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Lui & Lei

La ragazza della spider rossa


di cd1948
24.02.2015    |    6.484    |    0 9.9
"Stemmo così per qualche minuto, poi lei si mosse..."
La ragazza della spider rossa

Era iniziata come una belle giornata di primavera, soleggiata, arietta bella frizzante. Dove abitavo io, leggermente fuori dal paese e vicino ai boschi, si stava proprio bene. Poi, verso pomeriggio inoltrato, di colpo era diventato tutto nero ed aveva iniziato a piovere a dirotto.
Io me ne stavo tranquillo, da solo, a casa a leggere un libro ed ascoltando musica, mia moglie era andata con nostro figlio a visitare i parenti e doveva stare via qualche giorno.
Ad un certo punto, suon il campanello. Apro la finestra e vedo una ragazza, bagnata come un pulcino.
“Per favore mi fa fare una telefonata”, mi dice.
“Un attimo, vengo ad aprire il cancello”. Mi metto una giacca, prendo un ombrello e vado ad aprire il cancello e la accompagno dentro a casa.
“Per favore, mi faccia fare una telefonata, la macchina è guasta ed il telefonino pure si è bagnato”
“Prima ti faccio asciugare”, ribatto, “altrimenti ti prendi una polmonite”.
Era blu dal freddo, zuppa, i capelli incollati all a faccia. Mi fece pena. La presi per mano e la portai quasi trascinandola al bagno del primo piano, dove abbiamo anche la Jacuzzi a 2 piazze. La feci spogliare. Lei resistette per un po. Non era minimamente vestita per stare sotto un diluvio simile. Lei alla fine si levò il maglione, la maglietta i pantaloni e rimase in mutandine e reggiseno. Erano zuppi anche quelli. Glieli tolsi quasi a forza e la misi sotto la doccia calda, quasi bollente. Lei resistette un po, ma poi mi lasciò fare.
Era bellissima, bionda naturale, occhi azzurri, avrà avuto 23 o 24 anni, un culetto alto e sodo, due lunghe gambe belle tornite due tettine piccole, una seconda forse, con i capezzoli ritti dal freddo, le pelle d'oca, sempre per il freddo.
La tenni sotto la doccia per un bel po, fino a che iniziò a ritornarle il colore naturale. Poi andai a prendere delle salviette da bagno e uno dei mie accappatoi, la asciugai per bene e le feci indossare l'accappatoio, uno dei miei, che bastava per avvolgerla almeno due volte. Le diedi anche un paio di ciabatte di mia moglie.
Nel frattempo avevo messo i suoi vestiti sui radiatori ad asciugare, visto che avevo il riscaldamento acceso.
Infine le diedi un pigiama di flanella di mia moglie e delle ciabatte.
Fatto questo, la lasciai telefonare ai suoi. Abitavano in una città ad un centinaio di km da casa mia. Lei iniziò a spiegare quello che le era successo.
Da quello che capii, aveva preso la vecchia spider di suo padre e, con il tettuccio di tela aperto, vista la bella giornata, era venuta dalle mie parti per visitare una sua compagna di università. Poi, sul tardi, visto che iniziava ad imbrunire aveva preso la macchina e si accingeva a ritornare a casa sua, ma l'acquazzone l'aveva sorpresa. Il tettuccio della macchina era di quelli vecchi, che ci voleva un quarto d'ora per aprirlo o chiuderlo, sempre che tutto funzionasse. Nell'oscurità si era persa e non sape nemmeno ritornare a casa della sua amica. Allora, vedendo le luci di casa mia accese era venuta a suonare il mio campanello.
A quel punto intervenni io e dissi ai suoi genitori di non preoccuparsi e di venire al giorno seguente con un carro attrezzi per portare via la macchina e che avrei offerto ospitalità alla ragazza. Si chiamava Diana.
Rimanemmo così d'accordo che mi avrebbero chiamato all'indomani per farsi spiegare dove abitavo e venire a recuperare macchina e figlia.
