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VALENTINA AL LIDO


di maialazzo
12.08.2015    |    25.092    |    5 9.1
"Lo sentivo ansimare dietro di me, mi girai senza tirarmi su, lo guardai, rosso in volto e con i capelli bianchi sudati appiccicati alla fronte (faceva un..."
Ok, che sono un po' zoccola l'abbiamo appurato e oramai ne sono convinta (vedi il racconto Valentina al Camerino), ma il problema non è questo, bensì che mi sono resa conto che gli uomini se ne accorgono, o meglio, un certo tipo di uomini, quelli che potremmo definire i maschi alfa, che sono anche i più pericolosi...
Ho capito tutto settimana scorsa, quando con mio marito e mio figlio ci siamo presi una settimana di vacanza a Roma ma, dato il caldo torrido, abbiamo deciso di spezzare la maratona dei musei, chiese e monumenti per rinfrescarci una giornata ad Ostia.
Abbiamo preso un ombrellone con due sdraio in un lido e mio figlio si è messo con il telo affianco a noi. Giunta l'ora di pranzo, ovviamente è toccato alla mamma andare a prendere il pranzo ma, poiché notoriamente nei bar dei lidi si mangia male e si paga tanto, i miei uomini hanno insistito perché andassi al baracchino che abbiamo intravisto nella pineta vicino a dove abbiamo parcheggiato, a cui era appeso un cartello scritto a mano che sentenziava "La miglior porchetta di Ostia".
Così mi sono legata un leggero pareo fiorito in vita che, data la sua trasparenza, non nascondeva molto del mio bel sederone, incorniciato da un costumino bianco (mio colore preferito per l'intimo dalla scorsa avventura), mi sono legata i capelli in una lunga coda, così che mi restava fuori solo la frangetta, occhialoni da sole e sono partita sistemandomi bene le morbide tettone nel reggiseno del costume per essere sicura di non avere sorprese durante il percorso.
La camminata non fu agevole, fra la ghiaia e gli aghi di pini che si insinuavano nelle infradito, ma giunta in prossimità del baracchino (praticamente un capanno), fui ricompensata da un buon profumino di carne grigliata. Dietro al bancone stava una piccola donna sulla sessantina, seminascosta dal fumo della carne che cuoceva sulla griglia, mentre ad un tavolino di plastica affianco era seduto un omone, anche lui in età avanzata dati i capelli bianchi, in canottiera bianca e pantaloncini rossi, con una barba bianca rada che andava a completare il trittico insieme ai capelli e ai peli del petto che sbucavano dalla canotta.
Sembrava non ci fossero altri clienti.
Mi sono avvicinata alla signora dicendo:
- Buongiorno, vorrei tre panini con la salamella.
La signora non rispose, invece si alzò l'uomo, che in piedi era ancora più robusto di quanto sembrasse prima, con una grossa pancia, dicendo:
- 'A signori', macché salamella... 'A sarciccia vorrà di'! Abbiamo la porchetta e la miglior sarciccia de tuta la città!
Nel frattempo mi si era avvicinato e mi sovrastava con la sua mole. Sentivo anche un acre odore di sudore stantio provenire dall'energumeno. La signora ridacchiava e ci guardava, credo che l'avesse divertita il doppio senso della frase dell'uomo, che mi mise un braccio intorno alle spalle con fare affettuoso (aumentando così l'odore di sudore) e mi disse:
- Venga signori', venga a vedere la miglior sarciccia de la città.
E mi accompagnava dolcemente dentro la baracca. Avevo intuito cosa stava per succedere, ma la possenza di quell'uomo, quel braccio rassicurante ma allo stesso deciso che mi cingeva le spalle, e soprattutto la mia nuova coscienza di essere troia, mi fecero sentire un certo prurito fra le cosce, che mi impediva di reagire.
Dentro faceva ancora più caldo e lo sbalzo di luce mi fece ritrovare praticamente al buio; sollevai gli occhiali sulla testa mentre lui si mette davanti me, si slaccia il laccetto dei pantoloncini e, dopo aver armeggiato per un po', ha estratto un cazzo ciccione ma ancora morbido, sul quale ha guidato la mia mano prendendomi il braccio con delicatezza.
- Pijate sta sarciccia, mignotta!
Mi ritrovo così in mano questo attrezzo caldo e morbido, ma molto consistente e, guidato da lui, inizio a muovere la mano avanti e indietro piano.
Intanto mi ha messo una mano su una tetta e me la palpa con decisione (cosa che mi ha sempre eccitato molto), poi, quando è sicuro che continuo da solo a menargli l'uccellone, mi mette l'altra mano fra le cosce, prima sopra il costume, poi dentro.
