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Prime Esperienze

LA PRIMA VOLTA PER LEI (STORIA VERA)


di Zagor_black
02.06.2023    |    19.427    |    14 9.8
"Un paio di autoreggenti nere, un reggiseno di pizzo nero, un tubino molto corto ed aderente che le fasciava sinuosamente il corpo di colore rosso..."
Al tempo vivevo in Puglia con la Mia ex donna che era anche la Mia Sottomessa. Durante le innumerevoli volte in cui si faceva l'amore e le nostre sessioni BDSM, si fantasticava e si viaggiava molto con la mente nel vederla presa da altri uomini.
Vivevamo in un paesino del sud dove tutti più o meno si conoscevano e la stragrande maggioranza erano parenti vicini e lontani tra di loro. Le opportunità di attuare la fantasia erano scarse ed improponibili. Lei veniva da una separazione tormentata ed era già al centro del pettegolezzo di tutti per aver intrecciato una relazione con me: il romano che abitava al nord, il Master, il Demone tentatore, il debosciato perverso che trasferendosi al Sud l'aveva fuorviata. Ad onor del vero devo dire di essere sempre stato alquanto perverso ma non mi sono MAI permesso di fare nessuna coercizione e plagio: tutte le donne che ho posseduto sono state consapevoli del proprio ruolo e, inoltre, sapevano benissimo con chi si sarebbero legate.
Detto questo, l'avevo già portata un paio di volte ad alcune feste BDSM ma non c'era mai stata nè occasione nè volontà di attuare quello che ormai era un tarlo fisso che avevo instillato nella sua mente e nelle sue voglie: essere presa da più di un uomo alla volta. In quel tipo di feste difficilmente si finisce in orgia collettiva; si prediligono soprattutto sofisticate pratiche BDSM che portano principalmente ad un godimento mentale.
L'occasione capitò la prima volta quando venimmo a Roma per trovare i miei familiari.
Per avere più indipendenza e non essere di peso a nessuno, prendemmo alloggio in albergo scelto da me tatticamente su Via Salaria, nota via frequentata ad ogni ora del giorno da prostitute. Ogni volta che ci spostavamo dall'albergo ed imboccavamo l'arteria principale e si vedeva una prostituta era mia cura farglielo notare in maniera plateale tanto che arrivò a dire: "Se vuoi andare con una di quelle ferma la macchina che scendo, ci vai e dopo mi vieni a riprendere"
"Non voglio andare con nessuna prostituta" le risposi "voglio solo che tu sia più puttana di loro"
Mi guardò interdetta, sapevo a cosa pensava ed aggiunsi: "Non voglio che tu ti prostituisca per me, anche se so che se te lo chiedessi lo faresti. Ti voglio ancora più puttana; non lo devi fare per soldi ma per fame di cazzo."
"Ho sempre voglia di cazzo" rispose lei "del tuo cazzo" e iniziò a palparmi la patta facendomelo rizzare per bene.
Infilai anche io una mano nelle sue cosce (non portava mai le mutande, io la volevo sempre così: pronta ed operativa ad essere scopata ogni volta che ne avevo voglia) e constatai con piacere che era già bagnata. La toccai un pò, quel tanto che bastava per farla arrivare quasi all'orgasmo e poi, fermandomi, le dissi "Oggi ti voglio tutto il giorno arrapata senza che vieni. Sborrerai stasera se ne avrò voglia" e leccai le dita intrise del suo nettare con un sorriso tra il soddisfatto ed il divertito.
La giornata continuò così in un susseguirsi di toccate ed eccitazioni ma senza mai portarla all'orgasmo. Le soffiavo parole sconce all'orecchio, le palpavo il culo, le infilavo una mano sotto la gonna constatando sempre il suo stato eccitato; non perdevo occasione per rimarcarglielo.
La sera, dopo una veloce cena a casa di mia sorella, ritornammo in albergo, era ormai su di giri, aveva gli occhi languidi, ogni occasione era buona per avvinghiarsi a me ma ogni volta le dicevo: "Non è il momento". Entrammo a turno in doccia. Cavallerescamente (come è sempre stata mia abitudine) diedi a lei la precedenza senza farle fretta. Nel frattempo avevo preparato sul letto i vestiti che volevo lei indossasse.
Un paio di autoreggenti nere, un reggiseno di pizzo nero, un tubino molto corto ed aderente che le fasciava sinuosamente il corpo di colore rosso. Il nero: la seduzione, il rosso: la passione. Un paio di decoltè tacco 12 che le slanciavano le gambe ed il culo.
Uscita dalla doccia vide ciò che le avevo preparato sul letto, mi guardò interrogativa. Sul mio volto si dipinse un sorrisetto soddisfatto e le dissi: "Ti ho detto che ti voglio puttana" andai anche io a prendere la mia doccia.
Una volta entrambi pronti le dissi che l'avrei portata in un club privee.
