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L'Imprevedibile evolversi di una fugace attrazione


di Esclamativo
18.12.2017    |    7.870    |    0 5.5
"Poco prima dell'incontro, Marco conobbe i nomi dello sfidante e del trofeo: Mauro e Grazia..."
Questo racconto è dedicato a un altro utente, che da molto tempo ormai non pubblica più le sue storie.

Era una calda domenica di luglio e Marco, assetato, si fermò in un bar per rinfrescarsi con una bibita. Acquistò la lattina e si sedette a sorseggiarla nel dehors innanzi al locale.
Davanti a lui scorse una coppia, che dall'età sarebbero potuti essere i suoi genitori, e rimase colpito dalle complici effusioni che marito e moglie si scambiavano seduti al tavolo. Lui era un uomo molto elegante, aveva un portamento fiero e l'abbigliamento rivelava un gusto sicuramente raffinato. Dalla camicia si potevano notare le sue possenti spalle che slanciavano il braccio nel culminare con mani molto grandi. La moglie indossava un vestito leggero, rifinito con delle voile sulle gambe e un'ampia scollatura sulla schiena. I due si lanciavano sguardi di veterana intesa, qualche bacio, e il marito saltuariamente lasciava scorrere una carezza sulla caviglia di lei che, stando seduta di fronte, con le gambe accavallate, li porgeva delicatamente il piede, adornato di un sandalo del colore dell'oro i cui riflessi rimavano con lo smalto rosso acceso delle unghie.
Marco, benché avesse compiuto trenta anni, non vantava molta esperienza, era impacciato e timido e anche alquanto effeminato; ma non poté evitare di sentirsi rapito da quella signora che trovava avvenente. Iniziò a fissarla con prepotenza, invidiando ciò che il marito poteva permettersi di fare con quel corpo esperto, dalle forme evidenti, ma spoglie di volgarità.
Lei si accorse dell'interesse ostentato dallo sguardo fisso del ragazzo, che con gli occhi pungolava il suo corpo in un sali e scendi continuo, occhi colmi di speranza nel collezionare frammenti di quella donna: dalle labbra cadevano sul collo, sulle spalle, sul seno coperto, e giungendo ai piedi, lo sguardo si scioglieva come un fiocco di neve una volta toccata la terra.
Forse, lei percepiva quello sguardo come un omaggio alla sua femminilità; il marito, voltandosi, si accorse dell'interesse del giovane e di come guardava la moglie, dell'insistenza, e della giovanile arroganza che fa credere a un ragazzo che, data la sua età, possa glorificarsi a icona del sesso per una donna più grande di lui.
L'uomo irritato da tanta spavalderia, si rivolse al giovane schernendolo e intimandoli, come si farebbe a un bambino capriccioso, di andare a pulirsi gli occhiali ormai appannati da tanto uso improprio.
Marco non si sentì minacciato da quelle parole, stranamente si sentì incoraggiato dallo sguardo di lei, mentre subiva il rimprovero, perché appena il marito si rivolse con quel tono, alla donna si corrugò la fronte e iniziò a danzare con gli occhi sul corpo del ragazzo; come scocciata dal fare del marito.
Marco, con gentilezza, si scusò per il suo comportamento, ma non evitò di essere sincero, anzi, rincarò la dose, sostenendo di non poter fare a meno di voler memorizzare tutti i pezzi di un puzzle così bello. La gentilezza però non riuscì a nascondere cosa poi avrebbe voluto fare, una volta chiuso in camera, con delle immagini così vivide nella sua memoria.
La moglie si intromise tentando di calmare il marito, ma questo servì solo a aumentare l'ira dell'uomo, che non poteva tollerare una moglie capace di soprassedere davanti un atteggiamento così insolente da parte di un ragazzino.
Proprio in quel frangente, il marito si propose di sfidare Marco. Avrebbero dovuto lottare; nel caso avesse vinto Marco, avrebbe potuto dilettarsi nel costringere la donna a spogliarsi davanti a lui e, se l'avesse ritenuto giusto, si sarebbe potuto persino toccare. Ma se avesse vinto il marito, sicuramente Marco si sarebbe pentito di tanto coraggio.
La sfida non poteva tenersi certo nel bar, alché i due coniugi proposero di raggiungere la loro casa.
Una volta là, a pochi passi da quel bar, si aprì la vista del salotto molto ampio, corredato con un grande tappeto al centro del pavimento, teatro perfetto per quel match.
Furono stabilite le regole di quell'incontro, anelante il trofeo della lussuria, non ci sarebbero stato colpi bassi, no calci o pugni, dovevano solo realizzare delle prese e sarebbe stato eletto vincitore chi riusciva a schiacciare e trattenere a terra l'altro.
Poco prima dell'incontro, Marco conobbe i nomi dello sfidante e del trofeo: Mauro e Grazia.
Lei rimasta attenta durante la contrattazione delle regole, avrebbe dovuto rivestire il ruolo di arbitro, e suggerì quindi di toglierci più vestiti possibili, elementi questi che avrebbero reso molto più facile afferrare i reciproci corpi durante la lotta.
Rimasti entrambi in intimo, Marco trasalì nel vedere l'abbondanza contenuta dai boxer di Mauro, a confronto lui era proprio poco dotato.

