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L'anale da ragazzina


di Federossetta
08.05.2024    |    8.074    |    12 10.0
"Rimasi in mutandine e questa volta, lontana da occhi indiscreti, finalmente allacciai il reggiseno e già mi sentii più sicura..."
Otto anni fa avevo 16 anni (non mi sembra vero!) e devo dire che mi sentivo sfacciatamente navigata su cose che ancora non conoscevo ma che sicuramente avrei imparato da lì a qualche anno. Mi spaventava l'anale, al quale preferivo di gran lunga prendere in bocca qualsiasi cazzo di ogni dimensione e forma. Quel periodo mi guardavo video tutorial su come fare la fellatio in modo da risucchiare tutta la virilità al fortunato che passava dalla mia gola profonda. Non mi esimevo al contempo da informarmi su prevenzione e protezione, tant'è che molti rapporti orali in quel periodo li facevo con il preservativo perché non sicura della salute del partner. Nonostante ciucciare un glande al gusto frutta fosse comunque piacevole, preferivo di gran lunga abusare della lingua per stuzzicare la carne direttamente, infastidendo il frenulo e compiendo ampi cerchi sull'umida cappella che mi trovavo di fronte. Per quel motivo a 16 anni ero in terza liceo felice come una ragazzina nell'avere un amante segreto della classe vicina, con il quale sperimentare consci della salubrità dei nostri rapporti.
La storia mia e di Riccardo, chiamiamolo così, aveva già avuto la sua prima volta qualche anno prima grazie a timide effusioni praticate senza che sentissi il bisogno di vestirmi da Federica. Dopodiché, vederlo ad ogni intervallo contribuì ad infervorare la considerazione che avevo di lui. Ascoltavo sognante i successi amorosi dei miei compagni di classe e sentivo le farfalle nello stomaco a pensarmi come quelle ragazzine fortunate di poter frequentare apertamente il rispettivo fidanzato.
Di rimando, cominciai a passare più tempo con Riccardo durante la ricreazione, aspettandolo alla fermata del bus e cercando in tutti i modi di farmi mandare dai professori nella classe accanto per le varie consegne di rito.
C'è da dire che la timidezza di entrambi bloccava l'evolversi del rapporto, io più passivella aspettavo bramante un suo invito ad uscire e di conseguenza lui era ancora incerto sul da farsi. Da tutto questo Federica ne traeva giovamento, riuscivo a farla esprimere sempre più frequente immortalandomi in pose e fotografie negli outfit più disparati o seducenti. Mi ricordo ancora quando, usciti da scuola e incontrati di fronte alla fermata, mostrai a Riccardo una foto in perizoma nero e reggiseno in pizzo. Ero tutta rossa dell'imbarazzo ma ci eravamo scritti nei giorni precedenti e lui si era mostrato molto curioso di questi miei esperimenti. Non volendo inviare mie foto attraverso whatsapp per evitare girassero a mia insaputa avevo preparato la migliore in modo che la vedesse direttamente dal mio dispositivo. Dopo qualche zoom con le dita mi squadrò stupito e mi chiese come facessi a nascondere quelle forme. In risposta gli dissi che gli avrei fatto volentieri una lezione vista la sua inefficienza nel nascondere la protuberanza che gli stava crescendo nei pantaloni. A rompere quell'intimità che si era creata ecco che arrivò l'autobus e lui dovette congedarsi salendo insieme ai suoi amici.
I giorni continuarono a passare così come la stagione primaverile. I fiori iniziarono a sbocciare, le temperature si fecero più calde e forse fu questo che fece risvegliare in Riccardo uno spirito più attivo proponendomi qualcosa che diede una svolta alla nostra conoscenza.
A sorpresa mi invitò un weekend a casa sua, con la scusa dell'assenza della madre per una trasferta lavorativa.
I suoi erano divorziati, ma abitavano in due appartamenti separati nello stesso condominio. Secondo i suoi piani avrebbe dovuto rimanere da solo sabato per poi spostarsi nell'abitazionedle padre la domenica. Per fortuna non andò esattamente così, ma procediamo con ordine. Arrivò sabato pomeriggio e, puntuale come un orologio svizzero, suonai al suo citofono in attesa che mi aprisse.
