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Prime Esperienze

La prima uscita con Patrizia


di Membro VIP di Annunci69.it Cronubix
02.05.2023    |    7.468    |    6 9.2
"La aspettai appena oltre l’ingresso..."
STORIA VERA.
Quinto anno di istituto superiore.
Eravamo i più grandi, e nei primi giorni di scuola, all’ingresso dell’istituto, esaminavamo quelli delle classi inferiori.
Ovviamente particolare attenzione era posta alle ragazze.
Quell’anno era stato molto prodigo di nuove carine: erano stati unificati due istituti e ce n’erano molte su cui puntare gli sguardi e buttar là qualche battuta…
L’attività di raccolta fondi per poter organizzare la festa annuale, i cui ricavi sarebbero stati poi spesi nella gita scolastica, ci permise di entrare in contatto con tutte le ragazze dell’istituto unificato e di informarsi sui nomi e sulla sezione.
Una di loro mi colpì in modo particolare.
Si elevava dalla massa per i modi e le movenze gentili e sensuali. Un viso tondo, da 16 enne, capelli nerissimi, lunghi e mossi. Labbra carnose e rosee, occhioni nocciola, piccolo seno e un bel corpo sinuoso.
Aveva un modo curioso di parlare: nel pronunciare la “T” infilava la lingua tra i denti e la ritraeva veloce.
Quella punta rosea tra i denti bianchi, scatenò le mie fantasie e mi portarono ad intrattenermi sempre più a lungo con lei ad ogni occasione che si presentava.
Ma le occasioni erano fugaci e rade. Fino, qualche settimana più tardi, alla festa del quinto anno!
In una discoteca della città, invitammo una ballerina famosa che appariva spesso in televisione sui canali RAI, e fin dalle prime ore del pomeriggio di quella domenica, ragazzi di tutte le età erano in coda per entrare.
Vidi Patrizia nella fila, insieme ad alcune sue compagne di classe. La aspettai appena oltre l’ingresso. Le andai incontro, doppio casto bacetto sulle guance, via il cappotto al guardaroba, e l’accompagnai verso un divanetto che avevo prenotato.
Era dolcissima. Profumava di fresco e di buono. I lunghi capelli erano raccolti e scoprivano il collo.
Il vestito era di un rosa tenue, con una leggera scollatura davanti e uno spacchetto sulla gamba sinistra. Cinturone in vita e scarpe con tacco!
Non era il massimo della sensualità, ma lo indossava come fosse un capo d’alta moda in una passerella di Pitti donna!
Ci accomodammo nel divanetto, ai margini della sala, visto che non amavo ballare. Eravamo nella penombra e dietro a noi solo le pareti del locale.
Sentivo freddo: avevo le mani congelate per l’emozione di essere da solo in sua compagnia, sebbene in pubblico…
La musica arrivava forte ma riuscivamo comunque a parlare ed a sentirci.
Piano piano mi riscaldai. Forse era il suo sorriso ed il suo sguardo che mi diedero calore.
Parlavamo vicini e inebriato dal suo odore, allungai il braccio sulle sue spalle per averla più aderente.
Pensavo di crearle disagio o disturbo, invece si accoccolò, volentieri, più aderente a me.
Intorno a noi vorticavano musica, ragazzi, compagni di scuola, ballerini… ma noi eravamo soli!
Si girò sul divano per potermi guardare in viso, con le ginocchia piegate alla mia destra. Era anche una scusa per poter stare abbracciati.
I suoi occhi erano brillanti e luminosi, l’alito caldo era un afrodisiaco irresistibile ed il calore del corpo era tale da sciogliermi e tonificarmi al tempo stesso.
Ora le sue mani erano una sulle mie spalle e una sulla vita. La mia sinistra la teneva sulla schiena e la mano destra era appoggiata sulla sua gamba sinistra.
La stoffa del vestito, che intanto era salito di diversi centimetri, sembrava sempre più sottile e inconsistente fra noi.
Ma erano le labbra che attiravano tutta la mia attenzione: un rossetto rosso le copriva e le sagomava perfettamente. Il contrasto con i denti bianchi e la lingua rosa era irresistibile.
