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Gay & Bisex

Storia di K - 3


di Holling
19.01.2012    |    10.256    |    0 9.5
"Le insinuò sotto gli slip, scivolando sulla pelle, fino a toccargli, poi a carezzargli, e finalmente a prendergli il pisello..."
Il pomeriggio del giorno dopo non c’era da studiare. Andarono a giocare a pallone nel campetto sotto casa. Ma l’indomani, ancora compiti da fare. Aprirono il diario, commentarono, cominciarono a scrivere. E di nuovo K era inquieto, come se avesse aspettato l’occasione, e adesso la stesse vivendo.
Stavolta K avvertiva anche l’inquietudine di Claudio. La sua mano sinistra scese con discrezione sul proprio pube, sotto il tavolo, di nascosto si sfiorò attraverso i pantaloni, percepì il duro. Interruppe la scrittura, ma la mano destra restò sul quaderno, con la penna. E pian piano con la sinistra cominciò ad accarezzarsi attraverso i calzoni. Pensò confusamente che doveva fare in modo che Claudio non si accorgesse di quel lavorìo. Però intanto si tirava un po’ indietro sperando di essere spiato. Così Claudio potè guardare in basso, verso la mano di K.
Allora imitò l’amico: portò anche la propria mano sul suo inguine, e prese a sfregarsi. K scorse con la coda dell’occhio l’armeggiare dell’amico. Claudio se me accorse, e mise le due mani a palmi aperti, piatte, sul suo inguine attorno al pisello, e le strinse fino a mostrare, in rilievo dentro i pantaloni, quello che aveva lì.
K si mosse come in trance. Allungò una mano e toccò. Claudio gliela prese premendosela contro. Poi fece lo stesso sul pisello di K. Dopo un attimo, veloce, gli tirò giù la lampo. Gli infilò le dita dentro. Le insinuò sotto gli slip, scivolando sulla pelle, fino a toccargli, poi a carezzargli, e finalmente a prendergli il pisello. Nessuno parlava, i corpi erano immobili, si muovevano solo le mani, furtive. K a sua volta tirò giù la lampo di Claudio. La sua mano, infilata nell’apertura, non trovò gli slip. Claudio non li aveva messi. Il pisello era lì, pronto, rigido, e K lo strinse nella mano. Chiuse gli occhi e cercò di immaginarselo.
Claudio fece scavalcare al pisello di K l’elastico degli slip e lo tirò fuori dai calzoni, guardandolo con intensità. K si scosse: «E se viene tua madre?». «Se viene la sentiamo camminare, e ce li rimettiamo subito dentro». Così anche K tirò fuori quello dell’amico. Sempre seduti a fianco li impugnavano, li muovevano e se li guardavano senza dire una parola. Erano affascinati. K vide che quello di Claudio era appena più corto del suo, e appena più grosso. Molto più chiaro. La pelle intorno gli sembrava più sottile. Ricordò le irregolarità sotto la pelle di Paolo e le cercò in Claudio, senza trovarle. E’ liscio, pensò. Gli tirò la pelle delicatamente indietro, scoprendo appena la punta rosea del glande. Deglutì. D’improvviso Claudio mollò tutto, balzò in piedi rimettendoselo dentro in un attimo e riassettandosi:
«Andiamo sù in terrazza»
Corsero alla porta di casa, mentre senza fermarsi Claudio avvertiva la madre nell’altra stanza: «Andiamo a giocare». Salirono in fretta due piani di scale, e arrivarono. Era la terrazza condominiale, il lastrico solare dell’ultimo piano dove una volta le donne andavano a stendere i panni, ed era uno dei loro luoghi di gioco preferiti. Non era mai chiusa a chiave, passavano settimane senza che qualcuno ci mettesse piede. Si misero vicino alla porta d’entata in modo di poter sentire se qualcuno si fosse avvicinato per le scale.

