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incesto

Guido - seguito


di Discobolo
24.03.2023    |    5.009    |    0 6.7
"Gli stimoli elettrici che partivano dalle sue palle, si diffondevano violentemente in su, per la colonna vertebrale, a scuotere tutto il suo corpo con colpi..."
Capitolo 5 – Un’avventura in Spagna.
Erano trascorsi due anni da quando Nunzio aveva partecipato al congresso aziendale di Parigi. La sua ditta organizzava quelle solenni premiazioni ogni due anni e Nunzio, in considerazione dei sempre brillanti risultati ottenuti, era sempre tra gli invitati perché tra i premiati.
Fu così che, in quell’anno, venne invitato, come al solito con accompagnatore o accompagnatrice, alla premiazione che fu organizzata a Valencia. La celebrazione prevedeva anche due settimane di convegno, per corsi di aggiornamenti alla rete produttiva spagnola, con giornate di incontri di lavoro intervallata da gite e da giornate di libertà.
Nunzio avrebbe dovuto fare da istruttore. All’arrivo della convocazione si pose il problema di chi avrebbe accompagnato Nunzio in questa nuova gita, che si prospettava ricca di soddisfazioni turistiche oltre che di nuove esperienze, nuove conoscenze di colleghi e colleghe degli altri Stati europei, di eventi nuovi e mai prima vissuti. La seconda settimana del congresso sarebbe anche culminata con la grandissima festa religiosa di “Maria Mare de Deus”, la più importante della città di Valencia e di tutto il Paese Valenciano, ricca di sfilate in costume ed, in chiusura, con il grande festival della “masquetà”, gara internazionale tra i migliori produttori di fuochi artificiali del mondo.
Gilda fu la prima a glissare, adducendo di non voler lasciare per tanti giorni i suoi anziani genitori, che adesso vivevano in un appartamento dello stesso loro condominio, da soli. Fu irremovibile nel dire che lei non sarebbe andata.
Anche Anita dovette passare la mano, perché impegnata a tenere uno stage, importantissimo per la sua futura carriera, al quale non poteva certo rinunciare per una gita, per quanto bella e promettente potesse essere.
Fu giocoforza puntare su Guido, il quale in verità non era tanto entusiasta della prospettiva di una gita con papà che, comunque si sarebbe rivelata molto noiosa, anche se istruttiva. A lui la Spagna in generale, e Valencia in particolare, non dicevano proprio nulla. Né poteva pensare che in due settimane, e con gli impegni di papà che lo avrebbero costretto a lunghe ore o in camera o nella hall dell’albergo, avrebbe potuto aspettarsi di racimolare gradevoli avventure di qualsiasi genere.
Ma non si poteva “perdere” l’occasione di una gita gratuita (anzi, spesata dalla ditta), in un albergo a cinque stelle almeno, e forse avrebbe potuto frequentare la piscina e lì avere la possibilità di ottimi incontri occasionali.
Quindi, un sabato mattina, Nunzio e Guido si imbarcano su un volo Alitalia Roma-Madrid e, da questa ultima città, raggiungono con un pullman gran turismo la città di Valencia.
L'Hotel Urbem Valencia, dove sono stati prenotati, offre una posizione ottimale, nelle immediate vicinanze della città delle Arti e delle Scienze, disegnata da Santiago Calatrava, ed è un hotel 4 stelle di design a Valencia. Nei dintorni dell'albergo si trovano ottimi ristoranti, bar, caffetterie, centri commerciali e l'animatissimo porto.
Questo hotel a Valencia è ubicato in una zona molto tranquilla e dispone di giardino, lounge bar, ristorante, terrazza, sala TV, sale riunioni, salone di bellezza, palestra e un fantastico centro Spa con bagno turco, trattamenti a base di fanghi e cabina massaggi.
Guido aveva accertato questi requisiti su internet, e quindi aveva cominciato a riconsiderare le prospettive di una vacanza che poteva diventare veramente sfiziosa.
