tradimenti

Claudia


di Dreamfree
26.11.2022    |    508    |    1 9.3
"Chiesi a Claudia “Ci rivediamo?”..."
Claudia
Partii un sabato mattino di ottobre alle 7.00 con a bordo una squadra femminile di pallavolo, venticinque persone in tutto tra cui una quindicina di ragazze, allenatore, massaggiatore, magazziniere e qualche altro accompagnatore, con un pullman da 52 posti. Breve sosta per la colazione dalle parti di Cremona e poi tirata unica. Arrivammo a Trento poco dopo le 11.00. Passeggiata per il centro e poi al ristorante per il pranzo. Alle 14.00 tutti al palazzetto per vedere giocare un’altra squadra, si trattava infatti di un torneo che durava già da qualche settimana con più squadre. Il loro turno sarebbe stato alle 16.00 e se avessero vinto ci sarebbe stata la finale alle 21.00.
Io curioso andai a vedere il torneo e mi sedetti vicino ad altre tre ragazze sui 18/20 anni della nostra squadra che erano state portate come riserve “estreme”, infatti non andarono nemmeno in panchina, stettero sugli spalti con me ed ogni tanto uscivamo dal palazzetto a prendere un pò di aria fresca e si fumava una sigaretta.
Si chiacchierava del più e del meno, ma in generale del mio lavoro. Raccontavo di viaggi e posti da favola, hotel di lusso, ristoranti rinomati e super stellati, di città che probabilmente “Poche di voi vedranno durante la vostra vita” dicevo. Pendevano letteralmente dalle mie labbra, potevo raccontare ciò che volevo ormai erano mie.
Con Claudia, 19 anni, molto alta, oserei dire 1,80, fisico magro e seno piccolo, una bella gamba lunga e un bel sedere sodo dentro la tuta da ginnastica, capelli mori non troppo lunghi mossi e occhi castani, ci appartammo una volta di più ed iniziammo a parlare anche di avventure a sfondo sessuale durante i miei viaggi. “Come ti invidio” disse, “Anche a me piacerebbe viaggiare, vedere e fare tutte quelle cose, invece il massimo dei viaggi che posso fare sono le trasferte con la squadra, e intanto non mi fanno giocare perchè ci sono le altre che sono più anni che sono in squadra, e sono tutte lesbiche. Intanto sono entrata in squadra solo per andare in giro qualche volta e questo è il viaggio più lungo, però più che dei palazzetti non vedo, e in realtà non mi interessa giocare, una volta o l’altra non torno più a casa, intanto ai miei non gli frega niente, ecc”.
Mi fece quasi pena, capii che cercava di fuggire da qualcosa e quel qualcosa era la monotonia di una vita di paese, un pò il motivo che spinse me ad iniziare quel lavoro, la voglia di conoscere, di viaggiare e vedere il mondo, il desiderio di libertà di un giovane. Così le proposi di andare a prendere qualcosa al bar, ci sedemmo ad un tavolino e parlammo di queste cose. Lei mi esponeva i suoi sogni, desideri, ambizioni ed io, veramente senza secondi fini, dall’alto di un’esperienza un pò più ampia della sua cercavo di darle degli spunti su cui lavorare per inseguire i suoi sogni. Mi ascoltava come se fossi un Dio che parlava e ad un certo punto mi chiesi anche se facessi bene a spingere la giostra fino a quel punto, magari creando delle false aspettative e maggiori delusioni o stimolare qualche atto di follia; così calai i toni e proposi di ritornare sulle tribune. In realtà erano i pensieri che avevano stimolato e spinto me a muovermi ed a creare il mio mondo che amavo e lo stavo condividendo oltre che vantarmene con una ragazzina che cercava la sua libertà.
Alle 17.30 circa chiusero la partita vincendo e passarono il turno, ora toccava a un’altra squadra e quella che avesse vinto quella sfida avrebbe giocato con loro alle 21.00. Andarono tutte negli spogliatoi a congratularsi. L’allenatore decise di mangiare qualche panino al bar del palazzetto e riposarsi in attesa della finale, e così feci anch’io chiudendomi da solo sul pullman con l’intento di fare anche un riposino prima di partire, visto che bisognava viaggiare di notte per quasi 350 km, circa 4 ore, ed era dalle 6.00 del mattino che ero sveglio. Così feci. Mi chiusi sul pullman, reclinai un sedile e mi addormentai. Ad un certo punto sentii bussare nel vetro della porta e vidi che erano le tre ragazze. Aprii e le feci salire. “Come va?” chiesi. “Stanno perdendo” risposero. “Possiamo stare qui? intanto è finita, le altre sono nettamente superiore e noi arranchiamo” dissero. Feci cenno di accomodarsi. Erano quasi le 22.00, due di loro andarono sui sedili in fondo mentre io e Claudia parlammo ancora per una mezz’oretta quando finalmente arrivarono le ragazze amareggiate e deluse.