* * *

Si fermarono, un po’ ansanti, in piedi, uno davanti all’altro. Claudio si aprì il bottone dei pantaloni sopra la lampo, e li lasciò scendere attorno ai piedi. Il suo pube apparì liscio, ancora completamente senza peli. Anche K si tirò giù i pantaloni con gli slip dentro. La sua pelle era più scura, e mentre il pisello chiaro di Claudio andava in avanti, il suo, scuro, si protendeva in alto. Si guardarono qualche istante. Poi Claudio cominciò a stendersi sul pavimento a pancia in giù. «Fa’ come facevi prima» disse. K si stava già chinando, ma prima che gli salisse sopra a cavalcioni, Claudio si rialzò.
«E’ freddo, per terra è freddo» protestò.
«Non fa niente – disse K – appoggiati all’albero»
«Ma quale albero?»
«No, volevo dire al muro. Resta in piedi con la faccia al muro»
Claudio si appoggiò. K gli si avvicinò da dietro, e gli aderì contro come Paolo aveva fatto con lui. Ora sì che sentiva quello che c’era da sentire. Il sedere dell’amico era fresco e morbido. Mise le mani tra i loro corpi, e gli allargò le chiappe. «Che fai?» chiese Claudio allarmato. «Niente, te lo appoggio solo». Le stesse parole che gli aveva detto Paolo.
K cominciò a muoversi, d’istinto. Claudio spingeva ritmicamente il sedere all’infuori, cercando il contatto. K rispondeva alla richiesta, spingendo avanti e strofinando. «Adesso – mormorò Claudio girando appena la testa – mi stai toccando il buco». K aveva le orecchie in fiamme.
«Che cosa senti?» insistette Claudio.
«Sento fresco tutto intorno e caldo in mezzo»
«Sì, ma che cosa provi?»
«Voglia»
«Di che cosa?»
«Non lo so»
Claudio spinse il sedere fuori.
«Ah, sì – mormorò K – sì, mi piace. Sì». Che cosa staordinaria, sentirsi il pisello stretto tra le chiappe dell’amico, muoverlo lì dentro, avvertire l’eccitazione comune.
Passò qualche istante, con i movimenti dei corpi che continuavano.
«Lo senti che ce l’hai proprio lì, sul mio buco?»
«Sì. E’ caldo»
«Scommetto che me lo vorresti mettere dentro»
«Mi piacerebbe, sì. E tu vorresti?»
«Non ci provare sai?» avvertì Claudio. E mentre lo diceva con le mani si allargava le chiappe. Gemette piano.
«Non ci provare» ripetè. Lo ripetè ancora due, tre volte, a voce bassissima e mentre bisbigliava, girava il braccio dietro di sè, introduceva a forza una mano tra i loro corpi stretti e afferrava il pisello di K. Gli cambiò posizione: non più appoggiato per lungo in mezzo alle chiappe, ma puntato diritto nel mezzo. Inarcò il sedere all’indietro. «E allora mettilo, fammi sentire, entrami dentro. Spingi».
Spinse, K. Ma ancora piccoli erano loro, e ancora piccoli avevano i piselli. K capì che stava insistendo proprio sul buco perché ne sentiva il tepore e la diversa sostanza della carne, ma non riusciva ad entrare. Nel movimento in avanti il suo pube comprimeva il sedere di Claudio per forzare al centro. Però la carne di Claudio lì attorno era elastica: il pisello di K affondava, ma sotto la pressione affondava anche il buco di Claudio. Non ce l’ho abbastanza lungo, pensò disperato K. Non ancora, si disse per farsi coraggio.
«Aspetta – disse Claudio – provo io in un altro modo»
Fece distendere K sul pavimento, supino. «Resta così, a pancia in su».Gli allargò le gambe e si sistemò in mezzo, pancia contro pancia. Gli passò le mani sotto le ginocchia, e le tirò su, spingendogliele contro il petto. K capì che in quella posizione il suo buco era indifeso, offerto, alla mercè dell’amico: in quel modo era lui che poteva essere penetrato.
La prima reazione non fu di paura, non di ribellione per quel repentino rovesciamento di ruoli. Fu una travolgente curiosità e desiderio di andare avanti: continuava la grade scoperta del nuovo mondo, cominciata con Paolo.