La sera i due vanno a cena in un ristorantino tipico che aveva loro consigliato la ragazza della reception, molto vicino all’albergo, in modo da non allontanarsi troppo col rischio di non ritrovare la strada.
La cena è più che soddisfacente, con cinque o sei portate a base di pesce, che poi era la passione sia del padre che del figlio. Bevono, ma poco, un vinello bianco della contrada, ben freddo, e finiscono con un semifreddo al limone veramente buono. Anche il prezzo è più che soddisfacente: per tutto quel ben di dio, pagano solo ventinove euro a persona.
Dopo cena, stanchi e frastornati anche dal viaggio, decidono di andarsene a riposare, rimandando ai giorni successivi la ricerca di locali per divertirsi.
Salgono in camera, fanno a turno la doccia e, tenuto conto del caldo, che non vogliono combattere con il condizionatore d’aria per paura di malanni, si buttano nudi sui rispettivi lettini.
La camera, in verità, non è molto grande, per cui i due letti, seppure singoli, sono proprio accostati l’uno all’altro, quasi a letto matrimoniale.
Prendono immediatamente sonno entrambi. Ma dopo qualche ora Guido si sveglia con un grande senso di arsura in gola. In effetti la zuppa di pesce, molto piccante, gli ha procurato una bella sete. Si alza piano dal letto ed a tentoni cerca il frigobar per prendere un’acqua minerale. Ma, non ancora padrone degli spazi, sbatte alla scrivania ed il rumore sveglia anche Nunzio.
“Che stai facendo?” – chiede il padre.
“Stavo cercando di bere; ho una sete del diavolo.”
“Ah, bene, danne un poco anche a me, che ho anch’io una gran sete.” Ed a quel punto Nunzio accende la lampada sul suo comodino.
Guido preleva dal frigo una bottiglia di minerale e due bicchieri, ne riempie uno a metà e lo porge al padre. Poi riempie l’altro e beve stando in piedi.
Gli occhi di Nunzio si posano involontariamente sul cazzo di Guido che, forse anche per uno stimolo di pipì, si è molto gonfiato e sventola in avanti quasi eretto.
“Che c’è?” – dice ridendo Nunzio – “Hai fatto qualche bel sogno erotico”.
“Ma no, pa’. Credo che sia la pipì che me lo ha drizzato.” E ride anche lui. Quindi va in bagno, poi torna e si rimette sdraiato. Nunzio spegne la lampada.
Nunzio vorrebbe riprendere sonno, ma stranamente il pensiero gli torna al cazzo del figlio.
“Caspita,” – pensa – “non mi ero mai accorto che Guido è così ben fornito. Chissà quante amichette riesce a soddisfare!”
In effetti, Guido è assai ben fornito; un affare che, a piena erezione, raggiunge i 22-23 cm di lunghezza, di forma quasi perfettamente cilindrica, diritto, con un diametro di 5-6 cm ed una bella cappella completamente libera dal prepuzio, ben disegnata e col collettino leggermente sporgente.
Anche a Nunzio comincia a crescere l’uccello tra le gambe, pian piano, e si ritrova ad accarezzarlo leggermente nel buio della stanza.
“Oddio,” – sbotta dopo qualche minuto Guido – “mi è passato il sonno. Tu stai dormendo?”
“In verità, ho anch’io difficoltà a riprendere sonno.” E in così dire si rigira sul fianco, verso l’altro letto.
Proprio nello stesso momento, anche Guido si gira verso il letto del padre e, del tutto involontariamente, la sua mano va a finire proprio sul cazzo di Nunzio.
“Che c’è, pa’? Ti sei arrapato anche tu?”
“Beh, sì. Ma non preoccupartene.”
“Hai bisogno di pisciare anche tu?”
“No, in verità il motivo della mia erezione è un altro.”