Appresso mi ero portato uno zaino con il pigiama e qualche sorpresina femminile trafugata dall'armadio di mia sorella. Sotto i jeans corti che fasciavano e risaltavano il mio lato b portavo segretamente delle mutandine in rete, mentre in saccoccia conservavo un semplice reggiseno nero e un vestito in raso corto con le spalline scoperte, progettato per uscire la sera ma in questo caso lo vedevo più come una vestaglia per la notte. Qualcosa che avrei desiderato mi fosse strappato di dosso quella sera stessa ma che a malincuore compresi non sarebbe successo quando entrai in casa di Riccardo e lo trovai insieme ad altri due amici.
"Che stupida" sussurrai tra me e me. "Perché non ci avevo pensato? Dove credevo di essere, in una favola?"
Effettivamente la sua intenzione era chiara: casa libera voleva dire invitare chi voleva e fare festa. Così fu, e per non farsi mancare niente, dopo una breve uscita in centro paese, i due amici dormirono pure lì. Quella notte mi ricordai che avevo ancora le mutandine femminili addosso e che non potevo fare come loro che si cambiavano il pigiama senza vergogna, quindi mestamente mi chiusi in bagno prendendo la tuta che avrei indossato per dormire. Sussultai quando, nonostante la doppia mandata, la porta si aprì e Riccardo mi sorprese in intimo. Rimase un attimo interdetto ma non si scompose. "Domani pomeriggio loro se ne vanno, se vuoi sei invitata a mangiare pranzo da mio padre."
Detto questo se ne andò come era arrivato. Mi lasciò interdetta il fatto che avesse usato il femminile, cosa che nei messaggi spesso inseriva ma nei dialoghi raramente.
Con un sorrisone interno per quel breve momento insieme raggiunsi gli altri davanti alla play e giocammo ancora un'oretta prima di addormentarci. La notte fu tormentata da sogni in cui il mio uomo veniva a farmi visita a sorpresa e mi possedeva, ma rimasero solo immaginazione anche perché dormivo nel letto a due piazze della madre assieme ai due amici.
Domenica mattina loro si congedarono alle 10 e rimasi sola con il padrone di casa a sistemare quello che avevamo messo fuori posto la sera prima tra birre vuote e patatine. Le prime fu compito mio smaltirle lontano dall'appartamento affinché la madre non si accorgesse che il figlio minorenne ne aveva fatto uso.
Ci sdraiammo assieme sul divano esausti e timidamente Riccardo iniziò a massaggiarmi la coscia con movimenti circolari mentre guardavamo i rispettivi cellulari. Io ero paonazza ma eccitata e lo lasciai continuare sperando che quell'attimo non finisse mai. Quando staccò la mano ebbi un vuoto. Sparì per un quarto d'ora in bagno e così ne approfittai per tornare nella camera della madre a cambiarmi preparando l'outfit per il pranzo. Ero tentata di spulciare gli indumenti presenti negli armadi ma la mia timidezza venne fuori e decisi di concentrarmi su quello che avevo già. Rimasi in mutandine e questa volta, lontana da occhi indiscreti, finalmente allacciai il reggiseno e già mi sentii più sicura. Non sapevo cosa sperare ma comunque non si sarebbe visto sopra la maglia larga che avevo intenzione di mettere. Indossai poi i soliti pantaloncini aderenti e lo aspettai sul divano.
Arrivò a petto nudo con uno spazzolino tra i denti. I suoi pettorali ancora glabri dalla giovinezza battevano a ritmo del suo cuore ed ebbero tutta la mia attenzione mentre mi chiedeva che panino volessi per pranzo.
"Un... un classico menu crispy grazie."
"Perfetto lo dico a mio padre. Ci aspetta tra 1 ora e mezza. Sai cosa possiamo fare in questo tempo?" Urlò l'ultima frase dal bagno mentre sputava il dentifricio nel lavandino e apriva il rubinetto.
"Cosa?"
Suspense. Poi tornò in salotto, questa volta oltre alla maglietta non aveva i pantaloncini.
"Fammi conoscere Federica"
Finalmente! Dopo tanto aspettare aveva fatto la sua mossa.
Quanto ho detestato e amato in contemporanea poi negli anni a venire questo imbarazzo adolescenziale. Mantenendo l'impaccio nel mostrarmi femmina ad un ragazzo per la prima volta, mi spogliai lentamente e mestamente senza alzare la testa gli chiesi: "Allora?"