Preparai qualcosa di caldo per cena e poi la misi a dormire nel letto matrimoniale, visto che era l'unico pronto, dato che la donna delle pulizie li aveva sfatti tutti senza rifare altro che quello in cui dormivo io.
La misi sotto il piumino e la coprii per bene. Poi, andai a leggere ancora per un po.
Alla fine, andai a dormire anch'io. Mi spogliai completamente visto che dormo sempre nudo e mi coricai.
Guardai Diana. Sembrava dormire. La sfiorai, aveva mani e piedi freddi. Sentendo il mio tepore, mi si avvicinò e si accoccolò al mio fianco. Io mi voltai e la abbraccia per riscaldarla un po. Stemmo così per qualche minuto, poi lei si mosse. Fra quello che avevo visto nel pomeriggio, il contatto con il suo corpo, fatto sta che il mio uccello iniziò ad irrigidirsi. Eravamo di fronte, stretti l'un l'altro. Il mio membro aveva assunto una consistenza che lei non avrebbe potuto ignorare, visto anche che stava premendo sul suo basso ventre.
Ad un certo punto, una sua mano me lo prese ed iniziò ad accarezzarlo. Io la trassi ancora di più verso di me e le infilai una mano sotto la giaca del pigiama, iniziando a carezzarle la schiena. Lei sospirò ed alzò il viso verso il mio. Le poggiai dolcemente le mie labbra sulle sue, che si aprirono e mi restituirono il bacio. Le infilai lentamente la lingua in bocca e lei reagì aprendola la sua boccuccia ed accogliendola tutta dentro.
La mia mano scese allora lungo la sua schiena fino ad inserirsi nei pantaloni e le afferrai una chiappetta, traendola verso di me.
Lei mi spinse gentilmente fino a farmi stare supino. Si erse, si sbottonò la giacca del pigiama, la levò, restando a torso nudo ed appoggiò le sue tettine, i capezzoli ritti, sul mio petto ed inziò a carezzarmi con il suo piccolo seno sodo.
Poi, lentamente, mentre mi baciava il petto, iniziò a scendere, sempre sotto il piumino che ci copriva, fino ad arrivare all'inguine. Impugnò il mio cazzo e se lo mise in bocca. La sua calda boccuccia me lo avvolse dandomi una sensazione meravigliosa. Iniziò un saliscendi sulla mia asta, ma non sapeva fare bene i pompini, allora iniziai a darle le istruzioni. Imparava presto.
Dopo un po la presi per le braccia e la feci mettere supina al mio fianco, sfilandole i calzoni del pigiama. A quel punto lei era nuda. Iniziai succhiandole le tettine, mordicchiandole i capezzoli, mentre prima le carezzavo il monte di venere, infilando le dita nel suo boschetto, fino ad arrivare alla patatina, dove le infilai il dito medio. Emise un sospiro ed un mugolio di piacere.
Poi, iniziai a leccarle il petto, baciarla, piano, piano, scendendo un poco alla volta ma senza levare il dito dalla sua patatina, fino a che arrivai al boschetto, dove mi tuffai, e con la lingua iniziai a leccare tutto attorno, ad inserire la lingua nella sua dolce ed allagata fighetta, mordicchiare il clitoride. Nel frattempo, il dito che avevo levato di lì lo portai sul suo culetto ed iniziai lentamente a massaggiarle il buchino e poi iniziai ad inserire il dito. Andai avanti così per alcuni minuti. Lei mi teneva la testa e mugolava.
“Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh, sìììììììììììììììììììììììììììììì, ancoraaaaaaaaaaaaaa”, iniziò a dire, fino a che con un urlo ebbe il suo primo orgasmo.
Allora mi sollevai, Mi misi sopra di lei, puntandole il mio cazzo all'entrata della sua patatina. Lei lo prese e lo guidò fino a dentro. Lo spinsi fino a toccare in fondo e poi iniziai dei lenti allunghi arrivando fino quasi a sfilarlo e poi lentamente spingerlo fino in fondo, dentro e fuori, lentamente. Lei sembrava come impazzita, si agitava sotto di me, urlava, mugolava.