“Ah, sì? E quale sarebbe questo motivo?” Guido aveva lasciato la sua mano a contatto del cazzo del padre, il quale, dal canto suo, non si era scostato per nulla.
“Francamente, sono rimasto impressionato dalla tua dotazione. Era molto che non ti vedevo nudo, e poi mai mi era capitato di vedertelo semieretto.”
In casa non c’erano mai stati tabù. Si parlava liberamente anche di argomenti sessuali, ma certamente sempre in forma discorsiva e informativa, mai in forma morbosa. Comunque, nulla di strano che tra i due il discorso fosse finito in quei termini.
Guido, intanto, a quel genere di discorso si era anche lui arrapato e con la mano che già toccava il cazzo paterno gli venne spontaneo afferrarlo a piena mano, pur senza fare alcun movimento; l’altra sua mano era finita sul suo cazzo e lo stava lentamente masturbando.
Il padre si rese conto del movimento del figlio; non voleva che fosse lui a subire un eventuale sviluppo sessuale tra loro, per cui allungò subito la sua mano, ne scostò quella di Guido, ed afferrato saldamente il bel cazzo di lui, cominciò a menarglielo lentamente ma decisamente.
Guido tornò a stringere la sua mano ancor di più decisamente intorno al cazzo del padre. Non era grosso e lungo come il suo, ma era sempre un signor cazzo: più grosso alla radice, si restringeva mentre andava verso la cappella, la quale sembrava piccolina, rispetto al resto del membro. “Però!” – pensò Guido – “in questo modo gli riesce più facile farsi un culo senza dargli eccessivo dolore. Entra con una piccola dimensione e, quando penetra per intero, gli fa una cappella da prete!” Gli scappò quasi da ridere.
Dopo qualche minuto di masturbazione, Nunzio si girò del tutto sul letto di Guido, e mentre il figlio continuava ad accarezzare il suo cazzo, lui fece in modo da raggiungere il grosso randello di Guido per prenderlo in bocca.
Nunzio non era gay, ma avendo sempre coltivato un erotismo assai libero ed intelligente, non si faceva scrupolo, quando l’occasione lo meritava, di prendere iniziative straordinarie, anche per far godere un partner maschile. Era accaduto qualche volta, sia con dei trans con i quale si era intrattenuto, sia anche, una o due volte, con il suo collega Marco, anche lui con tendenze bisex, coltivate sempre con grande abilità ed intelligenza.
Guido, francamente, non se l’aspettava. Ma il ragazzo, un po’ per curiosità, un po’ perché la cosa lo intrigava, lo lasciò fare senza reagire. Ma pian piano cominciò a sentire tutta la dolcezza ed il calore di quella bocca che gli stava accarezzando il cazzo con grande delicatezza, ma anche con grande energia ed abilità.
Sentiva già il pulsare dei coglioni, lo sperma che premeva per slanciarsi all’esterno, ed ebbe un attimo di lucidità per dire: “Pa’, sto per venire…..”
Nunzio, piuttosto che allontanarsi o smettere, accelerò i movimenti della sua bocca, accentuò la forza di risucchio che stava esercitando sul biscottone di Guido ed in pochi attimi lo portò a sborrargli in bocca.
Guido era stranito, frastornato, svuotato di ogni forza. Non ricordava di avere mai goduto così violentemente e profondamente. Gli stimoli elettrici che partivano dalle sue palle, si diffondevano violentemente in su, per la colonna vertebrale, a scuotere tutto il suo corpo con colpi violenti. Sussultava, eiaculando, conscio che stava inondando di sperma la bocca, la gola del padre, il quale imperterrito continuava a succhiare, a bere, a lappare con tutta la lingua aperta la bellissima cappella di Guido.
“Ooooh….., pà! È stato meraviglioso. Mi hai fatto godere come mai mi era accaduto. Sei stato bravissimo!”
Nunzio sorrise, dicendo: “Non c’è di che, tesoro mio, vedrai che mi ricambierai la cortesia.”
