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Gay & Bisex

Il Battaglione Sacro - 2


di adad
15.03.2022    |    4.809    |    10 9.5
"Dopo un po’ si ritrovarono entrambi a torcersi e sospirare in preda ad un piacere, di cui prima non avrebbero immaginato neanche l’esistenza..."
L’urgenza di godere premeva in ogni fibra del suo corpo, ma Euristos voleva prolungare più a lungo possibile quei momenti che non erano solo di piacere fisico, ma soprattutto di estasi dell’anima. Stringere finalmente fra le braccia quel ragazzo che ammirava, che desiderava da così tanto tempo, scorrergli con il cazzo fremente fra le cosce calde, sentire il glande strusciargli sotto le palle… L’ondata di felicità che lo sommerse fu talmente grande, che quasi lo spaventò: e se qualche dio geloso…
“No… no… no…”, gemette, vieppiù stringendolo a sé, mentre inconsapevolmente accelerava il ritmo.
La tempesta lo travolse. Con un grido strozzato si inarcò, nella foga dell’orgasmo quasi azzannando la nuca di Cleonte, e dai testicoli contratti schizzò fuori un flusso intermittente di sperma colloso che sembrava non dovesse mai finire.
Rise Cleonte, sentendosi imbrattare di liquido viscido e denso l’interno delle cosce e delle natiche, e allungò la mano per spalmarselo sulle palle, ormai guarite, e sul cazzo dolorante per l’eccitazione ancora insoddisfatta.
Ma anche Euristos allungò la mano e, sempre tenendolo stretto a sé con l’altro braccio, gli prese l’uccello e continuò a spalmarlo con la sua sborra, finché la pelle non l’ebbe del tutto assorbita; poi, chiuse la mano a pugno sulla punta e diede un forte strattone all’ingiù, aprendogli il prepuzio e facendosi scivolare l’asta fra le dita strette.
Cleonte urlò e si divincolò alla fitta di dolore straziante, ma Euristos, lo tenne fermo, baciandolo dolcemente sul collo e continuando a tenere stretto nel pugno il cazzo incredibilmente ancora più duro.
“Perdonami, amore, - gli sussurrò, fra un bacio e l’altro – ma era necessario per farti diventare un uomo… il mio uomo…”.
Quindi, incurante del dolore che l’altro potesse provare, cominciò lentamente a masturbarlo. Del resto, anch’egli aveva subito quel trattamento, e non da un amante premuroso e innamorato, purtroppo, ma da qualcuno che si era approfittato di lui in ancor tenera età.
Nonostante il dolore, però, l’urgenza di godere era assillante in Cleonte, che cominciò a muoversi lui stesso nel pugno stretto dell’amato. Ma così facendo, ridestò anche gli ardori non ancora sopiti di Euristos, il cui cazzo, tuttora stretto fra le sue cosce, riprese in fretta il suo turgore, così che il ragazzo si trovò ad essere promotore assoluto del piacere che stava procurando a se stesso e all’amante. Euristos si limitava a stringerlo a sé, lasciando che fossero le cosce scivolose di Cleonte a scorrere sul suo cazzo nuovamente fibrillante, mentre teneva fermo ben serrato il pugno entro cui il ragazzo stava sperimentando la prima estasi della sua vita. Nulla erano infatti le sue masturbazioni adolescenziali, in confronto a questo. Vennero pressoché assieme; ma se l’orgasmo di Euristos fu questa volta tranquillo, non altrettanto fu quello di Cleonte, che si sentì trafiggere l’asta dolorante dalle fitte di piacere susseguentesi ad ogni scatto dell’eiaculazione. Dolore e piacere, in una mescolanza sublime che lo mandò fuori di testa e lo fece urlare senza controllo, mentre si dimenava fra le braccia di Euristos.
Quando si fu placata la foga dell’orgasmo, l’uomo allentò la stretta e Cleonte si voltò, adesso faccia a faccia. Era stravolto, gli occhi sbarrati sul volto pallido e sudato, ma, ricambiando l’abbraccio, si avventò senza esitazione sulle labbra ancora palpitanti di Euristos e gli spinse in bocca la lingua, cercando freneticamente la sua, mentre gli premeva contro l’inguine impregnato e viscido della duplice sborra.
Era pomeriggio inoltrato, quando finalmente, dopo ulteriori orgasmi, la loro furia libidinosa sembrò placarsi e i due ritrovarono il controllo. Nessuno nel frattempo li aveva disturbati, forse consapevoli di quanto si stava consumando nella capanna.
Euristos si alzò dal lettuccio fradicio di sudore e chissà cos’altro, prese una pezzuola da un tavolo lì vicino e ripulì amorosamente l’untume dalle cosce e dall’inguine di Cleonte, prima di darsi una ripulita sommaria pure lui. Poi tese la mano all’amato, ancora disteso, e:
“Vieni, - gli disse – andiamo a ripulirci nella palestra.”
Uscirono, tenendosi per mano e battendo gli occhi per la luce del sole ancora alto. Nessuno sembrò far caso a loro, ma in realtà mille occhi li seguirono, alcuni ammirati per la loro bellezza e per la perfezione dei loro fisici, altri felici per loro, ma non mancò chi fu punto dall’invidia o dalla gelosia. Non pochi avevano posto gli occhi sull’uno o sull’altro, e adesso dovettero accettare l’evidenza, rammaricandosi in silenzio di non essere stati abbastanza solleciti a farsi avanti. Raggiunti gli spogliatoi, Euristos per primo unse d’olio le belle membra di Cleonte e vi cosparse finissima polvere d’argilla, che poi raschiò via con l’apposito strumento, lo strigile, che si portò via ogni traccia di sporco e di untume. Quindi fu la volta di Cleonte, la cui mano tremò non poco, quando si trovò a percorrere il corpo dell’amante. Alla fine si versarono addosso dell’acqua tiepida, per completare il lavacro, si asciugarono e, coperti da una tunica leggera per il fresco serale, si recarono alla mensa.

