Prime Esperienze

Fiducia Cieca


di Membro VIP di Annunci69.it VisconteDiValmont
21.09.2021    |    432    |    4 9.5
"Adoro i momenti che precedono il primo incontro con una donna; ancora di più se questa donna ti ha assicurato che farà tutto quello che le ordinerai..."
Adoro i momenti che precedono il primo incontro con una donna; ancora di più se questa donna ti ha assicurato che farà tutto quello che le ordinerai. Sono in auto, mentre rallento per entrare nel parcheggio mi accorgo che le mie pulsazioni stanno accelerando, ho sete, bevo un sorso d'acqua dalla bottiglia. Eccola, è in piedi appoggiata alla sua auto, già parcheggiata. Io scelgo di posteggiare la mia macchina sul lato opposto del parcheggio, per avere più tempo prima di raggiungerla. Fermo la macchina e scendo, mi dirigo verso di lei. Indossa un vestito nero, corto e fasciante, scarpe con i tacchi - non troppo alti - e una borsetta. Lei non mi ha mai visto in foto, non sa che sono io l'uomo che deve incontrare, e infatti scruta con attenzione gli altri uomini che scendono dalle auto chiedendosi se sarà uno di loro. Sono dietro di lei, a circa venti metri, non mi ha ancora visto. Ora sono a dieci metri, mi nascondo dietro a un furgone, ma la vedo attraverso i vetri della cabina. Faccio un fischio, il tipico fischio del marpione che vede una bella ragazza, quello che consiste in due parti: la prima, un sibilo breve ed ascendente, e poi subito dopo la seconda, discendente e un po' più lunga. E' il nostro segnale, lei capisce. Apre la borsetta e prende un paio di occhiali da sole, lentamente se li mette sul viso; anche lei è agitata, le mani un po' le tremano.
Ci sentiamo per messaggio da circa una settimana. Giulia, ventiseienne magra e tatuata, si presenta come mistress, ma in realtà è una docile schiavetta, almeno con me. Qualche giorno fa le ho assegnato un compito, un piccolo lavoretto di bricolage: ha dovuto prendere un paio di occhiali da sole e un cartoncino sottile di colore nero. Ha tagliato il cartoncino ricavandone due piccoli dischetti, della stessa forma e dimensioni delle lenti degli occhiali. Poi ha incollato i cartoncini alle lenti, sul lato dell'interno. In questo modo, dal momenti in cui indosserà gli occhiali non vedrà più nulla; si metterà nelle mani del suo padrone, che lei non ha mai visto, e che continuerà a non vedere.
La raggiungo e le passo un braccio attorno alla schiena, lei si volta, spaventata. La saluto e la bacio in bocca, il suo respiro è corto, i battiti alti. Quando stacco la mia bocca dalla sua non riesce a dire niente, ansima solamente. La conduco fuori dal parcheggio, sempre con una mano sui suoi fianchi; lei cammina con un po’ di titubanza, ma sento che ad ogni passo si fida sempre più di me. Qualcuno ci passa a fianco e Giulia istintivamente si volta nella direzione dei loro passi, come se ne avesse paura. Camminiamo per qualche minuto e poi ci fermiamo, la faccio sedere al tavolino di un bar, ordino due caffè. Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro che voglio che si tolga le mutandine e le metta nella borsetta. La cosa un po’ la spaventa, ma è come se non avesse scelta, accetta di farlo. Mi chiede di accompagnarla alla toilette, ma rispondo che non voglio farlo; in quel momento arrivano i nostri caffè. Allora chiedo al barista se può cortesemente accompagnare la mia ragazza ai servizi, lui è un po’ stupito dalla richiesta, ma la esaudisce. Le dico di fare in fretta, altrimenti il caffè si raffredda. Qualche istante dopo torna dalla toilette, sempre al braccio del barista. Le prendo la borsetta e controllo: le mutandine sono lì, un po’ umide. Brava, penso; pago il conto e riprendiamo la nostra passeggiata.
Ora la sento molto più rilassata, cammina con scioltezza e anche se non lo vede, sa di essere guardata e ammirata. Io ho sempre una mano sulla sua anca, e ora ne approfitto per accorciare un po’ il suo vestito, lei mi lascia fare. Il pomeriggio di fine estate è caldo, ma c’è una leggera brezza che entra tra le sue cosce e a volte le dà un fremito. Arriviamo ad un piccolo edificio, che ha uno sportello all’esterno. Compro due biglietti e poi ci sediamo su una panchina, all’interno. Lei non sa dove siamo, e nemmeno me lo chiede; apprezzo il fatto che si abbandoni totalmente a me, e che non mi chieda spiegazioni. Nella piccola sala d’aspetto c’è un’altra coppia, sono stranieri, parlano in inglese. Giulia accavalla le gambe, sa che l’orlo del vestito le copre a malapena le grandi labbra, e che queste sono a contatto con il legno della panca, ma non sembra che la cosa le dia fastidio. Dopo un paio di minuti di attesa si sentono dei rumori, e poi una porta automatica che si apre; ci alziamo e entriamo, noi e l’altra coppia. La porta si richiude e poi tutto comincia a tremare e a muoversi. A questo punto Giulia capisce di essere nella cabina di una funivia. Lo spazio è stretto, non più di due metri quadrati. La coppia di turisti guarda fuori il paesaggio, estasiati, e allora per me è facile fare scivolare la mia mano sulla figa di Giulia. Mi basta allargare un po’ le labbra per scoprire che è fradicia, di un bagnato caldo che mi avvolge le dita. Lei si lascia sfuggire un sospiro, un profumo selvatico di femmina invade la piccola cabina; la coppia non si accorge di nulla, o almeno fa finta di non accorgersi.
