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Lui & Lei

Il medico di campagna


di Conte01
09.06.2016    |    21.986    |    8 9.7
"Se però le chiedevo di farmi un altro pompino o una sega fuori casa, prima di andare via, non si formalizzava semmai cercava un luogo appartato e poi faceva..."
Un piccolo racconto per una grande amica.
Appartengo a quella specie di uomini che non interessano alle donne, non che possa dargli torto, troppo basso, troppo magro, pochi capelli, miope.
Date le premesse che compagna potevo trovare?, una donna totalmente disinteressata al sesso, con la quale, con il passare delle decadi, la frequenza dei rapporti è passata da una volta alla settimana dei trent’anni, una volta al mese dei quaranta una all’anno dei cinquanta; contenta lei.
Eppure nonostante tutto ho sempre evitato le scappatelle per paura di far naufragare questa unione che pur se cosi debole era comunque l’unica cosa che avessi.
Intorno ai quarant’anni, ho avuto il mio primo incarico come medico di famiglia in una borgata in campagna.
Nel centro c’è solo la Parrocchia, l’Ambulatorio, la Farmacia, la Posta, la Caserma, la Banca, il Bar, l’Alimentari e tutto intorno la campagna con le case sparse, seicento anime ma pazienti tutti miei e per iniziare andava benone.
La distanza da casa non era eccessiva, circa un’ora di macchina ad andare ed una a tornare, partivo la mattina alle 8 ed alle 20 rientravo.
Per risparmiare avevo evitato di prendere una casa in affitto e finito l’ambulatorio restavo lì per mangiare e riposare poi di pomeriggio facevo le visite domiciliari o altre ore di ambulatorio secondo la giornata.
Era un ambiente lontanissimo dallo stress della città ed i rapporti con le persone erano cordiali e sinceri.
Posso quasi arrivare a dire che c’era rispetto per la figura del medico e chi fa questo mestiere oggi, sa a cosa mi riferisco.
Non posso negare che con il passare dei mesi avevo iniziato a guardare attorno con la speranza che qualcosa potesse capitarmi.
Speravo di poter allacciare una relazione ed iniziare finalmente a fare sesso ma non era semplice infatti non sapevo proprio cosa fare.
Esiste quella misteriosa reazione chimica per cui le donne evitano accuratamente gli uomini che non scopano, sembra quasi che dicano: “la darò al mondo intero ma a te no, tu non scoperai mai”.
A me almeno succedeva sempre così.
Tra le tante pazienti con cui avevo un buon rapporto c’era una signora di circa settant’anni, il marito aveva avuto da poco un Ictus ed era stato ricoverato in una RSA per la lungodegenza, due figli vivevano lontano e lei era rimasta sola a dirigere l’azienda di famiglia.
Veniva in ambulatorio una volta al mese per la terapia cronica.
Verso il mese di giugno ebbe un episodio di lombalgia, sapeva che ero sempre disponibile per eseguire punture o altre cose del genere a domicilio e mi chiamò.
Abitava nella classica casa colonica più o meno simile a tante altre che avevo visto, mi fece entrare in cucina, sul tavolo trovai come sempre già pronti alcool e cotone.
Apro una parentesi ho elaborato una mia teoria a proposito di come una donna si prepara ad una intramuscolo.
Se mi trovo davanti ad una donna che abbassa le mutande fin sotto il sedere posso essere sicuro che sia una donna con poca esperienza e nessuna malizia.
Se invece abbassa millimetricamente il bordo della gonna o dei pantaloni, magari mostrando di sotto l’elastico di un perizoma, so con relativa certezza di trovarmi di fronte una donna che conosce il valore di quanto, a bella posta, non vuole mostrare.
Quella donna aveva abbassato le mutande un bel pò, voleva dire “anche stavolta niente da fare”.
In genere dopo l’iniezione mi offrivano qualcosa da bere, mi chiedevano quanto dovevano io rispondevo nulla ed allora ecco pronte le buste con quello che c’era, verdura, frutta, formaggio, salsicce.
Doveva fare un ciclo di sei iniezioni, il quarto giorno non so come, quando la signora disse, a proposito del lato in cui farla, “tanto di posto ce n’è in abbondanza”, io risposi quasi senza pensarci, “lo sa, lei ha proprio un bel sedere”.