Me la godevo che si guardava allo specchio, osservava come il vestito le modellava il culo, le calze che le fasciavano e le valorizzavano le gambe, le scarpe che le esaltavano le caviglie. Mi avvicinai con il membro duro che mi premeva nei pantaloni, l’abbracciai da dietro facendole sentire sul culo la mia erezione, le baciai delicatamente il collo e le sussurrai nell’orecchio: “Stasera farai rizzare tutti i cazzi del locale”, le afferrai i voluminosi seni stringendole i capezzoli con le dita. Il sottile dolore accompagnato dai miei baci e dal soffiarle nell’orecchio, la mandava in estasi e lo sapevo. Unito poi all’intera giornata di eccitanti tormenti che le avevo fatto vivere, sapevo che sarebbe stata già bagnata. Verificai infilando una mano in mezzo alle cosce sotto la gonna (le avevo imposto al solito di non mettere mutandine) succhiai sempre voluttuosamente le dita intrise dei suoi umori.

Arrivammo al club, parcheggiai la macchina. Lei prima di scendere mi chiese: “Cosa ti aspetti da me stasera?”
“Nulla tesoro, che tu sia te stessa e che tu possa dare libero sfogo alle tue voglie e alle mie perversioni”.
Ci baciammo in bocca con intensità e passione, le passai delicatamente una mano sul collo fino ad arrivare ai seni. Infilai una mano dentro il vestito e giocai con il suo capezzolo duro come il marmo. Sentivo che era pronta.
Entrammo. Il proprietario ci registrò dandoci la tessera dell’associazione e quella per le consumazioni. Posammo gli effetti personali negli armadietti: telefoni, portafogli e borsetta di lei ad eccezione della tessera per il bar ed i preservativi che misi in tasca, alla cinta avevo legato il mio scudiscio mentre nell’altra tasca della giacca tenevo il microfono per la stimolazione del clitoride.
L’ambiente era illuminato da una luce soffusa la musica già era molto alta la pista era mezza piena.
Qualche singolo si aggirava solitario guardando con occhio bramoso le varie donne che ballando o sedute sui divanetti mostravano generosamente le proprie grazie.
Intuendo i suoi pensieri, la portai verso il bar, aveva bisogno di qualcosa che potesse aiutarla a liberare sè stessa dalle ultime inibizioni in quel luogo di perdizione e peccato.
Ordinammo da bere. Mentre sorseggiava la sua consumazione le dissi: “Voglio che scegli il ragazzo che più ti piace e che te lo scopi, davanti a me.”
Nel giro preliminare di perlustrazione avevo notato che si era adocchiata con un ragazzo sulla trentina, un bel ragazzo, con la faccia pulita, occhi chiari, come i miei, ben messo fisicamente.
Ci passò davanti proprio mentre glielo stavo dicendo e notai il loro scambio di sguardi.
Le chiesi: “Ti piace?” indicando con la testa il ragazzo
“E’ carino” rispose lei
Per effetto della bevanda alcoolica aveva perso i suoi ultimi freni inibitori.
Sapevo l’effetto afrodisiaco che le faceva l’alcool.
Ci sedemmo sui divanetti vicino al bar lei pose le sue gambe sulle mie, le sfilai le scarpe ed iniziai un bel massaggio ai piedi. Il cazzo non mi stava più nei pantaloni voleva uscire, sfogarsi, sborrare in una copiosa fontana, dominai però me stesso ed il mio membro continuando a massaggiarle i piedi.
Mi è sempre piaciuto il dolce tessuto delle calze che avvolge la carne dei piedi, così mi concentrai su quel godimento mentale mentre lei sempre con più insistenza guardava il ragazzo.
Egli si era seduto qualche posto più avanti ma non aveva il coraggio di approcciarsi nonostante i quasi evidenti sguardi incoraggianti di lei.
Presi io l’iniziativa, guardando il ragazzo e strizzandogli l’occhio dissi: “Ti vuole scopare” indicando lei con il pollice.
Rimasero entrambi un po’ imbarazzati dalla mia evidente dichiarazione che, comunque data la circostanza che si era venuta a creare, era palese.
Lui prese coraggio e si sedette vicino a lei. Tirai fuori il microfono ed iniziai a passarglielo tra le gambe, istintivamente lei le allargò. Lui le mise una mano tra le cosce accarezzandole.
La gelosia della mia donna manipolata da un altro e l’eccitazione di vederla troia senza più inibizioni ai miei occhi mi fecero raggiungere un’erezione portentosa tra i pantaloni.
Il membro premeva e si bagnava copiosamente.
Passai nelle mani del ragazzo il microfono. Egli seppe usarlo sapientemente raggiungendo subito il clitoride, vedevo lei che si dimenava negli spasmi di godimento. Si aggrappò a me mentre io le baciavo il collo sussurrandole nell’orecchio: “Voglio che godi come le più luride troie, voglio che ti bagni come non hai mai fatto, sei una grandissima puttana; godi amore mio”
Avevo il membro che ormai scoppiava nei pantaloni ma mi imposi di star calmo; eravamo solo all’inizio.
Poco dopo ci ritrovammo nella stanzetta appartata dove una porta con l’inferriata ci divideva dal resto degli altri frequentatori e una parete con dei glory hole faceva da divisorio con un’altra stanza aperta.