Fu così che iniziò la loro storia d’amore, da uno schiacciamento di palle lenito da un unguento di menta spalmato con mano amorosa. Ma quello fu solo il primo giorno: altri ne seguirono, mentre anche i restanti ragazzi dell’addestramento trovavano via via i loro maestri, sia pure in maniera meno drammatica e spettacolare.
E iniziò anche la parte più dura, ma anche più entusiasmante dell’addestramento: durante il giorno Euristos allenava Cleonte nei giochi sportivi, nella corsa, nella lotta, nel pancrazio, che lo teneva sempre in apprensione per la sua brutalità; oppure nel combattimento con la lancia o con la spada; la sera gli parlava di filosofia, gli spiegava le idee di Platone, gli insegnava a suonare la lira e a cantare i versi dei grandi poeti del passato.
Ma la notte era tutta per loro e i due si amavano con lo stesso ardore del primo giorno, se non di più, scoprendo ogni volta nuovi giochi e nuovi piaceri.
Una volta, dopo lunghi preliminari di baci e di carezze, mentre Euristos si apprestava a fargli scivolare l’uccello fra le gambe:
“Aspetta, - gli disse Cleonte, che si sentiva particolarmente eccitato – facciamolo diverso.”
“Diverso?”
“Facciamolo come Ares con la bella Afrodite…”
“Che vuoi dire?”
“Possiedimi davvero, Euristos… Mettimelo dentro come se fossi la tua donna… - e afferrò con la mano il suo cazzo fremente – voglio sentirlo vivere dentro di me… ti prego… voglio accogliere il tuo seme… Voglio essere la tua Afrodite questa notte.”
“Tu sei sempre la mia Afrodite, amore, ma tra uomini non si fa…”
“Che importa quello che si fa o non si fa? Basta che lo vogliamo e tutto si può fare. E poi… noi siamo votati alla morte, amore mio: ti interessa davvero che tra uomini non si fa?”
E mentre diceva queste parole, Cleonte lo eccitava ulteriormente, carezzandogli il cazzo con mano leggera e nel contempo manovrando fino a poggiarsi sullo stretto orifizio la cappella sbavata di sugo.
Euristos non diceva niente, combattuto fra il desiderio farlo nel culo dell’amato e la resistenza a compiere un atto proibito dalle consuetudini; ma quando il suo glande avvertì la tenera mucosa che si apriva ad accoglierlo, allora perse ogni ritegno e con un grugnito spinse dentro, forzando la stretta dello sfintere e violandone la verginità. Cleonte gemette per il dolore che l’intrusione, per di più a secco, gli procurava, ma non demorse, deciso ad omaggiare di se stesso l’amante.
Entrambi ansimavano e guaivano, Cleonte per il piacere appagante di accogliere l’amante dentro di sé e la soddisfazione di sopportare per lui una tale sofferenza;
Euristos per il piacere straziante di penetrare in quel foro strettissimo, che sembrava strappargli via la pelle dal cazzo.
La penetrazione fu lunga e sofferta da ambo le parti, ma quando fu completa, quando il cazzo di Euristos fu tutto dentro il culo di Cleonte fino alle palle, entrambi scoprirono che il dolore si andava pian piano mutando in un senso di languore e poi di piacere. A questo punto, l’uomo strinse forte a sé l’amato, premendogli con forza il bacino sul culo; il ragazzo allungò indietro le mani, afferrò le natiche dell’amante e lo tirò a sé con forza, quasi volesse che gli entrasse dentro tutto: tale è la potenza della passione, quando due corpi innamorati arrivano a congiungersi.
Rimasero fermi, respirando pesantemente, mentre i loro corpi si adattavano a quella nuova situazione: lo sfintere di Cleonte si rilassò e avvolse con morbida saldezza la verga di Euristos, che, sentendosi libero, cominciò a muoversi nel culo dell’amato, dapprima lentamente, quasi impacciato, timoroso di fargli male; poi con scioltezza e sempre maggiore gagliardia. Certo, così era molto più bello che farlo in mezzo alle cosce. Ma anche per Cleonte era molto più bello sentire quella mazza poderosa muoversi e vibrare dentro di lui.
Dopo un po’ si ritrovarono entrambi a torcersi e sospirare in preda ad un piacere, di cui prima non avrebbero immaginato neanche l’esistenza. Ma fu al momento dell’orgasmo che i due strabiliarono, quando Euristos si ritrovò a schizzare non al vuoto, ma nella morbida guaina del retto di Cleonte, che a sua volta avvertì ogni
fremito, ogni scatto, ogni fibrillazione del cazzo che gli stava godendo dentro. Fu un subbuglio di emozioni che li sconvolse, tanto che, dopo, rimasero a lungo avvinti, in silenzio, con la mente del tutto vuota, tranne che delle sensazioni appena vissute.
Quando il cazzo molle di Euristos sgusciò fuori con un plop, Cleonte si rigirò fra le braccia dell’amante e tornarono ad abbracciarsi, tremando, senza parlare.
“Era questo che gli dèi non volevano farci scoprire…”, mormorò Cleonte.
“Ti ho fatto male?”, gli chiese Euristos.
“Un po’, quando sei entrato… ma dopo è stato incredibile…”
“Anche per me…”
“Lo faremo ancora, vero?”
“Vorresti forse tornare indietro?”, rispose Euristos con un’altra domanda.
“Certo che no!”, ghignò Cleonte e gli prese la mano, portandosela all’inguine per farsi masturbare.
Potremmo dire che iniziò una nuova vita? In realtà non fecero che rendere più ricca quella meravigliosa che già vivevano.