«Come fai a sapere queste cose?» chiese.
Senza rispondere, Claudio gli puntò il pisello contro e spinse. Ma non entrò. Avvertiva che l’amico era aperto, pronto. Un momento prima K aveva desiderato con tutte le sue forze di entrare dentro Claudio, adesso desiderava con la stessa intensità che Claudio entrasse dentro di lui. Sentì Claudio spingere ancora, e il suo buco dilatarsi. Ma sentì anche che la pressione subìta era insufficiente. Proprio come lui prima, anche Claudio non riusciva a penetrare.
Poi tutto cambiò. K capì che Claudio stava dimenticando la penetrazione. Lo sentì strofinare il pisello sul suo buco, sempre più in fretta, sempre più agitato, sempre più intento nella ricerca del proprio piacere. Finchè sentì gemere l’amico, irrigidirsi in tutto il corpo, emettere un singhozzo soffocato, e restare immobile. Quel pisello fino a poco prima impazientemente pulsante su di lui, adesso perdeva forza e consistenza.
Dopo qualche momento, sempre distesi l’uno sull’altro, Claudio sussurrò nell’orecchio di K: «Tu ce l’hai più lungo del mio, forse a te riesce».
K fu attraversato da una furia. Lo devo fare, lo devo fare, pensò. Girò Claudio sul pavimento a pancia in sù, nella posizione che era stata la sua, e gli si mise in mezzo alle gambe. Claudio le sollevò subito, tirandosi le ginocchia sul petto, con le mani sotto le cosce. «Te lo metto dentro» mugolò K. Si prese il pisello, mai lo aveva avuto così duro e lungo, e lo puntò.
Poi pensò che forse se lo bagnava era più facile. Mise un po’ di saliva sulle dita, e la spalmò sul buco di Claudio, che chiuse gli occhi. Lo fece di nuovo, finchè non sentì tutto bagnato. Gli infilò il dito e Claudio gemette. Glielo infilò ancora, mandandolo avanti e indietro. Ogni volta che lo mandava avanti, lo infilava di più. Finchè arrivò in fondo. Allora lo tirò fuori lentamente, molto lentamente, e sentì come un risucchio. Claudio ebbe un brivido di piacere, lungo quanto durò l’estrazione del dito.
Allora K gli puntò il pisello. Spinse. Poi spinse ancora, forte, a stantuffo. «Tu spingi in fuori» ordinò all’amico. Claudio si tirò ancor più le gambe contro il petto, sollevando il buco ora quasi estroflesso.
E d’improvviso, con una sensazione di trionfo, K sentì che il fiore sotto di lui cedeva. Si apriva! Glielo stava mettendo dentro! Era entrato appena, giusto il glande morbido spinto dal resto rigido, ma bastava quella punta per sentire il buco stringere il pisello, accompagnarne il movimento senza consentirne l’uscita.
«E’ entrato» mormorò K a sé stesso, con un’eccitazione stupefatta. «Sì, me lo stai facendo sentire» soffiò Claudio.
«E ti piace?» chiese K sentendosi onnipotente.
«Mi piace, sì» rispose Claudio spingendo il buco verso il pisello dell’altro, in una muta richiesta. Fu con questo movimento che riuscì a farsene entrare ancora un po’. Non più solo la punta, anche una parte del duro. E K andava su e giù. Spingeva e godeva di quel possesso e di quella carne che stava penetrando. Posso fare tutto, pensò.
Quando cominciò ad avvertire il brivido lungo le gambe, poggiò le mani sui seni di Claudio, e strinse. Avvertì il leggero velo sottocutaneo di grasso infantile, ancora non del tutto assorbito. Il brivido lo invase senza freni. K vi si abbandonò lasciando ogni resistenza, assaporando il piacere che camminava nel suo corpo, dalle gambe all’inguine, dall’inguine al pisello. Dal pisello alla testa. Forse mormorò qualcosa.

(continua)
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