Lui & Lei

Elena


di Dreamfree
22.06.2023    |    5.291    |    1 9.8
"“Ascoltiamo un pò di musica?” chiese lei..."
Elena

Un lunedì mattina, alle 6.00 arrivai a Milano davanti all’agenzia viaggi per caricare i pellegrini diretti a Lourdes, quando mi venne incontro Elena felice e sorridente dicendo “Lo sapevo che c’eri tu, l’ho visto sul foglio di viaggio”. “Sono contento di viaggiare con te” ribadii. “Anch’io” rispose lei, “Vado ad organizzare i posti, a dopo”
Elena accompagnava i gruppi nei pellegrinaggi per conto di alcune agenzie viaggi.
Avevamo già lavorato alcune volte insieme ed avevamo avuto una brutta esperienza con un anziano che rischiò di morirci sul pullman a causa di un infarto, ma gestimmo in modo esemplare la situazione e ricevemmo gli elogi non solo del gruppo ma anche dell’agenzia.
Questa esperienza rafforzò il nostro feeling, professionalmente parlando.
La giornata iniziò bene con la certezza che non sarebbe stato un viaggio noioso.
Alle 7.00 partimmo. Si doveva arrivare per cena a Carcassonne, circa 800 km. Con una sosta per il pranzo in Provence.

Era un piacere lavorare con lei, la sua gentilezza, pazienza e disponibilità con il gruppo, composto principalmente da persone di una certa età, era disarmante.
Faceva numerose visite tra i pellegrini sul pullman durante il viaggio per accertarsi che tutto procedesse bene, che non avessero, caldo, freddo, sete, necessità, ecc. poi tornava vicino a me e si chiacchierava, confrontando le esperienze sui viaggi fatti.

Elena aveva 20 anni, carina, magra, 1,50 di altezza, capelli lunghi, lisci, castani e occhi marroni. Sempre con i jeans, scarpe da ginnastica, maglietta larga con due braccine magre che uscivano dalle maniche corte, seno molto piccolo e due capezzoli a volte turgidi che si intravedevano quando la maglietta si appoggiava al seno nudo. La classica ragazzina che non ti fa voltare a guardarla ma con un carisma enorme.
La prima volta che viaggiammo insieme, mi disse che a volte gli autisti ci provavano con lei, ma non era solita dare quel tipo di confidenze, perciò se avessimo voluto andare d’accordo sarebbe stato meglio che stessi al mio posto, perché comunque aveva un fidanzato.
Io da quella volta decisi di rispettare questa sua volontà; nonostante le battute piccanti ed i momenti che potrebbero essere stati interpretati come flirt, il nostro rapporto era di rispetto e di amicizia tra colleghi di lavoro.

Intanto che si viaggiava verso il confine francese mi raccontò che il suo ragazzo ultimamente era molto irritato con lei per il fatto che fosse sempre in trasferta per lavoro e non avevano mai tempo per loro. Lei gli rispose che amava quel lavoro più di ogni altra cosa e non lo avrebbe lasciato mai. Così lui si arrabbiò ed il loro rapporto era in crisi.
Io invece, per fare lo splendido, le raccontai della storia di sesso che occasionalmente avevo con Patrizia. Di colpo si ammutolì, sembrò quasi che fosse gelosa di quello che gli stavo raccontando ma non diedi peso a quel comportamento.

Nel frattempo passammo la frontiera ed arrivammo a Saint Maximine per il pranzo prenotato.
Dopo una sosta di 1 ora e mezza ripartimmo in direzione Carcassone.
Nel tragitto fummo sorpresi da un temporale estivo che ci accompagnò fino all’arrivo in hotel.
Durante le operazioni di discesa dei pellegrini, io ed Elena con due soli ombrelli, li accompagnammo uno ad uno all’ingresso della “locanda” dove avremmo cenato e pernottato.
Il risultato fu che alla fine entrambi eravamo bagnati fradici.
Io, che avevo i capelli lunghi sciolti, li avevo incollati alle spalle sulla camicia fradicia; lei invece li aveva raccolti in una coda di cavallo e la maglietta bagnata appiccicata al corpo lasciava vedere benissimo due capezzoli scuri e inturgiditi dall’acqua fredda.
Confesso che finalmente ebbi un pensiero erotico su di lei.
Salimmo al piano superiore a piedi, non c’era l’ascensore, ed entrammo ognuno nella propria stanza, ma ci trovammo dopo alcuni istanti sui rispettivi balconi adiacenti, sempre bagnati fradici per guardare la situazione. La grondaia della locanda sopra le nostre teste era talmente piena che trasbordava acqua facendola uscire e cadere fuori a cascata.
Mi sporsi dalla ringhiera in legno del balcone fino a raggiungere con la testa la cascata di acqua fredda.
Lei rise, si sciolse i capelli castani e fece lo stesso. Ridemmo dandoci del matto a vicenda.
Doccia e poi giù a cena con il gruppo. Intanto il temporale si era esaurito.
Qualcuno vide la scena della grondaia ed una coppia ci disse “Siete proprio matti.. come noi quando eravamo giovani” accennò una signora settantenne guardando il marito che annuiva e ghignava sotto i baffi.