Il combattimento puskiniano iniziò, i due si agguantarono con forza, entrambi cercavano di imprigionare le braccia dell'avversario, e nel tentativo i loro corpi si contorcevano in un contatto osceno. In un primo momento Mauro afferrò Marco per i fianchi, lo avvicinò a sé immobilizzando il corpo del giovane, che, rimasto senza fiato a causa dello strattone, temette per una prematura sconfitta, ma con un abile gioco di gambe, riuscì a svincolarsi dalla presa, allontanarsi e acciuffare Mauro per un braccio e piegarlo dietro la sua schiena. Questo fece barcollare l'uomo e, sia per l'inaspettata reazione del giovane sia per il sudore perso dai corpi, scivolò a terra. Entrambi erano madidi. Marco pensò di avere avuto la meglio, sempre impugnando il braccio dell'uomo provò a salire sulla schiena di Mauro, ma questi, essendo più forte e corpulento, si imbizzarì sull'inesperto cavallerizzo, che disarcionato si trovò atterrato sulla schiena. Mauro si sedette sul giovane, afferrando i suoi polsi, e intimò a Marco di dichiararsi sconfitto. Quest'ultimo, a terra immobilizzato si sentì completamente sopraffatto, ma la situazione si rese ancora più umiliante quando Marco si accorse che durante la colluttazione la sue mutandine erano scese alle caviglie.
Mauro e Grazia si guardarono perdendosi in una fragorosa risata, perché, forse l'imbarazzo, o la foga, o il desiderio di guadagnare quel premio tanto ambito, ma ormai lontano nell'orizzonte, aveva reso il pene di Marco turgido di fronte ai due.

Lo sconfitto doveva pagare. Mauro si alzò, prendendo per i folti corvini capelli Marco e lo fece inginocchiare ancora con le mutande alle caviglie. Grazia, ormai smessi i panni di arbitro, ma ancora vestita come al bar, si sedette sul divano, curiosa di scoprire cosa aveva vinto il marito.
Marco in ginocchio era davanti il corpo di Mauro, e rimase allibito quando vide l'uomo togliersi l'intimo e liberare l'abbondante pene eretto, che lo aveva impressionato minuti prima, e che adesso lo spaventava ancora di più.
L'uomo mostrò a Marco cosa serviva per fare felice una donna come Grazia e avvicinandosi, portò il suo glande a pochi millimetri dal volto di Marco, che ancora in erezione, era perso tra le sensazioni date dalla paura, lo sgomento, e una strana eccitazione. Mauro appoggiò un piede sui suoi genitali, senza schiacciare, ma quanto bastava per far sentire Marco subordinato e costretto al maschio dominante.
Mauro ruotò il bacino di scatto e una prima sferzata colpì il volto di Marco, seguì un secondo colpo e un altro, un altro ancora. L'uomo lo stava schiaffeggiando col pene, l'umiliazione massima. Grazia mentre assisteva a tutto ciò iniziò a eccitarsi, si spogliò senza inibizioni e colta da un raptus erotico prese a toccarsi il clitoride con aggressività, stese velocemente una gamba sul divano, lanciando nell'aria una rossa scia, data dallo smalto dei suoi piedi, come a segnalare pericolo, l'altra gamba oscenamente persa sul tappeto.

