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La figlia camgirl (ultima parte)


di leius06
15.01.2023    |    4.571    |    0 9.8
"Mia figlia mi guardò: “Lo so…” Mi alzai improvvisamente dal divano, spensi la tv e accesi la luce del salone..."
Nei giorni successivi, tra i miei impegni di lavoro e quelli di Sonia con l’università, passammo meno tempo tra le quattro mura di casa. Ogni sera però ci ritrovavamo, prima sotto il plaid sul divano e poi nel lettone che ormai era diventato il nostro.

Non passava giorno senza che mia figlia mi facesse venire con le mani o con la bocca. Non mi aveva mentito, ingoiare le piaceva davvero tanto. E io adoravo riempirle la bocca di sperma.

Averla a disposizione non aveva assolutamente affievolito la mia voglia di lei, anzi. Il pensiero di come sarebbe stato scoparla era sempre più frequente. Non avevamo mai posto limiti precisi al nostro strano rapporto ma fino a qualche mese prima avrei escluso categoricamente di poter arrivare a tanto.

Venerdì sera, mentre guardavamo la tv sotto il plaid, trovai il coraggio di affrontare il discorso con Sonia seppure a fatica: “Abbiamo gli ultimi due giorni…”, le ricordai.

Mia figlia mi guardò: “Lo so…”

Mi alzai improvvisamente dal divano, spensi la tv e accesi la luce del salone.

“Sonia…non so come dirtelo.”

“Vuoi scoparmi”, mi interruppe lei.

La fissai negli occhi: “E tu?”

“Ricordi il patto? Questa settimana sono tua. Ma ricorda che da lunedì cambierà tutto”, rispose Sonia.

Ero all’angolo. Mia figlia sapeva benissimo che la voglia di scoparla era ormai irrefrenabile ma non aveva alcuna intenzione di darmi apertamente il suo consenso.

Sonia a quel punto si alzò e venne verso di me: “Il maschio sei tu….ah, comunque prendo la pillola”, mi sussurrò all’orecchio prima di dirigersi verso la mia stanza. La nostra stanza.
Passai la notte sul divano senza chiudere occhio.

L’indomani mattina scesi al bar sotto casa e le feci trovare in cucina il suo croissant preferito con un biglietto: “Fatti bella per me”. Quindi presi il cappotto e andai a farmi un giro per la città.

Rientrai poco prima dell’ora di pranzo. Sentivo l’acqua scorrere, Sonia era sotto la doccia. Avevo un piano quel giorno ma capì che non potevo più resistere. Corsi in bagno, spalancai la porta.Sonia si voltò di scatto. La guardai un attimo, quindi mi spogliai rapidamente e completamente nudo mi infilai sotto la doccia. Feci voltare mia figlia col viso contro il muro, posizionai il mio cazzo duro dietro di lei e glielo infilai in culo. Un colpo secco. Sonia emise un urlo. Mi fermai un attimo.

Sapevo che l’aveva fatto solo una volta e non le era piaciuto. Ma io aspettavo quel momento da tanto, troppo tempo. La baciai sul collo, mordicchiandola, e ripresi a stantuffarla premendole la testa contro il muro.

“Sono abbastanza maschio, troietta?” le chiesi ormai completamente preso dalla foga.

“Sei un porco” rispose mia figlia ansimando.

La rigirai, ci baciammo e finalmente entrai nella sua figa. Era bollente.

“Scopami, papino, fammi tua” mi sussurrò all’orecchio mentre affondavo i colpi. Non avevo mai provato una sensazione simile in tutta la mia vita. Dopo pochi minuti sentì che stavo per esplodere, uscì velocemente dalla sua figa, la presi per i capelli e la spinsi giù facendola inginocchiare. Bastarono un paio di colpi con la mano per esplodere il mio piacere tutto sulla sua faccia. La guardai. Mia figlia aveva il viso ricoperto della mia sborra.

Uscì velocemente dal box doccia, raccolsi i miei vestiti e corsi in camera mentre Sonia si toglieva di dosso le evidenti tracce del mio piacere sul suo corpo. Poco dopo sentì la porta di casa chiudersi.

