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Lui & Lei

L’osteopata (prima parte)


di ilcap
07.09.2015    |    10.917    |    0 8.8
"Nel mio caso per fortuna grave non lo era, si trattava di una lieve infiammazione alla spalla sinistra e dopo alcuni esami di controllo il medico mi..."
A chi fa attività sportiva prima o poi capita di incorrere in qualche infortunio che può essere più o meno grave. Nel mio caso per fortuna grave non lo era, si trattava di una lieve infiammazione alla spalla sinistra e dopo alcuni esami di controllo il medico mi consiglia, oltre al riposo, qualche seduta dall’osteopata che a suo parere mi avrebbe giovato. Non conoscevo questa figura professionale e non conoscevo nemmeno nessuno che praticasse questa professione e così mi faccio consigliare direttamente dal medico che m’indirizza presso lo studio di una ragazza giovane ma già molto in gamba a suo dire.
La chiamo e fisso il primo appuntamento per un sabato mattina a mezzogiorno. Arrivo sul posto, la sala di attesa era vuota, a quell’ora dovevo essere l’ultimo tuttavia c’era qualcuno dentro e così ho aspettato fino a quando è uscita molto trafelata una signora anziana. Dopo qualche minuto sento dei passi, la porta dello studio si apre e vedo affacciarsi una ragazza minuta, mora, capelli corti, che avrà avuto 27-28 anni. Mi guarda e con un sorriso solare e professionale mi dice: “Prego, si accomodi!”.
Mi alzo ed entro nel suo studio, ero abbastanza sopreso di trovarmi di fronte una ragazza così giovane ed anche un pò spiazzato dal fatto che fosse molto carina.
Iniziamo il colloquio conoscitivo in modo molto professionale, dalla conversazione percepisco che anche per lei non è comune trovarsi di fronte pazienti “giovani” avendo normalmente a che fare con persone anziane con problematiche legate all’età. La coversazione diventa più informale, le racconto i dettagli del mio infortunio, dei controlli medici e dei fastidi che sento, ad un certo punto considerando la breve distanza anagrafica mi chiede se possiamo darci del tu in modo da rendere il dialogo più diretto e spontaneo, cosa importante a suo dire per comprendere meglio le mie parole.
Al termine del colloquio mi dice: “Bene, adesso andiamo di la sul lettino, dovresti spogliarti e restare in mutande e calzini.” Ci alziamo assieme, lei va al lavandino a lavarsi le mani ed io mi avvicino all’attaccapanni ed inizio a spogliarmi su un tappetino fino a rimanere in boxer e calzini. Prima mi fa salire su una bilancia per pesarmi e poi mi dice rimettermi in piedi sul tappetino e rimanere dritto e fermo davanti a lei voltandole le spalle. Rimango in quella posa per un minuto abbondante non capendo cosa stesse facendo e con un certo imbarazzo che iniziava a salirmi, poi con una voce leggera mi dice: “Adesso girati”. Mi giro, lei è li, ferma di fronte a me appoggiata ad un tavolino che scruta la mia corporatura dal basso all’alto, ogni centimetro delle mie gambe, dei miei muscoli, delle mie ossa, non posso fare a meno di guardare la sua espressione incuriosito e imbarazzato allo stesso momento: in mutande davanti ad una ragazza più giovane di me che osserva ogni angolo del mio corpo...
Passato quel minuto eterno d’imbarazzo mi fa distendere sul lettino ed inizia a toccarmi e massaggiarmi la spalla, non senza dolore da parte mia, ma resisto stoicamente. Le sue mani sono calde e piccole ma hanno una certa forza che si concentra nelle dita, durante la seduta sono molto teso e attento al suo tocco ma solo per paura del dolore. Al termine della seduta mi alzo e mi rivesto, mentre lei si avvia per lavarsi le mani mi dice che ci saremmo potuti rivedere tra una settimana, io le rispondo che per me non c’erano problemi, nel rivolgerle la parola alzo lo sguardo e nello specchio del lavandino incrocio il suo che però furtivamente si abbassa, quasi come ad essere stata beccata a spiarmi mentre mi rivestivo. Fuori dallo studio, ripensando alla scena, mi è venuto un po da sorridere ma non ho dato molto peso alla cosa, si trattava certamente di una casualità.
Al secondo appuntamento ovviamente saltiamo il colloquio e mi fa accomodare direttamente nella studio per la seduta. Mentre mi sto spogliando lei è ancora al lavandino, scambiamo due parole in cui mi chiede come sta la mia spalla dopo la prima seduta e di nuovo alzando lo sguardo incrocio il suo nello specchio. Sto per sbottonarmi la camicia e quasi come a cercare un angolo di pudore mi giro di spalle, nella parete di fronte a me però c’è un altro specchio e da questo posso vedere i movimenti di lei che però non si accorge di essere guardata. In compenso io mi accorgo che mentre mi sbottanavo e mi sfilavo i pantaloni lei mi fissava immobile dallo specchio del lavandino con le mani ferme sotto l’acqua.
Mi giro e le dico: “Ecco, io sono pronto!”, e lei sorridendo mi risponde: “Bene, anche io!”. Ero nuovamente di fronte a lei in mutande, stavolta l’imbarazzo per me era evidente e a fatica trattenevo il sorriso, lei invece con un’aria molto professionale inizia a visitarmi, ad un certo punto mi fa girare di spalle e mi fa abbassare la schiena in avanti, sento le sue mani calde sulla schiena, con le dita mi scorre tutta la spina dorsale fino alla zona lombo-sacrale e per un attimo sento le sue dita insinuarsi nell’elastico dei boxer.
“Bene, adesso ti puoi sollevare” mi dice con un filo di voce rassicurante quasi a istaurare un momento d’intimità. Lei mi gira intorno e con nonchalance infila le dita della mano destra nell’elastico dei boxer sul davanti per tirarmeli su. La disarmante naturalezza di quel gesto mi ha spiazzato, quasi non mi ero accorto che nel movimento i boxer a vita bassa che indossavo erano calati leggermente e mi ritrovavo l’elastico ad un centimetro delle mie parti intime. Il suo è stato un gesto ed un segno di attenzione che mi ha stupito e gratificato allo stesso tempo, quasi come una geisha che dedica le attenzioni al suo padrone per non farlo sentire mai a disagio.
Durante il resto della seduta ripensando a questo gesto riuscivo a trovare in ogni suo tocco ed in ogni suo lieve movimento quel segno di attenzione verso di me che piano piano mi rilassava e mi faceva sentire sempre più nelle sue “buone” mani. Questa cosa mi piaceva e non nascondo che iniziava anche ad eccitarmi, ero sdraiato su un lettino in boxer ed ero nelle mani fatate di una bella ragazza.
Arrivato il momento di girarmi sul lettino sento che il mio sesso aveva preso una certa consistenza anche se non si poteva dire che ero propriamente eccitato. Nel voltarmi cerco volutamente il suo sguardo, che come immaginavo non potè fare a meno di cadere sulla protuberanza dei miei boxer, ma sia io che lei facemmo finta di nulla e la seduta proseguì come niente.

