il tuo mi piace. E apprezzo che tu sia venuta senza reggiseno, come ti avevo chiesto".
Arrossisce, forse vorrebbe chiedermi come me ne sono accorto, ma la camicia leggera che preme sul suo petto lasciando slacciati i primi 4 bottoni ed evidenziando i capezzoli da chiari segnali.
Prendiamo del Prosecco fresco e cominciamo a parlare. Non voglio sapere della sua vita privata, non voglio essere invasivo, mi interessa la sua curiosità, capire cosa cerca...e, di nuovo, parliamo di arte. Della donna come soggetto ed oggetto di arte.
Infine si lancia un po' oltre e, finalmente, affronta il motivo per cui mi ha incontrato: vuole "scopare" i un altro modo, non vuole dettare regole questa volta, se non quelle dei limiti di cui parliamo, vuole capire come ci ad essere in possesso dell'altro, i sua balia, seguire gli istinti, andare contro gli istinti.
"Abito qui vicino" mi dice "ti va di continuare la conversazione da me?"
Accetto.
Nel breve tragitto dal bar dove ci siamo incontrato al portone del palazzo in cui abita siamo in silenzio. I suoi occhi giocano divertiti e non celano l'emozione, forse un po' di timore. Una volta dentro l'ascensore liberty, decido di rompere il giaccio e la bacio. All'improvviso. Prendendola per i capelli dietro la nuca e portandomi le sue labbra contro la bocca.
Sospira e ricambia la mia passione frugandomi con la lingua.
Restiamo a baciarci fino a che l'ascensore non si ferma all'ultimo piano del palazzo, solo allora ci stacchiamo l'uno dall'altra.
Le metto una mano al collo respirando la sua sorpresa ad un centimetro dal viso.

"Da adesso comando io".
"Sì signore - risponde pronta ed eccitata".


Ora siamo nel salotto della sua casa meneghina.
Una bella luce entra dal finestrone che si affaccia sul parco ed illumina il grande divano che arreda la stanza.

"Accomodati" dice chiudendola porta alle sue spalle. Lascio che mi passi affianco per seguirla in casa e quando siamo vicini al divano la spingo sulla spalliera, facendola piegare e mettendole una mano sul culo. Lei geme, civettuole, credendo che sia solo un gioco.
"Ora togli le scarpe" le ordino. Mi allontano da lei e vado alla finestra, senza staccare gli occhi dai suoi e dai suoi movimenti, eleganti anche mentre toglie le scarpe.

"Dunque versami un altro bicchiere" dico.
"Preferisco che ti mi ordini di farti un pompino, lo sai".
"Allora versane tre: uno per me, e due per te".
"Perché tu solo uno e io due?"
"Perché io uno l'ho già preso e tu, invece, non ne hai bevuto nessuno".
"Non reggo molto il vino".
"Per questo te ne faccio bere solo due ".
"Comunque non sono qui per servirti".
"Nemmeno io per farmi servire. Siamo qui per scopare, ma si fa a modo mio, quindi se vuoi farmi un pompino, porta il vino".

I suoi piedi sono nudi sul pavimento della stanza che nonostante il caldo è fresco. Mi piace guardare le sue gambe, nude dal ginocchio in giù, che si muovo sotto la gonna leggera e azzurra, che sfuma il alto verso il bianco, contrastando il rosso della camicetta. Di certo meno rosso dei miei pensieri e anche della sua fame.
Dalla finestra da cui mi affaccio entra un vento piacevole, sebbene non sia propriamente freddo, ma la corrente d'aria da sollievo.
I bicchieri sul tavolo sono tre. Di Merlot, quindi possono non stare al fresco.
"Guarda" le dico quand'è vicina, facendola avvicinare alla finestra. Stando dietro di lei, preferisco guardarle il culo, anche se la gonna lo fa solo immaginare -ma forse è proprio l'immaginarlo senza poterlo ancora vedere che me lo fa desiderare di più.
"Cosa devo guardare?" mi chiede prendendo un sorso di vino.
Mi avvicino alla sua schiena, con ala mano libera indico una coppia di ragazzi che si baciano sulla panchina. Non si aspettava che, ritirato il braccio con cui indico la coppia, la mia mano le prendesse il culo, forte, stringendo. O forse sì, se lo aspettava. Forse lo aspettava proprio.
la spingo contro il davanzale e lei si piega poggiandovi sopra i gomiti.
"Mi piaci a pecorina" le dico.
"Anche io mi piaccio a pecorina".
Un sospiro più forte, quando le alzo la gonna e spingo con un dito il tessuto delle mutandine tra le natiche. Ho voglia di sentire quanto è calda dentro, ma non ho fretta. Finisco veloce il vino, mi interessa altro, e apro il coltello che ho in tasca.
Quasi un sussulto quando la lama fredda si appoggia alla pelle del culo.
"Stai ferma".
Infilo la lama tra il cotone e la carne, in mezzo alla riga che separa le sue chiappe e copre quel buco di culo chiaro e perfetto che conosco solo per una fotografia. È timida, sì, ma le piace fare la troia e, invero, da "lontano" è molto più disinvolta di quanto non lo sia adesso che siamo vicini. Uno dietro l'altra, lei con il culo scoperto e una lama infilata in mezzo.
Tiro e il cotone si taglia. Apre una V dalle sue anche fin quasi alla fica.
"Non farne cadere nemmeno una goccia" dico riferendomi al bicchiere che tiene in una mano, mentre passo la lama sulla pelle sottile, mentre la pungo con la punta, mentre la faccio scorrere tra le grandi labbra per dare un secondo colpo e aprire del tutto quell'indumento che, adesso, è davvero inutile se non tagliato com'è.
Ora posso. Ora infilo un dito e la trovo bagnata. Ne infilo un secondo e li estraggo per portarli al naso, prima il mio, poi il suo, che guarda fuori, dritto davanti a sé.
"Sei una cagna".
"Volevo questo".
Mi allontano da lei "Non girarti!"
Obbedisce e attende.
"E non farne cadere nemmeno una goccia" ripeto immediatamente prima di colpirla col frustino.
"Ahi!" geme senza curarsi di non farsi sentire.
"Quanti avevamo detto?"
"Trenta".
"Contali tutti".

Ad ogni colpo un numero. I secondo passano tra un sospiro e la progressione della conta. Le gambe si tendono, si alza sulle punte dei piedi e si piegano di nuovo. Lei inarca la schiena e si offre alla prossima sferzata.
Gocciola. Siamo a metà e le voglio dare tregua, o forse ho solo voglia di leccare. L'odore di fica mi sale nel naso e più che a lei, la tregua la do alla mi fame. La lingua le fa allargare le gambe ancora di più e questa volta è un gemito non di dolore che sospira .
Ma è ora di arrivare a trenta. E i copi ricominciano, come i gemiti, come le gambe che si tendono e si piegano, come il culo che si sporge indietro, sempre di più mano mano che i segni si fanno più scuri, più viola.
"Trenta" dice alla fine. Ed io, finalmente, la prendo per i capelli e la inculo. E verso dentro di lei tutta la voglia che ho, tutta la rabbia per aver aspettato, tutto l'eros che mi ha regalato in questi giorni d'attesa.
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