Gay & Bisex

Il suv


di Holling
03.07.2022    |    13.522    |    14 9.5
"Non sento nessun dolore, solo piacere a ondate..."
Esco dal circolo del tennis sul lungotevere dopo la partita e una fresca doccia. Sono contento, ho giocato bene. Ma sono a piedi: ero venuto al circolo col mio compagno, che se ne n’è andato via di corsa, mentre io mi attardavo per un aperitivo. Ormai è sera, quasi buio, ma conto di fermare un taxi al volo. Ne arriva uno, faccio un cenno, ma prosegue. Subito dietro c’è un suv, grande e grigio, che si ferma e apre la porta dalla parte del passeggero.
«Vuoi un passaggio?»
Guardo dentro, e vedo un uomo sulla quarantina, di una decina d’anni più grande di me, che avevo visto giocare nel campo accanto al nostro.
«Magari. Vado verso ponte Milvio»
«Anch’io. Salta su»
Mi accomodo contento, sistemo il borsone sul sedile posteriore accanto al suo.
«Grazie – dico – a quest’ora e sul lungotevere è difficile che un taxi si fermi»
«Ma ti pare. Hai avuto fortuna: io non gioco qui, sono di Firenze»
Che altro c’è da dire? Guardiamo avanti, nel traffico e nel buio che ormai è sceso. Poi sento una mano che si posa sulla mia coscia. Sobbalzo leggermente, guardo di sottecchi. E adesso che faccio? Ma la mia gamba prende la decisione. Sotto la leggera pressione della mano, si allarga di qualche centimetro. La mano capisce che è un invito, e sale. Poi scende, e risale. Nel mio sedile mi giro leggermente per favorirla. Adesso si poggia, con garbo, sul davanti dei pantaloni della mia tuta, e sente la mia erezione che sta montando.
«Anch’io, sai?» dice, e mi prende la mano per portarsela lì. Anche lui ha la tuta, e le tute sono di tessuto morbido, io sento bene il suo arnese, lo sento crescere, indurirsi. Lui continua a guidare, ma ormai senza più infingimenti mi fa scivolare e dita dentro l’elastico, capisce subito che non ho gli slip, e me lo afferra. Mando un mugolio di piacere, e muovo il bacino per assecondare quello che sta accadendo. Poi faccio entrare anch’io la mia mano nella sua tuta, e sento. Saggio e stringo. La muovo all’unisono col mio bacino.
Ormai siamo a ponte Milvio.
«Vado avanti» dice continuando a guidare. Imbocca la grande strada alberata verso Tor di Quinto. Arriva nel tratto senza più costruzioni, e si ferma su un piccolo slargo, buono per un’auto. Accanto, il traffico continua scorrere nel buio, ignaro della mia piccola storia nel suv.
Lui si gira verso di me, toglie la mano dai miei pantaloni, e mi tira su la maglietta. Accosta la testa, e mi succhia un capezzolo. Io sento piacere, e continuo a tenere il suo cazzo. Gli faccio scendere l’elastico. Guardo sopra la spalla, e lo vedo, bello, grande, più grande del mio. Tiro la pelle in basso, ed ecco che spunta la cappella rosa. Lo faccio ancora e ancora, mentre con l’altra mano gli prendo la testa e la premo sul mio capezzolo indurito. Adesso geme anche lui di piacere e muove l’inguine.
Il suv è un’auto grande, ci si muove bene. Lui lo fa. Con la mano libera afferra la leva al fianco della mia poltrona, e fa scendere lo schienale. Sto supino. Comincia succhiarmi l’altro capezzolo. Sento nella mia mano il suo cazzo che si muove e mi trasmette piacere. Poi si stacca, mi fa scendere la tuta fino all’attacco delle cosce, scende giù con la testa, e lo prende in bocca. Quando se lo fa entrare, arriva fino alla radice come se dovesse ingoiarlo tutto intero, quando se lo sfila in parte per ricominciare, succhia forte. Poi tira giù la pelle, e con la lingua gira attorno alla mia cappella.