Ma nuvole tempestose si profilavano all’orizzonte: Filippo di Macedonia aveva messo gli occhi sulla Grecia, intenzionato ad estendervi il suo dominio. Indebolite da un secolo di lotte fratricide, le Città greche non erano in grado di resistere; tuttavia, fecero il possibile: Atene promosse un’alleanza a cui si unirono Sparta e Tebe, schierando un esercito comune.
Era il secondo anno della centodecima Olimpiade, quando l’esercito macedone e quello greco si trovarono schierati nella piana di Cheronea, pronti ad una battaglia senza speranza.
Il Battaglione Sacro tebano era in prima linea, ma nulla poté il valore di quei guerrieri contro la potenza feroce della falange macedone, guidata dallo stesso Alessandro. Dopo qualche ora di combattimento la maggior parte del Battaglione Sacro era stato abbattuto..
Cleonte ed Euristos e pochi altri, stanchi e coperti di sangue, proprio e altrui, ancora resistevano: dopo aver respinto l’intimazione ad arrendersi, si strinsero gli uni agli altri per l’ultimo combattimento.
“Per la vita.”, mormorò Cleonte, guardando Euristos con gli occhi che gli brillavano di una tristezza infinita.
“Per la vita.”, rispose Euristos, ricambiando il suo sguardo.
Cleonte fu il primo a cadere, trafitto al petto da una lancia nemica; Euristos si batté come un leone, perché il suo corpo non fosse profanato. Poi cadde anche lui e ad uno ad uno caddero gli altri.
Con i vinti, rimase sul campo anche la libertà della Grecia, morta per sempre.

FINE

[Nota dell’Autore: la battaglia di Cheronea si svolse nel 338 a.C. Sul finire del 1800, durante degli scavi archeologici, venne scoperta una fossa contenente 240 scheletri: erano i corpi del Battaglione Sacro, sepolti tutti assieme, in riconoscimento del loro valore. Nelle vicinanze vennero trovati anche i frammenti di un leone di marmo, che i Tebani avevano eretto in loro ricordo qualche anno dopo. Ricomposto e restaurato, il Leone di Cheronea è tuttora visibile a chi passa per quelle contrade.]
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