“Certo, subito!” – esclamò Guido. Ed invertite le posizioni sul letto, ormai divenuto unico, cominciò a baciare e leccare il cazzo di papà. Ma ad un certo punto disse: “Pa’, non ti piacerebbe farti una bella scopata”
“Beh, sì, ma dove la troviamo una donna a quest’ora?”
“E chi ha parlato di donna! Volevo chiederti di scopare me, di mettermelo in culo. Non ti va l’idea?”
“Beh, veramente mi sono sempre fatto degli scrupoli a pensare una cosa del genere, anche se devo dire che da tempo ho ammirato il tuo bel culetto e ci ho fatto sopra qualche fantasia. Ma appunto poi mi pentivo, con qualche scrupolo, perché sei mio figlio.”
“Vabbè, pa’, non farti tanti scrupoli con me. Pensa che io non me ne sono fatti, quando mi sono scopato la mamma ed anche Anita.”
“Lo so’, porcellone, che te le sei fatte tutte e due. Mamma non ha segreti per me. Come io, del resto, non ne ho per lei. Ed anche Anita racconta a mamma tutto quello che la riguarda.”
“Bene, allora datti da fare. Non ho mai provato ed avevo paura a chiedere ad un estraneo di farmelo provare. È da tempo che sono curioso di provare a farmi inculare e vedere se veramente è così piacevole come dicono.”
“Ma scusa, a te chi te lo ha detto?”
“Beh, veramente l’ho letto sui tanti racconti che ho trovato su alcuni siti di internet. Però ho anche avuto paura, perché dicono che al principio, per uno vergine, è assai doloroso. Ma di te mi posso fidare, primo perché cercherai di non farmi male, e poi, se anche cominciassi a sentire dolore, sono sicuro che ti fermeresti.”
“Certo, figliolo, non voglio mica mandarti all’ospedale!”
“Bene, allora provvedi tu, perché io sono del tutto inesperto in materia.”
Guido girò le spalle al padre, arcuò la schiena sporgendo verso di lui il suo culo ed attese.
Nunzio recuperò sul comodino il barattolo di crema emolliente che usava abitualmente per le mani; intinse due dita nel barattolo ritraendole con un grumo di crema quanto una noce; guidandosi con l’altra mano, raggiunse le natiche di Guido e cercò di tenerle larghe spingendovi contro pollice e indice, quindi avvicinò le dita con la crema e con esse scivolò nel grande solco del culo di Guido; si soffermò sul buchetto dell’ano, cercando di farvi entrare quanta più crema poteva, poi inserì il polpastrello del dito medio e, con esso, spinse dentro il buco una buona quantità della crema. Al polpastrello del medio, aggiunse quello dell’anulare e, con un lieve movimento rotatorio, cercò di spalmare la crema lungo le pareti interne dell’intestino.
Guido, piacevolmente stimolato da quel massaggio, alternava contrazioni a rilassamenti dello sfintere, e, ad ogni rilassamento, le dita di Nunzio venivano risucchiate di qualche centimetro verso l’interno, finché non furono interamente dentro. Il movimento rotatorio abituava viepiù l’intestino a contenere agevolmente le due dita. Ma Nunzio decise di aggiungervi anche l’indice: adesso erano tre le dita che massaggiavano l’intestino di Guido e lo abituavano a contenere agevolmente un volume maggiore.
Quando si rese conto che ormai lo sfintere si era del tutto rilassato, Nunzio portò la mano unta di crema sulla cappella del suo membro, al massimo dell’erezione, e l’accarezzò da ogni lato, per spalmare su di essa la crema rimanente.
Mentre da una parte il cazzo di Nunzio stava scoppiando per il desiderio di sfogare le sue pulsioni dentro quell’antro accogliente, Guido stava smaniando dal desiderio di sentire dentro le sue viscere il cazzo paterno, colmo del desiderio di portarlo al massimo piacere, volendo così dimostrare al suo paparino non solo il grande amore che sentiva per lui, ma anche la gratitudine di averlo messo al mondo, di averlo cresciuto in maniera meravigliosa, di averlo educato come meglio non avrebbe potuto desiderare. E poi moriva dalla curiosità di sentire come sarebbe stato prenderlo in culo.