- Lo sapevo che eri 'na mignotta, appena ti ho visto. Senti come te bagni, sei già fracica!
Così dicendo mi infilò due dita dentro, muovendole con energia e maestria, mi stava veramente dando piacere; forse era la situazione scandalosa, forse solo che sono davvero una puttana persa, ma mi lascia andare al piacere che quella mano mi dava, e alla soddisfazione di tenere un bel cazzo in mano, che nel frattempo osservai che si era gonfiato, diventando molto largo anche se non era molto lungo e terminava con una piccola cappella rosa che incominciava a perdere liquido.
Ad un tratto, rompendo l'incantesimo gridò rivolto a fuori:
- Mari'! Vieni a vedé come me trombo sta mignottella de città!
Mi si mise dietro e mi guidò verso un tavolaccio di legno ingombro di attrezzi da cucina. Con una bracciata ne spostò a sufficienza per farmi spazio e mi fece piegare a novanta sul tavolo, lasciano il mio culone esposto e indifeso. Mi tolse il pareo e incominciò a palparmi le chiappe con fare deciso e vigoroso.
- Hanvedi che culone che c'ha sta mignotta!
Credo che stesse parlando con la donna; non la vedevo, piegata in avanti com'ero, ma percepivo la sua presenza.
Mi abbassa il costume e mi penetra ancora con le dita, arrivando bene in profondità questa volta, e ruotandomele dentro; stavo per godere solo per questo.
Toglie la mano e dice:
- Guarda un po' che robba...
Non so a cosa si riferisse, ma poco dopo sento che non sono più le dita a voler entrare, ma il suo attrezzo, caldo e durissimo, che si fa strada dentro di me, allargandomi la fichetta come credo non mi fosse mai successo. Non posso fare a meno di lasciarmi andare ad un profondo "ahhhhhh...." di goduria ma anche di sollievo per l'attesa terminata.
- Te piace eh? Sei proprio 'na zozza!
E si fermò con tutto il suo peso contro il mio sedere, con l'attrezzo ben affondato dentro di me che, se anche non arrivava in profondità come altri che avevo provato, mi allargava alla grande.
- Dillo che te piace, sennò me fermo!
Non avevo altra scelta:
- Sì, mi piace....
Sussurrai.
- Mari' non sente, dillo più forte!
E mi tirò una forte sberla sulla chiappa destra.
- Ah, sì mi piace!
Urlai.
Fu come il colpo di pistola dello starter; iniziò a pomparmi furiosamente, con una sequenza di colpi infinita e con un'energia che non mi sarei aspettata da un uomo della sua età. Ogni tanto diceva:
- To' pija.
Oppure:
- Pijalo tutto mignottona!
La forza dei colpi era tale che mi facevano male le ossa del bacino che sbattevano contro il tavolo (l'indomani trovai infatti due grossi lividi che non furono facili da giustificare a mio marito), ma il piacere che arrivava dal ventre era di gran lunga superiore. Tanta era l'enfasi del rapporto che non mi ricordavo più che eravamo osservati, finchè non sentii una vocina arrivare da dietro:
- Daje Francé, daje. Hanvedi come gode sta mignotta.
In effetti godevo davvero, dimenavo la testa a desta e a sinistra e cercavo disperatamente un appiglio con le mani, per non essere in totale balia di quei colpi che mi sconquassavano la figa e il cervello.
Alla fine godette; me lo tolse di colpo da dentro e si svuotò sopra il mio sedere, emettendo dei grugniti che sembrava un cinghiale. Mi sentii di colpo vuota, e non avrei saputo dire se avevo raggiunto l'orgasmo, di sicuro avevo goduto molto...
Lo sentivo ansimare dietro di me, mi girai senza tirarmi su, lo guardai, rosso in volto e con i capelli bianchi sudati appiccicati alla fronte (faceva un caldo d'infermo lì dentro). Sentivo che si strusciava il pisellone sul mio sedere e, quando i nostri sguardi si incrociarono mi chiese con uno strano ghigno:
- Allora signori'? T'è piaciuta 'a sarciccia?
Riuscii solo a fare un cenno di assenso chiudendo gli occhi. Lo lasciavo giocare con il mio sedere mentre cercavo di riprendere fiato: ci strusciava il cazzo, mi stuzzicava il buchino, infilandoci anche la punta di un dito dentro. Era piacevole, e mi aiutava a riprendere fiato coscienza dopo la sgroppata.