Erano carnose, morbide ed ampie ma non sproporzionate.
Piegai la testa e mi avvicinai di qualche centimetro. Non assecondò il mio movimento ma nemmeno si ritrasse.
Arrivai alle sue labbra con le mie. Aderirono perfettamente. Pochi secondi. Un bacio casto.
Mi staccai e la guardai.
Abbassò gli occhi, timidamente. Trattenevo il respiro.
Poi li rialzò e sorrise!
Sorrisi anche io!
Ci abbracciammo. Sembrava che i cuori battessero allo stesso ritmo.
Mi ritrassi per guardarla. Ci guardammo negli occhi e piegai di nuovo la testa. La mia intenzione era chiara: volevo baciarla ancora.
Lo capì anche lei e piegò la testa nell’altro verso. Le labbra aderirono di nuovo. Ma con un’energia doppia.
Sentivo il profumo ed il sapore del suo rossetto sulle mie labbra.
Dischiudere le labbra fu una mossa naturale e quasi involontaria.
I nostri respiri si mischiarono. Le lingue si trovarono. Si toccarono timide. Si perlustrarono titubanti.
Ci staccammo. Per respirare.
Una goccia di saliva le pendeva dal labbro superiore. Se ne accorse e la raccolse con la punta della lingua.
Per poco non svenni: era la cosa più sensuale ed eccitante che avessi mai visto.
Le pulsazioni aumentarono ancora e l’erezione che era già in atto, premette ancor di più sui pantaloni già tesi.
Con la mano sinistra le presi la nuca e la tirai verso la mia lingua. Cedette immediatamente.
Si avvicinò a bocca aperta e con la lingua già fuori. La accolsi voracemente. Ora le lingue erano veloci e saettanti, conturbanti e ficcanti.
Il sapore della sua saliva mi faceva impazzire. Sarei stato capace di berne a litri.
Ci staccammo per respirare. La saliva mista a rossetto era equamente spalmata intorno alle nostre bocche.
Fermò una goccia con il pollice sul mio mento. E la riportò sulla mia bocca. La leccai con la lingua osservando il suo sguardo soddisfatto e compiaciuto.
Ci sistemammo meglio sul divano e ci incastrammo più comodamente per stare a portata della bocca dell’altro. La strinsi più a me. La mano destra ora era saldamente appoggiata alla sua natica sinistra. Lei mi lasciava fare.
Tornammo a baciarci. Più e più volte.
Con sempre più ardore.
Eravamo accaldati. Mi tolsi il maglione, sbottonai i polsini e arrotolai le maniche sopra il gomito.
Le si slacciò il vestito aprendone tanto giusto per scoprire la parte superiore dei seni.
Allargò anche lo spacco laterale della gonna per stare più comoda.
Intravidi il bordo delle calze. Indossava delle meravigliose autoreggenti.
Si accorse del mio sguardo. Mi sorrise. Prese la mia mano e la appoggiò proprio su quel bordo, a sentire con i polpastrelli la sua carne calda.
La guardai di nuovo e vidi un’espressione mista tra il provocatore e l’incoraggiatore.
La mano destra iniziò a salire, sotto il vestito, verso la parte alta della coscia. Ne accarezzai la parte esterna, tra il bordo della calza e la pelle. Lei mi guardava birichina.
Poi alzò la gamba sinistra. Lo sguardo, fisso sui miei occhi, ora era diventato serio ed incitante.
Spostai la mano e la infilai tra le cosce divaricate.
Piano, lentamente ed accarezzando, arrivai a sfiorare il tessuto della mutandina.
La guardai: chiuse gli occhi. Appoggiò la testa sulla mia spalla ed il respiro si era fatto cortissimo.
Le sue mani mi afferravano la testa con forza. Avanzai verso la mutandina e iniziai ad accarezzarne la parte anteriore, calda e umida.
“Toccami” riuscì a dire, a pochi centimetri dal mio orecchio.
“Sicura?” risposi…
Iniziò a baciarmi il collo, a salire fino all’orecchia. Il respiro caldo arrivava al timpano. Inserì la lingua che sembrò sciogliermi.