Partimmo prima delle 23.00 per il rientro a casa. Sapevo che prima delle 3.00 di notte non saremo arrivati, il viaggio sarebbe stato lungo. I passeggeri si erano spostati tutti in fondo al pullman e stanchi con il tepore del riscaldamento si misero a dormire. Intorno a mezzanotte, eravamo dalle parti di Verona ed arrivò Claudia. “Dormono tutti” disse. Le luci blu soffuse favorivano il riposo. Mentre al posto di guida suonava la musica degli Eagles a basso volume. Claudia si sedette sullo scalino del corridoio e rimase con me a parlare sotto voce. Ad un certo punto mi appoggiò la mano sulla gamba destra, la guardai e lei ricambiò sorridendo. Non dissi niente e lei iniziò pian piano a massaggiarmi delicatamente salendo sempre più verso il bacino. Il cazzo iniziò a gonfiarsi e presto occupò lo spazio della tasca destra dei pantaloni, proprio dove lei era giunta palpando, così che si trovo ad accarezzarmi e sfregarmi la cappella attraverso i pantaloni. La riguardai e lei sorrise di nuovo maliziosamente. Le dissi “Non esagerare che mi fai venire”. “Fermiamoci” disse lei. “Non posso fermarmi in mezzo all’autostrada, a Brescia c’è un autogrill, una mezz’oretta, dico che devo prendere un caffè e andare in bagno e scendiamo, ok?” risposi. “Ok” ribadì lei guardandomi con gli occhi brillanti di desiderio, come se non avesse altro obiettivo che arrivare lì. Ricominciò ad accarezzarmi la gamba risalendo sempre più come prima. Io guidando, le infilai dall’alto la mano destra nella giacca della tuta da ginnastica e lei prontamente abbassò la cerniera fino a metà. Dapprima palpai un seno attraverso la maglietta di intimo scollata, molto sodo, seconda misura credo, poi lentamente infilai la mano nella scollatura dell’intimo ed inizia a palparli entrambi ed i piccoli capezzoli turgidi, scendendo giù fino a raggiungere l’elastico delle mutande. Ogni tanto buttavo un occhio sullo specchio interno per assicurarmi che tutti continuassero a dormire. Lei allargò le gambe, con la mano violai anche l’elastico passando su una peluria rada. Lei continuava ad accarezzarmi la cappella attraverso i pantaloni mentre io mettevo la freccia e sorpassavo un paio di autotreni. Il mio dito medio si insinuò tra le grandi labbra e lei smise di sfregarmi il cazzo e stringendomi il braccio con forza iniziò a gemere sottovoce.
Finalmente l’autogrill, era quasi 01:00, misi la freccia e mi infilai nel parcheggio. Spensi il motore, aprii la porta, lei mi sussurrò: “Bagni delle donne” e si fiondò giù. Io andai a metà pullman dove c’era l’allenatore il quale mi disse “Ci siamo fermati?”. “Si” risposi, “Devo andare in bagno e a prendere un caffè doppio che inizio a sentire il sonno”. “Noi non scendiamo, dormono tutti” mi disse. “Si ho visto” ribattei, “Vi chiudo dentro, se volete scendere con il bottone rosso grande si apre la porta davanti, non lasciate il pullman incustodito” aggiunsi. “tranquillo” rispose.