Non tirai giù le tende volevo che gli altri potessero deliziarsi della visione di lei che stava amoreggiando con un altro che non fosse il suo uomo. Io mi ero ridotto a fare da spettatore mentre lei ormai persa nella sua libidine succhiava avidamente il pene ben dritto e turgido del ragazzo. Lui prepotentemente glielo spingeva fino in gola provocandole strozzamenti.
Quante volte io nella foga della passione le avevo provocato gli stessi strozzamenti anche quando la legavo immobilizzandola al letto facendola sentire l’oggetto dei miei desideri.
Le accarezzavo il viso, le sussurravo parole di incitamento mentre lui le scopava la bocca e nel frattempo, avendo ripreso io in mano il microfono, le stimolavo il clitoride. Aspettavo che lui la prendesse per potergliela poi leccare, sentire il sapore degli umori di lei misti al sapore del preservativo, tutto ciò mi avrebbe inebriato l’eccitazione.
La girò alla pecorina e la prese per i fianchi e la infilò con la sua asta turgida e dura.
La pompò con sapienza e maestria, lei venne due o tre volte mentre io continuavo ad accarezzarla ed ad incoraggiarle orgasmi: “Brava così, sborra come una cagna in calore, la più troia delle troie, sborra dai, amore mio”.
Lui venne dopo averla pompata con perizia ululando il suo piacere lasciandola però, nonostante i suoi diversi orgasmi, vogliosa di continuare a prendere ulteriormente il piacere.
Dopo aver ringraziato e liquidato il ragazzo dalla stanza iniziai a leccarle la passera mentre lei mi implorava di averla per estinguere il fuoco che le si era acceso nel ventre, venne altre due volte mentre la leccavo.
“Non è ancora il momento” le dissi imponendo a me stesso calma per assaporare ancora meglio il gioco.
Dopo averla fatta venire un’altra volta con la lingua afferrai il mio scudiscio. Era a distesa sulla schiena a gambe larghe pronta ed aperta a ricevere il mio pene durissimo.
La girai e la misi alla pecorina. Probabilmente avendo visto lo scudiscio nelle mie mani si aspettava cosa le sarebbe accaduto. Nel mentre da uno dei buchi del glory hole era spuntato un membro spropositatamente enorme sia a livello di lunghezza che di circonferenza.
Era ben eretto.
Le frustavo con decisione e forza il sedere lasciandole segni rossi che stavano ad indicare quanto fosse troia, lei urlava di un dolore misto al piacere. Sapeva che era la punizione che si meritava per aver scopato con un altro in mia presenza; venne una volta, due, tre fino a squirtare il suo piacere; una volta, due, tre volte. Intanto il mastodontico pene aspettava ben eretto con pazienza nel suo glory hole.
Le ordinai di prenderlo in bocca mentre subiva il mio trattamento con lo scudiscio. Una folla di curiosi attratti dalle sue urla di godimento si era assiepata davanti al cancelletto chiuso, tutti potevano vedere cosa stava succedendo nella stanzetta.
Alcuni erano sgomenti, altri eccitati. Il proprietario del locale approfittando della calca si era unito; vedevo in lui la libidine di un avvenimento insolito che stava accadendo nel suo locale; gli regalai un sorriso di complicità che subito ricambiò.
Incoraggiai il cazzone a venire nella stanza. Egli esitò, ma poi si decise e venne.
Quando si palesò si manifestò in tutta la sua bruttezza: storto, gobbo, con la faccia deforme, ma con un membro ben eretto da pornodivo. Lei trasalì ed ebbe un moto di ribrezzo.
“Adesso ti fai scopare anche da lui” le dissi.
Non ebbe la forza né la volontà di dire di no. Era troppa la voglia di essere penetrata e di scoparsi un cazzo di siffatte dimensioni.
Chiuse gli occhi e si concentrò a sentire quell’enorme stantuffo che la montava.
Io le tenevo la mano e le accarezzavo i capelli con l’altra mano libera.
“Senti, amore mio, quant’è grosso? Lo senti tutto vero nella fica fino in fondo?”
“Siiiii” urlava lei in preda agli spasmi del godimento.
“La più zoccola delle puttane si gode questo cazzone enorme” le soffiavo nell’orecchio.
Venne altre tre volte prima che l’uomo scaricasse dentro di lei tutta la sua voglia e passione; estrasse l’enorme membro da lei e notai il preservativo pieno del suo seme. Istintivamente pensai a quante volte aveva ricevuto un no da qualche altra donna a causa del suo aspetto brutto e deforme.
La mia donna, grazie a me, invece, lo aveva soddisfatto.
Adesso era pronta, calda, lussuriosa e bagnata per ricevere l’ambito dono del suo Padrone: il mio seme.
Così fu: la scopai selvaggiamente con rabbia, dolcezza, passione, amore, forza e brutalità.
Urlai il mio godimento nella notte di fronte ad un pubblico eccitato e sgomento dalla scena a cui aveva assistito.
© Zagor Black
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