Dopo la colazione ripartimmo per raggiungere Lourdes in tarda mattinata, prendere possesso delle camere e pranzare.
Per me il lavoro era finito fino al giorno precedente alla partenza per il rientro, così mi misi a disposizione per aiutare Elena nell’accompagnare e dirigere i pellegrini nella loro esperienza di fede; senza però dimenticarci di passare prima a salutare le nostre conoscenze nei vari bar e negozietti che vendono gadget.
Mi accorsi che il nostro affiatamento nell’aiutare i pellegrini stava evolvendo in qualcosa di più sottile, scoprendo dei lati di noi finora celati, il rispetto reciproco e la stima crescevano aumentando anche il feeling e l’affetto tra di noi.
La sera dopo cena accompagnammo il gruppo per un ulteriore giro all’interno dell’area del santuario per poi rientrare nelle camere.
Durante il rientro, verso le 22.00, dopo una lunga giornata di impegno, lasciammo il gruppo dirigersi verso l’hotel e decidemmo di regalarci un pò di relax fermandoci a prendere un gelato in una gelateria italiana.
Dopo il gelato, rientrando, mi prese a braccetto avvicinandosi a me dicendo “Ho freddo”; ed io in tutta risposta l’abbracciai intorno alla spalla stringendola come a scaldarla, o a proteggerla e ci dirigemmo verso l’hotel.
Prendemmo l’ascensore ed arrivammo alle nostre stanze, anche qui adiacenti.
“Ascoltiamo un pò di musica?” chiese lei. Negli hotel all’estero avevamo l’abitudine di tenere la televisione sintonizzata su Mtv, il canale che trasmetteva solo video musicali, almeno non c’era il problema della lingua.
Acconsentii. Entrammo nella sua stanza, lei accese la TV, io presi una birra dal frigo bar e mi coricai sul letto ad una piazza e mezza mentre lei disse “Vado a fare una doccia”.
In quel momento realizzai cosa probabilmente sarebbe successo di lì a poco e mi venne in mente: “Se vuoi andare d’accordo con me non provarci mai” e poi, “Sono fidanzata”, e ancora “Sono in crisi con il mio fidanzato perché viaggio sempre”. Ripercorsi con la mente la scena della grondaia la sera precedente alla locanda, e le sue risate, la sua maglietta bagnata ed ancora il suo “Ho freddo”.
Mi sorpresi a sorridere pensando a tutto questo... e fu in quel momento che uscì dal bagno con l’asciugamano chiuso sul petto, si sedette vicino a me e dandomi le spalle disse: “Mi spazzoli i capelli?” porgendomi una spazzola.
Mi sedetti sul letto dietro di lei ed iniziai a spazzolarle i capelli. Il profumo di sapone che aveva addosso ed i capelli bagnati che mi schizzavano in faccia ad ogni passata fecero sì che la mia eccitazione non tardò a mostrarsi. Sentii l’impulso di sfiorarla con le labbra. Lentamente mi avvicinai all’orecchio e glielo baciai. Lei fremette e non fiatò, così continuai. Scesi con le labbra sul collo e la baciai più volte succhiando anche con forza. Iniziò a gemere e decisi che non ci sarebbero stati ripensamenti. Arrivai con le mani sui fianchi e le aprii l’asciugamano lasciandolo cadere sul letto.
Da dietro le presi i piccoli seni, cercai i capezzoli ed iniziai a strizzarli delicatamente; li sentii indurirsi tra le mie dita mentre continuavo a succhiarle il collo.
Iniziò a contorcersi come un serpente, si divincolò, si girò, cercò la mia bocca e ci infilò dentro la lingua facendola roteare intorno alla mia. Mi slacciò la camicia e me la abbassò dalle spalle lasciandola infilata nelle braccia lasciandomi a petto nudo. Scese a baciarmi il petto fino a mordicchiarmi i capezzoli, poi mi spinse giù fino a coricarmi e ricominciò a baciarmi e mordicchiare sempre più giù, fino agli addominali mentre le sue mani già slacciavano i jeans.
Tentò di abbassarmeli ed io per favorirla alzai il sedere, li abbassò insieme alle mutande, finchè il mio cazzo duro come una pietra fece capolino.