Mia figlia rientrò solo a tarda sera. Per la prima volta non vidi nei suoi occhi la solita aria strafottente. Era scossa: “Devo parlarti”. Ci sedemmo uno accanto all’altra sul divano del salone.

Non riusciva neppure a guardarmi negli occhi: “Non pensavo che sarebbe successo davvero, papà”.

Ecco, lo sapevo, avevo rovinato tutto. E ora? Non avrebbe mai più voluto vedermi? Avrebbe raccontato tutto alla madre? Avevo perso mia figlia per sempre.

Sonia finalmente incrociò di nuovo il mio sguardo, lesse il terrore nei miei occhi e si sciolse in un sorriso: “Non pensavo che sarebbe successo, è vero. Ho avuto bisogno di qualche ora da sola per pensare e…no, non mi pento. Sentirti dentro di me è stato…pazzesco! Il modo in cui mi hai fatta tua…percepire il tuo desiderio. Mi è piaciuto anche prenderlo dietro e sentire i tuoi schizzi sul viso” disse tutto di un fiato senza fermarsi.

Ci guardammo negli occhi, la presi dolcemente per mano e la portai in camera. Ci spogliammo reciprocamente, quindi ci infilammo sotto le coperte e scopammo di nuovo. Lei sotto, io sopra a guidare il ritmo: “Sborrami dentro”, mi sussurrò all’orecchio. Venire nella sua figa fu speciale, unico. Restammo abbracciati per tutta la notte.

L’indomani mattina, quando mi svegliai, Sonia non c’era più. Le sue cose erano sparite. Di lei trovai solo un biglietto sul tavolo della cucina: “Ciao, papino”.

Capì che era finita. Da quel giorno non ci sentimmo più per mesi. Prima dell’estate chiesi il trasferimento in un’altra città. Il pensiero di ciò che avevo fatto a mia figlia mi tormentava. Volevo mettere più chilometri possibili tra noi sperando di dimenticare. Finché un giorno, un paio di anni dopo quella notte, non si presentò alla porta una giovane ragazza. Era lei: Sonia, mia figlia.

Aveva tagliato i capelli, ora portava un caschetto. Indossava un cappotto corto, una minigonna e gli immancabili tacchi. Se possibile era ancora più bella, più donna: “Non mi fai accomodare, papino?”.

Cosa voleva da me? Perché era venuta a cercarmi? Non sapevo cosa pensare ma vederla non mi aveva lasciato indifferente. La feci accomodare sul divano e le offrì un calice di vino. Lo sguardo mi cadde sulle gambe coperte da un collant velato. Non sapevo cosa dirle.

Ancora una volta fu lei a rompere il ghiaccio: “Voglio stare con te”.

Rimasi senza parole. Sonia mi spiegò che si era appena laureata e aveva provveduto a iscriversi alla specialistica nella stessa città in cui abitavo.

“Ok, quanto ti fermi?” le chiesi.

Sonia mi guardò negli occhi e mi prese per mano: “No, non hai capito…voglio stare con te come una donna sta col suo uomo”.

Quindi si avvicinò, mi prese la testa tra le sue mani e ci baciammo. Nel mentre Sonia mi abbassò la zip dei pantaloni, lo tirò fuori, si chinò velocemente tra le mie gambe e iniziò a succhiarmelo. Era ancora più brava di come ricordassi.

Quindi si sfilò collant e perizoma, si mise sopra di me e mi cavalcò come un’amazzone: “Quanto mi è mancato il tuo cazzo, papino” mi sussurrò all’orecchio. Era troppo. Sborrai all’istante nella sua figa calda.

Nei giorni successivi Sonia completò il trasloco ma con mia grande sorpresa non era sola. Insieme a lei c’era Lucas, mio nipote. Sonia mi raccontò di aver avuto una breve storia e di essere rimasta subito incinta. Ero diventato nonno.

In quella città nessuno sapeva che fossimo padre e figlia quindi eravamo liberi di passeggiare mano nella mano e scambiarci qualche fugace bacio all’angolo della strada. Divenni il compagno di Sonia e feci da padre al suo piccolo. Avevo ritrovato mia figlia. La mia troia.
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