Lui era raggiante, mi porse la mano da stringere delicatamente: "È un piacere conoscerti, ho sentito tanto parlare di te"
C'era una tensione palpitante nell'aria racchiusa in un silenzio che parve interminabile. Poi mi fece cenno di sedermi affianco a lui sul divano.
"Vorresti provare a farmi una sega? Non resisto più, ti ho pensata tutta la notte con quell'intimo da ragazzina nel letto di mia madre e mi sento eccitato."
"Sì certo, volentieri. Non sai quanto ci ho pensato io se per questo..."
Sfilò i boxer e dall'elastico fece capolino rimbalzando un cazzo barzotto. Le dimensioni erano nella media rispetto a quelli che avevo già avuto il piacere di assaggiare fino a quel giorno, ma questa volta c'era più coinvolgimento emozionale che mi faceva sentire alle prime armi.
Impugnai l'asta già dura e la circondai con le dita affusolate della mano destra. Con un movimento lento e aggraziato iniziai ad andare su e giù, recependo i segnali di piacere ad ogni scappellata.
"Se vuoi... dico, se vuoi anche prenderlo in bocca... non so, magari ti piace..."
Non me lo feci ripetere due volte. Lo guardai e mantenendo il contatto visivo scesi dal divano inginocchiandomi tra le sue cosce aperte. Dapprima annusai il glande odoroso di umori maturati nella notte, poi tirai fuori la lingua e leccai a ritmo cadenzato la base del pene, le palle e la punta gustandomi ogni sapore. Si vedeva che non ne poteva più, ma io avevo un mio rigor di logica maturato da vere e proprie video lezioni su come fare il pompino perfetto oltre che ad esperienze reali. Quando mi parlò sembrava in un'altra dimensione: "ti prego, mettilo in bocca Fede..."
Questa volta lo ascoltai, anche perché venni esortata dalla sua mano forte tra i miei capelli che mi trascinava verso la fonte del piacere. Le labbra attorcigliarono la cappella rigonfia e scesero quasi fino alla base. Poi risalirono per prendere fiato e riscesero tra gorgoglii. Non avevo preso neanche il ritmo che mi disse che stava per eiaculare.
"Vienimi in bocca Ricky" ero fermamente convinta di quello che chiedevo, non ne avevo assaggiata molta e le poche volte che lo avevo fatto il gusto di sperma non mi era piaciuto ma questa volta era diverso.
Avevo solo più la punta della cappella in bocca quando esplose in un piacere caldo e vischioso. Assaporai con un'emozione unica, mentre lo sguardo rimaneva saldo sull'uomo che mi aveva riempito la gola. Volevo che si sentisse dominante e che sapesse quanto questa attesa mi avesse resa assetata.
"Ohhh sì, mamma mia Fede che ciucciacazzi che sei"
Espulse gli ultimi schizzi che pulii avidamente e poi si alzò lasciando il salotto.
Mi ricomposi alzandomi in piedi e abbassai lo sguardo per notare che le mutandine di mia sorella erano state irrimediabilmente macchiate dalla mia eccitazione. Riccardo uscì dal bagno e senza dire niente entrò in stanza sua. Presi il suo posto e davanti allo specchio iniziai a masturbarmi guardando le macchie di liquido attorno alle labbra mentre con un dito entravo e uscivo dal buchino. Venni anche io copiosamente nel gabinetto e mi investì un'ondata di disforia post coitale, la sensazione di tristezza e presa di coscienza di cosa avevo appena fatto. Mi vergognai alquanto e, così come aveva fatto Riccardo, mi chiusi in me stessa e passai la mezz'ora successiva presa dal senso di colpa di avere fatto qualcosa di sbagliato. Mi rivestii con i miei indumenti quotidiani e appena fu l'ora di mangiare pranzo senza dire una parola affiancai Riccardo lungo la strada per l'appartamento del padre.
Il pranzo ci risvegliò un poco perché ci permise di fare conversazione. Sudai freddo ad un certo punto quando passando la mano nei capelli mi accorsi di una goccia di sperma rafferma e rapidamente la eliminai.
Per il resto passò tutto liscio e alle 13.30 eravamo già di ritorno nell'appartamento della madre. Riccardo avrebbe dovuto giocare una partita di calcio giovanile alle 15 e quindi si doveva preparare. Ovviamente fui invitata e non me lo feci ripetere due volte. Poco prima di partire, Riccardo si avvicinò per dirmi "Se viene a vedermi Federica posso pensare di dedicarle un gol"
Sorrisi. Ci era tornata voglia e quell'affermazione alimentò la scintilla dentro di me, facendomi precipitare a mettere l'intimo femminile nascondendolo sotto ai vestiti.