Ed era vero aveva un sedere sorridente ed allegro cosi tondo com’era, partiva dai fianchi fino all’esterno delle cosce con un bel ovale, morbido ma ancora tonico, stava su perfettamente.
Ovviamente era stata un’uscita fuori luogo, mi chiesi subito cosa mi fosse preso, calò il silenzio ed andai via senza prendere nulla.
Per tutta la sera, la notte ed anche la mattina dopo continuai a chiedermi cosa fosse meglio fare: scusarsi, lasciare cadere la cosa, scherzarci su.
Il pomeriggio seguente arrivai in casa della signora, qualche frase di circostanza ma nessuno dei due affrontò l’argomento, mentre facevo la puntura però la signora mi disse: “ erano anni che un uomo non mi faceva un complimento”.
Un quarto d’ora dopo, non so come, mi trovavo tra le sue gambe.
Era semidistesa sul divano con le cosce sollevate, io mi appoggiavo sul suo bacino e spingevo quasi senza far uscire il pene dalla vagina.
All’inizio era entrato con un pò di difficoltà ed avevo dovuto insistere abbastanza ma ora scivolava facilmente.
Avevo il pube depilato e sentivo sulla pelle l’umido delle sue secrezioni.
Lei teneva gli occhi chiusi ed emetteva piccoli suoni mordendosi il labbro.
All’improvviso, proprio mentre pensavo di non riuscire a resistere oltre, diventò rossa in viso ed iniziò a tremare.
Venni anche io e penso lei se ne accorse dalle mie contrazioni, ma ora restavo così sospeso sopra di lei non sapendo cosa fare.
Prese le sue mutande e le sistemò sotto il bacino, il pene scivolò fuori, lei si tamponò ed andò in bagno, io cercai di risistemarmi alla belle meglio.
Ci salutammo con grande imbarazzo senza dire una parola.
Quelle notte dormii male, troppe emozioni, non sapevo come mi sarei dovuto comportare il giorno dopo.
Feci ambulatorio senza quasi ascoltare i pazienti aspettando solo che arrivasse il pomeriggio.
Al mio arrivo a casa la trovai cordiale come al solito, era l’ultimo giorno di quella terapia.
Avvicinandosi al tavolo della cucina abbassò le mutande, io stavo dietro, feci la puntura come al solito.
Restammo entrambi fermi, una pausa esageratamente lunga ed io non sapevo cosa fare.
La signora si piegò leggermente in avanti verso il tavolo, poi piano piano sempre di più fino a stendersi sopra, avevo il suo culo davanti, era un invito troppo evidente anche per un timido cronico quale sono.
Mi abbassai i pantaloni ed inizia ad armeggiare con l’uccello che rispose subito, bagnai un pò la punta con la saliva poi piegando le ginocchia mi abbassai per favorire la penetrazione.
Cercai di aprire le labbra con la punta spostandola avanti ed indietro fino a quando trovai il punto cedevole, iniziai a spingere ma il glande scivolò in avanti, riprovai ma l’angolatura non era quella giusta e non entrava.
La signora allungò la mano tra le cosce e l’impugnò spingendolo all’ingresso della vagina poi fu facile proseguire.
Con le mani sui fianchi cercavo di dare un ritmo che potesse essere piacevole per entrambi ed intanto restavo ipnotizzato da quel bianco culo meraviglioso.
Vedevo l’uccello entrare ed uscire sempre più lucido ed anche i timidi lamenti della signora mi facevano capire che gradiva.
Probabilmente si accorse che cercavo di trattenermi perché, ad un certo punto, mi disse, “io sono venuta vieni anche tu”.
Con qualche spinta più profonda e frequente la raggiunsi, si tamponò come il giorno prima e mi lasciò in cucina a pulirmi con lo Scottex.
Non ci sentimmo per qualche giorno ed alla fine fu lei a chiamarmi, “non passi”.
Arrivato da lei ci guardammo negli occhi per la prima volta e per la prima volta ci baciammo.
Parlammo a lungo io dei miei guai e lei dei suoi, del mio matrimonio e del suo, entrambi non come ce li eravamo aspettati.