Lo afferrò con la mano, lo alzò e delicatamente e se lo fece scivolare in bocca. La bellissima sensazione che si prova nel sentire la cappella all’interno di un posto caldo e umido mentre la lingua ci rotea intorno accarezzandoti il glande è indescrivibile. La lasciai leccare e succhiare lentamente per un po', poi mi sottrassi, mi alzai, mi spogliai dai vestiti già slacciati, la spinsi fino a coricarsi, le allargai le gambe sottili facendo aprire una bellissima figa piccola, stretta, rosa, con il pelo cortissimo e bagnata come un lago.
Mi ci avvicinai ed iniziai a leccarla, prima l’interno delle cosce poi le grandi labbra, insinuandomi lentamente tra le piccole labbra, saettando ogni tanto con la lingua anche in profondità.
Lei mi teneva la testa tra le mani e mi forzava contro il suo sesso, mi soffermai sul clitoride, lo leccai, lo mordicchiai; lei mi strinse i capelli e mi venne in bocca ansimando rumorosamente e stringendo ritmicamente le gambe attorno al mio collo. Mi fermai.

Lentamente mi lasciò i capelli ed io risalii fino alla sua bocca; aveva un sorriso di piacere, felicità ed appagamento e le infilai la lingua bagnata dai suoi umori tra le labbra.
Limonammo per un po', poi mi misi in ginocchio sul letto, e la tirai verso di me, le presi le caviglie e le alzai le gambe aprendole. Quando fu all’altezza giusta le infilai dentro tutto il cazzo in un colpo solo. Lei aprì la bocca e chiuse gli occhi in una smorfia di intenso piacere, come se avesse una parola in bocca che non riesciva ad uscire, ed inarcò la schiena. Stringevo le caviglie tenendole le gambe aperte ed iniziai a scoparla, dapprima lentamente, aumentando pian piano il ritmo, mentre lei alzava ed abbassava il bacino per sentire meglio il mio cazzo duro entrare ed uscire dalla figa stretta e bagnata. Allungò una mano fino alla figa ed iniziò a masturbarsi il clitoride mentre la penetravo, sempre più veloce, ansimando in preda al piacere, finchè iniziò a pulsare stringendomi il cazzo e portando anche me alla conclusione.
Tirai fuori il cazzo e le sborrai sulla pancia con uno schizzo così potente che le raggiunse la gola ed il seno. Lei rise, ne prese una goccia dal seno con il dito e se lo lecco, e poi ancora e ancora, così mi alzai sulle ginocchia, lei si sedette davanti e me, lo prese in bocca succhiando fuori quello che ancora era rimasto. Poi ci baciammo con foga e ci coricammo uno in fianco all’altra.

Uno strano rumore di cicalino mi svegliò. Il telefono della camera dell’hotel ci dava la sveglia come richiesto alla reception. Lei abbracciata a me si stirò senza aprire gli occhi chiedendo “Che cos’è?”. “La sveglia” dissi “Bisogna alzarsi pelandrona”.
Lei sorrise cercando la mia bocca. La baciai e mi alzai dirigendomi verso il bagno.
Si stirò ancora, poi si alzò di scatto e mi precedette dicendo “Doccia per prima”.
Entrò nella doccia ed aprì l’acqua, mi infilai anch’io di scatto dicendo “Doccia insieme”. Ridemmo. Le misi lo shampoo sui capelli ed iniziai a frizionare e mi accorsi dell’imbarazzante succhiotto che aveva sul collo, poi le misi il sapone sulle spalle ed iniziai a massaggiala delicatamente su tutto il busto. Le appoggiai il cazzo in erezione sulle natiche, lei si chinò, alzò il sedere ed io la penetrai.
La tenevo per il bacino e la tiravo avanti e indietro infilzandola per tutta la mia lunghezza.
L’acqua schizzava sulla sua schiena e rimbalzava per poi cadere giù. Improvvisamente venne con fremiti di piacere; continuai a scoparla ancora per qualche minuto, poi tirai fuori il cazzo e le sborrai sulla schiena. L’acqua della doccia lavò via tutto in pochi secondi.
Si girò, mi abbracciò forte e ci baciammo. Finimmo la doccia, ci vestimmo e scendemmo per la colazione.