Mauro, schiaffeggiato il ragazzo, lo intimò di prestare le sue servili scuse al membro, appoggiando il glande sulle labbra di Marco. Marco pensò che fosse sufficiente dire "scusa", ma si sbagliava grossolanamente, l'uomo pretendeva un soffice bacio sul pene. Marco deglutì, e avvicinò le labbra semi aperte a quel coso enorme, ma di scatto si sentì afferrare la testa da Mauro che lo obbligò a accogliere tutta l'asta in bocca.
Non servirono altre parole. Marco iniziò a fare una cosa che non aveva mai nemmeno immaginato, iniziò a succhiare il pene di quell'uomo così superiore, ma la cosa che lo stupì maggiormente, fu il piacere che ne traeva e avendo ancora il piccolo pene sotto il piede di Mauro, sentendolo pulsare, iniziò a muoversi avanti e indietro come un animale.
Grazia era affascinata da quella scena e ancora più innamorata di un uomo capace di sottomettere il suo rivale fino a umiliarlo sessualmente. Fino a far desiderare al subordinato di poter ottenere del piacere, procurando un servizio così degradante al maschio alpha.

Mauro chiamo a sé Grazia, non si era dimenticato come questa aveva tentato di giustificare al bar l'atteggiamento del discolo. La prese per i capelli e la fece chinare per farsi leccare il piede che tratteneva il pene di Marco. Marco era in trance, aveva la bocca che veniva sbattuta dal pene di Mauro e ogni tanto sentiva le labbra e la lingua di Grazia che, tentando di omaggiare quel piede, entrava sovente in contatto col pene del giovane.
Quando il servizio raggiunse il termine, Mauro si allontanò da Marco, prese Grazia per i capelli, la voltò di spalle e iniziò a penetrarla con furia.
Guardando severamente Marco, aggiunse:"Ti sarebbe piaciuto fare questo, vero?". Marco non esitò nemmeno a rispondere, perché subito Mauro indicò i suoi piedi e quelli della moglie, e senza altre parole, fu subito chiaro il ruolo del ragazzo durante quell'oscena copula. Marco a quattro zampe si avvicinò ai due e servilmente baciò i quattro piedi. Provava disgusto nel lambire quelli di Mauro, ma un piacere intenso, peccaminoso e fedifrago, nel gustare quelli di Grazia.
E il marito, fin troppo esperto, si accorse pure di questo, e quando raggiunse il culmine del piacere si staccò da quel corpo follemente eccitante di Grazie per riversare l'amplesso su quei graziosi piedi.
Marco sapeva cosa fare. Quando l'uomo ebbe finito e messosi a sedere sul divano con la stessa superbia di un re mentre conquista il proprio trono, il giovane, sempre in ginocchio, chinò la testa e pulì con amorevole lingua i piedi di Grazia.
Marco sperava che con quelle premure, avrebbe potuto guadagnarsi il permesso di avere un orgasmo, perché ormai aveva ben chiaro quanto fosse stato bello avere partecipato a una sfida simile.
Grazia guardò Mauro con uno sguardo comprensivo e materno, ricambiato da quello del marito che non celava il consenso di chi riconosce la pietà del proprio sconfitto: "sì, Grazia, ne ha avuto abbastanza". Allora la donna si avvicinò a Marco, sfiorò il suo pene col piede ormai lindo, e con pochi movimenti fece venire il ragazzo. La scia rossa lasciata dallo smalto, che seguiva il veloce movimento del piede, fu spezzata solo dagli abbondanti fiotti che fuoriuscivano dal glande tumido.
Grazia si sedette sul divano vicino a Mauro e Marco, senza alzarsi, si avvicinò alle loro gambe e si accucciò ai loro piedi.
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