Il padre ci accompagnò in macchina al campo da gioco e rimase poi affianco a me sugli spalti, mentre il figlio entrò negli spogliatoi. Non nascondo che un po' mi annoiai, in più (se ricordo bene) la squadra di Riccardo perse di misura. Per fortuna avevo interesse in un solo ragazzo su quel terreno verde, vederlo correre esplodendo i muscoli con dinamicità mi fece bagnare un poco il buchetto. Mi accorsi che avevo voglia di essere deflorata da quel ragazzo sudato che stava rincorrendo un pallone sotto il sole di fine aprile. Quando finì la partita nascosi lo salutai con la mano nascondendo l'erezione che stava affiorando al solo pensiero di entrare con quei ragazzi nelle docce.
Nel viaggio di ritorno il padre riempì il silenzio con commenti tecnici riguardo alla partita. Ci offrì un gelato in centro e poi tornammo ciascuno nel proprio appartamento. Neanche il tempo di posare il borsone che sentii la mano di Riccardo insistere con forza sulle mie chiappe. "Accidenti a te Fede se non ho segnato è solo perché continuavo a pensarti"
Mi girai e mi trovai ingabbiata tra le sue braccia, gli diedi un bacio a stampo per liberarmi.
Effettivamente rimase sorpreso quanto basta perché scappassi verso la sua stanza da letto. Mi catturò facilmente e sentii i suoi muscoli ancora caldi dalla partita terminata poco prima che mi pressavano con prestanza contro il materasso.
Ero soggiogata dalla sua forza e a pancia in su la mia bocca bramava la sua. Non venni accontentata perché si precipitò a mordicchiarmi l'orecchio e poi il collo. Mi inarcai come un arco apprezzando quella sua dominazione, aspirando a voler andare fino in fondo questa volta. Con una strattone mi tolse i jeans corti e mi sfilò la maglia rimanendo piacevolmente colpito che per tutte quelle ore avevo girato con l'intimo femminile. Nel frattempo mi fissava dall'alto in basso, in ginocchio sul materasso mentre io me ne stavo placida e supina con le gambe attorcigliate al lui. Gli toccai la maglia e non se lo fece ripetere due volte, mostrandomi ancora una volta quei pettorali tanto interessanti che ormai erano diventati un'ossessione. Volevo infastidirlo e così fu, perché appena iniziai a giocare con il pacco attraverso la stoffa dei suoi pantaloncini mi bloccò mani in alto vicino alla mia testa e completamente doma mi baciò a lungo intrecciando la lingua alla mia.
All'improvviso gelo totale.
Un tonfo sordo in lontananza ci riportò alla realtà. Poi una voce troppo famigliare imperversò lungo il corridoio arrivando a stridere nelle nostre orecchie. "Riccardo perché non rispondi al telefono? Ci sei? Posso entrare?"
Il padre aveva avuto accesso all'appartamento e stava guardando nelle stanze alla ricerca del figlio. Lo stesso che in quel preciso momento stava sottomettendo un altro ragazzo con forti tendenze femminili, coricato sul letto in reggiseno e slip affusolati.
In un batter d'occhio il calore tra noi due si smorzò comprendendo il rischio che stavamo correndo e carichi di adrenalina ci destreggiammo per la stanza in un turbine di azioni confuse.
Qualche secondo dopo il padre entrò senza bussare. La situazione che si presentò di fronte ai suoi occhi anni dopo mi accorgo che aveva del surreale, eppure sul momento non si fece troppe domande. Riccardo si era ricomposto abbottonandosi i pantaloni e sdraiandosi sul letto facendo finta di guardare il cellulare. Era rimasto però a torso nudo perché nel marasma la sua t-shirt l'avevo indossata io per coprire almeno il reggiseno. Sotto non avevo trovato i pantaloni perché erano finiti lontano dal letto, quindi stavo seduta tranquilla sulla sedia con le mutandine da donna coperte solo da un plaid che avevo rubato da un appendiabiti. Mi avesse chiesto di alzarmi sarei stata nei problemi. Per fortuna ce l'aveva solo con il figlio e mi calcolò poco ad eccezione di uno sguardo furtivo.