Sussurrò un “Sì…” che sembrava un ordine.
Aumentai la pressione sulla mutandina.
Ritrasse la lingua per meglio respirare. Ora era in affanno.
Con l’indice spostai la stoffa e lasciai al medio il compito di esplorare.
Trovai una soffice peluria umida e calda.
Avanzai. Ero sulla fessura. La sua testa era completamente affossata nel mio collo.
Percorsi l’intera fessura, più volte, dal basso verso l’alto per poi tornare giù.
Il suo respiro mi dava il ritmo. Gli umori vaginali mi agevolavano il movimento.
Trovai un bottoncino prominente. Sfiorandolo, le unghie di Patrizia si conficcarono nel mio collo.
Le sfuggì un fievole lamento. La sua lingua sul mio collo era un chiaro segnale ad andare avanti.
Aumentai la pressione sul clitoride roteando il polpastrello. Si era gonfiato enormemente. Potevo anche prenderlo tra il pollice e l’indice. E lo presi. Inizio a tremare tutta. Mi stringeva con una forza inaspettata. Trattenne un roco grido che potei sentire solo io.
Il bacino iniziò a muoversi convulsamente. Ritrassi la mano quasi spaventato dalla forza che avevo scatenato.
Dopo qualche secondo iniziò a calmarsi. Fino a riprendere un grosso respiro. Sorrise. Il trucco intorno gli occhi ora era un pastrocchio informe.
Mi prese la mano, ancora gocciolante del suo succo, e me la portò alla bocca. Mi obbligò a succhiare le mie stesse dita. Ed il suo succo.
Era buonissimo!
Sorrise, mi baciò sulle labbra. Si alzò: “”Vado in bagno a ricompormi! Aspettami.”
Non mi sarei mosso nemmeno in caso di incendio!
Dopo pochi minuti eccola tornare. Bellissimo osservarla mentre si avvicina.
Trucco risistemato, rossetto in ordine. Mi sorride e si siede come prima, a contrasto.
Mi prende una mano e mi lascia qualcosa. Osservo e… erano le sue mutandine. Ancora calde. E molto umide!
Osserva la mia reazione e sorride!
“Mi davano fastidio, così bagnate!”
Si avvicina e riprendiamo a baciarci con dolcezza ma ancor più in profondità.
Mi tiene la testa con una mano mentre l’altra… si appoggia sulla mia coscia vicino l’inguine.
Poi si sposta per toccare il mio gonfiore, saggiandone la solidità.
Cerco di protestare, ma la sua lingua mi impedisce di articolare qualsiasi verbo…
Insinua un dito tra i bottoni. Lo sento sulla stoffa delle mutande.
Poi, con il pollice slaccia un bottone e poi un altro. Si apre un varco per entrare con la mano intera.
Il calore della sua mano attraversa la stoffa e mi provoca un sussulto di emozione.
Riesce a trovare la punta del mio uccello e con i polpastrelli inizia a percorrerne la circonferenza.
Poi inizia a stringere. E poi allenta. E via di nuovo…
Poi ritrae la lingua dalla mia bocca, probabilmente esausta, e mi sussurra: “Mi andrebbe di dargli un morso, un bacio, una leccatina… Ma non si può, qui, ora.”
“Potremmo andare fuori! In macchina…”
In quel mentre, la musica stava calando. Erano passate ore!
Era tardissimo.
Patrizia doveva tornare a casa.
Tornammo così sul pianeta Terra.
Dovetti riabbottonarmi la patta, ci asciugammo a vicenda le labbra.
Si avvicinarono le sue amiche sollecitando l’uscita che il padre di una di loro era venuto in macchina per riportarle a casa.
In piedi ci salutammo castamente con un bacio sulla guancia, mentre le amiche sorridevano complici. Arrivata a portata di orecchio, sussurrò: “Fai un buon uso delle mie mutandine!”
PS. Mi avviai in macchina verso casa. A metà strada dovetti fermarmi causa forti dolori. Uscii dall’auto e mi masturbai. Emisi un getto imponente di sborra. Riuscii così ad alleviare la dolorosa pressione alle palle.
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