Il glande di Nunzio si appoggiò, finalmente, sulle rughette a raggiera che, dopo una prima istintiva contrazione, si rilassarono e si appoggiarono con forza a quella sfera di carne, liscia e morbida, ma anche dura e resistente che, grazie alla sua particolare conformazione conica ed all’effetto lubrificante della crema, scivolava lentamente, ma inesorabilmente, dentro lo sfintere che Guido, con abile spinta verso l’esterno, riusciva ad allargare ed ammorbidire, tanto da non sentire alcun dolore quando tutta la cappella aveva per intero superato l’ingresso.
La sensazione che arrivava fino al cervello di Guido era la più piacevole che egli avesse mai provato nella sua vita: si sentiva riempire, si sentiva riscaldare, si sentiva desiderare e possedere da quel membro che già lo penetrava fino in fondo e che ancora aveva qualche centimetro da donargli. Volle accelerare il completamento dell’opera e, con tutto il busto, diede una spinta all’indietro: le sue natiche andarono a fermarsi, appoggiandovisi, al basso ventre di Nunzio, il quale stava immobile, in attesa di accertare che il figlio non si fosse fatto male in conseguenza della penetrazione.
Guido aveva sentito slargarsi il suo buco con una fitta lacerante, ma piuttosto che lamentarsi si era morso le labbra.
E fu Guido ad incoraggiarlo: “Dai, pa’, adesso fottimi!” E cominciò, prima lentamente e poi sempre più velocemente, un andirivieni che consentiva alle pareti del retto di Guido di massaggiare quel cazzo duro e teso che, a sua volta, sentiva la carezza di quel budellone stretto e cedevole, assai più gradevole delle pareti di una vulva femminile.
Il gioco dell’alternanza durò una decina di minuti. Ad un certo punto, quasi involontariamente, Nunzio portò la mano ancora unta di crema sull’uccello in fiamme di Guido. Non si aspettava di trovarlo così duro ed eretto e gli fece grande piacere avvolgerlo con l’intera sua mano, accarezzarlo, massaggiarlo, ammorbidirlo di crema che permetteva alla mano uno scivolamento perfetto sulla pelle di quel bellissimo ed enorme cazzo.
Nunzio non si aspettava certo di sentire il grande piacere che sentiva nel maneggiare il turgido bastone del figlio, un piacere che gli colpiva il cervelletto assai più di quello che le carezze del culo sul suo cazzo gli avevano finora provocato. Capì che era una sensazione nuova, ma un desiderio ancestrale: gli piaceva immensamente accarezzare un cazzo eretto.
Si chiese se non avesse scoperto valenze omosessuali, o almeno bisessuali, nel suo temperamento, ma scacciò ogni pensiero del genere e si concentrò unicamente alla ricerca del piacere suo e quello di Guido.
I movimenti di Guido si facevano sempre più veloci. Ambedue mugolavano di piacere. Guido sporgeva all’indietro le sue mani cercando di afferrare i fianchi del padre e spingerli verso di sé, per aumentare ancora di più la penetrazione che lo stava mandando in visibilio.
Nunzio, ad un certo punto, quasi gridò: “Veeeengo!” E Guido si appoggiò con più forza al suo addome, mentre aiutava la mano del padre ad accelerare la masturbazione del suo cazzo.
Scoppiarono all’unisono nel più grande, sconvolgente, soddisfacente orgasmo che mai avevano provato prima di allora.
Rimasero per qualche minuto immobili, rilassati.
Il cazzo di Nunzio rimaneva duro all’interno del culo di Guido. Ma anche il cazzo di Guido era rimasto in tiro, ed il padre continuava dolcemente ad accarezzarlo.