Una volta usciti dalla stazione a monte della funivia, procediamo, sempre abbracciati, su una via asfaltata. Il paesino è formato da poche case sparse e qualche hotel; a quest’ora ci sono solo pochi escursionisti e qualche famiglia. Passiamo davanti ad un parco giochi, qualche bambino ci sta giocando; i genitori, seduti sulle panchine, ci guardano con un po’ di commiserazione. Arriviamo ad un ristorante, ci sediamo ad un tavolo all’interno e ordiniamo un aperitivo. Dico a Giulia di alzarsi, la prendo sottobraccio ed andiamo verso la toilette. Arrivati al bagno delle signore una donna che si sta lavando le mani sembra scioccata quando ci vede entrare, ma poi si accorge che la mia ragazza è non vedente, e quindi si tranquillizza. Apro uno dei servizi e faccio entrare Giulia, aspetto che la signora esca dal bagno e poi ci entro anch’io. La trovo seduta, e un po’ spaventata dal fatto che ho aperto la porta ma sempre con gli occhiali addosso. La prendo per i capelli e le dico di aprire la bocca; non le metto subito il cazzo dentro, voglio giocare un po’ prima. Le sbatto la cappella sulle guance, la schiaffeggio per farle capire che è la mia troia, e poi alla fine penetro la suo boccuccia con il mio pene già in semi erezione. Segue un bel pompino profondo, condito da insulti e schiaffi perché la puttana non smette di mugolare, con il rischio di farci scoprire. Le sborro copiosamente in gola, lei annaspa un po’ ma poi manda giù tutto, da brava puttana quale è. Usciamo dal bagno, torniamo al tavolo e consumiamo il nostro aperitivo.
Ordiniamo anche da mangiare. La cena si svolge normalmente, e se non fosse per la finta cecità di Giulia, e il fatto che non porta le mutandine, saremmo perfettamente normali, come una qualsiasi altra coppia che è uscita per una serata romantica. Usciamo dal ristorante, ormai è buio e non c’è più nessuno in giro; mentre passiamo davanti al parco giochi sento che Giulia ha freddo, sta tremando. Allora ci sediamo su una panchina e la avvolgo tra la mie braccia; lei smette di tremare, ma poi il suo respiro comincia a farsi pesante. Poco a poco comincia a gemere e senza dirmi niente mi mette una mano nei pantaloni e mi stringe il cazzo. In poco tempo me lo fa diventare completamente duro e a quel punto, come se fosse presa da un raptus, me lo tira fuori e comincia a succhiarmelo. Io posso solo lasciarla fare, ma mi guardo intorno per vedere che non arrivi nessuno; mi piace la sua avidità nel succhiare, e il fatto che non le interessi per nulla che qualcuno ci veda, ma il posto è troppo esposto per poter continuare senza essere disturbati. Allora mi alzo, la prendo per un braccio e la trascino verso i giochi per i bambini. In cima ad un breve scivolo c’è una piccola capanna, larga sì e no un metro per un metro, ma per noi va benissimo. Ci salgo e mi tiro dietro Giulia; mi siedo sul pavimento della capanna, sempre con il cazzo bene in tiro, e ci faccio sedere sopra la mia puttana. Mentre la sua figa alluvionata viene esplorata dal mio pene, la zoccola lascia andare un gemito, e allora subito le arriva una manata in faccia. Le tengo la bocca tappata mentre lei comincia a stantuffare sul mio cazzo eretto, ma faccio fatica tenerla muta, sembra indiavolata. In lontananza vedo la stazione della funivia, la cabina è appena arrivata e non c’è nessuno in attesa. Ordino a Giulia di scendere dallo scivolo, mi metto il cazzo nei pantaloni in qualche modo e poi scendo anch’io; mi dirigo di fretta verso la funivia, sempre trascinando la mia troia. Saliamo in cabina giusto in tempo per la partenza, siamo soli; appena cominciamo a scendere, piego Giulia in avanti, le faccio afferrare per bene la ringhiera e quindi tiro fuori di nuovo il mio cazzo duro. Mentre la penetro le dico che ora può urlare quanto vuole, e infatti la troia lo fa.
Quando usciamo dalla stazione a valle della funivia il bigliettaio dallo sportello ci guarda con una faccia stranita, probabilmente ha capito cosa è successo durante la discesa. Io mi sono tolto la maglia e la tengo sull’avambraccio per nascondere la mia erezione nei pantaloni, che nonostante la venuta non accenna ad abbassarsi. Giulia trema ancora, ma non di freddo (a valle la temperatura è più alta), e un rivolo bianco le scende dall’interno coscia. Mentre camminiamo verso il parcheggio riprendiamo un po’ di aplomb. La accompagno alla sua macchina e la faccio entrare; mentre è seduta al posto di guida le dico di pulirmi, lei capisce e mi tira fuori un’altra volta il cazzo dai pantaloni e lo succhia con dedizione. Mentre mi amministra il pompino dell’addio le dico che può togliersi gli occhiali. Lei lo fa con molta lentezza, e poi alza i suoi bellissimi occhi verdi verso di me; il suo sguardo è quello della puttana che vuole solo essere usata, ma, stranamente, è anche pieno di gratitudine. Da parte mia, posso solo ripagare questa splendida ragazza per la sottomissione che mi ha dimostrato, e lo faccio irrigando la sua calda bocca con il mio sperma. Lei ingoia, diligentemente, mi risistema il cazzo nei pantaloni e delicatamente mi sospinge un po’ indietro. Quindi chiude la portiera, accende l’auto e se ne va.
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