La giornata passò con i pellegrini, il pranzo, ed ancora al santuario. Per tutta la giornata non parlammo dell’accaduto ma ci comportammo come sempre da colleghi di lavoro, scambiandoci ogni tanto uno sguardo ed un sorriso.
La sera, dopo cena e dopo il santuario ci fermammo al bar degli italiani, dove autisti accompagnatori, ragazze che lavoravano nei negozietti di gadget, amici di amici, ecc. ci si trovava a fine giornata per una birra in compagnia.
Quella sera qualcuno aveva organizzato un pullman, i quali non mancavano, per andare in discoteca a Tarbes, e ci aggregammo a loro. Eravamo più di 20 persone tra italiani e francesi.
Come già era capitato si passava la serata in discoteca e si rientrava a notte fonda.
Rientrammo stanchi ed abbastanza ubriachi con alcuni propositi a sfondo sessuale, ma cademmo addormentati fino alla sveglia del mattino.
Quella che iniziava era una giornata impegnativa, come erano sempre il primo e l’ultimo giorno di permanenza. Elena doveva chiudere tutti i voucher con l’albergo, preparare quelli nuovi per il viaggio di rientro, tenere d’occhio i viaggiatori che tutti rispettassero gli orari, non dimenticassero niente, facessero gli ultimi acquisti, partecipassero agli ultimi eventi del santuario, mentre io dovevo riordinare e lavare il pullman, fare rifornimento, verificare tutto per fare gli oltre 1000 km del viaggio di rientro sicuro di non aver problemi.
Con tutto questo, alle 12,30 durante il pranzo mi disse “Passa da me dopo che ti devo dare la lista dei passeggeri per la frontiera” facendomi l’occhiolino.

Prima della fine del pranzo lei andò via ed io la seguii subito a ruota. Bussai alla sua camera.
Aprì la porta che era già nuda con la sua coda di cavallo, le sue minuscole tettine ed i bellissimi capezzoli turgidi color marrone scuro. Chiusi la porta dietro di me. Lei si inginocchio, mi slacciò i pantaloni, li abbassò, tiro fuori il mio cazzo non ancora duro ed iniziò a succhiarlo. Mi tolsi la camicia, la lasciai fare per qualche minuto, poi la alzai, la girai di spalle e la spinsi delicatamente verso il letto sul quale si inginocchiò rimanendo alla pecorina e le infilai tutto il cazzo nella fessura rosea. Il mio cazzo entrava e usciva da quella figa stretta, ora facendo uscire ed ora nascondendo le piccole labbra rosa aderenti al mio cazzo duro. La tenevo per i fianchi e la facevo ondeggiare come un’altalena, finchè le cedettero le braccia e si lasciò andare appoggiando il viso sul letto ed iniziò a godere come una fontana, ansimando e gemendo rumorosamente.
Si sottrasse da me, si voltò e si sedette sul letto. Prese il mio cazzo in bocca e dopo poche pompate, accortasi che stavo per sborrare lo tolse dalla bocca e continuando a segarmi si fece venire sulla faccia. Il mio sperma le colava sul petto e sul piccolo seno mentre lei se lo spalmava sulla faccia e sul corpo come un elisir di bellezza. Si alzò, mi baciò e fuggì nella doccia dicendo “E tardi, devo andare”. Fece una doccia veloce, “Tu se vuoi stai pure qui e quando esci chiudi la porta” disse vestendosi ed uscendo di corsa. Dormii un paio d’ore e nel tardo pomeriggio andai al bar degli autisti per un aperitivo con i colleghi ed un saluto, molti partivano quel giorno mentre altri erano in arrivo. Con Elena ci rivedemmo a cena come due colleghi di lavoro e decidemmo di andare a dormire ognuno nella propria stanza in previsione della dura giornata successiva.

Al mattino andai a prendere il pullman e mi avvicinai all’hotel, dove i pellegrini erano già pronti con le valige in strada, non si poteva stare troppo tempo, le strade sono strette e altri pullman dovevano passare o caricare i loro passeggeri. Partimmo come sempre intorno alle 8,00 per fermarci a pranzo a Nimes, cena al primo autogrill in Italia con l’obbiettivo di raggiungere Milano a metà serata.
Durante il viaggio parlammo molto dell’accaduto, entrambi senza l’intenzione di dare un futuro a questa storia ma con la volontà di prenderla solamente come avventura occasionale.

Arrivati a Milano scaricammo le valigie, facemmo i convenevoli, raccogliemmo gli elogi e congedammo i pellegrini. Elena trovò il fidanzato che era venuto a prenderla.
La salutai con un amichevole doppio bacio sulle guance, “Tra qualche settimana dovrei andare a Roma, spero di averti con me” disse “Buon rientro”.
Avviai il mio automezzo e mi diressi verso casa con la musica a palla e le lucine blù interne accese che faceva molto discoteca… quando d’improvviso mi balenò in mente il fidanzato di Elena ed il succhiotto che lei aveva sul collo.
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