Fu Guido a riscuotersi per primo. Si staccò a malincuore dal padre, che la sensazione del cazzo dentro il culo lo mandava in visibilio. Costrinse Nunzio a mettersi supino e gli andò sopra, cercandone le labbra con le proprie.
Migliaia di volte si erano baciati, ma mai come quella volta, labbra contro labbra, lingua contro lingua, in un bacio passionale che mai avevano sognato tra loro.
Poi Guido, reso esperto dalla scuola di mamma e di Anita, cominciò a lambire, con la punta della sua lingua, il collo di Nunzio, sotto i lobi delle orecchie, prima da un lato, poi dall’altro; continuò spostandosi piano, sempre strisciando la sua lingua che inumidiva spesso dentro la bocca; passò ai pettorali, prese tra le labbra, uno per volta, i capezzoli del padre, succhiandoli dolcemente, beandosi dei sussulti di piacere che provocava in lui. Lentamente, ma senza sosta, continuava a lambire il ventre di Nunzio, mentre con le mani gli pastrugnava i fianchi, le natiche, le cosce; scendeva sempre più verso il basso; ormai il suo mento, le sue guance, il suo naso, i suoi occhi andavano a scontrarsi dolcemente col glande ancora umido di Nunzio.
Quasi per caso la lingua finì proprio sul culmine della cappella; vi trovò ancora qualche residua goccia di sperma; l’assaggiò; era la prima volta; la trovò di sapore gradevole, ed anzi il suo odore acre e dolciastro gli procurava ulteriori stimoli di desiderio.
Leccò più estesamente ed intensamente; gli piacque. Aprì la bocca e fece scivolare dentro il glande di Nunzio, non grosso ma ben fatto, gradevole carezza alla sua lingua, all’interno delle sue guance.
Guido pensava: “Che scemo sono stato a non averlo fatto prima! È bellissimo, e come mi piace!”
Adesso aveva introdotto tutto intero il cazzo di papà dentro la sua bocca e cercava di tenerlo inguainato tra le sue labbra, la lingua e le guance. Voleva farlo sentire ben circondato e aderente, come se fosse dentro una figa di donna. Muoveva la testa avanti e indietro e, così, trascinava la pelle del prepuzio a coprire e scoprire alternativamente la rosea cappella di Nunzio.
Quest’ultimo aveva perso la cognizione del luogo, del tempo, dei fatti. Percepiva soltanto le carezze che il suo cazzo subiva, senza avere piena coscienza di che cosa le provocasse. Non distingueva più tra l’interno di un culo, di una bocca, di una figa; era una paradisiaca sensazione che avrebbe voluto protrarre all’infinito, che avrebbe voluto non interrompere per tutto il resto della sua vita, desiderando anche di poter morire nel mentre godeva in quella maniera. Si sentiva già in paradiso!
Godeva dolcemente, senza l’impellente spinta dei coglioni già spremuti poco prima. Una sensazione dolce, priva di violenza, duratura, deliziosa.
Ma Guido non si limitava a spompinarlo. Le sue mani non si stancavano di accarezzarlo, stringergli i muscoli dei fianchi, dei lombi, delle natiche e, ad un certo punto, mentre gli carezzava le natiche, quasi senza accorgersene, le punte delle sue dite finirono sul buchino posteriore di Nunzio.
Questi ebbe una scarica elettrica in tutto l’organismo. “Oddio, Guido, mi stai facendo diventare una checca…” ma il tono della voce sembrava compiaciuto.
Guido afferrò al volo il messaggio che il tono della voce di Nunzio gli trasmetteva. Continuando a spompinare il cazzo di Nunzio, fece scivolare una maggior quantità di saliva verso il basso; vi si bagnò le dita di ambedue le mani e, senza tanti riguardi, ficcò i polpastrelli del medio e dell’anulare di ambedue le mani nel culo del padre, che ebbe un nuovo violento sussulto ed un grido violento: “Aaaahhhiiiii…!!!! Ma che fai??? Mi stai sfondando tutto. Oddio, mi hai spaccato in due!!”