Quello che successe dopo proprio però non me lo aspettavo; mi infilò in un solo colpo tutto il suo cazzone nel culo! Il vecchio porco aveva usato la sua stessa sborra per lubrificarmi il culo! E poi mai avrei pensato che un settantenne potesse fare due giri uno di fila all'altro! Fatto sta che non potei fare a meno di urlare a squarciagola un acutissimo "aaaaaaaaaahhh!!!!". Mi aveva fatto davvero male! La lubrificazione era stata opportuna, ma ce l'aveva così largo... nessuno mi aveva mai allargato così il culo! Il dolore era intenso e pungente e istintivamente cercai di spingerlo via, anche se non c'era speranza di riuscire a spostare un simile omone.
Probabilmete si rese conto che così non si sarebbe divertito neanche lui, quindi lo estrasse tutto e lo rinfilò piano:
- Aaaahhhhh
Questa volta il dolore era minore e l'urlo fu più contenuto. Ripetè l'operazione tre o quattro volte, finchè l'aaaahhhh non si trasformò in "oooohhhhhh". Allora capì che mi ero adattata alle sue dimensioni e cominiciò a muoversi con un buon ritmo, senza esagerare, intanto mi palpava le chiappe a due mani. Iniziava a piacermi. Mi vergognavo per quanto ero squallida; in una baracca con il cazzo duro di un vecchio sporcaccione sconosciuto nel culo, mentre sua moglie ci osservava, a poche centinaia di metri dalla mia famiglia... se questo non è essere troia!
La cosa è andata avanti a lungo, evidentemente il secondo giro dura di più; ogni tanto mi infilava anche qualche dito in figa, mandandomi splendide scosse al cervello, continuavo ad essere in uno stato di quasi orgasmo continuo, un'estasi...
Ogni tanto la moglie interveniva:
- Daje, sfonnale er culo!
Ma lui doveva essere troppo impegnato a incularmi per risponderle.
Ad un certo punto mi afferra per la coda e mi fa tirare su, sempre con il suo palo piantato dentro al sedere; la curva della sua pancia si adatta perfettamente a quella della mia schiena, così mi ritrovo scopata in piedi, con le narici piene del suo acre odore pungente; ma poi mi fa girare la testa e mi infila con decisione la lingua in bocca. La sua lingua era come lui, come il suo cazzo, grossa e calda, mi riempiva la bocca come il suo cazzo mi riempiva il culo. Birra e fumo erano i gusti della sua bocca. Mugolavo, mi sentivo piena e costretta, ma mi piaceva un sacco. Passò un braccio davanti e mi riempì anche la figa, non so con quante dita, ma ero piena dappertutto, bocca figa e culo, e tutto con un uomo solo; che gran porco!
Fu in quella posizione che lo sentii prima gemere e poi scuotersi tutto, staccò la bocca e ruggì nuovamente mentre mi riempiva l'intestino con il suo succo.
Mi accasciai di nuovo sul tavolo, e lui sopra di me, ma era troppo pesante, quasi mi soffocava. Gli chiesi di spostarsi e lui lentamente si tirò su e uscì dal mio sedere.
Anche se faceva caldissimo, sentii una sensazione di freso al buchino quando rimase vuoto. Mi sollevai con le gambe tremanti e il bacino dolorante per gli infiniti impatti contro il tavolo. Mi guardai in giro per cercare qualcosa con cui pulirmi e lavarmi, ma arrivò la moglie che mi prese per un braccio, subito sotto l'ascella, mi mise un sacchetto di plastica in mano e mi trascinò fuori dicendomi:
- A mignotta, pijate sti panini e sparisci, nun ce piacciono le troie di città qui!
E mi spinse verso il vialetto cosparso di aghi di pino lanciandomi dietro il mio pareo. Mi resi conto che avevo ancora il costume alle ginocchia e una tetta di fuori.
Mi ricomposi; sentivo l'appicicume lasciato dal suo sperma sopra il sedere e sentivo anche che il mio buchino era troppo aperto per trattenere il fluido che usciva. Mi calai gli occhiali sul viso e mi diressi verso la spiaggia con ancora il suo odore di sudore sulla pelle. Giunsi in spiaggia che mio marito stava leggendo sulla sdraio mentre mio figlio smanettava sul telefonino. Lasciai i panini e mi buttai in acqua per togliere qualche traccia da sopra e dentro di me.
Quando tornai all'ombrellone i miei ometti si lamentarono che i panini erano alla porchetta e non alla salamella; bofonchiai qualche scusa tipo "avevano solo quelli" e solo allora mi resi conto che ero andata a comprare da mangiare senza soldi! Per fortuna mi ero portata dietro un'altra valuta di scambio, il mio corpo...

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