Prime Esperienze

Campeggio


di Ostrica
15.11.2023    |    17.225    |    2 9.6
"Mi avvicinai timidamente, chinai un pò il capo per vedere cosa stava leggendo..."
Era da parecchio tempo che con la mia famiglia stavamo pensando di organizzare una vacanza in campeggio, ma le riserve di mio padre sembravano insormontabili.
Non avrebbe mai accettato di dormire in una tenda.Lui ,ufficiale dei Carabinieri, era un uomo tutto d'un pezzo, anche nella sistemazione delle vacanze.
Alla fine mamma e mio fratello Achille riuscirono a convincerlo.
" Come avete fatto?", domandai esterrefatto, non appena tornato da scuola.
Mi raccontarono che erano riusciti a trovare una soluzione di compromesso: campeggio sì, ma sistemazione in un bungalow , adatta e dignitosa per il Capitano.
Scoppiai in una sontuosa risata. Alla fine era fatta: tutti e quattro a Palinuro, due settimane a metà Luglio.
Avevo appena finito il quinto ginnasio.
Sì, ho fatto il classico per accontentare papà, ma non mi sono mai poi pentito della scelta.
Nell' estate del 1999 avevo appena compiuto 15 anni.
Ero un bel giovanotto, sbarbatello, capelli a spazzola, come si portavano alla fine degli anni novanta.
Non vedevo l'ora che venisse il giorno della partenza; mancavano ancora tre settimane, ma i preparativi fervevano.
Avrei desiderato tanto dormire in tenda, ma mi sarei accontentato, comunque, di qualunque altra soluzione pur di andare in campeggio.
I pini marittimi, l' odore degli aghi, le roulotte sulle piazzole, le tende dai più svariati colori e dimensioni, le biciclette che circolavano in libertà, e.....perchè no un primo amore erano tutti elementi che scatenavano in me mille fantasie e mille desideri.
Alla fine partimmo.
Era una giornata afosa di metà luglio, lasciammo la Caserma dove alloggiavamo come famiglia del Capitano e raggiungemmo da Roma- in circa quattro ore- la bella Palinuro.
Ad accoglierci nel camping una gentile signorina che assisteva alla reception per il disbrigo dei primi adempimenti.
Dopo qualche minuto ci accompagnò al bungalow che era stato prenotato.
Papà, dismessa la divisa da carabiniere, sembrava rilassato e pronto a godersi la meritata vacanza insieme alla sua famiglia, lontano dalla sua routine quotidiana fatta da rapporti, relazioni, inseguimenti criminali, testimonianze in Tribunale.
Io , d'altronde, non vedevo l'ora di immergermi nella vita del campeggio e di fare le prime amicizie con i miei coetanei, che già erano lì da qualche giorno ed avevo già adocchiato.
" Mamma, metto il costume e vado a fare un giro di perlustrazione", dissi con lo stesso desiderio e curiosità che può accompagnare uno scopritore di terre inesplorate.
Nel percorso di andata per raggiungere il bungalow avevo già compreso come fosse strutturato il camping.
Era un trapezio rettangolo di diversi ettari, che comprendeva al suo interno una pineta, la zona destinata ai bungalow, quella per le tende, le roulotte, i campers, la spiaggia, i servizi igienici, ristorante, disco, piscine.
Insomma, cosa avrei potuto desiderare di più?