Sì, il dolore era stato lancinante, una specie di strappo, come se una lama affilata, e non quattro dita del ragazzo, avessero violato il suo sfintere ancora vergine. Ma fu solo un momento. Guido stette fermo per qualche minuto ed il suo culo si abituò alla presenza estranea di quelle dita. Sculettò un poco per fargli capire di andare avanti, che si vergognava a dirglielo esplicitamente.
Guido, ragazzo intelligente, capì al volo e riprese a torturarlo con i quattro polpastrelli. Il culo cedeva, lo sfintere si allargava, tutto il corpo di Nunzio si rilassava.
“Ma lo sai che mi sta piacendo veramente?” – Nunzio non si sarebbe mai sognato di pronunciare quelle parole, ma gli erano sfuggite.
“Non preoccuparti, pa’, che adesso ti faccio provare qualcosa di più piacevole ancora.”
Guido riprese a succhiarlo, mentre continuava a penetrargli il culo con le quattro dita riunite.
Il cazzo di Nunzio si era già indurito di nuovo e cominciava a pulsare: voleva sborrare ancora una volta.
Ma Guido non voleva consentirlo. Quando si accorse che il padre era vicino all’orgasmo, smise di spompinarlo, dicendo: “Voglio farti godere molto meglio di quanto tu hai fatto con me.” E lo costrinse a girarsi a pancia sotto.
Fu adesso la volta di Guido di intingere due dita nel barattolo della crema emolliente e con esse andò a lubrificare il buchino di Nunzio.
“No, Guido, no! Ti prego! Ce l’hai troppo grosso. Non riuscirei a sopportarlo. Mi farai troppo male.”
“Non preoccuparti, pa’, il buco del culo è come la pelle dei coglioni: si allarga fino a quando vuoi…!!!” e si fece una bella risata.
Nunzio era seriamente preoccupato, ma Guido non si fermava.
Già le quattro dita che aveva adoperato prima avevano raggiunto un buon risultato. Adesso, favorito dalla crema ben inserita e spalmata, Guido fece un ulteriore esperimento: riunì tutte le dita di una mano e, pian piano e con movimenti peristaltici, le fece entrare tutte dentro il culo di Nunzio che, alla pressione, andava cedendo, accogliendo tutta quella massa di roba.
Entrarono le quattro dita. Poi Guido strinse il pollice contro il palmo e riuscì a fare del’intera mano quasi un cilindro, e… spinse ancora. Poco dopo la mano, come un grosso fallo artificiale, era interamente entrata.
Nunzio si sentiva spaccare, ma si sentiva anche riempire e ne provava un immenso piacere. Erano sensazioni contrastanti, ma era prevalente il piacere al dolore. E poi…. non poteva essere da meno di fronte al suo ragazzo, al suo Guido. Lo incoraggiò a continuare.
Guido, però, aveva altri programmi. Tirò fuori la mano che, nell’uscire dal culo fece un grande rumore di risucchio.
Il culo di Nunzio rimase aperto, rivolto verso l’alto, smanioso di riempire ancora quel vuoto che si era fatto.
E fu subito accontentato.
Con estrema facilità, il grosso cazzone di Guido sprofondò dentro quella voragine che, a fronte di quello stimolo improvviso, si contrasse intorno al cazzo, abbracciandolo in un dolce e morbido amplesso.
Scoparono tutta la notte, alternandosi nelle diverse posizioni, scambiandosi i ruoli, spompinandosi a vicenda, concludendo con un gigantesco sessantanove che, finalmente, li lasciò svuotati, spossati, e li fece crollare in un sonno ristoratore, finché il sole alto non venne a rompere loro i coglioni.
Furono due settimane indescrivibili ed indimenticabili.

(C'è un ulteriore seguito 2)
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