Le nostre sedute andarono avanti per qualche settimana, la mia spalla migliorava ed in più devo ammettere che ogni volta che fissavo un appuntamento con lei non vedevo l’ora che arrivasse per concedermi un oretta di rilassanti e piacevoli massaggi nelle sue mani. Dopo diverse sedute il ghiaccio tra noi era rotto ma il rapporto era sempre rimasto molto professionale, come deve essere tra curante e paziente, tuttavia non disdegnavo sentire le sue mani sul mio corpo e nemmeno le sue toccatine, anche se indotte dai suoi movimenti curativi. Credo anche che lei se ne fosse accorta ma ebbi la sensazione che questa cosa le desse tutt’altro che fastidio.
Venne il giorno della nostra ultima seduta, la primavera era ormai inoltrata e l’estate si avvicinava, siamo in quel periodo dell’anno in cui c’è il risveglio dei sensi e le donne iniziano ad indossare abiti leggeri e sempre più piacevolmente scoperti. Chiara, questo il nome della mia osteopata, nelle sedute invece indossa sempre la classica blusa da infermiera però di colore celeste. Trattandosi dell’ultima seduta fu una sorta di visita di controllo generale per tastare lo stato di tutti i miei muscoli e delle articolazioni. Ero sdraiato sul lettino a pancia sotto ed in un passaggio dei suoi gomiti sulla mia schiena sentì nell’appogiarsi su di me qualcosa che non avevo ancora sentito prima. Incredibilmente mi sembrò di sentire i suoi seni che nel passare sulla mia schiena strusciavano su di me, una volta, due, tre. Eppure non li avevo mai sentiti prima di allora, qualcosa doveva essere cambiato nei suoi movimenti. La sensazione era ovviamente molto piacevole, sentivo bene i suoi capezzoli e questo mi fece immaginare che fossero duri, la mia testa fantasticava mentre qualcos’altro nel frattempo si era svegliato. In un suo passaggio davanti alla mia vista l’occhio mi cadde sotto le sue braccia alzate e dalla manica della blusa si capiva chiaramente che sotto di essa la ragazza non indossava nulla, niente t-shirt e niente reggiseno. A quel punto ebbi la certezza che quelli che sentivo erano effettivamente i suoi capezzoli duri.
Non potevo certo sapere se la cosa fosse stata voluta o fosse dettata semplicemente da una sua distrazione o dal caldo, sapevo però che ormai l’eccitazione mi era montanta bene e così a fine seduta temporeggiai sdraiato sul lettino prima di alzarmi.
Lei mi chiese se andava tutto bene, io le risposi che andava benissimo, e lei sorridendomi e facendomi un occhiolino di complicità si avviò alla scrivania nell’altra stanza per prepararmi la fattura.
Io non sapevo più cosa fare, era ormai evidente una certa malizia in alcuni gesti da parte sua ed avrei voluto cogliere l’attimo, ma avevo il timore di fare una figuraccia.
Presi coraggio, e così dopo averle saldato il conto le dissi: “Bene, e adesso che ti ho pagato e non c’è più alcun vincolo professionale tra noi, ti posso finalmente chiedere se ti va di bere qualcosa con me una delle prossime sere. Che ne dici?”
A queste mie parole vedo il suo sguardo illuminarsi e con un sorriso che diceva molto di più rispose: “Perchè no, potremmo vederci per un aperitivo domenica sera!”.
Quando uscì dal suo studio avevi i giri a mille, anche perchè avevo la sensazione che non ci saremmo visti solo per prendere un aperitivo....
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