Scesi anch’io e chiusi la porta da fuori, il piazzale era deserto, un paio di macchine davanti al bar e basta, andai a passo spedito verso i bagni e mi infilai in quello delle donne. “Claudia?!” chiamai, lei mise la testa fuori da un bagno “Sono qui” disse. La raggiunsi, entrai e chiusi a chiave la porta, come mi voltai mi prese la faccia tra le mani e mi ficcò la lingua in bocca. Limonammo con violenza per un paio di minuti, la sbattei contro il muro e continuando a limonare le infilai la mano nei pantaloni della tuta ed entrai nelle mutande. Con forza le presi in mano il sesso stringendolo, era talmente bagnata che le dita scivolarono quasi dentro da sole. Fece un sussulto di piacere. Accucciandosi si abbasso velocemente pantaloni e slip insieme sfilandoli da una gamba e si rialzò, mi rimise nuovamente la lingua in bocca ed alzò la gamba libera sul mio fianco. Io feci lo stesso, slacciai i pantaloni, li feci cadere sulle caviglie, tirai fuori il cazzo e in piedi di fronte a lei glielo infilai nella fessura bagnatissima e talmente scivolosa che entrò in un attimo. L’altezza quasi uguale favorì i movimenti ed iniziai a scoparla in quel caldo buco stretto. Un pò la guardavo in viso, lei testa alzata, occhi chiusi ed a voce ansimante pronunciava sillabe di piacere ad ogni colpo, e un pò guardavo il mio cazzo dall’alto entrare e uscire dalla sua figa con una angolazione strana. Pochi minuti e di scatto si divincolò, si alzò i pantaloni della tuta da ginnastica dalla gamba in cui erano ancora infilati, aprì la porta e ridendo rumorosamente uscì. Io rimasi interdetto per un attimo, non capivo cosa stesse facendo. Pensai avesse sentito un rumore, invece continuando a ridere mi disse “Vieni”. Mi alzai i pantaloni anch’io e tenendoli in mano uscì dal bagno con il cazzo a penzoloni, ridendo si infilò in un altro bagno ed io la seguii. Lasciò cadere di nuovo i pantaloni della tuta, si sedette sul water, mi aprì le mani ed io lasciai cadere i miei, mi prese il cazzo in mano e se lo infilò in bocca ed iniziò a succhiarlo come fosse un aspira polvere. Lo stringeva con forza in mano e con forza succhiava la cappella come se volesse tirarmi fuori l’anima dal cazzo. Succhiava così forte che il dolore sovrastava il piacere. Resistetti un paio di minuti poi le allontanai la testa con le mani. Lei mi guardò come a chiedere “Perché?!”, si alzò, mi girò le spalle e si chinò appoggiando le mani sul bordo del water porgendomi il sesso a gambe tese aperte. La penetrai nella figa da dietro. Pompavo tenendola per i fianchi e tirandola ritmicamente a me, intanto si portò la mano destra in mezzo alle gambe ed iniziò a masturbarsi il clitoride, continuando a dire “Vengo, vengo, vengo” e ansimando; pochi minuti ed iniziarono a tremarle le gambe convulsamente, strinse le ginocchia e la figa intorno al mio cazzo poi venne. Quella stretta fece sì che anch’io non riuscii più a resistere, così estrassi il cazzo e le sborrai sulla mano che ancora usava per massaggiarsi il sesso.
In quel momento un vociare di donne entrò nei bagni, Ci guardammo soffocando una risata esplosiva, fregò la mano contro il muro per pulirla, velocemente ci ricomponemmo, lei aprì la porta ed usci, io con la mano nella sua la seguivo facendo finta di essere paraplegico camminando strisciando un piede, passammo in mezzo ad una decina di donne già di una certa età che guardavano stupite commendando in una lingua che poteva essere dei paesi dell’est, avanzavamo e Claudia continuava a dire “buonasera, buonasera” e velocemente guadagnammo l’uscita senza lasciare loro il tempo di porsi domande scomode. Appena fuori, iniziammo a ridere, lei corse verso il pullman, mentre io camminando normalmente passai vicino ad un altro gruppo di signore anziane che provenivano dal pullman appena arrivato e parcheggiato vicino al nostro, salutandole “Buonasera, buonasera” e le gentili donne ricambiavano il saluto. Aprii il pullman, salimmo, lei andò subito verso il fondo e si sedette, io guadagnai il mio posto, misi in moto, chiusi la porta e partimmo. Pochi secondi ed il massaggiatore venne davanti: Tutto a posto?” chiese, “Si si” risposi, “Avevo bisogno di un caffè e di andare in bagno”. “Non ti addormentare” disse “ti mando qualcuno davanti a fare due chiacchiere”. “Grazie” ribattei e si allontanò. Guardai l’ora e partii, era quasi 01:30, la nostra sosta era durata meno di mezz’ora. Pochi minuti ed arrivò Claudia: “Mi ha detto il massaggiatore, visto che sono l’unica sveglia, di venire qui a farti parlare così non ti addormenti” e fece una risata sarcastica. Si sedette sullo scalino del corridoio e flirtammo fino a casa. Arrivammo alle 3.30.
Chiesi a Claudia “Ci rivediamo?”. “Non credo il mio ragazzo sia d’accordo, però se capita un altro viaggio contaci”. Dico la verità ci rimasi un pò male, però non potevo farci nulla. Scesero tutti, chiusi le porte, spensi le luci interne e mi avviai verso il deposito con gli AC DC a volume alto, battendo il ritmo sul volante e sorridendo pensando a Claudia. Portai il mezzo in deposito, la domenica ero di riposo, presi la mia macchina ed alle 4.00 andavo a dormire.
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