Lungo il sentiero che conduceva al bar del camping mi condusse la musica degli Eiffel 65 , che tanto avevano sbancato la hit in quella estate del '99.
Lì un gruppo di ragazzi trascorreva il pomeriggio tra una partita a ping pong, una cocacola ed un tuffo in mare col tramonto come sfondo.
Avevano all'incirca tra i 14 ed i 20 anni, fra di loro potetti ascoltare anche qualche accento straniero, accompagnato dalla più genuina e divertente gestualità che distingueva anche i meno avvezzi con la lingua inglese.
Ma il mio sguardo ( ed attenzione) caddero su di uno di loro che era seduto sull'amaca che era agganciata ad uno dei tralicci che sosteneva il gazebo in legno che ospitava quel bar del camping.
François ( scoprii il nome dopo poco) era un pò isolato e distante dagli altri.
Si trattava di un ragazzo francese di Tolosa, biondo, atletico, sui 20 anni.
Era concentrato nella lettura di un libro, mi sorprese e colpì proprio perché aveva un' aria intellettuale.
Mi avvicinai timidamente, chinai un pò il capo per vedere cosa stava leggendo.
Mi ricordo ancora il titolo e l' autore : Raymond Queneau " Pierrault , mòn amì".
François mi sorrise, " come ti chiami? " mi chiese con chiaro accento francese.
" Marco", gli risposi.
Iniziammo a parlare, della lettura, di Queneau, dei romanzi italiani, che tanto lo affascinavano e gli avevano reso possibile di interloquire con me in un gradevole italiano di chiaro stampo d' Oltralpe.
Si stava facendo buio, ero stato talmente rapito da quella piacevole conversazione che non mi ero accorto che era ora di cena.
Salutai velocemente François, riproponendomi di incontrarlo il giorno dopo.
Quella sera mi addormentai guardando il cielo stellato con il pensiero ( e la fantasia) rivolto a quell'affascinante intellettuale con la "R" moscia.
I giorni successivi passarono veloci.
La vita del campeggio ha dei ritmi tutti suoi, a volte frenetici, altre volte lenti e silenziosi.
Andavo spesso da François il pomeriggio.
La sua tenda era dalla parte opposta del bungalow che mi ospitava con la mia famiglia.
La piazzola dell' Igloo era sempre ben pulita ed in ordine, nella tenda a tre posti François era da solo, gli altri amici con i quali era venuto dalla Francia dormivano in camper.
Le ore con lui trascorrevano piacevolmente.
Nonostante ci dividessero 5 anni, mi sembrava di condividere il tempo con un coetaneo, per di più avevo la sensazione di conoscerlo da tempo e non solo da una settimana.
" ti và se andiamo a fare il bagno a mare ?" mi domandò.
Io annuii.
Lo vidi cambiarsi velocemente per indossare il costume all'interno della tenda dove eravamo seduti.
Non potetti fare a meno di guardare mentre si spogliava.
Si sfilò gli slip per indossare il costume a boxer.
Il suo pisello moscio era chiaro, una peluria bionda sovrastava il pube.
I testicoli mi sembrarono sodi e ben posizionati nella borsa che li conteneva al di sotto del pisello.
Un fremito mi percorse per un attimo lungo la schiena.
Andammo a fare il bagno, poi una cocacola insieme agli altri amici del bar e la giornata terminò con l'appuntamento per il giorno dopo per andare a fare un giro in bici in paese.
Le vacanze ormai stavano per terminare, papà doveva riprendere servizio in caserma il 1 agosto per dare il cambio agli altri ufficiali.
Il mio pensiero era sempre più concentrato sulla nudità di François che avevo visto quel pomeriggio in tenda.
Non so cosa esattamente mi eccitava, ma avrei dato qualunque cosa per vedere il mio amico francese a cazzo duro.
Eppure la buona sorte mi assistette.
Quella sera avevamo organizzato una " indianata" sulla spiaggia.
Per chi fosse poco avvezzo alle organizzazioni festaiole e goliardiche della vita estiva camperistica della gioventù l' " indianata" è una festa che si organizza sulla spiaggia, a tarda sera ove ,;dopo aver consumato cibo da cuocere sulla brace improvvisata, si inizia a giocare ed a bere fino ad ubriacarsi.
Avevo avvertito mamma e papà che quella sera avrei fatto più tardi.
Loro si sentivano tranquilli, il camping era un luogo protetto che rasserenava anche il più severo ( ed apprensivo) genitore.

Fràncoìs era mezzo ubriaco, io più sobrio.
Lo accompagnai in tenda, barcollava, gli presi il braccio e lo passai sulle mie spalle per sostenerlo.
Ci abbassammo per entrare in tenda.
Fuori il buio e il canto dei grilli che alloggiavano nella campagna circostante.
Egli si distese sul materassino che era all'interno della tenda, mi guardò intenerito invitandomi ad aiutarlo a togliere le scarpe ed i jeans.
Lo assecondai.
Prima le scarpe, poi i calzini blu, poi i jeans, poi la maglietta.
Restò in mutande.
Mi chiese se volevo dormire da lui.
Ci pensai solo un attimo, papà e mamma non avrebbero voluto, ma un' altra occasione non mi sarebbe capitata.
Mi tolsi velocemente scarpe, pantaloncini, maglietta.
Rimasi anche io in mutande.
Chiusi la cerniera della tenda ed accesi la piccola lanterna a pile che François aveva accanto al fornellino.
Lui era vicino a me. I suoi occhi azzurri mi guardavano teneramente come soltanto un fratello più grande può fare.
Mi distesi di fianco, rassicurato da quella presenza e da quel calore umano.
François mi abbracciò, rimasi per un attimo senza fiato.
Il cuore mi batteva a mille, non osavo alzare gli occhi per paura di scoprire che fosse solo un sogno e non , invece, la realtà di una notte di mezza estate.
Mi prese la mano, io lasciai fare.
Mi condusse in quell'operazione di piacere puro.
Mi ritrovai col suo membro stretto nel palmo della mano.
Era la prima volta che toccavo un pisello diverso dal mio.
Era una sensazione strana, lo scappellavo su e giù e sentivo il suo respiro su di me farsi sempre più affannoso.
La mia mano era diventata tutta appiccicaticcia, segno che il suo pre cum stava preparando la lubrificazione della cappella.
Incuriosito mi fermai per un attimo.
Sfilai la mano dalla mutanda e la portai sotto al naso per sentire a pieno l'odore dei suoi umori maschi.
" Perchè ti fermi?" , mi disse François.
Lo guardai.
Poi lui mi abbassò le mutande.
Iniziò a strofinare la cappella sulle mie a
natiche.
Assecondai il movimento.
Suonavamo la stessa musica, cantavamo la stessa canzone, i movimenti dei nostri bacini sembravano gli ingranaggi di un orologio, sincronizzati nello stesso tempo.
I nostri corpi sudati si strofinavano l'uno sull'altro.
Poi François volle di più.
Sentivo che il suo movimento si faceva sempre più veloce e sempre più impetuoso.
La cappella si faceva strada fra le mie natiche, il suo pre cum agevolava lo scivolamento del membro.
Finché egli non mi prese, mi girò con la pancia rivolta verso l'alto, mi alzò le gambe e le portò sulle sue spalle.
Il suo membro ormai non aveva più ostacoli.
Scivolò nella mia intimità di vergine ragazzetto offrendomi il mio primo piacere di rapporto sessuale.
Lui era su di me, era dentro di me.
Il suo ansimare veloce mi eccitava sempre di più, fin quando all'improvviso sfilò il pisello dal mio buco e mi inondò da pancia del suo seme caldo e biancastro.
L'atto era concluso, la mia prima volta indimenticabile.



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