Non le raccontai certo una balla quando le dissi che con mia moglie non facevo più l’amore.
Anche per Ines, questo il suo nome, il matrimonio era stato una mezza fregatura, il marito aveva quasi vent’anni più di lei, intorno ai cinquanta aveva avuto un infarto e da li il letto era diventato buono solo per dormire.
Non sapeva come dirmelo, anche perché ci capiva poco pure lei, ma mi confessò che si era subito innamorata di me, perché mi aveva visto “così gentile”.
Aveva un desiderio fortissimo di darmi piacere, soprattutto dopo che aveva saputo della mancanza di rapporti con mia moglie, quasi fosse la sua missione.
Abituato ad una vita di privazioni e ad andare avanti solo a forza di seghe, quella fu per me una bellissima novità.
Con Ines non ci fu mai bisogno di chiedere niente, il mio uccello non era più il mio ma il suo.
Appena arrivavo, dopo il primo bacio, la mano finiva dentro i pantaloni senza neanche sbottonarli, e da li era capace di giocarci per ore ed ore, “per me tenerlo in mano è una cosa naturale”, mi diceva
E non solo in mano, con la bocca infatti mi faceva morire, la dove mia moglie lo teneva sulla lingua senza fare niente lei riusciva con mille variazioni a regalarmi fantastiche sensazioni.
Iniziando dalla punta scendeva lentamente sempre di più fino a prenderlo per intero, poi si allontanava, leccava l’asta, (ed un pò di tempo dopo anche le palle), per poi farlo scivolare ancora tra le labbra.
Non so quanto durasse la cosa ma era cosi bello che speravo non finisse mai, quando però arrivavo al dunque spingeva con forza verso il pube imprigionandomi nella sua bocca ed impedendomi di venire fuori.
Quando dopo alcune volte io volli ricambiare rimase perplessa e dopo l’orgasmo mi confessò che nessuna l’aveva mai leccata lì.
Arrivava al piacere con estrema naturalezza in pochi minuti, all’inizio si meraviglio del fatto che io cercassi di ritardare il mio orgasmo non capendone il motivo.
Quando gli spiegai che dopo avrei avuto difficoltà a continuare e sarei stato meno eccitato mi confessò che non ci aveva pensato perché lei dopo il primo veniva altre volte senza problemi.
Per il resto mi lasciava fare quello che volevo, se alla fine del rapporto mi andava di venire sulla pancia o sulle tette o in bocca lei mi diceva sempre, “ fai, fai come ti piace”.
Dal punto di vista pratico aveva sistemato la cosa facendo sapere in giro d’avermi affittato una stanza dove andavo di pomeriggio per qualche ora, magari qualcuno malignò ma la cosa andò bene così.
D’estate passavamo lunghe ore a rotolarci sul letto provando tutte le cose che ci venivano in mente, d’invero ci accontentavamo del divano davanti al camino.
Se però le chiedevo di farmi un altro pompino o una sega fuori casa, prima di andare via, non si formalizzava semmai cercava un luogo appartato e poi faceva quello che doveva.
D’altronde che fosse una donna speciale, senza inutili blocchi mentali, lo dimostra il fatto che il giorno che gli ho chiesto di infilarmi un dito nel sedere, cosa che poteva sembrare almeno bizzarra, l’ha fatto con molta semplicità ma anche godendo di quella nuova intimità tra noi.
La stessa cosa è successa quando le ho chiesto di tenerlo in mano mentre facevo la pipi una cosa che a me è piaciuta tantissimo ed anche a lei che poi ha voluto rifarlo molte altre volte.
Abbiamo passato cinque anni bellissimi nei quali davvero la mia vita è cambiata in meglio.
L’agosto scorso, purtroppo, la situazione è improvvisamente mutata, da qualche mese avevo notato dei comportamenti strani, difficoltà nel linguaggio e disturbi della memoria ed una TAC ha dato il peggiore degli esiti, tumore al cervello.
Adesso è a Milano per chemio e radio, per ora non ho avuto ancora occasione di rivederla ed anche se la casistica è sfavorevole spero di poterla r’incontrare.
Un piccolo racconto per una grande amica, una donna che mi ha mostrato cosa vuol dire amare e quanto questa cosa possa rendere felici.
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