"Vedo che il cellulare ti funziona benissimo! Vieni con me che tua madre mi ha detto di lavarti la roba di calcio, nel frattempo diamo una mano a Vincenzo del piano sopra che aveva bisogno per spostare un mobile. Mettiti qualcosa addosso però, non fa cosi caldo"
Riccardo si alzò e indossò la mia maglia rimasta per terra. Non credo che il padre se ne accorse che fino a poco tempo prima alla partita l'avessi io addosso, ma nel caso non accennò a nulla. Mi chiese se volessi anche io aiutarli per il favore al vicino, ma Riccardo, comprendendo la mia impossibilità a muovermi, declinò l'offerta al posto mio dicendomi di divertirmi alla play mentre lo aspettavo.
Fu così che entrambi sparirono lasciandomi sola in casa altrui. Non rimasi con le mani in mano, anche perché il fuoco dentro di me continuava ad ardere feroce producendo vogliosa umidità sia dal pene che dal culetto.
Mi diressi in bagno, chiusi a chiave e rimasi lì a lungo. Effettuai un clistere rudimentale con il doccetto e mi svuotai completamente del pranzo ormai digerito e scomposto nel mio intestino. Poi, vedendo che ancora nessuno rientrava in casa, spiai un poco nei cassetti della madre sopra al lavandino. Mi feci coraggio e passai un lip glow sulle labbra che assunsero da subito un discreto volume e una lucentezza particolare. Mi diedi un tocco di mascara senza esagerare in modo che se ci fossero stati problemi avrei potuto togliermelo in fretta e infine trovai quello che era un telecomando per un vibratore, il quale -ahimè- non si trovava al suo posto. Lo stavo cercando ancora mentre la voce di Riccardo risuonò nel corridoio.
"Fede esci pure sono solo"
Quando venni fuori dal bagno, sempre in intimo ma con l'accenno di trucco, rimase interdetto.
"Hai appena frugato tra le cose di mia madre? Allora è proprio un vizio, femminuccia che non sei altro! Vieni continuiamo quello che stavamo facendo"
Questa volta chiuse la porta della camera a chiave per sicurezza. Si sdraiò sul letto e aspettò che salissi a gattoni sopra di lui. Mordicchiavo un po' ovunque per stuzzicare la voglia di entrambi e riprendere da dove ci eravamo lasciati. Appena mi sdraiai vicino a lui però eccolo che mi catturò in un abbraccio stritolante e volle pomiciare per diversi minuti. Ricordo che fui io stessa a chiedere di volere di più.
"Ricky ti va di scopare?"
"E cosa stiamo facendo?"
"No, intendo scopare veramente. Fare anale"
Si staccò da me e mi guardò senza che capissi cosa provasse.
"Non fa male? Non è rischioso per le malattie?"
"Sì ma so come fare, fidati di me. Prima accendiamo per bene la tua miccia"
Mi spostai nel letto per mettermi a 69 e accolsi in gola tutto il suo cazzo fremente. Dietro, lui rimase un momento interdetto, diede la prima leccata per capire se fosse sicuro e poi, probabilmente facilitato dalla lavanda profumata appena fatta all'ano, iniziò ad esplorare la mia cavità con rumori di apprezzamento e risucchio. Stavo gemendo come una troietta in calore e questo si capiva anche dal muscolo rettale che piano piano si allargava parallelamente all'intensità dell'anilingus che stavo ricevendo. L'apparenza di stare comandando l'amplesso terminò quando di forza mi fece sollevare a pecorina e in men che non si dica sentii la cappella bussare con insistenza sull'ingresso del mio piacere.
"Aspetta, aspetta. Cerca del lubrificante o della crema per le mani mentre io prendo una cosa."
Corsi nella stanza affianco per prendere un preservativo nello zaino, quando tornai avevo liquido salivale che mi colava lungo le cosce. Questa volta mi prese con cura e mi adagiò a pancia in su con le gambe dietro le orecchie, il culo a mandolino protratto verso il suo membro che stava impacchettando e lubrificando a dovere.
"Mmmmhhh" mugolai sentendolo spingere dentro di me. Ero davvero stretta e faceva fatica ad entrare. Mi tappò la bocca con la mano mentre l'altra cercava di posizionare il cazzo nella maniera migliore per deflorarmi. Entrò il glande e ci bloccammo entrambi per un po', da parte mia assaporando la sensazione di essere dominata, mentre da parte sua quella di addentrarsi in una stretta cavità del piacere. Il muscolo dell'ano stava facendo il suo lavoro, aprendosi e chiudendosi palpitando come un anello stringente intorno a quel corpo estraneo che stava cercando di violarlo.