Io cerco di dargli altrettanto, ma lui sembra più interessato a me, a farmi godere. Adesso la sua mano si fa strada accanto al suo viso, alla radice del mio cazzo nella sua bocca, scende in mezzo alla cosce, e arriva al mio buco. Io avanzo col bacino per offrirmi meglio. Quando lo sento bene, nella posizione giusta, spingo verso di lui per farlo entrare. Così entra, e dalla sua bocca, piena del mio cazzo, esce un rantolo di piacere, soffocato e lungo.
Poi toglie la mano, la allunga verso il borsone sul sedile posteriore. Fruga un momento, e ne riesce con un flacone. Io getto uno sguardo: shampoo. Se ne mette un po’ sulle dita, e me lo spalma sul buco. Io sento fresco, una sensazione di grande piacere. Lo spalma bene tutto intorno a sopra, poi fa entrare il dito dentro e fuori e continua spalmarlo. Due dita. Io mi inarco.
Fu uscire il mio cazzo dalla sua bocca, mi tira giù i pantaloni della tuta fino a sfilarmeli, scavalca il cambio. Mi sale sopra. Io sono steso supino, lui è sopra di me. Si sistema in mezzo alle mie gambe, me le apre spingendole da dentro in fuori con le sue. Adesso mi prende l’incavo delle ginocchia e le tira su verso il mio petto, verso le mia spalle. Le preme, e il mio buco ora è lì. Sento quanto lui lo vuole. Voglio anch’io. Non ho mai lasciato il suo cazzo, e lo guido verso di me. Lo sento sul mio buco, e lo cerco sollevando il bacino. Spingi, penso, e lui spinge. Lo shampoo fa il suo effetto, il suo cazzo scivola dentro allargandomi, riempiendomi, colmandomi.
Lo sento sempre più dentro, una pressione dopo l’altra, un colpo dopo l’altro. Faccio scivolare un mano tra i nostri due corpi, arrivo al mio buco, e sento che il suo cazzo è dentro di me fino alla radice. Tolgo la mano, e lui comincia. Mi sta scopando, penso in una specie di esaltazione. Non sento nessun dolore, solo piacere a ondate.
Me ne fa sentire ancora di più quando, in mezzo alle mie gambe, si stende completamente sul mio corpo. Tutto aderisce, la pance, i petti, le gambe, e il suo cazzo dentro di me. Ma il mio, in quella posizione con le gambe tirate su e premute con forza verso le mie spalle, ha perso la sua erezione. Però lui lo stringe col suo addome, e quando mi scoparmi, è come se lo scopassi anch’io. Sento piacere lì, e lo sento anche dietro, il mio buco è diventato un altro organo sessuale. Sono, in verità, un unico, totale organo sessuale. Cerco tutto il piacere possibile, mi muovo, cerco, e lui mi scopa.
Accelera il ritmo, rantola nel mio orecchio. Io lo stringo forte dalle spalle, tirandomelo dentro, più dentro ancora. Sento che sta per venire. Io penso che una parte di lui, che sta dentro il suo corpo, sta per schizzare nel mio, e io me ne impadronirò. Dà tre, quattro colpi più forti, rantola, e io sento un caldo divino che si sparge nella mia pancia. Allora vengo anch’io, senza erezione, tra le nostre pance, e vengo in modo irresistibile, uno, due, tre fiotti.
Ci fermiamo. La testa ronza, esce qualche gemito. Ci abbandoniamo. Sento il suo peso inerte sopra di me. Dentro il mio buco, il suo cazzo perde sua erezione. Finché sguscia via.
Quando mi accompagna indietro, a ponte Milvio, scendo senza che né lui né o diciamo una parola. Vedo l’auto allontanarsi e penso che non so neppure il suo nome.
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