Ed io continuavo lentamente.
“Sììììììììììììììììììììììììììììì, ancoraaaaaaaaaaaaaaaaa, ti pregoooooooooooooooooooo, non smettere, accelera, per favoreeeeeeeeeeeeeeeeeeeee”, continuava ad urlare
Infine esplose in un altro orgasmo e poi iniziò ad averne a ripetizione. Io continuavo con il mio lento infilarlo e sfilarlo, fino a che lei, esausta, si fermò. Allora la girai, le misi un cuscino sotto la pancia e, con il suo culetto in primo piano, le infilai nuovamente il cazzo in figa, ma questa volta anche un dito nel culetto. Pompai ancora e finalmente le venni dentro la sua dolce patatina con un rantolo e mi accasciai sopra di lei. Per un po stetti così poi mi girai e mi misi supino al suo fianco. Lei si voltò verso di me e mi disse :
“Grazie, è stato meraviglioso”.
Infine ci lavammo e ritornammo a dormire. Ci addormentammo nudi ed abbracciati. Al mattino ci svegliammo non troppo presto dopo le fatiche della notte, io mi infilai un accappatoio e le scese con la giacca del pigiama sbottonata. Non le copriva ne il culetto ne la patatina, che erano così meravigliosamente in vista.
Al vederla così, non resistetti, mi avvicinai da dietro con il mio uccello in tiro e glielo misi fra le gambe, afferrandole le tettine da dietro.
“Oh, che bello, sei così tenero”, mi fece.
“E' la tua bellezza ed il tuo essere così sexy ed innocente al tempo stesso” replicai, baciandole il collo.
“Oh, sì, mi piace come fai, disse, mi fai venire la pelle d'oca”.
“Ho voglia di te, del tuo culetto”, ribattei.
“Ma è vergine”, esclamò.
“Allora è tempo di prendere dei provvedimenti”, dissi io, piegandola in avanti.
“Ti prego, fai piano, ho paura”.
“Farò il più dolcemente”, ribattei.
Iniziai con l'infilarlo nella sua fighetta bagnata mentre con un dito iniziavo ad entrare nel buchino. Feci piano, detti alcune pompate con il dito dentro e poi levai il dito ed appoggiai la cappella bagnata dei suoi umori sul culetto. Iniziai a spingere delicatamente, dicendole di aprirsi e spingere come se dovesse fare la cacca. Lei collaborò e la cappella, finalmente, dopo qualche patimento, entrò. Li mi fermai.
“Ti duole ?” Chiesi.
“Un pochino”, ribatté.
“Vedrai, aspettiamo un poco fino a che ti abitui”, dissi io.
Poi, piano piano, iniziai a spingere.
“Ti prego, fai piano”, disse lei.
Continuai a spingere delicatamente, fino a che fu tutto dentro. Mi fermai un attimo e poi, sempre lentamente iniziai ad andare dentro e fuori. All'inizio si lagnò un pochino poi il piacere prese il sopravvento ed iniziò a mugolare. Il buchino era strettissimo, tante che alla fine, invece di durare ora come al solito, venni insieme a lei, lasciandole lo sperma dentro.
Un po alla volta il mio membro perse consistenza e lo sfilai. Lei rimase lì per un attimo, con il buchino che iniziava a chiudersi, lasciando colare fuori il mio sperma. Poi si girò, s'inginocchiò davanti a me e mi pulì il cazzo, leccandolo tutto.
Alla fine facemmo colazione, con lei seduta in grembo, ci lavammo. Controllai che i suoi vestiti si fossero asciugati durante la notte. Poi ci rivestimmo e rimanemmo abbracciati a parlare in attesa che i suoi arrivassero.
Quando arrivarono con il carro attrezzi, mi ringraziarono per la gentilezza avuta con la loro figlia, le mi salutò con un casto bacio e, finite le operazioni di carico della macchina, se ne andarono.
Non la rividi mai più ma mi lasciò uno stupendo ricordo.
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