Con nonchalance lo estrasse lentamente e iniziò un ritmo di penetrazione leggermente zoppo, perché non entrava mai oltre la lunghezza della sua cappella. Ripeteva il movimento d'anca della penetrazione come se credesse di avere finalmente scoperto l'anale, senza essere a conoscenza di essere appena all'inizio. Quando sentii di essere abbastanza aperta lo sorpresi con uno strattone e affondai le chiappe lungo il suo pube accogliendo il suo gingillo per intero. Entrambi urlammo per il dolore, ma godemmo all'unisono. Dopo un istante per riprendersi, iniziò a trapanarmi a dovere come un martello pneumatico, finalmente aveva compreso le potenzialità del mio buchetto. Sentirmi inchiappettata così favoriva una vistosa erezione che per domare iniziai a toccare al ritmo dei suoi colpi e dei miei gemiti dalla voce acuta e femminile.
Superato l'imbarazzo e la sorpresa, accolse buona autostima nel dialogare con una versione di me che era più nel mondo del piacere che in quello reale.
"Fede dimmi a chi appartieni"
Finalmente provai la sensazione di essere diventata come le mie compagne di classe fidanzate: "A te amore, sono solo tua"
"Non ti sento, chi ti può sfondare l'ano quando vuole?"
"Solo te Ricky... ahhhhh" quasi urlai perché il ragazzo aveva raggiunto qualcosa simile al mio punto G, all'altezza della ghiandola prostatica. Probabilmente, coadiuvato dalla posizione sessuale dell'aratro, adesso il suo cazzo stava entrando in profondità esplorando parti davvero piacevoli.
"E se a scuola ho bisogno di una troia con cui svuotarmi?"
"Mi chiami e arrivo ai tuoi ordini mio padrone"
"Brava puttanella... sei la mia ragazza o no?"
"Siii"
Il dialogo procedette ancora più spinto e in un certo verso imbarazzante, finché non sgorgò un fiume di sborra dal mio cazzetto eccitato lungo tutta la pancia e parte del reggiseno.
Come successo già quella mattina, ricordai il "down" di emozioni che ricevetti come contraccolpo all'estremo piacere provato: mi sentivo completamente fuori posto e violata in tutti i versi, fisici e psicologici.
All'improvviso tornai Federico. Cosa ci stavo facendo nel letto di un mio amico vestito da femmina, incaprettato e trattato come una zoccola?
Provai a divincolarmi ma non ci riuscii perché lo strapotere fisico e la posizione di Riccardo erano nettamente a suo favore. Questa volta arrivare al culmine del piacere prima di lui mi aveva messo in una situazione decisamente dimenticabile, per nulla auspicabile fino al mio atteggiamento di poco prima.
In tutto questo Ricky non si accorse del mio cambio di umore, concentrato com'era con le sue emozioni. Restai quindi coricato con una smorfia schifata mentre andavo su e giù al ritmo della sua scopata. Ci aveva preso gusto il ragazzo e sembrava carico essendo già venuto una volta la mattina, motivo per il quale procedette ancora a lungo. Nel frattempo iniziai a lacrimare sperando che finisse tutto e mi precipitassi a casa nella mia bolla di tristezza post eiaculazione. Sembravo una bambolina alla sua mercè e quando lui mi fece voltare per incularmi a pecorina ormai avevo perso ogni goccia di resistenza. Con il culo all'insù e la faccia affossata nel cuscino, singhiozzai ad ogni colpo che il mio dominatore mi dava. Come se non bastasse, condiva l'amplesso con sorde sculacciate che lasciavano il segno rosso sulle chiappe martoriate già dallo sbattere sul suo pube. Preferendo forse la posizione precedente, dopo un po' mi girò ancora una volta. Le mie gambe si attorcigliarono a lui come una memoria muscolare e chiusi gli occhi sentendo scorrere il cazzo dentro e fuori. Vedendomi forse cambiata, volle baciarmi durante la penetrazione. Mi accorsi troppo tardi del suo gesto, quando ormai la sua foga mi aveva intrappolato in un forte bacio alla francese. Mi divincolai un poco e così passò al collo, dove lasciò un succhiotto profondo.
Quando finalmente arrivò il momento, Riccardo si fece prendere dalla smania di concludere a dovere e in fretta e furia scaraventò il preservativo lontano.
"Vieni di nuovo a ingoiare troia"
In tutte le mie paranoie che stavo sviluppando, lui aveva continuato con il trash talking, cosa che mi avrebbe eccitato sicuramente fossi rimasta la Federica che conosceva. Vedendo che non reagivo prese l'iniziativa: "Ti vengo dentro allora"
"No ti prego" lo allontanai ma lui fece pressione. Per fortuna prima che mi inculasse ancora e mi farcisse come un bombolone alla crema arrivò all'orgasmo spalmando il piacere un po' sulla mia pancia, un po' sul letto e un po' sull'entrata dell'ano. L'ultimo lascito da maschio dominatore lo ebbe prendendomi di forza e trascinando il mio viso contro i suoi genitali. Ingoiai con ripugnanza quel pezzo di carne bitorzoluto e umido di sesso, leccando via tutto quello che mi comandava di pulire.
Un'ultima sonora sculacciata e anche per lui tornò la chiarezza di quello che stava facendo. Ci coricammo tutti e due in silenzio guardando il soffitto. Guardai il suo pene: si era ristretto ma era rosso fuoco, lo stesso colore che doveva avere il mio sedere perché lo sentivo palpitare e dolere con insistenza.
Percepii che mentre il tempo passava la mia voglia ritornava ma la sua ospitalità veniva a meno. Così mi esortò di andare a pulirmi dalla sborra di entrambi sparsa ormai ovunque sul corpo. Mi struccai anche e tolsi alla bell'e meglio le incrostature di liquido bianco rimaste sul reggiseno.
Quando uscii dal bagno aveva già raccolto le mie cose nello zaino e mi scortò fuori. Decise di accompagnarmi fino alla stazione in un clima freddo nonostante i gradi fuori segnassero 22°. In treno rimasi in piedi perché mi accorsi di avere davvero male a sedermi, la sera stessa mi arrivò un messaggio da Riccardo.
"Oggi sono stato benissimo, la Fede che mi hai fatto conoscere mi ha conquistato grazie alla sua sensualità ed emotività. Scusami se sono stato un po' distaccato alla fine ma mi stavo chiedendo se avessi fatto la cosa giusta. Secondo me sì, se anche te credi lo stesso ci vediamo domani a scuola."
Poi uno subito dopo.
"Appuntamento alle 10.10 in bagno"
Risposi con felicità e qualcosa che poteva somigliare ad un accenno di affetto. Poi cancellai i messaggi, troppo timida per permettere che qualcuno scoprisse il mio lato da maialina.
Avere questo rapporto con Riccardo nei mesi successivi si rivelò essere molto fruttuoso per Federica e al contempo la scuola diventò estremamente interessante.

The end.

Piccola precisazione:
La storia di femminillazione di Fede e tutto il bellissimo mondo che ne è conseguito è stata ormai scritta e riscritta nei miei racconti precedenti. Tra quelli romanzati per essere letti con più interesse fino a quelli rimasti intonsi in modo da fare trasparire l'evoluzione della ragazza che c'è in me. Questa primavera mi sono accorta che sono passati ormai più di 10 anni dalla prima volta in cui provai reggiseno e mutandine di mia madre prima e di mia sorella poi, sviluppando così gradualmente l'identità alla quale ero destinata da tempo ma che ancora non conoscevo. Acquisire questa consapevolezza durante l'adolescenza mi ha permesso di custodire con cura tutti i momenti intimi con me stessa come fossero un tesoro prezioso chiuso con una chiave di carne a punta. Agli inizi infatti consideravo il dono che la natura mi ha fatto (senza chiedere il permesso) come un ostacolo per vivere la mia vita come volessi veramente. Invece, caro mio pene, sei stato croce e sei stato delizia in questi anni di alternanza tra ragazzo per bene e ragazza libertina; mi hai concesso il gusto della trasgressione e a distanza di tutti questi anni accetto e apprezzo il connubio tra voglie femminili e ormoni maschili utile per dipingere un quadro in cui adesso riesco a discernere le mie due personalità opposte ma anche simili.
Questo racconto vuole toccare un momento in cui questa millantata separazione tra le mie due identità di genere non era ancora chiara, sottolineando quindi emozioni crude e reali di quella fase della mia vita.
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